Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-12-14, n. 202310811
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Pubblicato il 14/12/2023
N. 10811/2023REG.PROV.COLL.
N. 02328/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2328 del 2021, proposto da
Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati S F e A P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S F in Roma, Piazzale delle Belle Arti 8;
contro
E-Solar S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Scialoja 18;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter , n. 834 del 20 gennaio 2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di E-Solar S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 6 dicembre 2023 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Trevisan Marco e Mari Alessandra;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il G.S.E. S.p.A. (in seguito “GSE”) ha impugnato la sentenza n. 834 del 20 gennaio 2021 con cui il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter , ha accolto il ricorso proposto da E-Solar S.r.l. avverso il diniego di riconoscimento della tariffa incentivante per gli impianti integrati architettonicamente ubicati su serra.
2. E-Solar S.r.l. è soggetto responsabile dell’impianto fotovoltaico n. 143224,01, della potenza pari a 328,88 KW, realizzato su una serra agricola sita in Comune di Donorì (Cagliari).
2.1 Con comunicazione del 22 agosto 2010 GSE riconosceva la tariffa incentivante prevista dal D.M. 19 febbraio 2007 per la tipologia “ impianto integrato architettonicamente- b3/2 -Pensiline, pergole e tettoie in cui la struttura di copertura sia costituita dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto ” in misura pari a 0,422 euro/kwh.
2.2 Con successivo provvedimento del 4 dicembre 2018 il gestore comunicava che poteva essere riconosciuta solo la tariffa prevista per gli impianti installati a terra pari a 0,346 €/kwh, inferiore a quella richiesta, poiché la serra non era interamente dedicata alla coltivazione (al momento del sopralluogo non era coltivata per circa il 50% dell’estensione) e la società non aveva fornito alcuna documentazione atta a dimostrare la destinazione permanente della serra alla coltivazione fin dalla sua entrata in esercizio (7 luglio 2010).
3. Avverso il sopra indicato provvedimento la società proponeva ricorso al TAR che con sentenza n. 834/2021 lo accoglieva, osservando che le “ norme regolamentari non includono, quale requisito per l’ammissione e il mantenimento dell’incentivo, che l’intera superfice delle serre sia adibita a coltivazione, ma solo che l’attività di coltivazione permanga per tutto il periodo degli incentivi ” e che “ tra i requisiti normativi previsti per beneficiare della tariffa per gli impianti fotovoltaici su serra, non è richiesto quello della rilevanza economica dell’attività agricola né vi è alcuna preclusione all’esercizio dell’attività agricola da parte di un soggetto che, come chiarito dalla ricorrente, era un coltivatore diretto, che si avvale esclusivamente del lavoro proprio e dei suoi familiari, destinando i prodotti della serra principalmente al fabbisogno dell’agriturismo ”.
4. Con un unico motivo di appello il GSE chiede la riforma della sentenza, lamentandone l’erroneità per aver ritenuto sussistenti i requisiti previsti dalla disciplina normativa e regolamentare in materia di serre fotovoltaiche, nonostante la struttura al momento del sopralluogo risultasse dedicata alla coltivazione per appena il 50% dell’estensione e nonostante la società non avesse presentato alcun documento utile a comprovare che la serra fosse stata permanentemente dedicata alla coltivazione sin dall’entrata in esercizio.
5. Si è costituita la società appellata che ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello, riproponendo ai sensi dell’art. 101 c.p.a. le censure dichiarate assorbite dal TAR.
6. Con ordinanza n. 2001 del 16 aprile 2021 la quarta sezione di questo Consiglio di Stato ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
7. In vista dell’udienza di trattazione entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti, insistendo nelle rispettive difese.
8. All’udienza di smaltimento del 6 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. In via preliminare, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità dell’appello proposte dalla parte appellata che lamenta la violazione del divieto di nova in appello nonché l’omessa specifica impugnazione da parte del GSE dei capi della sentenza con cui è stato escluso l’intento elusivo del dichiarante ed è stata ritenuta sufficiente la coltivazione parziale della serra ai fini dell’ammissione all’incentivo (memorie del 11 aprile 2021 e del 3 novembre 2023).
