Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-07-09, n. 201303647

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-07-09, n. 201303647
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201303647
Data del deposito : 9 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06783/2004 REG.RIC.

N. 03647/2013REG.PROV.COLL.

N. 06783/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6783 del 2004, proposto da:
F M, rappresentata e difesa dall'avv. E M, con domicilio eletto presso Maria Chiara Morabito in Roma, via Benaco, n. 5;

contro

Comune di Montegranaro, rappresentato e difeso dall'avv. C S, con domicilio eletto presso Giovanni Bonaccio in Roma, Piazzale Clodio, n. 56, IV Piano, Int.8;
Farmacia Comunale Citta' di Montegranaro S.p.A., "W.P.I. - Woman Pharma Investment" S.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. A L, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
Responsabile Settore Affari Istituzionali e Generali;

nei confronti di

Balacco Stefano, Marchionni Mauro;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA n. 00103/2004, resa tra le parti, concernente approv. criteri generali per cessione azioni ai soci privati farmacia comunale;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Farmacia Comunale Citta' di Montegranaro S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2013 il Cons. A P e uditi per le parti gli avvocati Mori, Bonaccio su delega degli avvocati Sgrignuoli e Lucchetti Alessandro su delega dell’avvocato Lucchetti Alberto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - .La dottoressa Maria FEDELI ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle Marche n. 103/2004 che ha respinto i suoi ricorsi riuniti:

a) ricorso n. 1054 del 2002 per l’annullamento:

- della deliberazione 30.9.2002 n.56 del Consiglio Comunale di Montegranaro, relativa all’approvazione dei criteri generali per la cessione delle azioni ai soci privati della farmacia comunale;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso, comprese le deliberazioni della Giunta comunale 25.9.2002 n. 194 e del 3.10.2002 n.201, nonché del provvedimento n, 65 del 3.10.2002 del Responsabile del Settore affari istituzionali e generali e del relativo bando;

b) ricorso n.159 del 2003 per l’annullamento:

- della deliberazione 22.11.2002 n. 256 (recte n. 265) della Giunta Comunale di Montegranaro relativa all’aggiudicazione della gara per la vendita del 76% del capitale sociale della F.C.C.M. S.p.A.;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso, compreso il verbale n. 1 della Commissione degli advisors ed i conseguenti contratti.


