Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-07-12, n. 202105274
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Pubblicato il 12/07/2021
N. 05274/2021REG.PROV.COLL.
N. 08129/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8129 del 2020, proposto da
S.I.C.I. S.r.l., Ies S.r.l. e Alan Immobiliare S.r.l., tutte in proprio e nella rispettiva qualità di mandataria (S.I.C.I.) e mandanti (Ies e Alan Immobiliare) del costituendo RTI, ognuna in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, tutte rappresentate e difese dagli avvocati A C e M P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche - Veneto - Trentino Alto Adige – Friuli Venezia Giulia e CNR - Consiglio Nazionale Ricerche, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Veneto, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
Architetto Giancarlo Scognamiglio, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Giancarlo Scognamiglio Architettura S.r.l.s. e Ingegnere Giuseppe Massarotti, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Consorzio Stabile Sirio Ingegneria, entrambi rappresentati e difesi dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tommaso Gulli, n. 11;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Seconda, n. 508 del 2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del CNR - Consiglio Nazionale Ricerche;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dell’Architetto Giancarlo Scognamiglio, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Giancarlo Scognamiglio Architettura S.r.l.s., e dell’Ingegnere Giuseppe Massarotti, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Consorzio Stabile Sirio Ingegneria;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2021, tenuta con le modalità previste dagli artt. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44, il Cons. E Q, uditi da remoto gli avvocati C e P e dati per presenti l'avvocato dello Stato A F e l'avvocato G S che hanno depositato, sempre ai sensi delle suddette disposizioni normative, note di passaggio in decisione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, con bando pubblicato sulla G.U.R.I. n. 147 del
14 dicembre 2015, indiceva, per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, una procedura aperta ex art. 55 del d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i per l’affidamento, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, della progettazione esecutiva, del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e dei lavori, per la realizzazione del nuovo complesso integrato presso l’area della ricerca del CNR in Padova, dell’importo complessivo di € 10.519.995,78 (dei quali: a) € 6.147.060,78, per lavori – importo a soggetto a ribasso;b) € 3.737.935,00, quale costo della manodopera non soggetto a ribasso;c) € 285.000,00, per oneri di sicurezza, ivi compresi quelli aziendali, non soggetti a ribasso;d) € 33.000,00, per il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, importo soggetto allo stesso ribasso dei lavori;e) € 181.000,00, per progettazione definitiva “a corpo”, importo soggetto allo stesso ribasso dei lavori;f) € 136.000,00, per progettazione esecutiva, importo soggetto allo stesso ribasso dei lavori).
Nel bando era previsto che l’appalto era finanziato con fondi del CNR.
All’esito della gara, verificato il possesso dei requisiti e espletato il subprocedimento di verifica della congruità dell’offerta risultata migliore, l’appalto veniva aggiudicato al RTI S.I.C.I. (giusta avviso di aggiudicazione pubblicato sulla G.U. Serie Speciale – Contratti Pubblici n. 114 del 2 ottobre 2017), per un importo di € 9.692.277,32 (oltre IVA, al netto del ribasso offerto del 12,74%).
Poiché l’amministrazione appaltante ritardava ingiustificatamente la convocazione per la regolare stipula del contratto, l’aggiudicataria sollecitava e diffidava più in tal senso l’amministrazione stessa (il 23.9.2018, il 18.10.2018, il 10.4.2019 e l’8.8.2019), ma solo con nota del 26 settembre 2019 il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche del Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, riscontrando l’ultimo – in senso cronologico - atto di diffida, comunicava che non era “… possibile dare corso alla stipula del contratto per fatti sopravvenuti successivamente alla procedura di gara e del tutto indipendenti dalla volontà del Provveditorato, fatti evidenziati nella delibera 08.06.2018 del Consiglio Nazionale delle Ricerche che si allega”, aggiungendo “… che in assenza di volontà alla stipula dell’interessato Cnr, in alcun caso il Provveditorato potrebbe dar corso al contratto e che ogni responsabilità, che, per inciso, la scrivente Amministrazione non ritiene ricorra nel caso specifico, appartiene al succitato Cnr ”.
E’ da sottolineare che con la richiamata delibera del C.N.R. dell’8 giugno 2018 era stato revocato l’incarico e deciso di non rinnovare la convenzione con il Provveditorato delle Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia per la alla realizzazione del nuovo complesso integrato nell’Area della Ricerca di Padova, tanto in quanto “… la situazione finanziaria dell’Ente non consente di reperire le risorse finanziarie necessarie per sottoscrivere il contratto di appalto ed avviare l’intervento in questione”.
