Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-02-14, n. 202301538

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-02-14, n. 202301538
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301538
Data del deposito : 14 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/02/2023

N. 01538/2023REG.PROV.COLL.

N. 08186/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8186 del 2020, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato V T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e Finanze e Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n.-OMISSIS-resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e Finanze e del Comando Generale della Guardia di Finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023 il Cons. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati V T e l'avvocato dello Stato Daniela Canzoneri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Come si evince dalla sentenza appellata, il ricorrente, assunto nella Guardia di Finanza il 1° ottobre 1997, nel febbraio 2011 aderiva quale socio fondatore alla costituzione di un circolo ricreativo senza scopo di lucro in -OMISSIS- denominato “ -OMISSIS- ”.

2.Da intercettazioni telefoniche effettuate in occasione di attività di indagine relative a procedimenti che non coinvolgevano il ricorrente, il Reparto Operativo Nucleo Investigativo, ipotizzando la commissione dei reati di cui agli artt. 416, 1° comma, 640, 2° comma ipotesi 1°, 640 ter, 2° comma, 718, 719 cp e 110 T.U.L.P.S. (ritenendo sussistere condotte penalmente rilevanti e riconducibili ai reati di associazione per delinquere, esercizio dei giochi d’azzardo, truffa aggravata e frode informatica), trasmetteva una comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- che dava luogo all’apertura del procedimento penale iscritto al n. -OMISSIS- RGNR.

Il procedimento penale veniva archiviato in data 3.1.2019, su conforme richiesta del P.M. del 26.11.2018, per intervenuta prescrizione.

3. Con nota prot. n. 259235 del 9.8.2019, la Guardia di Finanza avviava un’inchiesta formale a carico del ricorrente in ordine alle conseguenze disciplinari di tale vicenda.

Con determina prot. n. -OMISSIS- del 29.1.2020 il Comandante Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza disponeva la perdita di grado per rimozione del ricorrente, che proponeva ricorso avanti al T.A.R. Calabria.

4. La decisione appellata ha respinto il ricorso, ritenendo le varie censure infondate, sulla base del seguente percorso motivazionale:

- il procedimento disciplinare concluso con il provvedimento oggetto di impugnazione trae la sua genesi dal procedimento penale concluso con archiviazione per intervenuta prescrizione, ragion per cui esso non discende da altri procedimenti;

- le contestazioni disciplinari si fondano non sulla frequentazione del circolo ricreativo, bensì sull’espletamento, per mesi, di specifiche attività lato sensu manutentive (quali le attività di refill , ossia caricamento di monete nei videoterminali per renderle di nuovo operative, e di reset , ossia resettaggio dei contatori) su apparecchi slot-machine (ex video-poker) ubicati in numerosi esercizi della zona, alcuni dei quali risultati poi non collegati alla rete telematica dell’AAMS;

- la sanzione disciplinare precedentemente irrogata con nota a data 22.11.2017 si riferiva all’omessa comunicazione, ai fini dell’autorizzazione per lo svolgimento di attività professionali, dello svolgimento dell’incarico di segretario del circolo privato, di modo che non è riscontrabile una violazione del principio del ne bis in idem ;

- non appaiono illogiche né irragionevoli le argomentazioni dell’amministrazione che ha ritenuto inverosimile che il ricorrente non fosse a conoscenza dell’assenza di collegamento di alcuni terminali con la rete telematica dell’AAMS;

- il diritto di difesa è stato garantito nell’ambito del procedimento disciplinare concluso con l’impugnato provvedimento;

- ai sensi dell’art. 1393 del codice dell’ordinamento militare l’amministrazione ha dovuto attendere la conclusione del procedimento penale, avvenuta il 3.1.2019 con l’archiviazione, per avviare il procedimento disciplinare;

- l’amministrazione ha fondato le sue determinazioni in sede disciplinare anche sulla base delle intercettazioni nell’ambito del procedimento penale,

- non si evince una violazione dei principi di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, viepiù in considerazione dei compiti e delle funzioni istituzionali proprie della Guardia di Finanza, che si sostanziano precipuamente nella prevenzione, ricerca e denunzia delle evasioni e delle violazioni finanziarie.

