Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-12-09, n. 201008656

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-12-09, n. 201008656
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201008656
Data del deposito : 9 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01928/2008 REG.RIC.

N. 08656/2010 REG.SEN.

N. 01928/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1928 del 2008, proposto da:
C Paola, rappresentata e difesa dagli avv.ti D B D P e Felice Giuffre', con domicilio eletto presso D B D P, in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;

contro

- il Ministero della Giustizia. costituitosi in giudizio, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- la Commissione Esaminatrice del Concorso per la nomina a notaio bandito con D.D.G. in data 10 dicembre 1999,
non costituitasi in giudizio,

nei confronti di

-

AVAGLIANO

Marco,

RUGGERO

Francesca e

COVONE

Matilde,
non costituitisi in giudizio;
- BATTISTA R,

CASTALLO

Cristiana, COPPOLA F, COPPOLA O, D’AGOSTINO L R, D’ANGELO U, DI NOCERA P, FANUZZI I,

LAMANNA

Luca,

MARCONE

Sergio,

MELE

Carla,

ORSI

Carla,

PATALANO

Alessandra, SACCA’ Maria Rosaria,

SANNINO

Marino,

SARACENO

Gianvito,

SCUDIERO

Angela,

SFERO

Marcello e

SFERA

Giuseppe,
non costituitisi in giudizio,

per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE I n. 16397/2006, resa tra le parti, concernente

ESCLUSIONE PROVE ORALI CONCORSO PER NOTAI ANNO

1999.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visto che non si sono costituiti in giudizio né i controinteressati evocati né la Commissione esaminatrice del concorso contestato;

Vista la decisione interlocutoria n. 823/2010;

Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle sue domande;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 5 novembre 2010, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Domenico Bonaccorsi di Patti, per l’appellante e l’avv. Alessandra Bruni dello Stato per l’appellato Ministero;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, ha respinto il ricorso ( n. 5537/02 ) proposto dall’odierna appellante avverso il giudizio di non ammissione alle prove orali del concorso per la nomina a notaio indetto con D.D. in data 10 dicembre 1999 per aver ottenuto, all’ésito della correzione delle prove scritte, un punteggio complessivo pari a 99, inferiore al punteggio minimo di 105 necessario per l’ammissione.

Il Giudice di primo grado ha infatti ritenuto insussistenti i vizii, dedotti sotto quattro articolati profili, di violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 23 e 24 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953, di violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 e di eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione e perplessità.

Contro l’indicata sentenza l’originaria ricorrente ha proposto appello, chiedendo, con ricorso notificato il 12 febbraio 2008 e depositato il 7 marzo 2008, la riforma della stessa, rilevandone analiticamente l’erroneità in relazione a ciascuno dei motivi dell’originario ricorso.

Si è costituito in giudizio, senza peraltro formulare difese, il Ministero della Giustizia.

Non si sono costituiti in giudizio i controinteressati evocati.

Con decisione interlocutoria n. 823/2010, resa all’ésito della chiamata e passaggio in decisione della causa alla udienza pubblica del 18 dicembre 2009, il Collegio, rilevate “l’inesistenza di qualsivoglia notifica dell’appello alla non costituita Commissione esaminatrice del concorso a 200 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale in data 10 dicembre 1999 ( dal momento che l’unica notifica effettuata presso l’Avvocatura Generale dello Stato reca indicato come destinatario il solo Ministero della Giustizia, nei confronti del quale soltanto deve pertanto intendersi effettuata e perfezionata la notifica stessa ), l’invalidità della notifica del ricorso ai controinteressati (interventori ad opponendum in primo grado) non costituiti BATTISTA R,