2. - La sentenza del TAR respinge, in parte perché infondati ed in parte perché inammissibili, tutti i motivi dei due ricorsi presentati in primo grado. Sono considerati ammissibili ma infondati i motivi di gravame limitatamente all’impugnazione della deliberazione della Giunta comunale 25.9.2002 n. 194, di nomina della Commissione di advisors, della deliberazione consiliare 30.9.2002 n. 56, di determinazione delle modalità di vendita delle azioni, della deliberazione 3.10.2002 n. 201, di determinazione del loro prezzo di vendita, e del bando di gara, in quanto il D. Lgs. n. 267/2000, ed in particolare gli artt.113 e segg., prevedono un nuovo e generale sistema di gestione dei servizi pubblici locali con cui è stato, di fatto, recepito ed istituzionalizzato il regime di deroga alla riserva a favore dei farmacisti dipendenti che era stato previsto dall’art.12, comma 1, della legge n. 489/1992. Pertanto l’abrogazione di questa ultima norma, disposta dallo stesso decreto legislativo n. 267/2000, non comporta certo il venir meno della possibilità di deroga alla disciplina dell’art. 9 della legge n. 475 del 1968, che prevede che il Comune possa gestire una farmacia tramite una società di capitali soltanto se questa sia costituita tra il Comune e i farmacisti che, al momento della costituzione, prestavano servizio nella farmacia comunale. Dalla nuova e generale disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 267/2000 non sono state espressamente escluse le aziende farmaceutiche comunali: di conseguenza, le farmacie comunali possono essere gestite anche da società per azioni a proprietà pubblica maggioritaria o minoritaria da parte del Comune e senza più alcun obbligo di predeterminazione legale dei soci tra i farmacisti dipendenti del Comune. Anche dopo l’abrogazione del comma 5 dell’art. 115 del D.Lgs. n. 267/2000, che consentiva il ricorso alle procedure previste dall’art. 116 del medesimo decreto tra cui il D.P.R. 16 settembre 1996 n. 533, resta fermo che è consentita l’alienabilità delle azioni della società costituita a seguito della trasformazione dell’azienda speciale, una volta intervenuta la stima prevista dall’art. 2343 c.c., a cui fa riferimento il comma 3 del menzionato art. 115 del D.Lgs. n. 267/2000, la quale non può che svolgersi sulla base del già citato D.P.R. n.533/1996, in mancanza di altro regolamento. E’ giudicata altresì infondata la dedotta incostituzionalità dell’art. 12 della legge n. 362/1991 e dell’art. 115 del D.Lgs. n. 267/2000 in quanto non contemplano l’obbligo di inserire tra i soci esclusivamente i dipendenti dell’azienda stessa. Sono invece considerati inammissibili i motivi del ricorso in primo grado relativi al bando di gara e al suo svolgimento in quanto non censurano la possibilità stessa di esperire la procedura di gara per la vendita delle azioni, ma le modalità di svolgimento, non avendo la ricorrente chiesto di partecipare alla gara e non essendo pertanto ravvisabile una legittimazione attiva derivante da interesse legittimo, ma una situazione di interesse c.d. di fatto, in quanto la sua posizione non si differenzia da quella che ogni soggetto vanta al corretto esercizio dell’attività amministrativa. Gli stessi motivi sono comunque considerati infondati nel merito ed in parte inammissibili per altri profili. In particolare è rilevante che la partecipazione alla gara da parte della ricorrente in primo grado era comunque possibile dal momento che il punto 1.1. del bando, relativo ai requisiti di partecipazione, non ha affatto limitato la partecipazione alla gara solo alle società di capitali, ma nella lett. a) ha consentito anche a “farmacista/i iscritto/i all’Albo e/o abilitato/i all’esercizio della professione che abbia(no) costituito o si impegni(no) a costituire in caso di aggiudicazione, una società di capitali in possesso dei requisiti economico-patrimoniali adeguati al valore dell’operazione”.

Con le stesse motivazioni, sono giudicati inammissibili anche tutti i motivi del secondo ricorso in primo grado relativi alle modalità di svolgimento della gara. La dedotta illegittimità dell’ammissione del raggruppamento temporaneo aggiudicatario risulta comunque infondata anche nel merito. La sentenza dichiara infine di non poter pronunciarsi sull’atto con cui è stato impugnato, mediante motivi aggiunti al secondo ricorso, il licenziamento notificato alla ricorrente il 31 3 2003, attesa la sua inesistenza processuale per mancato deposito in Segreteria.