9.1 Le eccezioni sono infondate.
9.2 Sotto il primo profilo, la mancata prova che la serra fosse adibita alla coltivazione prima dell’ispezione non è stata dedotta per la prima volta dal GSE in sede di appello in violazione del divieto di nova di cui all’art 104 c.p.a. né costituisce un’ipotesi di integrazione postuma della motivazione. Il provvedimento impugnato motiva, infatti, il diniego della tariffa incentivante osservando, tra l’altro, che “ la Società non ha presentato al GSE alcun documento utile a comprovare che la serra sia stata permanentemente dedicata, sin dalla data di entrata in esercizio (7 luglio 2010) alle coltivazioni agricole o alla floricoltura ”. Il mancato riconoscimento dell’incentivo si fonda, quindi, non sulla mancata dimostrazione della rilevanza economica dell’attività agricola, bensì sulla mancata prova della destinazione permanente della serra all’attività di coltivazione.
9.3 Il divieto di nova posto dall’art. 104 c.p.a, peraltro, è riferito al solo ricorrente in primo grado e non alle altre parti del processo, le quali potrebbero anche non essersi costituite nel grado precedente e possono, in sede di appello, far valere qualunque motivo ritengano utile a criticare le conclusioni loro sfavorevoli cui sia giunta la sentenza impugnata (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato Sez. II, 01/08/2023, n. 7471).
9.4 Sotto il secondo profilo è sufficiente osservare che il GSE lamenta l’erroneità della sentenza poiché lo “ stato dei fatti attesta che all’interno delle serre non sia stata svolta un’attività di coltivazione o floricultura atta a giustificare l’erogazione degli incentivi per tutto il periodo intercorrente dal 2010 al 2016, e l’ispezione effettuata in situ ne ha costituito la conferma ” (pag. 13 dell’appello). La coltivazione parziale della serra, accertata in sede di sopralluogo, e la mancata trasmissione della documentazione richiesta costituiscono, ad avviso dell’appellante, elementi sufficienti a giustificare la mancata erogazione dell’incentivo. Il riferimento alla “ destinazione fittizia del manufatto ”, contenuto della sentenza impugnata, rappresenta, invece, un mero obiter non avendo il gestore contestato alla ricorrente alcuna fattispecie elusiva.
10. Premesso quanto sopra, l’appello è fondato e deve essere accolto.
11. Con un unico motivo di appello il GSE lamenta che il giudice di primo grado ha omesso di considerare la totale assenza di prove volte a dimostrare che la serra fosse interamente e permanentemente dedicata alla coltivazione per tutta la durata dell’incentivo. Il TAR avrebbe del tutto travisato la ratio delle richieste documentali avanzate dal gestore, le quali non erano protese alla dimostrazione della rilevanza economica dell’attività agricola, bensì, a monte, alla dimostrazione che una qualche forma di attività agricola fosse stata svolta nella serra nelle annualità antecedenti il sopralluogo effettuato sul finire del 2016.
12. Il motivo è fondato alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale in materia.
12.1 L’art. 20, comma 5, d.m. 6 agosto 2008 (Interpretazioni e modificazioni del decreto ministeriale 19 febbraio 2007) definisce le serre fotovoltaiche, rientranti nelle tipologie di cui all’allegato 3 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, i manufatti adibiti, per tutta la durata dell’erogazione della tariffa incentivante, a serre dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura.
12.2 L’impianto fotovoltaico può, in particolare, essere ammesso all’incentivo previsto per le serre architettonicamente integrate solo se possiede i seguenti requisiti: a) i moduli fotovoltaici devono costruire gli elementi costruttivi della copertura o delle pareti del manufatto (requisito strutturale);b) la struttura deve essere adibita a serra dedicata all’attività agricola o alla floricoltura (requisito funzionale);c) la destinazione agricola deve permanere per tutta la durata degli incentivi (requisito temporale).
