Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-14, n. 202405362

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-14, n. 202405362
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405362
Data del deposito : 14 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2024

N. 05362/2024REG.PROV.COLL.

N. 02466/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2466 del 2023, proposto da
P S, P G, P T, P A e P V, rappresentati e difesi dagli avvocati F F e L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ravello, Sindaco del Comune di Ravello quale Ufficiale di Governo, non costituiti in giudizio;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Anas s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Stefania Masini, Rosaria Messina e Rosa de Roberto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 02294/2022, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché dell’Anas s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il Cons. A U e uditi per le parti gli avvocati Ferrentino e de Roberto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso di primo grado P A, Pinto Augusto, P G, P S, P T e P V, nella qualità di comproprietari di un fondo sito nel Comune di Ravello (SA), loc. Castiglione, sovrastante la s.s. Amalfitana n. 163, impugnavano l’ordinanza contingibile e urgente del 24 novembre 2021 con cui il sindaco di Ravello (SA), a seguito di comunicazione dell’Anas (a sua volta fondata su segnalazione dei Carabinieri di Atrani) in ordine all’avvenuta caduta di pietre dal costone roccioso soprastante la detta s.s. n. 163, ricadente in area di proprietà dei ricorrenti, aveva ordinato agli stessi di eseguire ad horas ogni lavoro e attività necessaria all’eliminazione delle cause di pericolo e il ripristino delle condizioni minime di sicurezza per la pubblica incolumità lungo la medesima s.s. n. 163.

Deducevano al riguardo i ricorrenti, in sintesi: che il dovere di rimozione delle situazioni di pericolo sarebbe gravato non già in capo ai proprietari dell’area coincidente con il costone, bensì, ai sensi degli artt. 30 e 31 Cod. strada, sull’ente proprietario della strada in ragione dei criteri della “funzione” e della “accessorietà”, che prescindono dal regime proprietario dell’area del costone;
quest’ultima configurerebbe del resto la “scarpata” a valle della strada comunale e a monte della s.s. n. 163, conseguente agli interventi eseguiti per la realizzazione della stessa (dunque, “prodotto dell’opera umana”) e unicum inscindibile con il corpo stradale, in regime pertinenziale rispetto alla strada;
che l’ordinanza sarebbe violativa del regime speciale dei poteri extra ordinem individuato dal Codice della strada (con primo immediato intervento di competenza sindacale e successivo livello nella competenza esclusiva del prefetto), rispetto a cui l’art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000 è recessivo;
che difettavano nella specie i necessari presupposti di contingibilità e urgenza;
che il contenuto dell’ordine era generico e indeterminato, affetto da carenza istruttoria e motivazionale, nonché da difetto del presupposto del potere extra ordinem .

2. Il Tribunale amministrativo adito, disposta l’estromissione del costituito Ministero delle Infrastrutture e la Mobilità Sostenibili, pronunciando nella resistenza dell’Anas, contumace il Comune di Ravello, respingeva il ricorso richiamando in gran parte le motivazioni (espressamente riportate) di cui alla propria precedente sentenza n. 1850 del 2021 (oggetto di appello sub r.g. n. 2250 del 2022, qui chiamato alla medesima udienza pubblica del 16 maggio 2024).

Riteneva dunque, in sintesi: che non fosse nella specie pertinente il richiamo all’art. 30, comma 4, Cod. strada al fine di porre a carico dell’ente proprietario della strada i necessari interventi, trovando piuttosto applicazione il successivo art. 31, comma 1, che impone ai proprietari dei fondi laterali alle strade di conservare le ripe in buono stato al fine di impedire frane e scoscendimenti del terreno. Alla luce di ciò, e considerati i diversi compiti spettanti all’ente proprietario della strada ex art. 14, comma 1, Cod. strada, ben competeva ai ricorrenti, quali proprietari della ripa (in cui rientra il costone roccioso coinvolto nei cedimenti) soprastante la strada statale eseguire le opere di messa in sicurezza intimate dal Comune, considerato del resto che dette opere non riguardavano la carreggiata in sé, ma unicamente la stabilità dei fondi soprastanti.