CASTALLO

Cristiana, COPPOLA F, COPPOLA O, D’AGOSTINO L R, D’ANGELO U, DI NOCERA P, FANUZZI I,

LAMANNA

Luca,

MARCONE

Sergio,

MELE

Carla,

ORSI

Carla,

PATALANO

Alessandra, SACCA’ Maria Rosaria,

SANNINO

Marino,

SARACENO

Gianvito,

SCUDIERO

Angela,

SFERO

Marcello e

SFERA

Giuseppe ( risultando la notifica medesima effettuata non nei confronti degli stessi presso l’unico loro difensore domiciliatario ma nei confronti di questo come destinatario della notifica senza menzione nella relata né del nominativo delle parti da lui rappresentate né della circostanza che il numero delle copie consegnate al predetto procuratore corrisponda al numero delle persone destinatarie dell’atto medesimo, donde l’incertezza sull’effettivo intervenuto ingresso dello stesso nella sfera giuridica di conoscenza di ciascuna delle persone effettive destinatarie della notificazione ), nonché, infine, l’assenza di qualsivoglia notifica nei confronti dei controinteressati non costituiti

AVAGLIANO

Marco,

RUGGERO

Francesca e

COVONE

Matilde, dalla stessa originaria ricorrente come tali individuati ed evocati in primo grado” ( pagg. 3 – 4 ), poneva “a càrico della parte appellante l'ònere di integrare il contraddittorio, nei confronti di tutti i legittimi e necessarii contraddittori come sopra individuati” ( pag. 6 ).

Con deposito in data 2 aprile 2010, integrato da successivi depositi in data 26 aprile e 24 maggio 2010, l’appellante ha provato di aver provveduto all’integrazione del contraddittorio, secondo quanto disposto dalla citata decisione interlocutoria.

Pur a séguito di tale integrazione, non si sono costituiti in giudizio né i controinteressati evocati né la Commissione esaminatrice del concorso de quo.

Con memoria in data 14 aprile 2010 l’appellante ha nuovamente e diffusamente esposto le proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 27 aprile 2010, conformemente a quanto previsto nella precedente decisione, la causa è stata nuovamente chiamata, ma rinviata a data da destinarsi per consentire all’appellante il deposito degli avvisi di ricevimento mancanti, relativi alla effettuata notifica a mezzo del servizio postale dell’atto di integrazione del contraddittorio.

A séguito di domanda di prelievo in data 24 maggio 2010, la trattazione della causa è stata alfine fissata per l’udienza pubblica del 5 novembre 2010, alla quale è stata chiamata e trattenuta in decisione.

2. - È oggetto di gravame la sentenza del Tar Lazio in epigrafe indicata, che, nel respingere il ricorso proposto in prime cure dall'odierna appellante sia per quanto attiene alle censure di ordine procedimentale ( funzionamento della Commissione, verbalizzazione delle sue valutazioni, scelta dei criterii di valutazione e loro integrazione a procedura selettiva in corso, inadeguatezza dei tempi di correzione ) sia per quanto alle censure più propriamente di merito ( espressione di voto meramente numerico ed immotivata mancata assegnazione di punteggio aggiuntivo necessario per il raggiungimento della soglia dei 105 punti ), ha confermato la legittimità della valutazione negativa della stessa nelle prove scritte a 200 posti di notaio, di cui al d.D.G. in data 10 dicembre 1999.

Constatata l’integrità del contraddittorio a séguito dell’integrazione operatane dall’appellante in esecuzione della sopra indicata decisione interlocutoria, il Collegio rileva che l'appello è infondato e va perciò respinto per le considerazioni di seguito esposte, frutto di una consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, dalla quale non vi è ragione per discostarsi ed alla quale si rinvia, anche ai sensi dell'art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (cfr. in materia IV, 26 luglio 2006, n. 4687;
IV, 22 settembre 2005, n. 4989;
da ultimo, IV, 22 marzo 2007, n. 1390).