3. - L’appellante contesta l’interpretazione adottata dal TAR secondo la quale il D.Lgs n. 267/2000 avrebbe definito un nuovo e generale sistema di gestione dei servizi pubblici con cui sarebbe stato recepito e istituzionalizzato il regime derogatorio già previsto dall’art. 12 della legge n. 498/1992, che sarebbe stato per questa ragione abrogato. Infatti il servizio di assistenza farmaceutica - e tanto meno l’esercizio di una singola farmacia - non costituisce ”servizio pubblico locale” (ex art. 113 e seguenti del TUEL). Pertanto tale disciplina non incide sulla normativa sanitaria che regola l’organizzazione del servizio farmaceutico e, in particolare, sull’art. 9 della legge n. 475 del 1968, che, attraverso la modifica apportata dall’art. 10 della legge n. 362/1991, ha introdotto la possibilità per i Comuni di affidare la gestione delle farmacie pubbliche ad apposite società di capitali “ ai sensi della legge n. 142/1990”, mantenendo ferma la riserva e la tutela a favore dei farmacisti dipendenti prevista dal medesimo articolo 9. E’ erronea e fuorviante, quindi, la tesi sostenuta dal TAR secondo la quale sarebbe consentito l’affidamento delle farmacie comunali a società miste ai sensi degli artt. 115 e 116 TUEL. Il servizio farmaceutico non rientra nell’ambito delle competenze del Comune, facendo capo invece alle Aziende USL ai sensi dell’art. 28 della legge n. 833/1978. Il Comune non può quindi pretendere di privatizzare la gestione del servizio farmaceutico con i soli strumenti del TUEL senza il ricorso alle procedure specifiche previste dalla legge n. 475/1968. Nell’ambito dell’applicazione delle procedure di cui all’art. 115, la sentenza è errata anche in ordine al mancato riconoscimento degli effetti dell’abrogazione del comma 5 dell’art. 115 TUEL, che consentiva il ricorso alle procedure di cui all’art. 116 del TUEL e, in particolare, di quelle di cui al D.P.R. n. 533/1996, utilizzate nel caso di specie. Non si comprende come il TAR, a proposito dell’art. 9 della legge n. 475/1968, abbia reputato, pur in mancanza di uno specifico provvedimento abrogativo, che tale norma sia stata abolita o comunque resa inapplicabile dal mutamento del quadro normativo dei servizi pubblici locali, mentre, a proposito dell’art. 12 della legge n. 498/1992, non abbia considerato l’abrogazione operata dal D.Lgs. n. 276/2000 e, a proposito del comma 5 dell’art. 115 del TUEL, abbia reputato “irrilevante” la sua esplicita abrogazione. L’abrogazione del comma 5 dell’art.115 non impedisce l’alienazione delle azioni delle società di cui al comma 1, che è possibile attraverso le altre opzioni previste dallo stesso art. 115 (offerta pubblica di vendita o trattative dirette). Quanto al rigetto della censura relativa alla legittimità costituzionale dell’art.12 della legge 362/1991 e dell’art. 115 TUEL (ove la tutela in essa prevista a favore dei dipendenti della farmacia comunale non si estenda all’ipotesi del trasferimento della gestione mediante trasformazione dell’azienda speciale in società di capitali), l’argomentazione del TAR non coglie la sostanza della questione sollevata in quanto, per un aspetto, il TAR persevera nel non considerare gli effetti dell’abrogazione dall’art. 12 della legge n. 498/1992, per un altro aspetto, non risponde sul punto dove si è rimarcata l’incostituzionalità dell’assenza di alcun regime di tutela del personale dipendente nell’ipotesi di concessione della farmacia comunale per un periodo talmente lungo da corrispondere ad una vendita della farmacia. L’appellante contesta, infine, le argomentazioni con le quali la sentenza del TAR ha ritenuto inammissibili tutti gli altri motivi del ricorso concernenti le modalità di espletamento della gara, non avendo l’appellante partecipato alla gara medesima. Il TAR ha applicato pedissequamente un principio, sia pur consolidato, ma senza prestare attenzione alle peculiarità del caso di specie. Non è stato, infatti, considerato che la posizione giuridica soggettiva della ricorrente in primo grado, attuale appellante, è qualificata dall’art. 9 della legge n. 475/1968 che prevedeva l’affidamento in gestione delle farmacie comunali a società di gestione costituite dal Comune e dai farmacisti dipendenti;
norma derogabile dall’art.12 della legge n. 448/1992, ma mai abrogata. E’ evidente, pertanto, che se la gara in questione fosse annullata risorgerebbe la possibilità di applicare le procedure di cui all’art. 9 della legge n. 475/1968. E’ pertanto dimostrato l’interesse legittimo della ricorrente alla esclusione dalla gara dell’unico partecipante per le stesse motivazioni che potrebbe sollevare un eventuale partecipante secondo classificato. Infine, l’appellante contesta anche il giudizio di infondatezza che il TAR ha comunque espresso sulle censure rivolte allo svolgimento della gara.


4. - La controinteressata W.P.I. s.r.l. si costituisce con propria memoria in data 23 gennaio 2013 sottolineando la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso - alla luce della sentenza passata in giudicato della Sezione lavoro della Corte di Appello di Ancona che ha sancito l’incontrovertibile cessazione del rapporto di lavoro dell’appellante alle dipendenze della farmacia - e l’infondatezza dell’appello anche alla luce della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha sancito il superamento di tutta la previgente disciplina in tema di gestione dei servizi pubblici locali sulla base degli articoli 113 e segg. del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.


5. - La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’8 febbraio 2013.


6. – L’appello è infondato.

