Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-12, n. 202200220
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 12/01/2022
N. 00220/2022REG.PROV.COLL.
N. 07572/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7572 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A B, L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A B in Roma, via Taranto n. 18;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e per il Turismo, Comune di Camerota (Sa), non costituiti in giudizio;
per la revocazione , ex art. 395 n. 4 c.p.c. e art. 106 c.p.a., della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. -OMISSIS-/2020 del 10.4.2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2021 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Clarizia Laura in proprio e per dichiarata delega di Brancaccio Antonio.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il sig. -OMISSIS- è titolare, in Comune di Camerota, di una struttura ricettiva realizzata in virtù di licenza edilizia rilasciata nel 1966.
2. Avendo successivamente realizzato, in sopraelevazione, i piani quarto e quinto, senza rilascio di preventivo titolo edilizio, il 30 settembre 1986 ha presentato istanza di condono ai sensi della L. 47/85.
3. Sino a quel momento l’area interessata dall’abuso edilizio non era assoggettata ad alcun vincolo di tipo ambientale. Nel 2008, tuttavia, il territorio del Comune di Camerota è stato incluso nel perimetro del Parco Nazionale del Cilento e Valle di Diano, per l’effetto divenendo assoggettato a tutela paesaggistica ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. f), del D. L.vo 42/2004.
4. Il Comune di Camerota è rimasto silente per molti anni, sulla istanza di condono presentata dal ricorrente, sino a quando, in epoca certamente anteriore al 2011, ha chiesto una integrazione documentale che, a dire del ricorrente, era necessaria solo ai fini della espressione dei pareri di compatibilità paesaggistica.
5. Acquisita tale documentazione il Comune, con nota del 4 luglio 2013 ha trasmesso gli atti alla Soprintendenza competente, così attivando il subprocedimento di acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza.
6. Quest’ultima, con provvedimento del 6 giugno 2014, n. prot. 14994, ha espresso parere contrario alla sopraelevazione.
7. Il sig. -OMISSIS- ha impugnato tale atto innanzi al TAR della Campania, sede di Salerno, chiedendone l’annullamento unitamente alla nota del Responsabile del Procedimento del Comune di Camerota del 4 luglio 2013, con la quale il Comune di Camerota ha trasmesso la pratica edilizia alla competente Soprintendenza; ha inoltre formulato domanda di “ accertamento del diritto del ricorrente al rilascio del documento materiale della concessione edilizia in sanatoria, perfezionatasi per silentium, ex art. 35, comma 12, L. n. 47/85, in ordine alla pratica prot. n. 934 del 30.9.1986, intercalare 0043399402/1 ”.
8. Il TAR adìto, con sentenza n. 1507/2015, ha respinto il ricorso, inter alia rilevando che: (i) la documentazione allegata alla istanza di condono non era completa, come era dimostrato dal fatto che il Comune aveva chiesto una integrazione documentale il 16 aprile 2013: su tale presupposto il TAR ha disatteso il motivo di ricorso con cui il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità degli atti impugnati a fronte del fatto che sulla istanza di condono si era ormai formato il silenzio assenso previsto dall’art. 35, comma 12, della L. 47/85; (ii) il parere della Soprintendenza integrava un giudizio di natura tecnico-discrezionale che nella specie risultava esente “ da elementi di giudizio palesemente sviati o illogici, configurandosi, piuttosto, un prudente apprezzamento di tutti gli elementi di compatibilità del manufatto e dei piani in sopraelevazione con i valori paesaggistici della zona ”: sulla base di tale rilievo il TAR ha disatteso il motivo con cui il ricorrente ha fatto valere l’erroneità del giudizio espresso dalla Soprintendenza con riferimento alla presunta alterazione dello “skyline”, determinata dalla presenza dei due piani dello stabile oggetto di condono.
8. Avverso tale decisione il sig. -OMISSIS- ha proposto appello al Consiglio di Stato, che con sentenza n. -OMISSIS- del 10 aprile 2020, di cui è chiesta la revocazione con il ricorso in epigrafe indicato, ha confermato la sentenza di primo grado.
8.1. Per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, l’indicata decisione ha ribadito che non poteva ritenersi formato il silenzio-assenso sulla istanza di condono presentata dal ricorrente, considerando, da un lato, che non vi era prova della completezza della documentazione allegata alla domanda di condono, d’altro lato che risultava comunque necessario acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del vincolo.