3. - Circa i pretesi vizii relativi alla composizione della Commissione esaminatrice, è sufficiente rilevare innanzitutto che non è stata in alcun modo provata dall'appellante ( ed anzi è stata da essa stessa puntualmente smentita, laddove afferma la mancanza di “un formale provvedimento costitutivo delle due sottocommissioni” ) la circostanza che la Commissione esaminatrice del concorso notarile in questione si sia suddivisa in sottocommissioni, sì che non può operare nel caso di specie il sistema di correzione degli elaborati “alternato”, come previsto dall’art. 22 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 applicabile ratione temporis al concorso in argomento, di cui l’appellante lamenta la mancata applicazione.

Non comporta poi modifica della Commissione esaminatrice ( e tanto meno la prospettata costituzione “de facto” delle due sottocommissioni ) l'intervento dei membri supplenti in luogo di quelli titolari, trattandosi di una sostituzione espressamente prevista dall'articolo 27 del R.D. n. 1953 del 1926 nell'ambito del principio di piena fungibilità dei membri della commissione, senz’alcun obbligo - secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale del giudice amministrativo - di una specifica motivazione in ordine ai motivi, che hanno reso necessaria la sostituzione ( C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2001, n. 367;
C.G.A., 11 ottobre 1999, n. 473 ).

La prospettata “sistematica alternanza tra membri effettivi e supplenti” risulta pertanto pienamente conforme al dettato legislativo, così come la loro piena fungibilità, peraltro per la prima volta messa in discussione dalla ricorrente in appello sotto il profilo del mancato rispetto della “proporzione tra le diverse competenze professionali richieste dal legislatore”, in violazione del noto divieto di ius novorum in secondo grado.

Né miglior sorte mérita la censura di mancata verbalizzazione delle modalità di deliberazione della meritevolezza del candidato ad ottenere il minimo richiesto per l’approvazione ( 90 punti ), giacché, in disparte la sua evidente inammissibilità per carenza di interesse in forza della circostanza che la candidata odierna appellante ha superato tale minimo e dunque non può utilmente dolersi del mancato rispetto di eventuali modalità procedimentali inerenti a tale fase di giudizio, è pacifico in giurisprudenza che la Commissione esaminatrice ha il dovere di leggere gli elaborati e di indicare il punteggio complessivo riportato dal candidato ( del che non si discute nel caso all’esame ), ma non l’obbligo di esternare la votazione attribuita da ciascun singolo commissario al compito oggetto di valutazione ( v., per un’applicazione del principio in sede consultiva, Cons. St., III, 5 maggio 2009, n. 966 ), nemmeno, aggiunge il Collegio, in ciascuna delle fasi, in cui si articola l’assegnazione dei voti ai fini dell’ammissione agli orali nel procedimento descritto dall’art. 24 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953, nella prima delle quali, in particolare ( quella in cui la Commissione delibera per ciascuna prova, a maggioranza dei voti, se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione ), occorre presumere l'unanimità e l'uniformità della valutazione compiuta, salvo che risulti il dissenso da parte di taluno dei commissarii.

4. - In ordine alla problematica della previa fissazione dei criterii di valutazione delle prove concorsuali, non è, anzitutto, motivo di illegittimità degli impugnati provvedimenti il fatto che la Commissione esaminatrice abbia fissato criterii e modalità di valutazione delle prove scritte del concorso notarile in questione “soltanto alla presenza di solo alcuni dei Commissari ( non sempre gli stessi ), in verbali non sottoscritti da tutti” ( pag. 10 app. ).

Se pure è vero, infatti, che “le deliberazioni della commissione devono essere prese con l’intervento di tutti i commissari” ( art. 27, comma 1, del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 ), nessuna particolare disposizione prevede che i criterii stessi siano approvati dal plenum della Commissione composto dei suoi membri effettivi e supplenti, sì che gli stessi devono ritenersi del tutto conformemente al veduto dettato normativo adottati dalla Commissione nella sua composizione-tipo di 5 membri ( ordinarii o supplenti ch’essi siano, secondo la regola di piena fungibilità anzidetta ), alla quale soltanto deve ritenersi che il citato art. 27 faccia riferimento.