Né risultava violato il regime di competenze previsto dall’art. 30 Cod. strada, il cui comma 2 fa salvi appunto i provvedimenti che nei casi contingibili e urgenti possono essere adottati dal sindaco a tutela della pubblica incolumità.

Riteneva inoltre il Tar che ben ricorressero nella specie i presupposti della contingibilità e urgenza, non esclusi dalla risalenza nel tempo del pericolo, comunque sussistente al tempo del provvedimento;
né l’ordinanza imponeva interventi a carattere stabile e definitivo, come denunciato dall’appellante.

3. Avverso la sentenza hanno proposto appello i ricorrenti in primo grado deducendo:

I) error in procedendo ; error in iudicando ;
violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000;
artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992);
violazione di legge (art. 1069 Cod. civ.);
violazione di legge (art. 12 disp. prel. Cod. civ.);
errore di fatto;
travisamento;

II) error in procedendo ; error in iudicando ;
violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000 - artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992);
violazione di legge (art. 1069 Cod. civ.);
violazione di legge (art. 12 disp. prel. Cod. civ.);
violazione dell’art. 113 Cod. proc. civ.;
violazione degli artt. 64 e 67 Cod. proc. amm.;
errore di fatto;
travisamento;

III) error in procedendo ; error in iudicando ;
violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000;
artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992);
violazione di legge (art. 1069 Cod. civ.);
violazione di legge (art. 12 disp. prel. Cod. civ.);
errore di fatto: travisamento;
omessa pronuncia su fatto rilevante per la decisione;

IV) error in procedendo ; error in iudicando ;
violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000;
artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992);
violazione di legge (art. 1069 Cod. civ.);
violazione di legge (art. 12 disp. prel. Cod. civ.);
errore di fatto;
travisamento, sotto altro profilo;

V) error in procedendo ; error in iudicando ;
violazione di legge (art. 54 d. lgs. n. 267 del 2000;
artt. 30-31 d. lgs. n. 285 del 1992);
violazione di legge (art. 1069 Cod. civ.);
violazione di legge (art. 12 disp. prel. Cod. civ.);
errore di fatto;
travisamento, sotto ulteriore profilo.

Parte appellante chiede inoltre, in via istruttoria, ammettersi verificazione o Ctu.

4. Resistono al gravame l’Anas e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mentre non s’è costituito in giudizio l’intimato Comune di Ravello.

5. All’udienza pubblica del 16 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Col primo motivo di gravame, parte appellante si duole dell’errore in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nel trascurare che il costone roccioso interessato dagli eventi franosi, risultante degli interventi di realizzazione della rete viaria (quale “scarpata” interposta tra la strada comunale San Nicola, a monte, e la s.s. n. 163, a valle) è del tutto intercluso e inutilizzabile dai proprietari, sicché lo stesso riveste unicamente funzione di sostegno e contenimento pertinenziale rispetto alle due strade.

Inoltre la sua configurazione e pendenza costituirebbe anch’essa il risultato delle opere realizzative della s.s. n. 163, che alterava sostanzialmente l’originario costone.

Le opere ordinate dal Comune, inoltre, riguardavano la rete metallica di protezione con funi e chiodature di rivestimento del costone realizzata nel corso degli anni dalla stessa Anas e dal Comune di Ravello, con carenza dunque di legittimazione esecutiva in capo ai proprietari, gravando la stessa in capo all’Anas o al Comune.

In tale prospettiva, quale unico beneficiario dell’utilità degli interventi, il proprietario o gestore della strada vi sarebbe esclusivamente competente anche ex art. 1069 Cod. civ. a fronte del rapporto di asservimento tra fondi.

Né sarebbe pertinente il richiamo all’art. 30, comma 6, Cod. strada, che riguarda la diversa ipotesi di opere di sostegno e difesa dei fondi adiacenti.

1.1. Col secondo motivo l’appellante si duole dell’errore che il giudice di primo grado avrebbe commesso nell’escludere lo svolgimento di verificazione o Ctu in ragione della semplicistica considerazione che la vicenda involgerebbe questioni giuridiche sulla qualificazione del costone roccioso quale ripa o pertinenza stradale.