5. L’odierno appellante si duole dell’erroneità della decisione sotto molteplici profili, di seguito sintetizzati:

- sarebbe palese la non commissione da parte dell’odierno appellante proprio di quei fatti addotti a contestazione disciplinare al punto 2;

- il T.A.R. avrebbe omesso di pronunciarsi su parte delle censure;

- non vi sarebbero le prove che l’odierno appellante avesse svolto attività di refill e/o di reset su apparecchi slot-machine (ex video-poker) che avrebbe saputo e/o avrebbe dovuto sapere essere sconnesse dalla rete telematica dell’AAMS;

- contrariamente a quanto assunto dal T.A.R., l’appellante non aveva dedotto che tutta la determina fosse stata adottata in violazione del principio del “ ne bis in idem ” < ma semplicemente e limitatamente ai fatti elencati, documentati e descritti sotto i numeri 3 e 4 del punto I del ricorso per annullamento “de quo”, così come si legge a pag. 20 e 21 e a pag. 7 e 8 dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, nonché da pagina a pagina del presente ricorso per appello, alle cui relative letture, esame, riscontro comparativo e decisione sul presente motivo di appello, l’appellante, senza ripetersi, rimanda >;

- i fatti sopra richiamati, benché già oggetto del procedimento disciplinare che si era concluso con la determinazione n. 336867 datata 4/11/2017, sono ulteriormente rivalutati e considerati;

- omesso esame del primo motivo del ricorso per annullamento della determina “de qua” < in quanto, contrariamente a quanto il Giudice “a quo” scrive sotto la lettera a) – b) e c) di pag. 4 e di pag. 5, il motivo sub 1 risulta esplicitato e motivato su altri elementi probatori sui quali il Giudice “a quo” ha omesso il relativo esame, valutazione e pronunciamento >;

- avendo l’amministrazione preferito attendere l’esito del procedimento penale iscritto al n. -OMISSIS- RGNR della Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- la prova – al di là di ogni ragionevole dubbio – sulla sussistenza o meno dei presunti illeciti disciplinari doveva emergere dagli atti del procedimento penale;
invece, il giudice ha ritenuto “ inverosimile che il ricorrente non fosse a conoscenza dell’assenza di collegamento di alcuni terminali con la rete telematica dell’AAMS ”, senza che i fatti assurgano alla categoria legale degli indizi gravi, precisi e concordanti;

- non sussiste alcuna prova che l’odierno appellante avrebbe effettuato le operazioni di refill , ossia caricamento di monete su slots-machines , e di reset , ossia di resettaggio delle stesse, ubicate in pubblici esercizi e descritte nei verbali di sequestro, le quali al momento di dette sue attività fossero sconnesse dalla rete telematica AAMS;

- né che egli fosse in possesso delle conoscenze tecniche per distinguere tra slots-machines legalmente operative e apparecchiature operanti in modo difforme dalle prescrizioni di legge;

- non potevano essere assunte a fonte di prova le captate conversazioni telefoniche estratte da quelle effettuate in altro e diverso procedimento penale iscritto al n. -OMISSIS- RGNR, tutte penalmente inutilizzabili a norma dell’art. 270, 1° comma, e 271 c.p.p., né i processi verbali di sequestro già scaduti alla data del 18.8.2012, ove l’appellante non aveva mai assunto la veste di imputato;

- dalle trascrizioni delle richiamate intercettazioni telefoniche nessuna prova emerge che il ricorrente avesse operato su alcuna delle slots-machines risultate sconnesse dalla rete telematica dell’AAMS in sede di sequestro né vi è prova che le stesse fossero sconnesse anche alla data di alcuna di dette attività effettuate da parte del ricorrente;

- omesso esame del terzo motivo del ricorso introduttivo, non avendo il T.A.R. specificato perché il contenuto delle intercettate conversazioni telefoniche dovrebbe assurgere a fonte di prova legittimante gli addebiti disciplinari, nonostante le eccepite insussistenti prove;

- carenza dei fatti esterni per poter ritenere plausibile il percorso che lega la “inverosomiglianza” delle premesse alla “probabilità” delle consegue, addotte a presunzione di addebito disciplinare;

- mancando la prova che il ricorrente avrebbe effettuato alcuna operazione di caricamento e/o di scaricamento delle monete metalliche su slot-machine che sapeva essere sconnesse dalla rete telematica all’AAMS e/o che in sede di sequestro penale sarebbe stata rinvenuta sconnessa dalla rete telematica dell’AAMS, si spezza il nesso tra l’inverosimiglianza della premessa e la probabilità delle conseguenze, cioè l’intento truffatore in danno dell’Erario per mancato pagamento del dovuto tributo per l’uso di slot-machine: il Giudice “a quo” avrebbe omesso di motivare e decidere proprio su questo “tassello mancante”.