Né può opinarsi che la sua concreta composizione nell’esercizio della legittima attività deliberativa (in quanto effettuata da un organo, come s’è detto, comunque regolarmente costituito ed operante nella composizione prevista dal legislatore) in ordine alla fissazione dei criterii di cui si tratta rischi comunque di “influire sulla valutazione degli elaborati”, come paventato dall’appellante, “non essendo tutti i componenti della Commissione concordi sui criteri di correzione” ( pag. 11 app. ), dal momento che la continuità, risultante dai verbali versati in atti, delle operazioni di individuazione dei criterii con quelle di correzione degli elaborati consente di ritenere accertato che tutti i componenti effettivi e supplenti della Commissione siano stati resi edotti delle relative determinazioni e che essi ( non risultando dai verbali alcun dissenso in ordine ai criterii prescelti, tanto meno con riguardo alla contestazione asseritamente avanzata, secondo le tesi di ricorso,m da uno dei commissarii in ordine alla corretta individuazione del luogo di apertura della successione nel tema di volontaria giurisdizione ) li abbiano dunque conosciuti, condivisi ed applicati.

Né risulta, per finire sul punto, ammissibile la riproposizione, in questo grado di appello, della censura di mancata sottoscrizione dei relativi verbali da parte di tutti i commissarii, in mancanza di specifiche critiche all’espressa statuizione reiettiva pronunciata dal Giudice di primo grado.

Del tutto priva di fondamento giuridico è poi la doglianza concernente la presunta genericità e sommarietà dei predetti criterii, atteso che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è ragione di discostarsi, tale attività è frutto dell'ampia discrezionalità amministrativa, di cui è fornita la Commissione per lo svolgimento della propria funzione, che si sottrae, pertanto, al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che essa non sia ictu oculi inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ( ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 17 settembre 2004, n. 6155 ), che non è dato certo di ravvisare, ad avviso del Collegio, nei criterii, di cui si tratta, i quali, ad onta della critica di genericità ad essi rivolta, presentano, pur nella necessaria sinteticità delle espressioni utilizzate, un’adeguata articolazione complessiva, toccando tanto le problematiche inerenti all’aspetto espositivo del tema quanto quelle inerenti ai contenuti strettamente tecnico-scientifici-professionali.

D'altra parte, ritiene la Sezione che non si traggano elementi sintomatici, volti a dimostrare la irragionevolezza o l'arbitrarietà dei criterii e delle modalità di valutazione delle prove scritte, dalla circostanza che la Commissione abbia - peraltro collegialmente - approfondito e riesaminato nel corso dei suoi lavori le soluzioni tecnicamente adeguate e corrette in relazione alle prove concorsuali e alle soluzioni fornite dai candidati.

Infatti, mentre, per un verso, ciò prova la indiscutibile scrupolosità dell'operato della Commissione ( in piena conformità ai canoni di legalità, imparzialità e buon andamento, che devono contraddistinguere l'azione amministrativa, ivi compresa l'attività valutativa propria delle commissioni di concorso ), per altro verso un tale operato potrebbe essere considerato scorretto, illegittimo e comunque rilevante nella presente controversia solo se avesse dato luogo a differenze di correzione degli elaborati concorsuali in danno dell'appellante, circostanza questa che non è stata in alcun modo dedotta.

Del resto, in concreto, la Commissione si è soltanto limitata ad esplicitare la portata interpretativa del criterio relativo ai vizii di nullità degli atti ulteriori nella valutazione della prova pratica, pervenendo ad una soluzione logica, e non sindacabile, di rilevanza sostanziale e non formale dell'errore, in cui sia potuto incorrere il candidato nella trascrizione delle previste formalità;
soluzione, questa, non contraddetta poi di certo dal successivo intervento chiarificatore della Commissione stessa in ordine alla questione della competenza territoriale nel tema di volontaria giurisdizione.