Per converso, l’incombente istruttorio è volto ad accertare l’oggettiva realtà dei luoghi, non desumibili da mere risultanze documentali, senza alcuna ingerenza sul potere qualificatorio spettante al giudice.

In tale contesto, l’accertamento della natura di ripa o pertinenza stradale del costone costituirebbe una questione di fatto ben indagabile con istruttoria tecnica e rilevante ai fini del decidere.

1.2. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione e interdipendenza di alcune delle questioni sollevate, non sono condivisibili.

1.2.1. Occorre premettere che, a norma dell’art. 3, comma 1, n. 10, Cod. strada, si intende per « Confine stradale » il « limite della proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di esproprio del progetto approvato;
in mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio superiore della scarpata se la strada è in trincea
».

A fronte di tale nozione di “confine stradale”, correlata a quella di « proprietà stradale », un’area limitrofa a quella stradale, di chiara proprietà privata qual è quella qui in esame - estranea, come pacifico (e confermato anche nella perizia in atti del febbraio 2022 prodotta da parte appellante) ad acquisizione da parte dell’amministrazione a mezzo di espropriazione - configura di regola un’area esterna ai confini stradali, come tale non rientrante neppure, a norma dell’art. 3, comma 1, n. 46, nella « Sede stradale » (cfr. al riguardo, in generale, sui rapporti tra le risultanze dominicali e il criterio di carattere sussidiario incentrato sullo stato materiale dei luoghi, Cons. Stato, V, 8 gennaio 2024, n. 270).

Ne discende l’estraneità appunto dell’area qui in esame al confine e alla sede stradale, e dunque la sua natura esclusivamente privata , con annessi doveri e obblighi (su cui v. amplius infra , al successivo §), ciò che vale a rendere di per sé non condivisibili le doglianze sollevate dall’appellante (cfr. al riguardo anche infra , al richiamato successivo §, in ordine all’applicazione delle regole dettate dagli artt. 30 e 31 Cod. strada).

A ciò si aggiunga, peraltro, che parte appellante non offre dimostrazione del fatto che il costone di sua proprietà costituisca, agli effetti del Codice della strada, una “scarpata”, e cioè che la strada sia stata realizzata « in trincea » con artificiale creazione del suddetto costone a valere quale scarpata sovrastante (art. 3, comma 1, n. 10, Cod. strada, che prevede, specularmente, la scarpata sottostante in caso di strada realizzata « in rilevato »;
cfr. al riguardo anche l’art. 3, comma 1, n. 44, Cod. strada che, nel definire le “ripe”, richiama le operazioni realizzative del manufatto stradale, incidenti anche sulle scarpate, « in taglio » o « in riporto sul terreno preesistente alla strada »;
cfr. in proposito Cass., III, 2 agosto 2000, n. 10112).

A ben vedere, la perizia in atti del febbraio 2022 si limita ad assumere l’esistenza di un “ ‘taglio artificiale’ ”, senza tuttavia offrire evidenza (né tanto meno dimostrazione) che si sia effettivamente in presenza di una strada costruita « in trincea », con scarpata realizzata artificialmente, anziché di manufatto sovrastato da parete rocciosa naturale, come peraltro si ricava invece dalla relazione tecnica del 1° aprile 2015 d’intervento del professionista incaricato dal Comune in relazione a un evento franoso in precedenza occorso, che qualifica il costone alla stregua di “ tratto di falesia, alta circa 50 metri, […] compreso tra la SS163 e la stradina pedonale comunale al di sopra ” (nello stesso senso, cfr. il verbale di sopralluogo del 3 marzo 2015, in atti, nonché cfr. peraltro, per il tratto qui d’interesse, le note tecniche dell’Anas, prodotte in atti;
in giurisprudenza, per i presupposti necessari all’individuazione di strada “in trincea”, cfr. Cons. Stato, V, 31 maggio 2021, n. 4184;
I, 23 novembre 2020, parere n. 1923;
cfr. anche Id., V, 9 marzo 2020, n. 1670).