6. L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha depositato memorie con le quali ha controdedotto alle censure di cui in appello, del quale ha chiesto il rigetto.

7. L’appellante ha altresì presentato memoria di replica ulteriormente illustrando i motivi di ricorso, ribadendo, tra l’altro, che il procedimento penale iscritto al n. 6205/2011 RGNR si era concluso con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, pronunciata dal Tribunale penale monocratico di -OMISSIS- il 20/12/2016. Da tale procedimento penale era scaturita la det. n. 336867 datata 4/11/2017, con la quale era stata inflitta al ricorrente la sanzione di giorni tre di consegna, per cui detto procedimento penale, in ossequio al principio del “ne bis in idem”, non avrebbe potuto essere ritenuto come fonte probatoria per la determinazione n. -OMISSIS- del 29 gennaio 2020 di perdita del grado per rimozione adottata nei confronti dell’appellante.

Quanto alle intercettazioni nell’ambito dell’altro procedimento penale in materia di armi e droga iscritto al n. -OMISSIS-, nessuna prova ne è risultata dei fatti posti a base del provvedimento disciplinare di rimozione.

In ogni caso la sanzione disciplinare andava graduata nell’ambito autonomo del relativo procedimento secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza.

8. All'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023 le parti hanno discusso la causa che è stata quindi assunta in decisione.

DIRITTO

9. Il Collegio, pur ravvisando la sussistenza di profili di inammissibilità dell’appello per violazione dei principi di sinteticità, chiarezza e specificità dei motivi, declinati dall'art. 3, comma 2, del c.p.a. (su cui cfr. questa Sez. II, 17/03/2022 n.1947 e, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2023, n. 280), considerata la tecnica alluvionale seguita dalla parte nella stesura dell'appello in trattazione e della memoria, tali da imporre al Collegio un gravoso sforzo ermeneutico, ritiene di prescinderne, attesa l’infondatezza del mezzo.

10. Il procedimento disciplinare è stato avviato all’esito della vicenda giudiziaria afferente al procedimento penale numero -OMISSIS-, in relazione alle ipotesi di reato sopraindicate.

Ipotesi emerse, originariamente, dell’espletamento di attività tecnica relativa al procedimento penale numero -OMISSIS-.

Come noto, anche in presenza di una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, l'Amministrazione può procedere all'instaurazione di un procedimento disciplinare e all'irrogazione della relativa sanzione, all'esito di una valutazione sulla gravità dei fatti che hanno determinato il giudizio penale;
questo Consiglio ha in più occasioni avuto modo di affermare che, al fine di irrogare al pubblico dipendente una sanzione disciplinare, non occorre che sul procedimento penale avviato per i medesimi fatti a lui imputati si sia formato il giudicato di condanna, essendo vero il contrario, e cioè che, ai sensi dell'art. 653 c.p.p., per escludere la veridicità dei fatti assunti a fondamento del procedimento disciplinare occorre un giudicato assolutorio circa l'insussistenza del fatto o la mancata commissione dello stesso da parte del dipendente pubblico. Nelle rimanenti ipotesi di conclusione del giudizio, per le quali non si è giunti ad una condanna in conseguenza dell'intervento di cause di prescrizione o di altre cause di estinzione del reato, non si ha un giudicato sulla commissione dei fatti di carattere assolutorio e l'Amministrazione può legittimamente utilizzare a fini istruttori gli accertamenti effettuati nella sede penale senza doverli ripetere, salva la possibilità del dipendente di addurre elementi ed argomenti che, qualora dotati di oggettivo spessore e valenza, devono essere adeguatamente ponderati (Consiglio di Stato, Sez. II, 29/3/2022, n.2315;
Sez. IV, 14 maggio 2019 n. 3125 e giurisprudenza ivi richiamata).

