Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-12-22, n. 201106789

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-12-22, n. 201106789
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201106789
Data del deposito : 22 dicembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03532/2006 REG.RIC.

N. 06789/2011REG.PROV.COLL.

N. 03532/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3532 del 2006, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

G F (R G F), rappresentato e difeso dagli avv. G M R, V A, con domicilio eletto presso G M R in Roma, via di Pietralata 320/D/8;

nei confronti di

Scchetti Franco;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 00339/2006, resa tra le parti, concernente AVANZAMENTO AL GRADO DI MARESCIALLO AIUTANTE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2011 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’ avvocato Giustina Noviello (Avv. Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza 18 gennaio 2006, n. 339, il T.A.R. del Lazio, Sezione I bis, accoglieva il ricorso proposto dal signor Fernando Gianuzzo (recte: G), maresciallo capo dell’Arma dei Carabinieri, nei riguardi dei provvedimenti attraverso i quali si era articolata la sua esclusione dall’avanzamento “a scelta per esami” al grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza per l’anno 2002.

Il Ministero della difesa impugnava la sentenza ritenendola erronea e al tempo stesso ne chiedeva la sospensione dell’efficacia.

Il signor G si costituiva in giudizio chiedendo la reiezione dell’istanza cautelare e, nel merito, dell’appello nonché, in via subordinata, l’accoglimento dei motivi di ricorso dichiarati assorbiti dal Giudice di primo grado.

Con ordinanza 18 luglio 2006, n. 3590. il Consiglio di Stato, Sezione IV, accoglieva l’istanza cautelare e, per l’effetto, sospendeva l’efficacia della sentenza impugnata.

All’udienza del 29 novembre 2011 l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va perciò accolto.

2. Per inquadrare correttamente la questione occorre ricostruire preliminarmente la sequenza normativa e provvedimentale implicata nella vicenda di cui è causa.

L’art. 38, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, recita che “ l'avanzamento «a scelta per esami» dei marescialli capi avviene secondo le procedure e modalità da stabilire con apposito decreto del Ministro della difesa, da emanare entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto “.

L’art. 4 del successivo decreto ministeriale 26 agosto 2004, n. 2479 indica i requisiti necessari per partecipare alla selezione, prescrivendone il possesso al momento di presentazione delle domande e stabilendo, tra l’altro, l’esclusione dei candidati che a quella data si trovino in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a sessanta giorni.

In relazione alla specifica procedura relativa all’anno 2002, il decreto dirigenziale 15 settembre 2004, n. 2664, ha poi previsto che i requisiti di partecipazione – tra i quali il non risultare in aspettativa, per qualsiasi motivo, per una durata non inferiore ai sessanta giorni – debbano essere mantenuti sino alla chiusura del lavori della Commissione esaminatrice.

Il signor G si è collocato in posizione utile ai fini dell’avanzamento, occupando il 144° posto nella graduatoria finale rispetto a 500 posti disponibili. Tuttavia, con determinazione dirigenziale del 5 settembre 2005, ne è stato escluso per avere fruito di un periodo di aspettativa superiore a sessanta giorni durante i lavori della Commissione.

3. La sentenza impugnata ritiene l’illegittimità del decreto dirigenziale ricordato, il quale, nel prescrivere il mantenimento dei necessari requisiti sino al termine dei lavori, avrebbe esorbitato dall’ambito suo proprio invadendo il campo riservato alla fonte regolamentare.

Il Collegio non condivide questa impostazione, che trascura il quadro legislativo di fondo in cui si inseriscono i richiamati atti amministrativi, regolamentari e non.

Come ha già avuto modo di osservare il Consiglio (IV Sez., 5 giugno 2009, n. 4354), secondo un indirizzo da cui il Collegio non ritiene di aver ragione di discostarsi in questa sede – la normativa posta dal ricordato decreto ministeriale è intesa specificamente a disciplinare le procedure e le modalità per l'avanzamento a scelta per esami previsto dall’art. 38, comma 4 (come pure dall’art. 46, comma 5) del citato decreto legislativo n. 198 del 1995. Tenuto conto di quanto espressamente disposto dalle richiamate norme di legge, essa risulta preordinata alla mera esecuzione delle norme anzidette e deve, quindi, correttamente considerarsi finalizzata soltanto a fornire autonoma indicazione della disciplina da osservare nell'espletamento della procedura, mentre non può legittimamente disporre in senso difforme dalla legge per vicende diverse ed ulteriori, quali quelle relative all'accesso alla procedura stessa.

Né alcuna rilevanza può riconoscersi alla circostanza che si tratterebbe, nell'avanzamento “a scelta per esami”, di una procedura di tipo concorsuale caratterizzata da numerose peculiarità rispetto a quella di “normale” avanzamento, il che giustificherebbe, ad avviso della parte privata, l’applicazione di una disciplina diversa da quella altrimenti prevista dalla legge. Deve invero ribadirsi, al riguardo, che un simile assunto si pone in palese contrasto con l'art. 32, comma 2, del decreto legislativo n. 198 del 1995, che accomuna in un'unica previsione di carattere generale tutte le modalità di avanzamento degli ispettori e dei sovrintendenti dell'Arma dei carabinieri, ivi compresa, appunto, quella “a scelta per esami”.

D’altra parte, alla luce della naturale omogeneità di fondo delle procedure di avanzamento, sarebbe priva di qualunque razionale giustificazione una tesi che, in assenza di chiare indicazioni di legge di segno contrario, pretendesse di valutare in modo così significativamente diverso il medesimo requisito (nella specie: il mancato collocamento in aspettativa per un periodo dato) a seconda del tipo di procedura concretamente in questione.

Come già ha ritenuto la Sezione in sede di accoglimento dell’istanza cautelare dell’Amministrazione, occorre dunque avere riguardo alla norma generale dell’art. 35 del decreto legislativo n. 198 del 1995. a detta della quale “ non può essere incluso in aliquota e valutato per l'avanzamento il personale appartenente ai ruoli degli ispettori e dei sovrintendenti …. che si trovi in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a 60 giorni “ (comma 2). E, alla luce di tale disposizione, i provvedimenti impugnati in primo grado devono dirsi legittimi.

4. Ciò detto dell’argomento principale, neppure hanno pregio gli ulteriori motivi del ricorso in primo grado, (implicitamente) assorbiti dalla sentenza gravata e ora riproposti in sede di appello.

Non il primo, che censura l’eccesso di potere dell’Amministrazione sotto il profilo della manifesta contraddittorietà, alla luce del contrasto tra il decreto ministeriale n. 2479 del 2004 e il decreto dirigenziale n. 2664 del 2005. Si tratta a ben vedere di una diversa prospettazione del medesimo argomento principale, della quale dunque si è già detto in precedenza.

Neppure il secondo, che lamenta la violazione dell’art. 7 legge 7 agosto 1990, n. 241, a seguito della omessa comunicazione dell’avvio del procedimento che ha condotto all’esclusione dall’avanzamento dell’originario ricorrente, in quanto è di tutta evidenza che, nei confronti di quest’ultimo, il provvedimento di esclusione ha rappresentato l’atto terminale di un procedimento già da tempo e ritualmente iniziato.

5. Dalle considerazioni che precedono discende la fondatezza dell’appello dell’Amministrazione.

Sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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