Di qui l’assenza di evidenze (peraltro non soccorribile in questa sede attraverso verificazioni o Ctu, competendo all’interessata fornire elementi di prova al riguardo) circa la realizzazione “in trincea” della strada, con creazione di una scarpata stricto sensu in relazione al tratto interessato.

Né rileva, in senso contrario, il solo fatto che la strada sia stata costruita “a mezza costa”, ciò che non implica ex se la sua realizzazione “in trincea”, con formazione di una scarpata artificiale a monte, con relative operazioni di sbancamento nei sensi di cui al Codice della strada (cfr. ancora Cons. Stato, n. 1923 del 2020, cit.;
n. 4184 del 2021, cit.;
n. 1670 del 2020, cit.).

Ciò senza considerare peraltro che l’intervento richiesto attiene a parte del costone, per una superficie rispetto alla quale non è offerta evidenza che vi sia sovrapposizione (men che meno integrale) con un’eventuale scarpata, la quale coinciderebbe con la parte immediatamente adiacente alla strada, effetto degli ipotetici lavori di realizzazione “in trincea” della stessa.

1.2.2. Tanto osservato, va rilevato che in relazione a un’area privata estranea alla sede stradale, senz’altro non competono all’ente gestore o proprietario gli oneri di manutenzione e pulizia (cfr. l’art. 14, comma 1, lett. a) , Cod. strada).

Il che vale anche, nella specie, in relazione alle opere di sostegno e mantenimento di cui all’art. 30, comma 4, Cod. strada.

Tale disposizione, come chiarito dalla giurisprudenza, accoglie - in specifica relazione alle « opere di sostegno lungo le strade ed autostrade » - un criterio di allocazione degli oneri di natura funzionale , che guarda alla destinazione immediata delle opere: “ è la diretta finalità della loro costruzione a qualificarle nei termini di cui al primo, ovvero al secondo periodo, del quarto comma dell’art. 30 cit. ed è solo se esse siano state realizzate con lo specifico compito di assolvere insieme l’uno e l’altro scopo che possono dirsi promiscue ai sensi e per gli effetti di cui al comma successivo ”, che pone la spesa a carico di entrambi « in ragione dell’interesse quando l’opera abbia scopo promiscuo » (Cons. Stato, II, 1 aprile 2020, n. 2196)

A tal riguardo, è stato chiarito peraltro come l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio « unicamente » non sia esclusa “ dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno […] a delimitare e a conformare la sede viaria ” (Cons. Stato, n. 2196 del 2020, cit.;
Id, n. 1923 del 2020, cit., entrambe con richiamo anche a Cass., II, 17 settembre 2015, n. 18258, la quale, esaminando il caso del muro di contenimento a bordo della strada, pone in risalto che “ È inevitabile, d’altronde, che il muro vale a proteggere la sede stradale;
nondimeno siffatto risultato si determina in chiave sussidiaria, in dipendenza ed a seguito della sua funzione essenziale di contenimento del sovrastante terreno di proprietà del ricorrente
”, affermando conseguentemente il principio sopra richiamato, per cui “ l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio ‘unicamente’ che figura nel corpo dell’art. 30 C.d.S., comma 6, [rilevante in quel caso, ma recante analoga formula del precedente comma 4] non è esclusa dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno - realizzata contestualmente alla costruzione della strada - a delimitare e a conformare la sede viaria ”).

In tale prospettiva, la finalità di « unicamente […] difendere [e] sostenere i fondi adiacenti » va intesa in termini obiettivi e immediati, non già subiettivi e (anche) indiretti;
è dunque l’impatto strutturale dell’opera ad assumere rilievo, e in specie la sua attitudine di sostegno e contenimento: se a essere sostenuto e difeso, in termini strutturali, è il fondo privato (sia pur con conseguente effetto derivato di delimitazione della strada o sua protezione) l’opera è da ritenere « unicamente » funzionale a tale fondo.