6.1. – La controversia deve essere decisa sulla base della normativa vigente pro tempore e legittimamente posta alla base degli atti adottati dal Comune, secondo l’interpretazione a suo tempo adottata dall’indirizzo consolidatosi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, che può essere confermato anche nel vigente quadro normativo. Tale indirizzo è espresso in particolare dalla sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, 15 febbraio 2007, n. 637, dalla quale il Collegio non ritiene vi siano ragioni di discostarsi sostanzialmente, pur in presenza di alcuni aggiornamenti del quadro normativo considerato da detta sentenza, consistenti nel richiamo “in vita” da parte di norme successive dell’articolo 9 della legge n. 475 del 1968, a loro volta in seguito abrogate dal referendum o annullate dalla successiva sentenza della Corte costituzionale, che tuttavia potrebbero essere richiamate a favore di una persistente vigenza del predetto articolo 9.

6.2. - A questi limitati fini devono essere considerate le normative successive allo svolgimento della vicenda in esame. In particolare:

- il comma 1 dell’art. 23 bis del decreto legge 112/2008, che aveva integrato e in parte modificato la normativa prevista dall’art.113 dal Testo unico degli enti locali, come successivamente modificato dal decreto legge n. 135/2009, nel testo emerso dalla conversione operata dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, aveva escluso le farmacie comunali dalla applicazione della disciplina da esso prevista prevedendo la riconduzione della gestione delle farmacie municipalizzate alla disciplina di cui alla legge 2 aprile 1968 n.475 e cioè all’art. 9, che è la norma di questa legge che disciplina specificamente la gestione delle farmacie comunali;

- dopo l’abrogazione in via referendaria dell’art. 23 bis sopra citato, veniva introdotto sulla stessa materia l’art. 4 del decreto legge n. 138/2011, che al comma 34 prevedeva la esclusione dalla nuova disciplina oltre che del servizio idrico integrato, anche “delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475.”

- la sentenza n. 199/2012 della Corte costituzionale ha successivamente dichiarato l’illegittimità delle disposizioni del citato art. 4, in quanto dirette a ripristinare norme abrogate dalla volontà popolare col suddetto referendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall’art. 75 Cost. .

– alla luce della predetta sentenza della Corte Costituzionale restano in vigore per tutti i servizi pubblici locali i principi comunitari come interpretati dalla Corte di Giustizia europea (tutela della concorrenza, libertà di circolazione dei fattori produttivi, divieto di barriere di entrata nel mercato, trasparenza e non discriminazione) che appartengono a pieno titolo al diritto positivo interno, in ragione della natura di norme inderogabili di ordine pubblico economico.

- restano in vigore altresì gli articoli 115 e 116 del TUEL, non toccati dalle normative successive oggetto prima del referendum e poi della sentenza della Corte costituzionale n.199, già citata, mentre, a norma della sentenza della stessa Corte n. 24/2011 che ha ammesso il referendum, il suo successo non determina la reviviscenza delle norme dell’art. 113, abrogate in attuazione del 23 bis a sua volta abrogato dal referendum.

6.3. – Dalla ricostruzione di cui al punto 6.2., risulta evidente che la successiva esclusione delle farmacie comunali dalla diversa disciplina di cui all’articolo 23 bis del D.L. 112/2008 e l’art. 4 del decreto legge n. 138/2011, - norme successivamente abrogate o annullate rispettivamente dal referendum e dalla sentenza della Corte costituzionale - non potrebbe essere invocata a sostegno della tesi di parte appellante circa la esistenza di una analoga esclusione implicita dalla applicazione dell’articolo 115 del TUEL in materia di servizi pubblici locali, in quanto la farmacia rientrerebbe nei servizi essenziali di tipo sanitario e non nei servizi pubblici locali aventi rilevanza economica. Al contrario la vicenda normativa successiva prova semmai il contrario: e cioè sia che la esclusione se c’è deve essere esplicita, sia il fatto che la gestione delle farmacie comunali deve essere considerata un servizio comunale avente rilevanza economica, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di una esplicita esclusione.