12.3 Questa sezione, in relazione ad una fattispecie analoga a quella per cui è causa, con sentenza n. 7538 del 30 agosto 2022, ha statuito che: i) l’art. 20 d.m. 6 agosto 2008 assume portata interpretativa dell’art. 2, co. 1, lett. b 3) d,m. 19 febbraio 2007, così da ricondurre le serre agricole alla tipologia costruttiva di cui all’allegato 3 del d.m. 19 febbraio 2007, riferita alle pensiline, pergole e tettoie in cui la struttura di copertura sia costituita dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto;ii) il convincimento del primo giudice per cui “ le norme regolamentari non includono, quale requisito per l’ammissione e il mantenimento dell’incentivo, che l’intera superficie delle serre sia adibita a coltivazione, ma solo che l’attività di coltivazione permanga per tutto il periodo degli incentivi ”, da un lato, non trova riscontro nella definizione delle serre fotovoltaiche, poiché la circostanza che le serre siano dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura implica che il terreno coperto dallo stesso manufatto sia dedicato appunto alla coltivazione;dall’altro, pare contraddittorio ritenere che non costituisca requisito per l’ammissione alla tariffa incentivante che “ l’intera superficie delle serre sia adibita a coltivazione ” e, nello stesso tempo, considerare necessario che “ l’attività di coltivazione permanga per tutto il periodo degli incentivi ”, dato che l’attività in questione si svolge nelle serre, riguardandone quindi l’intera superficie o comunque, ragionevolmente, la gran parte di essa. La conclusione cui è giunto il primo giudice pare inoltre contraddire la necessità del concorso del requisito della funzionalità, poiché esso non potrebbe ritenersi sussistente in caso di coltivazione limitata ad una parte delle serre;iii) la condizione normativa dell’essere ogni serra permanentemente dedicata alla coltivazione comporta che la società ricorrente in primo grado avrebbe dovuto dare in giudizio la dimostrazione dello svolgimento dell’attività di coltivazione sull’intera superficie di ogni serra, durante tutto il periodo dell’incentivazione.
13. Nel caso di specie difetta la prova, che era onere della società fornire, sia del requisito funzionale che di quello temporale, consistenti nella destinazione della serra alla coltivazione per l’intera superficie e per tutta la durata dell’incentivo.
13.1 Al momento del sopralluogo solo parte della serra risultava dedicata alla coltivazione, mentre ampi spazi erano dedicati a ricovero di attrezzi e a magazzino. La società, in sede di osservazioni, non ha fornito elementi atti a smentire quanto accertato in sede di sopralluogo, limitandosi ad affermare che la serra non deve essere utilizzata per l’intera superficie ai fini dell’incentivo (cfr. osservazioni presentate dalla ricorrente: doc. 9 deposito E-Solar S.r.l. del 11.01.2019).
13.2 Nemmeno in grado di appello sono stati forniti elementi da cui desumere che la serra, sebbene parzialmente coltivata al momento del sopralluogo, fosse comunque interamente dedicata alla coltivazione poiché l’appellata si è limitata, sul punto, ad affermare erroneamente che “ la questione della coltivazione integrale (al 100% cioè) della serra ormai non fa più parte della materia del contendere, di modo che non è necessario trattarla ” (pag. 11 memoria del 16.10.2021).
13.3 Del pari, la società non ha fornito alcun elemento da cui si potesse evincere la destinazione permanente della serra alla coltivazione fin dalla sua entrata in esercizio, limitandosi ad addurre l’impossibilità di produrre la documentazione richiesta dal gestore, senza premurarsi di fornire altra documentazione parimenti idonea a provare il possesso dei requisiti per fruire dell’incentivo, assolvendo all’onere probatorio su di essa gravante.
13.4 La qualifica di coltivatore diretto dell’esercente l’attività di coltivazione non può, infatti, giustificare un esonero dall’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio richiesto.