Alla luce di ciò, dunque, il regime di cui al suddetto art. 30, comma 4, Cod. strada non conduce nella specie a porre a carico dell’ente stradale gli interventi disposti dal Comune di Ravello, risultando coinvolta appunto un’area (privata) esterna alla sede stradale, e venendo in rilievo opere che sono di immediato sostegno o supporto del fondo privato, in quanto volte ad evitare cadute di materiale roccioso e cedimenti inerenti a tale fondo, giammai alla strada in quanto tale, che risulta solo indirettamente e conseguentemente protetta dal pericolo di caduta massi (cfr., per la non imputabilità all’ente stradale dei lavori inerenti ad aree esterne alla sede stradale, Cons. Stato, n. 2196 del 2020, cit.;
Id., III, 26 gennaio 2017, n. 329).

Ne consegue che, anche a mente dell’art. 30, comma 4, Cod. strada - oltreché del regime generale, espresso dall’art. 31, comma 1, Cod. strada per le ripe, per cui compete al titolare del fondo eseguire le opere e interventi necessari a evitare rischi per la pubblica incolumità, nella specie in relazione alla sede stradale - non può ritenersi che gli interventi ordinati fossero a carico dell’ente proprietario o gestore della strada (cfr., similmente, Cons. Stato, n. 270 del 2024, cit.;
Id., n. 4184 del 2021, cit.;
cfr. anche Id., n. 1923 del 2020, cit.;
Id., I, 9 maggio 2012, parere n. 2158).

Ciò in un contesto in cui, peraltro, l’art. 30, comma 6, Cod. strada, anche laddove ponte in capo all’ente proprietario della strada le opere di sostegno che pure servano « unicamente a difendere e a sostenere i fondi adiacenti », ciò prevede in esclusiva relazione alla iniziale « costruzione » di tali opere (ciò che vale, in specie, per il caso di realizzazione « in sede di costruzione di nuove strade »), fermo restando comunque, a carico dei proprietari dei fondi, « l’obbligo e l’onere di manutenzione e di eventuale riparazione o ricostruzione di tali opere ».

Né rileva in senso contrario, al fine di immutare gli obblighi gravanti in capo ai rispettivi soggetti tenuti a norma di legge, il solo fatto che in passato l’amministrazione abbia eseguito alcuni interventi (cfr. Cons. Stato, n. 4184 del 2021, cit.;
cfr., peraltro, il suesposto principio fissato dall’art. 30, comma 6, Cod. strada).

Del pari non conferente è il richiamo all’art. 1069 Cod. civ., che riguarda la diversa ipotesi delle « opere necessarie per conservare la servitù », presupponendo la sussistenza di quest’ultima, oltreché di interventi precipuamente occorrenti alla sua conservazione.

Il che è sufficiente al rigetto della doglianza, rendendo superflui anche gli approfondimenti istruttori richiesti e le corrispondenti critiche al riguardo alla sentenza impugnata, stante l’adeguatezza degli elementi a disposizione, nel quadro della suesposta ricostruzione giuridica, ai fini del decidere, e non potendo d’altra parte demandarsi a verificazione o Ctu l’accertamento di eventuali circostanze di fatto di cui competeva alla parte fornire elementi evidenziali.

2. Col terzo motivo di gravame, parte appellante si duole dell’omessa pronuncia sulla contestata carenza di istruttoria, con la quale i ricorrenti avevano denunciato in primo grado il deficit istruttorio in cui il Comune era incorso, omettendo di svolgere alcuna verifica in ordine alla funzione e natura del costone, nonché alle cause del cedimento occorso.

Oltre ad aver chiarito la natura del costone quale “scarpata” fra due strade, i ricorrenti avevano infatti evidenziato come l’evento franoso fosse stato causato dallo sversamento delle acque dalla strada comunale, nonché dall’inefficienza delle opere di mitigazione esistenti, coincidenti con la rete metallica.

2.1. Il motivo non è condivisibile.

2.1.1. Emerge dall’ordinanza impugnata come la stessa si fondi su nota dell’Anas, a sua volta fondata su segnalazione dei Carabinieri di Atrani, che dava conto dell’occorsa caduta di pietre sul piano viabile proveniente dall’adiacente costone roccioso;
i relativi elementi fattuali, in sé non contraddetti dall’appellante, ben valgono a istruire e motivare la coerente determinazione assunta dall’amministrazione, con ordine di provvedere in capo ai proprietari dell’area.