6.4. – Ammesso che il richiamo da parte di norme successive e poi a loro volta abrogate o annullate valga a provare che l’articolo 9 della legge 2 aprile 1968 n. 475, come successivamente modificato, debba considerarsi ancora in vigore, essa dimostra anche tale norma, se vigente e tuttora applicabile, deve contemperarsi con la normativa di cui all’art.115 del TUEL dal momento che tale articolo è certamente vigente e contrariamente alle discipline specifiche successivamente emanate non prevede la esclusione delle farmacie comunali e anzi con l’ abrogazione dell’art. 12 della legge n. 498/1992 con tutta evidenza le include (v. punto 6.7).

6.5. – Inoltre va anche detto, per quanto attiene al presente giudizio, che se l’art. 9 più volte citato, ove considerato tuttora vigente e anche applicabile secondo la normativa comunitaria, non fosse interpretato come norma che deve contemperarsi e integrarsi con le disposizioni dell’articolo 115 TUEL, (come una delle possibilità incluse nelle procedure di cui al comma 4) i due ricorsi in primo grado sarebbero interamente inammissibili in quanto la ricorrente non ha impugnato il primo provvedimento concernente la trasformazione della azienda speciale in società di capitali, trasformazione che era esplicitamente operata a norma dell’art. 115 del TUEL.

6.6. - In aggiunta, può affermarsi che, essendo le norme dell’art.115 parte di un complesso di norme attuative di principi dell’Unione europea in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica, una interpretazione “esclusiva” della norma dell’art. 9 più volte citato - nel senso di riservare la partecipazione alla società di capitali solo ai farmacisti dipendenti - dovrebbe essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo o in ogni caso sottoposta al giudizio della Corte di giustizia.

6.7. – Insomma, sulla base di quanto affermato nei punti precedenti, l’abrogazione dell’articolo 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 - che prevedeva la possibilità di costituire società per azioni per l’esercizio di servizi pubblici anche in deroga alla disposizione dell’articolo 9, primo comma, lettera “d”, della legge n. 475 del 1968 – da parte dell’articolo 274, del TUEL, contenente abrogazione di disposizioni incompatibili, deve essere necessariamente interpretata nel senso che il regime di deroga di cui all’abrogato art. 12 viene integralmente sostituito dalla più ampia disciplina prevista dallo stesso TUEL agli art. 113 e seguenti. Pertanto l’abrogazione dell’art. 12 sopracitata ha un senso in conseguenza dell’entrata in vigore dei richiamati articoli del TUEL solo perché tali articoli assorbono in una nuova organica disciplina generale - prevalente su tutte le discipline speciali - anche la deroga puntualmente prevista dall’art.12 con riferimento alla disciplina delle farmacie comunali.

6.8. - Con le precisazioni e integrazioni di cui ai punti precedenti può essere considerato come principio di diritto applicabile al caso di specie quanto stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato 15 febbraio 2007, n. 637, richiamata al punto 6.1. La sentenza n. 637/2007 afferma infatti che “il testo unico 18 agosto 2000, n. 267, ha regolato l’intera materia delle forme giuridiche di prestazione dei servizi pubblici locali, determinando l’abrogazione delle leggi anteriori che regolavano le forme di prestazione di singoli servizi, come appunto l’articolo 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968, nel testo stabilito dall’art. 10 della legge 1 novembre 1991 n. 362 (articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale, premesse al codice civile)”.

6.9. - Il principio di diritto di cui alla citata sentenza n. 637 resta sostanzialmente valido nel senso che normativa di cui all’art. 9 della legge n. 475/1968, nei limiti in cui è rimasta in vigore, può comunque applicarsi solo nei limiti in cui è compatibile con la disciplina generale prevista in materia dal TUEL e nelle forme previste da esso, contemperandosi con le altre procedure previste dal TUEL stesso e in particolare con l’art. 115, per quanto riguarda il caso di specie, e comunque nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria. Ne deriva il rigetto o la inammissibilità di tutti i motivi di appello che in un modo o nell’altro presuppongono nelle farmacie comunali la prevalenza o l’alternatività dell’art. 9 della legge 473 sull’art. 115 TUEL.