Né la pure lamentata omessa previsione di criterii di valutazione per l'attribuzione di punteggi compresi tra la sufficienza ( 90 punti ) ed il punteggio minimo complessivo ( 105 punti ) per l'ammissione alle prove orali, in assenza di uno specifico obbligo normativo, può tradursi, come preteso dall’appellante, in un vizio di legittimità dell'azione amministrativa, atteso che i criterii di valutazione, così come indifferenziatamente in concreto stabiliti in relazione alle operazioni di giudizio di cui si tratta, coprono tutto il ventaglio delle scelte da assumersi dalla Commissione nel corso delle stesse e consentono di ricostruire ab externo la motivazione del giudizio tecnico-discrezionale racchiuso nel voto anche per quei candidati, che abbiano ottenuto una votazione complessiva ricompresa fra i 90 ed i 104 punti, giacché anche per tale fascia di valutazione i criterii predisposti garantiscono la necessaria graduazione ed omogeneità dei giudizii resi mediante l’espressione della cifra del voto, a quegli stessi criterii correlata e dunque opportunamente calibrata, anche per tale particolare fascia di voti ( che esprimono un giudizio di sufficienza ma non tale da consentire al candidato di raggiungere l’idoneità ), rispetto a qualunque altra diversa espressione di cifra numerica collocantesi nella complessiva scala di valori aritmetici, che nel concorso di cui si tratta va da 90 a 150.

5. - Quanto alla mancata effusione di idoneo apparato motivazionale a conforto del giudizio di non ammissione alle prove orali pur in presenza del conseguito punteggio di sufficienza in tutte le prove scritte ( com’è noto di per sé non utile, nella disciplina del concorso notarile ratione temporis applicabile, all’ammissione alle prove orali, laddove manchi il raggiungimento di una media superiore per effetto dell’attribuzione di un punteggio aggiuntivo ) e pur in un contesto fattuale in cui la Commissione stabilisca di motivare sia pur succintamente i giudizii di “totale” insufficienza, la giurisprudenza di questo Giudice di appello, dalla quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, si è costantemente orientata per l'assenza di uno specifico obbligo motivazionale in proposito, evidenziando in particolare che convincenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere, nel sistema previgente rispetto al(l'entrata in vigore del) D. Lgs. n. 166/2006, la sussistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice di motivare specificamente il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore punteggio necessario per ottenere l'ammissione all'orale ( ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2006 n. 4687;
da ultimo, Cons. St., IV, n. 1390/2007, cit.).

Di qui l'infondatezza, in relazione ai profili dedotti, della censura di difetto di motivazione, anche in relazione al più generale indirizzo giurisprudenziale, secondo cui, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, l'onere di motivazione della valutazione delle prove scritte di un concorso pubblico può essere adempiuto attraverso la semplice attribuzione di un punteggio numerico ( unica formalità, questa, prevista per il concorso notarile dal r.d. 14 novembre 1926, n 1953 ), il quale rappresenta una espressione sintetica, ma pur sempre eloquente, dell'apprezzamento compiuto dalla Commissione e che proprio in quanto tale non richiede di essere integrato mediante un'apposita ed ulteriore motivazione, che aggiungerebbe ben poco al sufficiente significato già espresso dal voto ( cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5509 e 5 dicembre 2006, n. 7122 );
ed in mancanza del quale, come appunto accade nel concorso notarile di cui si tratta per coloro che a giudizio della Commissione non meritino “di ottenere il minimo richiesto per l’approvazione” ( ma non è questa la posizione in cui versa l’odierna appellante ), è pertanto assolutamente logico, conseguenziale e non contraddittorio l’auto-vincolo assunto nel caso di specie dalla Commissione “di motivare soltanto per gli elaborati che non hanno raggiunto la sufficienza” ( pagg. 12 – 13 app. ).