Né rilevano, ai fini del presente giudizio, i richiami alle dedotte cause delle cadute di materiale roccioso, essendo pacifico che le stesse provengono comunque dall’area di proprietà degli appellanti, sicché in relazione al provvedimento impugnato e alla causa con lo stesso fatta valere ( i.e. , intervento d’urgenza sui luoghi) è in sé privo di rilievo il richiamo a tali diverse circostanze.

In tale contesto alcun rilievo possono assumere dunque a fini istruttori (e motivazionali) le deduzioni formulate dagli appellanti, stante appunto la chiara riconducibilità della titolarità dell’intervento in capo agli stessi, per le ragioni suesposte, con conseguente irrilevanza anche delle istanze istruttorie avanzate, come già posto in risalto.

3. Col quarto motivo gli appellanti si dolgono dell’errore in cui il Tar sarebbe incorso nel respingere la censura con cui avevano dedotto in primo grado la violazione del regime in tema di riparto delle competenze stabilito dall’art. 30 Cod. strada.

Tale disposizione prevedrebbe in realtà due livelli d’intervento, l’uno immediato di competenza del sindaco, l’altro, a valle di quello d’urgenza, di competenza esclusiva del prefetto.

Nel caso di specie la vicenda era scomposta in due momenti provvedimentali, coincidenti col riparto delle suddette competenze ex art. 30 Cod. strada, con intervento immediato eseguito dall’Anas e successiva diffida agli odierni appellanti all’esecuzione delle attività dirette a rimuovere le cause del pericolo e così ripristinare le condizioni minime di sicurezza per la pubblica incolumità. In tale contesto, l’ordinanza sindacale esulerebbe dalla clausola di salvezza di cui al comma 2 dell’art. 30 Cod. strada, in considerazione del proprio contenuto, avendo in sostanza surrogato una competenza riservata al prefetto.

Né rileverebbe la mancanza nella specie di un fabbricato o muro fronteggiante la strada, considerato il portato generale della norma.

3.1. Neanche tale motivo è condivisibile.

3.1.1. Occorre premettere che l’art. 30, comma 2, Cod. strada prevede che « Salvi i provvedimenti che nei casi contingibili ed urgenti possono essere adottati dal sindaco a tutela della pubblica incolumità, il prefetto sentito l’ente proprietario o concessionario, può ordinare la demolizione o il consolidamento a spese dello stesso proprietario dei fabbricati e dei muri che minacciano rovina se il proprietario, nonostante la diffida, non abbia provveduto a compiere le opere necessarie ».

Al di là del fatto che la disposizione attiene alla (diversa e specifica) ipotesi dei « fabbricati e dei muri » fronteggianti le strade, la disciplina dalla stessa prevista non implica alcuna ragione d’illegittimità rispetto al caso di specie.

È infatti la medesima disposizione, nel proprio incipit , a fare « Salvi i provvedimenti che nei casi contingibili ed urgenti possono essere adottati dal sindaco a tutela della pubblica incolumità », e proprio ciò è avvenuto nel caso di specie.

Nessun rilievo contrario ha, al riguardo, il precedente intervento eseguito dall’Anas, che ha riguardato la distinta attività di “ rimozione delle pietre ” e “ pulizia del piano viabile ” sulla strada (cfr. nota Anas del 15 novembre 2021, richiamata anche dall’ordinanza impugnata), del tutto al di fuori dei necessari interventi sul costone per far fronte all’incombente pericolo di cedimenti del suolo e verificazione di eventi franosi.

Del resto, quello dell’Anas è stato appunto un intervento materiale sulla strada, da parte del soggetto che si occupa della manutenzione del nastro stradale, che non configura affatto il provvedimento contingibile e urgente che, nella prospettazione degli appellanti, dovrebbe costituire il primo livello d’intervento, di spettanza del sindaco.

Alla luce di ciò la doglianza non è condivisibile.

4. Con il quinto e ultimo motivo parte appellante si duole dell’errore commesso dal giudice di primo grado nel ritenere che il potere extra ordinem possa essere esercitato per rimuovere situazioni risalenti nel tempo, esigendo la sola permanenza di una situazione di pericolo al momento dell’adozione dell’ordinanza contingibile e urgente.

