Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-07-18, n. 201703554

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-07-18, n. 201703554
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703554
Data del deposito : 18 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/07/2017

N. 03554/2017REG.PROV.COLL.

N. 08402/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto a numero di registro generale 8402 del 2013, proposto da:
Aprica s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati V S, A S e G P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14a/4;

contro

Comune di Calcinato, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F B, S V, G S e P R, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Marcello Prestinari, n. 13;

nei confronti di

Garda Uno s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso lo studio legale Paolo Rolfo in Roma, via Appia Nuova, n. 96;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA, Sez. II, n. 00780/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di igiene urbana, raccolta e trasporto rifiuti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Calcinato e di Garda Uno Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il Cons. V P e uditi per le parti gli avvocati G P, Luca Tozzi in sostituzione dell'avv. Ramadori, nonché Francesca Cucchiarelli, in dichiarata delega dell'avv. Bezzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con deliberazione 13 dicembre 2012, n. 61, il Comune di Calcinato – dopo aver praticato per alcuni anni l’esternalizzazione della gestione del servizio di igiene urbana – optava per dare esecuzione al suddetto servizio mediante affidamento in house : a tal fine individuava, quale gestore, la società Garda Uno s.p.a., di cui il Comune era divenuto socio mediante l’acquisto dello 0,1% del capitale, per un importo pari ad euro diecimila (con deliberazione consiliare n. 60 del 13 dicembre 2012).

La durata dell’affidamento veniva indicata in quindici anni.

La scelta di aggregare il territorio comunale all’ambito già servito da Garda Uno s.p.a. veniva giustificata come forma di attuazione anticipata del principio di cui all’art. 3- bis , commi 1 e 1- bis del d.l. 13 agosto 2011 n. 138 ( Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo ), in virtù del quale lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica è organizzato in modo unitario all’interno di ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, tali da consentire economie di scala.

Poiché la Regione non aveva ancora individuato i bacini territoriali ottimali relativi al servizio di igiene urbana, né veniva esercitato il potere sostitutivo statale, il Comune si avvaleva della sua autonomia organizzativa, provvedendo all’affidamento del servizio.

A tal fine, esplicitava le ragioni che giustificavano l’affidamento in house con una relazione allegata alla deliberazione consiliare n. 61 del 2012, ex art. 34, comma 20 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179. Nel suddetto documento veniva evidenziato, tra l’altro, che Garda Uno s.p.a. operava in regime di equilibrio economico-finanziario, senza applicare margini di utile finalizzati a produrre dividendi.

2. Avverso le predette deliberazioni n. 60 e 61 la società Aprica s.p.a. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Lombardia, deducendone l’illegittimità.

Secondo la ricorrente in particolare, tra i principi generali dell’ordinamento ve ne sarebbe uno che subordina l’affidamento in house all’impossibilità di applicare efficacemente, in concreto, le regole del mercato e della concorrenza (espressione di tale principio era il previgente art. 23- bis , comma 3 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112);
nel caso di specie sarebbe stato inoltre carente il requisito del controllo analogo, come definito dalla giurisprudenza comunitaria, essendosi in presenza di una una minima partecipazione al capitale sociale di Garda Uno s.p.a.;
inoltre, sempre ad avviso della ricorrente, sarebbe stato violato l’art. 202, comma 6, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che prevede il passaggio diretto ed immediato – al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti – del personale impiegato presso il gestore uscente, otto mesi prima dell'affidamento del servizio.

La ricorrente chiedeva inoltre il risarcimento dei danni asseritamente patiti per effetto degli impugnati provvedimenti.

3. Nel costituirsi in giudizio, sia il Comune che la Garda Uno s.p.a. chiedevano la reiezione del gravame.

4. Il Tribunale amministrativo della Lombardia respingeva infine il ricorso, con sentenza 23 settembre 2013, n. 780.

5. Avverso tale decisione la Aprica s.p.a. ha interposto appello, contestando innanzitutto – con un primo articolato motivo di gravame – la ricostruzione dell’istituto dell’ in house providing effettuata dal giudice di prime cure;
quindi col secondo motivo di doglianza ha dedotto la violazione dell’art. 202, comma 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, oltre che del CCNL applicabile, ratione temporis , ai lavoratori subordinati del settore.

6. Hanno resistito al gravame il Comune di Calcinato e la Garda Uno s.p.a., chiedendone il rigetto.

Le parti hanno illustrato poi ulteriormente con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive e all’udienza del 18 maggio 2017, dopo la rituale discussione, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

7. Con il primo motivo di appello la Aprica s.p.a., premettendo di vantare una legittima aspettativa a partecipare alle gare per l’affidamento del servizio in questione, che avrebbero dovuto essere bandite laddove non si fosse proceduto ad affidamento diretto, deduce che nel caso di specie non ricorrerebbero i presupposti dell’ in house providing , facendo difetto, in particolare, il requisito del controllo analogo nei rapporti tra il gestore Garda Uno s.p.a. ed il Comune di Calcinato e ciò vuoi per l’esigua partecipazione societaria (appena lo 0,1% del capitale), vuoi per l’assenza di strumenti amministrativo-societari in grado di proiettare sulla società partecipata una qualche influenza da parte del Comune, vuoi ancora per l’obiettiva impossibilità, da parte degli enti locali soci, di esercitare un controllo di tipo congiunto.