14. A diverse conclusioni non conducono le deduzioni difensive della società appellata, riguardo alle quali si osserva che:
i) nel provvedimento impugnato non è contestata una fattispecie elusiva (che sarebbe stato onere del GSE provare), bensì il difetto dei presupposti previsti dalla legge per il riconoscimento della tariffa incentivante che era, invece, onere della società richiedente dimostrare, come più sopra osservato;
ii) come emerge dal verbale di sopralluogo e dalla successiva istruttoria del GSE (doc. 2 produzione ricorrente e doc. n.ri 5 e 8 produzione GSE), oggetto della richiesta documentale era idonea “ documentazione fiscale ” relativa all’acquisto delle materie prime e delle attrezzature e alla vendita dei prodotti, la documentazione attestante l’impiego di personale, i registri di campagna, il piano di coltivazione e la relazione tecnica agronomica. L’istruttoria conteneva un’elencazione di natura meramente esemplificativa della documentazione contabile e/o fiscale in ragione dell’idoneità della stessa a provare il possesso dei requisiti e, per tale ragione, non poteva essere interpretata nel senso di escludere ogni altro documento parimenti idoneo a dimostrare la ricorrenza dei presupposti per l’ammissione al beneficio richiesto;
iii) infondata è la censura di integrazione postuma della motivazione poiché, giova ribadire, il diniego è espressamente fondato, oltre che sulla constatazione che la serra, al momento del sopralluogo, non risultava adibita alla coltivazione per circa il 50% della sua estensione, anche sul fatto che la società non aveva presentato al GSE alcun documento utile a comprovare che la serra fosse stata permanentemente dedicata, sin dalla data di entrata in esercizio alla coltivazione.
15. Ne discende che correttamente il GSE ha negato l’incentivo previsto per gli impianti architettonicamente integrati, non risultando provato dalla società né il requisito funzionale né quello strutturale, come già precisato.
15.1. Si osserva, al riguardo, che il sistema di incentivazione dell’energia è basato sul principio di autoresponsabilità, che impone all’interessato l’onere di fornire tutti gli elementi idonei a dar prova della sussistenza delle condizioni per l’ammissione ai benefici, con conseguente valenza preclusiva delle eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa. Ne discende che la mancata produzione della documentazione o la produzione di documentazione non conforme osta all’erogazione degli incentivi, impedendo al gestore di riscontrare la presenza dei requisiti indispensabili per il riconoscimento del beneficio, a prescindere dal dolo o la colpa della società interessata (Cons. Stato sez. II, 17/05/2023 n. 4913).
16. La fondatezza dei motivi di appello impone di esaminare anche i motivi di censura avverso il provvedimento impugnato dichiarati assorbiti dal TAR e riproposti con memoria ai sensi dell’art 101 c.p.a dalla società appellata.
16.1 Con essi E-Solar deduce:
I) Violazione del principio di legalità dell’azione amministrativa e dei procedimenti sanzionatori desumibili dall’art.97 Costituzione, dall’art.1 L. n. 241/1990 e dagli artt.6 e 7 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo –Violazione del fondamentale diritto di proprietà tutelato dall’art.1 I^ Protocollo Addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo . I provvedimenti impugnati in primo grado sono illegittimi per grave violazione da parte del GSE dei principi generali di legalità dell’azione amministrativa e dei principi in tema di procedimenti e provvedimenti sanzionatori (o assimilabili ai sanzionatori), nonché del diritto di proprietà della ricorrente, tutelato dall’art.1 del primo protocollo addizionale alla CEDU. Nella specie si ha a che fare con un provvedimento “sanzionatorio” emesso in esito a un procedimento di controllo, con conseguente applicabilità dei principi e delle garanzie di cui agli artt.6 e 7 CEDU, in primis il principio di legalità. Il provvedimento, inoltre, incide su un diritto già riconosciuto (tariffe incentivanti passate e future), che deve essere considerato come un “possesso” ai sensi dell’art. 1 del citato protocollo addizionale CEDU (Motivo 1);
II) Violazione dell’art.42 D.lgs. n.28/2011 e dell’art.7 D.M. 31.01.2014 e delle norme e dei principi applicabili ai coltivatori diretti –Eccesso di potere per errato travisamento dei presupposti di fatto e di diritto –carenza di istruttoria –mancanza di motivazione . Per la parte relativa alla ritenuta mancata produzione della documentazione richiesta, i provvedimenti impugnati in primo grado sono illegittimi anche per essere il GSE incorso in una grave violazione del principio generale di trasparenza e equità del controllo e in un gravissimo travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, poiché si è “appiattito” acriticamente e immotivatamente sulla relazione agronomica del dott. Arcidiacono che aveva ritenuto che l’impianto non fosse “conforme” (anche) perché la società non aveva prodotto la specifica documentazione fiscale e previdenziale (Motivo 3);
III) Violazione del principio generale di proporzionalità e dell’art.11 D.M. 31.01.2014 . In base all’art 11 comma 3 D.M. 31.01.2014 e alla luce dei principi di legalità e di proporzionalità, il GSE avrebbe dovuto impartire alla società la prescrizione di assicurare la coltivazione sull’intera superficie della serra o, al limite, rideterminare la tariffa ex nunc e non disporre il recupero delle somme percepite (Motivo 4);
III) Violazione degli artt. 10 L. n.241/1990 e 7 D.M. 31.01.2014 . Il GSE ha violato il principio del contraddittorio perché non ha preso in considerazione le osservazioni presentate dalla società in sede procedimentale (Motivo 5).