L’art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000 legittimerebbe al contrario le sole misure di messa in sicurezza da porre in essere nell’immediatezza di un evento, mentre nel caso in esame il pericolo non era più attuale dopo l’intervento dell’Anas nell’immediatezza.

D’altra parte, il suddetto intervento di Anas è valso a rendere la situazione di fatto prevedibile e non eccezionale, pertanto fronteggiabile con gli ordinari strumenti di tutela.

Il che si fletteva anche sulla tipologia di opere e interventi richiesti ( i.e. , ripristino delle condizioni ante evento, verifica della tenuta della rete di rivestimento e contenimento dell’intero costone roccioso, opere necessarie a garantire la sicurezza per la pubblica incolumità), tutti non urgenti né straordinari, ma diretti al consolidamento strutturale dell’intero costone roccioso.

Di qui anche il carattere di definitività e stabilità delle opere richieste.

4.1. Il motivo non è fondato.

4.1.1. In relazione ai requisiti per l’adozione di ordinanza contingibile e urgente ex art. 54 d.lgs. n. 267 del 2000 la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito che “ i presupposti per l’adozione delle stesse sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento nonché la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti e la proporzionalità del provvedimento, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili e urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2017, n. 2847). Inoltre con tale strumento è possibile intervenire anche per rimuovere situazioni risalenti nel tempo ed in relazione alle quali non si era intervenuti in precedenza, essendo a tale riguardo sufficiente la permanenza al momento dell’emanazione dell’atto della situazione di pericolo (Cons. Stato, sez. V, sent. n. 3077/2012) ” (Cons. Stato, n. 270 del 2024, cit.).

Nel caso di specie, la rilevata verificazione della caduta di pietre senz’altro valeva a manifestare una situazione di pericolo imminente cui era necessario far fronte, non rilevando di per sé, in senso contrario, il solo fatto che analoghi episodi si fossero verificati in passato, stante comunque l’emergenza delle condizioni di pericolo in relazione all’evento occorso, necessitante di una soluzione immediata e adeguata;
allo stesso modo, sulla base dei suesposti principi giurisprudenziali, non è di suo preclusiva all’adozione della misura la circostanza per cui la situazione pericolosa perdurasse da tempo, stante appunto la sufficienza della sua permanenza al momento dell’adozione del provvedimento emergenziale.

Allo stesso modo, in sé ininfluente si appalesa l’intervento dell’Anas, che ha avuto a oggetto la mera rimozione delle pietre e la pulizia del piano viabile, ben al di fuori degli interventi di prevenzione del rischio in relazione a potenziali distacchi di materiale roccioso.

Parimenti, l’intervenuta conoscenza della situazione per effetto della segnalazione dell’Anas non faceva per ciò solo venire in meno il pericolo, e del resto l’ordinanza è stata adottata solo pochi giorni dopo la detta segnalazione ( i.e. , il 24 novembre 2021, a fronte di una nota dell’Anac del 15 novembre 2021);
il tutto in un contesto in cui peraltro, sotto altro profilo, il mezzo adottato ( i.e. , ordinanza contingibile e urgente) non incide comunque sul riparto in sé degli obblighi, e cioè sulla loro incombenza in capo agli odierni appellanti, nei termini suindicati.

In tale prospettiva, anche la tipologia degli interventi richiesti risulta di suo omogenea e coerente alla condizione di rischio manifestatasi (si tratta di “ lavor [i] ed attività necessari [e] per l’eliminazione delle cause di pericolo descritte ”, coincidenti con il distacco di massi e rischi di frane;
l’ordinanza richiama, fra l’altro, il “ ripristino delle condizioni ante evento ”, nonché la “ verifica della rete metallica per la sua interezza ”), e funzionale a farvi fronte in via tempestiva e diretta, sicché anche le doglianze incentrate su tale profilo non sono condivisibili.

5. In conclusione, per le suesposte ragioni l’appello va respinto.

5.1. La particolarità della fattispecie e la peculiarità di alcune delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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