10.1. Nel caso in questione, l’Amministrazione ha ritenuto gli addebiti contestati chiaramente delineati e correttamente valutati nell’ambito dell’inchiesta formale, in quanto assistiti da numerosi riscontri, dettagliatamente riportati dell’ufficiale inquirente, riscontri desunti dalle indagini preliminari condotte dal nucleo investigativo del Comando provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- anche mediante captazione di numerosissime conversazioni telefoniche, provenienti da varie utenze in uso ad altri soggetti coindagati ed allo stesso appellante.

Invero, l'ufficiale inquirente ha ripercorso in modo analitico e puntuale gli elementi fattuali provenienti dalle indagini penali;
le risultanze istruttorie, obiettivamente e contestualmente considerate, hanno contribuito in modo preciso e concordante a delineare un quadro di riferimento comportamentale che l'autorità disciplinare ha ritenuto incompatibile con lo status di militare, tale da imporre l'adozione di un provvedimento di natura espulsiva, non ravvisandosi alcuna attenuante nella valutazione del tipo di sanzione da applicare.

10.2. L’appellante era tra i fondatori di un circolo privato presso il quale i militari dell’Arma sequestrarono cinque slot-machine non collegate alla rete telematica dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
dalle indagini emerse che egli concorreva alla gestione, manutenzione e ricarica delle monete di slot-machine installate presso numerosi esercizi commerciali, alcune delle quali risultate non collegate alla rete telematica, per cui gli è stato contestato di aver contribuito all’esercizio del gioco d’azzardo in pregiudizio dell’amministrazione anche per effetto del mancato versamento del prelievo erariale unico dovuto sulle somme incassate.

10.3. La responsabilità dell’indagato è stata evidenziata nella stessa richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero titolare delle indagini, il quale ha sottolineato come dalle indagini fosse stata accertata l’esistenza di un gruppo organizzato capeggiato, tra gli altri, dall’appellante, gruppo che installava presso numerosi esercizi commerciali slot-machine che, adeguatamente alterate in modo da non essere collegate alla rete dei monopoli di Stato, consentivano l’esercizio del gioco d’azzardo evitando il versamento del prelievo.

10.4. Delle intercettazioni si evince come l’appellante provvedesse sistematicamente ad effettuare personalmente gli interventi presso gli esercizi commerciali che detenevano (anche) dispositivi irregolari, e come egli eseguisse costantemente attività di manutenzione e ricarica, avendo la disponibilità delle chiavi occorrenti per operare sui congegni in questione.

10.5. Da quanto fin qui esposto, si evince con chiarezza la gravità della condotta, avendo il militare concorso ad un’attività che ha arrecato grave pregiudizio all’Erario, a nulla rilevando che il militare non sia stato colto in flagranza nella manipolazione delle apparecchiature truccate, risultando, oltretutto, assolutamente inverosimile che egli operasse solo su apparecchiature non alterate, avuto riguardo al ruolo di spicco nell’organizzazione che emerge dalle numerosissime intercettazioni.

11. In altri termini, l’appellante assume l’illegittimità della sanzione disciplinare non essendo egli stato colto in flagranza nell’operare su macchinette non collegate.

11.1. Ora, dal materiale probatorio ampiamente esaminato e posto a base del provvedimento impugnato si desume che egli abbia sistematicamente operato anche in esercizi ove in sede di sequestro vennero trovate apparecchiature scollegate;
dunque, ai fini disciplinari è sufficiente che egli fosse parte, rivestendo anzi un ruolo apicale, di un gruppo dedito, fra l’altro, all’utilizzo di apparecchiature truccate.

11.2. D’altra parte, risulta del tutto inverosimile che l’appellante, data la sua qualifica professionale, anche se inserito nel ruolo marittimo, non si sia reso conto di cosa accadesse negli esercizi ove operava continuativamente.

11.3. Non può tralasciarsi come nella comunicazione di notizie di reato si rilevi che la condotta delittuosa è stata posta in essere da un’organizzazione criminale ben ramificata nell’intera provincia di -OMISSIS- che dall’analisi delle numerosissime conversazioni captate è emerso un rapporto affaristico e lavorativo tra gli indagati, ove l’appellante risultava uomo di fiducia e factotum degli altri indagati, rivestendo un ruolo inconfutabile di affiliazione nell’associazione a delinquere, considerato uno dei promotori e non un semplice partecipante.