6.10. – Va respinto perché infondato nel merito il motivo relativo agli effetti dell’abrogazione del comma 5 dell’art. 115 TUEL che, secondo l’appellante, impedirebbe il ricorso alle procedure di evidenza pubblica per l’alienazione delle azioni della società in cui è stata trasformata l’azienda speciale. L’abrogato comma 5 disponeva che la partecipazione nelle società in cui vengono trasformate le aziende speciali potessero essere alienate “anche ai fini e con le modalità di cui all’articolo 116”. Quest’ultimo articolo, al comma 2, stabiliva – e stabilisce tuttora - che “La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95 e successive modifiche e integrazioni”. Fino a nuovo eventuale regolamento, con questa formulazione dovevano intendersi richiamate le norme regolamentari contenute nel D.P.R. n. 533/1996, adottato, appunto, in esecuzione dell’articolo 4 del decreto-legge n. 26/1995. Ciò premesso, deve osservarsi che l’abrogazione del richiamato comma 5 dell’ articolo 115 del decreto legislativo n. 267/2000 da parte dell’ articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, trova piena giustificazione nel fatto che lo stesso articolo 38, novellando l’articolo 116 del citato decreto legislativo, ne ha limitato la disciplina all’ambito dei servizi “di cui all’articolo 113 bis”, cioè dei servizi privi di “rilevanza industriale” (espressione poi sostituita dall’espressione “rilevanza economica” secondo quanto stabilito dall’articolo 14 del decreto-legge n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge 326/2003). Con l’abrogazione del predetto comma 5 dell’articolo 115 il legislatore ha inteso espungere dal contesto di un articolo disciplinante la trasformazione in società per azioni di aziende speciali, svolgenti prevalentemente attività industriali o servizi pubblici di rilevanza economica, un rinvio, ormai divenuto improprio, ad un articolo (il 116) disciplinante soltanto i servizi aventi una diversa rilevanza. Nessun argomento può invece trarsi da questo processo di aggiornamento normativo a favore della tesi dell’inapplicabilità del D.P.R. n. 533/1996 alle società che scaturiscono dalla trasformazione delle aziende speciali. L’abrogazione del comma 5 dell’art. 115 del D.Lgs. n. 267/2000 non incide, dunque, sulla puntuale possibilità di ricorrere al regolamento di cui al D.P.R. 16 settembre 1996 n. 533, che è il regolamento che disciplina l’alienazione attraverso di evidenza pubblica.

6.11. - Né può sostenersi la non trasferibilità delle azioni della società in cui viene trasformata l’azienda speciale mediante gara con evidenza pubblica poiché l’alienabilità delle azioni è prevista dal comma 1 e dal comma 3 dell’art.115 e non può certo convincere la tesi sostenuta nell’appello che attribuisce all’abrogazione del comma 5 il significato di limitare l’alienabilità entro le limitate possibilità concesse in via aggiuntiva e residuale dal comma 4 dell’art. 115, come risulta evidente dalla formulazione della norma (“le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche fini dell’applicazione delle norme di cui al decreto legge 21 maggio 1994, n.332,..”).

6.12. – Non è considerata ammissibile in questa sede la dedotta incostituzionalità dell’art. 12 della legge n. 362/1991 e dell’art. 115 del D.Lgs. n. 267/2000, dal momento che in questa controversia non è in discussione la tutela dei diritti del dipendente della farmacia, oggetto di altro giudizio, già concluso con sentenza passata in giudicato, ma gli atti con i quali il comune ha proceduto ad individuare i soci della società costituita ai fini della gestione della farmacia. La questione di costituzionalità sollevata non è pertanto rilevante in questo giudizio.

6.13. – I motivi di impugnazione che fanno riferimento alle questioni concernenti le modalità di svolgimento della gara sono inammissibili in quanto l’appellante non ha partecipato alla gara. Non è persuasiva l’argomentazione sostenuta nell’appello per la quale la legittimazione riconosciuta dal TAR ad agire per tutelare le posizioni soggettive derivanti dei dipendenti della farmacia sulla base dell’art. 9 della legge n. 475/1968 varrebbero anche nel caso in cui il fallimento della gara riaprisse la possibilità di applicare in via alternativa le procedure di cui al medesimo art.

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