16.2 Le censure sono prive di pregio, atteso che:
I) il provvedimento impugnato non ha natura sanzionatoria né decadenziale poiché si limita alla mera rimodulazione degli incentivi in conseguenza della verifica dell’insussistenza ab origine dei presupposti per la maggiore tariffa incentivante prevista per le serre architettonicamente integrate;
II) l’assenza ab origine dei presupposti per l’ammissione all’incentivo, chiaramente desumibili dalla disciplina vigente al momento della richiesta di ammissione, esclude la dedotta violazione degli artt. 6 e 7 CEDU nonché dell’art. 1 del Protocollo addizionale che non fondano alcun diritto di ritenzione, non potendo l’interessato vantare alcuna pretesa giuridicamente tutelata al mantenimento di incentivi conseguiti in difetto dei presupposti di legge per l’erogazione, pena la violazione del divieto di aiuti di stato (Cons. Stato sez. II, 04/04/2022 n. 2486);
III) la rimodulazione dell’incentivo rende vincolato il recupero della maggiorazione non dovuta da parte del GSE a cui non è demandato, in difetto di una previsione di legge, alcun potere conformativo né dell’attività, prescrivendone determinate modalità di svolgimento, né dell’obbligo di restituzione, mediante decorrenza dal momento dell’accertamento piuttosto che da quello di ammissione;
IV) dalla documentazione in atti emerge che il contraddittorio procedimentale ha avuto piena esplicazione anche mediante l’accesso agli atti da parte della ricorrente e l’accoglimento della proroga del termine per la trasmissione delle osservazioni. La circostanza che le osservazioni presentate non siano state ritenute idonee a superare i motivi ostativi al riconoscimento non determina alcuna violazione dell’anzidetto principio.
16.3 Le censure devono, quindi, essere respinte.
17. Quanto alla documentazione prodotta dalla società in data 5 ottobre e 19 ottobre 2021, la stessa oltre che inammissibile per violazione del divieto di nova di cui all’art 104 c.p.a, non è comunque rilevante ai fini della decisione poiché si tratta di documenti non prodotti nel corso del procedimento concluso con il provvedimento impugnato e che il gestore non ha potuto in quella sede esaminare. Non è possibile, infatti, valutare la legittimità del provvedimento alla luce di una sopravvenienza documentale che è rimasta estranea al procedimento.
17.1 In ogni caso, come riferito dalla società appellata, tale documentazione è stata prodotta nell’ambito del procedimento avviato con l’istanza di riesame del provvedimento impugnato e, pertanto, verrà valutata in quella sede. Poiché si tratta di un’istruttoria fondata su diversi presupposti di fatto non sarebbe nemmeno possibile disporre un rinvio, non integrando il procedimento di riesame un’ipotesi eccezionale di rinvio del giudizio ai sensi dell’art. 73 comma 1 bis c.p.a.
18. Le sopra svolte considerazioni determinano anche la reiezione dell’istanza di istruttoria e di verificazione proposta dall’appellata con memoria del 16 ottobre 2021 e reiterata con memoria del 3 novembre 2023.
19. In conclusione, l’appello è fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata deve essere respinto il ricorso di primo grado.
20. Sussistono giustificati motivi, in ragione della peculiarità delle circostanze concrete, per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.