Né il candidato “novantista” ha poi diritto ad una motivazione, che chiarisca in concreto le ragioni della mancata attribuzione del punteggio aggiuntivo necessario per l'ammissione agli orali;
sul punto, invero, la giurisprudenza della Sezione è univocamente orientata per l'inesistenza di tale specifico obbligo motivazionale ( cfr., fra le recenti, n. 2127 del 2006 e n. 1390 del 2007, nonché, fra le risalenti, nn. 1157 e 3866 del 2001 ) e tale orientamento mérita di essere confermato, trattandosi di mancato esercizio di potere discrezionale - non destinato a formalizzarsi in alcun atto imputabile all'Organo, giusta la previsione di legge – che, per consolidati principii, non necessita di una specifica motivazione ( il che trova conferma nel rilievo che la norma - sia pure con espressioni non simmetriche a quelle adoperate relativamente alla prima fase - si dà carico – solo - di disciplinare l'ipotesi dell'uso positivo dell'anzidetto potere discrezionale estrinsecantesi nell'apertura della seconda fase, regolamentando – esclusivamente - le modalità di espressione della votazione aggiuntiva: v. Cons. St., IV, n. 1390/2007, cit. ).

Va, per finire con le doglianze prospettate in ordine al ritenuto difetto motivazionale della contestata valutazione, rammentato che il sindacato giurisdizionale sull'esercizio del potere che si estrinsechi nella valutazione di un fatto ( nel caso de quo, gli elaborati di un esame concorsuale ) in base a conoscenze scientifiche ( nella specie derivanti dalla scienza giuridica ) non comporta che il Giudice debba sostituire la propria valutazione a quella effettuata dall'Amministrazione, perché i giudizii espressi dalle commissioni esaminatrici hanno carattere tecnico-discrezionale ed attengono al merito dell'azione amministrativa e quindi devono ritenersi insindacabili in sede di legittimità, salvi i limiti propri della manifesta contraddittorietà, illogicità o irrazionalità ( ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4989;
30 giugno 2005, n. 3552;
17 dicembre 2003, n. 8320 ), che non ricorrono nel caso in esame.

Invero, non si può ritenere manifestamente irragionevole l'operato della commissione solo perché gli elaborati sarebbero stati redatti, in base a personale valutazione del candidato, in modo lodevole e meritorio;
e ciò in quanto il giudizio tecnico-discrezionale della commissione esaminatrice riguarda varii profili (il modo in cui è stato redatto l'elaborato scritto in relazione al caso concreto, la soluzione tecnico-giuridica prospettata, la pertinenza delle norme giuridiche richiamate, la conformità alla legge ed alla prassi notarile, la chiarezza espositiva, la forma sintattica e la stessa logica emergente dall'elaborato, ecc. ), che implicano all'evidenza un sindacato pregnante, consentito, in sede di legittimità, soltanto da una lampante implausibilità dell'operato valutativo della commissione, come detto qui non emergente.

Del resto, si è già sopra escluso che i criterii predisposti dalla Commissione non abbiano carattere di sufficiente specificità e che essi non siano stati seguiti nella correzione degli elaborati predisposti dall'odierna ricorrente, in proposito dovendosi rilevare come la relativa censura, assolutamente generica, non riveli alcun convincente supporto dimostrativo.

6. - Infine, quanto alla residua censura di carattere procedimentale attinente all’affermata inadeguatezza dei tempi di correzione, è sufficiente ricordare che, per pacifica giurisprudenza ( cfr. Cons. St., IV, 12 marzo 2001, n. 1366 ), il tempo impiegato dalla commissione d'esami per la correzione degli elaborati svolti da un certo numero di candidati inerisce all'esercizio di discrezionalità tecnica, sicchè è incensurabile in sede giurisdizionale, salvo che non emergano profili di assoluta arbitrarietà od illogicità, nella fattispecie nemmeno dedotti;
né risulta ammissibile il profilo di doglianza di “mancata verbalizzazione del tempo impiegato per la correzione di ciascuna prova scritta” ( pag. 15 app. ), in quanto per la prima volta dedotto in grado di appello.

7. - In definitiva, per tutto quanto argomentato, il ricorso deve essere respinto.

Giusti motivi inducono a compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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