9.1.1. La decisione ha, anzitutto, ribadito che la fattispecie di silenzio-assenso in esame richiede la completezza della documentazione e quindi, in caso di abuso commesso in zona vincolata, il termine biennale decorre solo dall’adozione del parere, favorevole, da parte dell’autorità preposta alla tutela del bene; l’amministrazione comunale non ha l’onere di richiedere l’integrazione documentale entro il termine biennale, sussistendo semmai un onere di attivazione della parte che richiede il condono. Ha inoltre richiamato la giurisprudenza secondo cui, anche in caso di sopravvenienza di un vincolo, alla realizzazione delle opere, è necessaria l’acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, che deve in tal caso esprimere un parere di “compatibilità” delle opere abusive rispetto al vincolo sopravvenuto, tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui il parere viene espresso.
9.1.2. Replicando alla obiezione dell’appellante, secondo cui la completezza della documentazione allegata alla pratica edilizia del 1986 si desumeva anche dalla nota del Comune del 16 aprile 2013, con la quale veniva chiesta una integrazione documentale orientata unicamente alla valutazione della compatibilità paesaggistica dell’abuso, ed inoltre dal rilascio, nel 1989, di una concessione in sanatoria ex art. 13 della L. 57/85, per opere di ristrutturazione realizzate al quinto piano dell’immobile, il Consiglio di Stato ha affermato quanto segue:
“..la contestazione mossa, nella specie, dall’appellante circa il contenuto della richiesta (dal Comune di Camerota), con nota prot. n. 5026 del 16 aprile 2013, di integrazione documentale, in quanto sarebbe stato esclusivamente orientato alla compatibilità paesaggistica delle opere realizzate, laddove la compatibilità edilizia delle stesse era stata già dimostrata, non solo dalla completezza della documentazione prodotta con l’istanza del 1986 (tanto che nel 2013 non veniva richiesta ulteriore documentazione per dimostrare la compatibilità edilizia delle opere), ma anche dall’intervenuto rilascio nel 1989 della concessione in sanatoria per accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 13 l. 47/1985, con riferimento al quinto piano dell’edificio, non ha pregio per le due seguenti e concomitanti ragioni;
sotto un primo versante inevitabilmente la richiesta di integrazione documentale doveva attenere alla compatibilità paesaggistica delle opere, atteso che al momento della presentazione della domanda di condono l’area non era vincolata e dunque non poteva essere stata allegata alcuna documentazione sulla compatibilità paesaggistica delle opere, essendo la stessa limitata a dimostrare la sola compatibilità edilizia della costruzione abusiva;
- sotto un secondo profilo, dal momento che il vincolo è stato esteso all’area in questione solo nel 2008, la doppia conformità riscontrata dal comune al fine di accogliere, nel 1989, l’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 13 l. 47/1985, non ha potuto che riguardare la conformità edilizia delle opere di realizzazione del quinto piano e non anche quella paesaggistica, sicché ai fini del conclusione favorevole del procedimento di condono edilizio il provvedimento del 1989 è irrilevante, perché non riferito alla compatibilità paesaggistica delle opere realizzate…….
……..Neppure può ritenersi che, essendo trascorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione dell'istanza, si fosse perfezionato (nel 1988) il silenzio-assenso ai sensi dell’art. 35, diciannovesimo comma, l. 47/1985, atteso che:
- in primo luogo, non vi è prova (né allegazione) in atti che vi fossero le condizioni per la corretta formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono edilizio al momento della sua presentazione, quanto meno sotto il profilo della completezza della documentazione utile a dimostrare la compatibilità paesaggistica delle opere con rispetto alle quali era chiesto il rilascio del condono edilizio;
- sotto tale ultimo profilo vi è invece prova del fatto che si era reso necessario nel 2013 richiedere la integrazione della documentazione, in quanto quella presentata non era utile ai fini della verifica di compatibilità paesaggistica delle opere per le quali era stato chiesto il condono;
- né l’atto con il quale è stata chiesta la integrazione documentale è stato oggetto di impugnazione da parte del proprietario dell’immobile, lamentando l’irrilevanza della richiesta stante l’intervenuta formazione del silenzio-assenso;……………”
9.2. Con riferimento alla dedotta illegittimità del parere della Soprintendenza, dopo aver ribadito che i pareri resi in materia paesaggistica sono espressione di discrezionalità tecnica sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del