Ad avviso della società appellante, l’ in house providing rappresenterebbe un’eccezione, in quanto potenzialmente sospetta di arrecare ex se vulnus alla concorrenzialità di mercato, ragion per cui la sua ammissibilità andrebbe circoscritta ai casi tassativamente indicati dal legislatore e, soprattutto, dalla giurisprudenza (comunitaria e nazionale) che nel corso degli anni ha provveduto a delineare i profili dell’istituto.

Sul punto, per ragioni di ordine sistematico, va innanzitutto smentito il presupposto di cui sopra: deve infatti farsi applicazione, al riguardo, del precedente di Cons. Stato, VI, 11 febbraio 2013, n. 762, ai sensi del quale “ stante l’abrogazione referendaria dell’art. 23 bis d.l. n. 112/2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4 d.l. n. 238/2011 […] è venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ”;
ancora, con l’art. 34 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 197, sono venute meno le ulteriori limitazioni all’affidamento in house , contenute nell’art. 4, comma 8 del predetto d.l. n. 238 del 2011.

Più di recente, Cons. Stato, V, 22 gennaio 2015, n. 257 ha non solo ribadito la natura ordinaria e non eccezionale dell’affidamento in house , ricorrendone i presupposti, ma ha pure rilevato come la relativa decisione dell’amministrazione, ove motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l’ipotesi di macroscopico travisamento dei fatti o di illogicità manifesta;
motivazione che, nel caso di specie, è stata fornita anche a mezzo della citata relazione allegata alla deliberazione consiliare n. 61 del 2012.

A ciò aggiungasi la chiara dizione del quinto Considerando della direttiva 2014/24/UE, laddove si ricorda che “ nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva ”.

Ciò premesso, va delineata, seppur per sommi capi (alla luce delle risultanze di causa) la natura giuridica della Garda Uno s.p.a.

Quest’ultima, come rappresentato nel proprio atto di costituzione in giudizio e documentato con produzioni in atti, è una società a capitale interamente pubblico costituita tra enti locali, ai sensi dell’art.113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ( Testo unico degli enti locali ), il cui statuto, vigente al tempo della notifica del ricorso di primo grado, da un lato non vietava la partecipazione a procedure di affidamento di servizi da parte di enti non soci (art. 4, comma 3 - doc.4 in fascicolo di primo grado) e, dall’altro, non ammetteva l’ingresso di capitale privato (art. 6, comma 4 - doc. 4 in fascicolo di primo grado).

Sempre lo statuto prevedeva, all’art. 5, una disposizione (lettera “d”) che consentiva ai singoli soci di vigilare sull’andamento della società, limitatamente al territorio di competenza: ciascun comune poteva quindi esercitare un controllo diretto nel proprio territorio, mentre tutti i comuni soci lo esercitavano congiuntamente tramite l’ATO, vigilando sul corretto adempimento degli obblighi previsti dal contratto di servizio.

Un’ulteriore forma di controllo era poi prevista all’art. 13 dello Statuto che al comma 6 individuava un meccanismo di vigilanza da parte di una minima quota azionaria (congiuntamente anche pari al solo 5% del capitale sociale), consistente nella possibilità di censurare, fino alla revoca degli amministratori (comma 7), le attività sociali poste in difformità dalle autorizzazioni assembleari concesse al consiglio di amministrazione, tra cui l’assunzione di nuovi servizi.

Da ultimo, la nomina del consiglio di amministrazione, esclusivamente da parte degli enti locali, avveniva sulla base di un complesso meccanismo di liste finalizzato a ricomprendere in seno a tale organo dei rappresentanti di ognuno degli enti associati, singoli o in cordata tra loro (in ragione del numero non elevato di membri da eleggere – art.17).

A ciò aggiungasi, come parimenti evidenziato dalla stessa società, che “ lo statuto societario (che prevede obbligatoriamente la totalità di capitale pubblico) è stato, successivamente, rafforzato per cristallizzare il meccanismo del controllo analogo;
il nuovo statuto societario, approvato in data 14 dicembre 2016 al fine di adeguarsi di principi di cui al d.lgs n.175 del 2016 (doc.B), stabilisce specifiche modalità di esercizio del controllo analogo (cfr. artt.5 e 24 dello statuto, sub. doc. B).

Ad ulteriore rafforzamento, i soci (tutti) pubblici hanno, infine, approvato apposito patto parasociale (doc. C) che prevede il potere di indirizzo vincolante del singolo socio (qualunque sia la quota posseduta) sulle delibere, sia assembleari che del Consiglio di amministrazione, riguardanti le tariffe, le modalità gestionali e di espletamento del servizio etc. inerenti il proprio ambito territoriale (cfr. artt. 1 e 2 del patto parasociale 21 settembre 2016;
doc.C)
”.

Alla luce di tali documentati rilievi la Sezione è dell’avviso che risultino rispettati i principi generali di cui alla sentenza

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