Vero è che non si è svolto un processo penale ove l’interessato avrebbe potuto presentare elementi a discolpa;
ma, stante la regola generale dell'autonomia del procedimento disciplinare rispetto al procedimento penale (ai sensi dell’articolo 1393 del codice militare), l’Amministrazione ben può valutare autonomamente le risultanze del procedimento penale definito con archiviazione, e in sede istruttoria la parte ha la possibilità di presentare elementi utili a neutralizzare le accuse.

Ora, nel caso in questione, anche in difetto della flagranza pretesa dall’appellante, l’istruttoria è stata approfondita ed attenta e le valutazioni congrue.

11.4. A tal proposito, il Collegio ricorda che, per costante giurisprudenza (cfr., tra le più recenti, C.d.S., Sez. II, 31/1/2022, n.667;
Sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2629, con i precedenti della stessa Sezione ivi elencati), "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (cfr. C.d.S., Sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791;
Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968).

Questa Sezione ha di recente ribadito come l’ampia discrezionalità investa la valutazione dei fatti ascritti al dipendente nonché il convincimento sulla gravità delle infrazioni e la conseguente sanzione da infliggere, ciò in considerazione degli interessi pubblici che devono essere, attraverso tale procedimento, tutelati (sent. 27.6.2022, n. 5261).

Trattasi di un giudizio non sindacabile nel merito, ma soltanto in sede di legittimità nelle ipotesi in cui risulti abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell'istruttoria (Cons. Stato, Sez. II, 21.3.2022, n. 2001).

11.5. Alla luce di tale premessa, nel caso di specie non può dubitarsi della correttezza dell'inflizione, al punito, della sanzione di stato, in quanto, il comportamento a lui ascritto, posto a fondamento del decreto di irrogazione della sanzione, lede, all’evidenza, l'interesse generale e, all’esterno, il prestigio dell'Amministrazione militare.

Infatti, tenendo conto dei richiamati limiti al sindacato di questo giudice, non appare riscontrabile alcun vizio motivazionale, né di violazione del principio di proporzione, poiché dell'esito delle valutazioni, delle quali si dà conto nel provvedimento, emerge come l'interessato abbia posto in essere una condotta lesiva dei principi di moralità e di rettitudine che devono caratterizzare il comportamento di un militare, specie se appartenente alla Guardia di Finanza, compromettendo irrimediabilmente quella relazione fiduciaria che deve necessariamente permanere tra Amministrazione e dipendente.

11.6. Come detto, le giustificazioni dell’appellante circa la sua inconsapevolezza della manomissione delle apparecchiature collocate negli esercizi ove costantemente operava si presentano decisamente implausibili e dunque non scalfiscono la opposta presunzione, del tutto ragionevole anche in considerazione del complessivo contesto in cui la condotta si è collocata.

Ma anche a voler aderire all’inverosimile tesi del ricorrente, il quale avrebbe operato solo su apparecchiature non contraffatte, ovvero non si sarebbe reso conto di operare su apparecchiature truccate, in ogni caso le condotte assistite da prove non contestate né contestabili, in quanto emergenti da accertamenti ed intercettazioni telefoniche del tutto esplicite, appaiono meritevoli di severo giudizio sul piano disciplinare in quanto inaccettabili e sorprendenti da parte di un graduato della Guardia di Finanza e certamente idonee a turbare in modo irreparabile la fiducia che necessariamente deve connotare il rapporto di servizio tra il militare e l'Arma.

Trattasi, infatti, di condotte plurime, che si sono rivelate oggettivamente allarmanti e tali da menomare fortemente il rapporto di fiducia che deve indefettibilmente intercorrere tra un graduato e la G.F.;
il rilievo, enfatizzato dal ricorrente, della carenza di prova circa l’avvenuta manipolazione delle apparecchiature in questione non appare decisivo o dirimente, atteso che detto rilievo non può ritenersi sintomatico o significativo di cattivo esercizio della discrezionalità nella valutazione (ritenuta eccessivamente rigorosa) dei fatti addebitati, i quali evidenziano indubbiamente un livello di gravità sufficiente a giustificare la massima sanzione espulsiva, sulla base di quanto emerso dall'accertamento compiuto in sede penale.

11.7. Non è, dunque, riscontrabile il dedotto vizio motivazionale, né di violazione del principio di proporzione.

Deve ribadirsi, infatti, che il giudizio sulla sanzionabilità disciplinare del comportamento rientra nella discrezionalità dell'Amministrazione e non può essere sindacato se non per evidenti ragioni di contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti e, quanto alla misura, per evidente sproporzione tra i fatti contestati e la sanzione inflitta, profili che, per quanto sopra esposto, non si ravvisano nella specie (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968;
sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791;
sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858;
sez. IV, 18 settembre 2018, n. 5451).

Peraltro l'Amministrazione non è tenuta a motivare ulteriormente le ragioni della sanzione inflitta, anche perché, come più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, la perdita del grado è sanzione unica e indivisibile, non essendo suscettibile di essere regolata tra un minimo e un massimo entro i quali all'Amministrazione spetti di esercitare il potere sanzionatorio (Cons. Stato sez. IV, 8 marzo 2017, n. 1086;
sez. IV, 8 febbraio 2018);
nel contempo il giudizio disciplinare non riguarda la "gravità" di un'ipotesi tipica (e quindi un giudizio quantitativo di disvalore) ma piuttosto il collegamento tra il fatto imputato e gli obblighi assunti dal militare con il giuramento ovvero con le finalità del Corpo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2415 del 21 aprile 2009;
10 luglio 2007 n. 3887, 31 gennaio 2006, n. 339;
11 ottobre 2005, n. 5622).

11.8. Infine è da escludere anche la fondatezza della doglianza con la quale parte appellante ha lamentato la sproporzione della sanzione inflitta rispetto agli addebiti che gli sono stati mossi. In generale, quanto ai profili della adeguatezza della sanzione e della sua proporzionalità, va richiamata la giurisprudenza secondo cui il relativo principio consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario (art. 5, ultimo comma, del Trattato C.E., e ora art. 5, comma 4, del Trattato U.E.), non consente di per sé di sindacare il merito dell'azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 ottobre 2016, n. 4381). Di conseguenza, il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, ed il suo corollario in campo disciplinare rappresentato dal c.d. gradualismo vieta al giudice amministrativo di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall'autorità disciplinare, soggette solo a sindacato ab externo , qualora trasmodino nell'abnormità, o evidenzino profili di eccesso di potere (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. II, 21 dicembre 2020;
sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4761;
id., 28 ottobre 2019, n. 7335, 22 marzo 2017, n. 1302;
2 novembre 2017, n. 5053;
Sez. III, 31 maggio 2019, n. 3652).

Nella fattispecie all'esame, tuttavia, l'impugnata sanzione non appare arbitraria, né illogica, in quanto –ricondotto il perimetro del sindacato giurisdizionale nei limiti della "non manifesta sproporzionalità"- irrogata in ragione di reiterate condotte gravemente contrarie alle finalità e al prestigio del Corpo di appartenenza.

12. Non si ravvisa la lamentata violazione del principio del ne bis in idem perché il primo provvedimento disciplinare venne avviato per essersi il militare accompagnato, con superficialità e negligenza, ad un soggetto che già in passato aveva violato normative nel settore dei giochi d’azzardo, aderendo, successivamente, ad un circolo privato nel citato settore, ricoprendovi la carica di segretario e rimanendo coinvolto nella vicenda penale relativa alla mancata esposizione nel locale della tabella dei giochi proibiti, senza comunicare al Comando la volontà di associarsi al circolo, non come semplice tesserato, ma ricoprendo una carica rappresentativa.

Contestazione del tutto diversa da quella relativa al secondo procedimento disciplinare.

Peraltro, non viene comprovato che all’epoca fossero già stati posti a disposizione dell’amministrazione le intercettazioni e, in generale, l’intero materiale probatorio posto a base del nuovo procedimento disciplinare, anzi dalla nota del 15 giugno 2013 di richiesta chiarimenti si evince come il Comandante sconoscesse gli atti riferiti all’indagine in questione;
né, d’altra parte, l’appellante eccepisce un eventuale vizio di decadenza o altro tipo di preclusione dell’utilizzo del materiale probatorio eventualmente già in possesso dell’amministrazione, che, comunque, si ribadisce, nel secondo caso ha avviato il procedimento per ben diversa imputazione.

Ne consegue l’infondatezza anche di questa censura.

13. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

14. Considerata la natura degli interessi perseguiti con il gravame, il Collegio ritiene comunque di compensare le spese del grado.

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