Di tali due atti (oltre che di quelli presupposti, connessi e conseguenti, anche specificamente indicati) il RTI SICI chiedeva l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, lamentandone l’erroneità alla stregua dei seguenti motivi di censura;I) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 10, l. 241/90;violazione dei principi generali di imparzialità e buon andamento;violazione del principio del giusto procedimento e di quelli di correttezza dell’azione amministrativa;eccesso di potere sub specie di errore nei presupposti, travisamento dei fatti, arbitrarietà e sviamento dell’azione amministrativa;II) violazione dei principi generali di imparzialità e buon andamento;violazione del principio del legittimo affidamento;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 64, d.lgs. 163/06, in combinato disposto con l’allegato IX al medesimo decreto;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, l. 241/90;eccesso di potere sub specie di difetto errore nei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione;III) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, nonies , l. 241/90;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, l. 241/90;eccesso di potere per carenza di istruttoria, insufficienza e contraddittorietà della motivazione;sviamento;IV) violazione dei principi generali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 cost.);violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 quinquies, l. 241/90;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 quater , l. 241/90;violazione del principio
di tutela del legittimo affidamento;eccesso di potere sub specie di contraddittorietà dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, errore nei presupposti, travisamento dei fatti.
Veniva richiesta la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni subiti e subendi, anche, eventualmente, per responsabilità precontrattuale.
Con successivi motivi aggiunti, senza impugnare nuovi atti, l’aggiudicataria deduceva ancora: V) violazione dei principi generali di imparzialità e buon andamento (art. 97 cost.);violazione del principio del legittimo affidamento;violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 12, d,.lgs. 163/06;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21 quinquies , l. 241/90;violazione e/o falsa applicazione dell’art. 64, d.lgs. 163/06, in combinato disposto con l’allegato IX al medesimo decreto;eccesso di potere sub specie di sviamento dell’azione amministrativa;difetto di istruttoria, difetto di motivazione, errore nei presupposti, travisamento dei fatti.
Veniva ulteriormente formulata e quantificata la domanda risarcitoria.
L’adito Tribunale, con la sentenza segnata in epigrafe, nella resistenza delle intimate amministrazioni, riteneva infondata e respingeva la domanda principale, con la quale era stato chiesto l’annullamento della revoca dell’aggiudicazione e degli atti di gara in quanto illegittimi e il risarcimento del danno conseguente (danno da provvedimento illegittimo), ma accoglieva parzialmente la domanda subordinata di risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale (danno da comportamento scorretto).
In particolare, riconosciuta legittima la revoca dell’aggiudicazione per l’obiettiva carenza di fondi, il primo giudice ha riconosciuto la spettanza alla ricorrente a titolo di responsabilità precontrattuale solo l’importo di €. 72.836,78, per le spese di partecipazione alla gara, ritenendo invece non dovute le ulteriori spese richieste (€. 872.305,20 a titolo di spese generali di azienda;€. 380.672,82 a titolo di costi del personale – di cui €. 128.172,82 per la redazione del progetto ed €. 252.500 per la cantierizzazione - ed euro 249.000 a titolo di costi di attrezzature e mezzi) “… sia perché trattasi di poste di danno che presuppongono l’allestimento di un cantiere, in concreto mai allestito dalla ricorrente, sia perché si tratta di danni, frutto di valutazioni astratte e presuntive, che non sono stati specificamente provati dalla ricorrente ”.
Il RTI SICI ha proposto appello avverso la suddetta sentenza nella parte in cui, sotto il profilo del quantum debeatur , ha accolto solo in parte la domanda di risarcimento danni a titolo di responsabilità precontrattuale, deducendo i seguenti motivi:
I), II), III) error in iudicando et in procedendo : violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1337 e ss. cod. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 e 1226 cod. civ. – erronea quantificazione del pregiudizio economico subito – errore nei presupposti, travisamento dei fatti;violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda, proposta in via subordinata, di condanna delle amministrazioni resistenti al risarcimento in via equitativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 1226 cod. civ.;
IV) error in iudicando : violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1337 e ss. cod. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 e 1226 cod. civ. – erronea quantificazione del pregiudizio economico subito – errore nei presupposti, travisamento dei fatti.
Hanno resistito all’appello, chiedendone il rigetto, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il CNR - Consiglio Nazionale Ricerche.
Sono intervenuti ad adiuvandum l’Architetto Giancarlo Scognamiglio, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Giancarlo Scognamiglio Architettura S.r.l.s., e l’Ingegnere Giuseppe Massarotti, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Consorzio Stabile Sirio Ingegneria.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza del 20 maggio 2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
E’ oggetto di appello la sentenza del TAR Veneto segnata in epigrafe che ha accolto parzialmente il ricorso proposto in primo grado dalle odierne appellanti riconoscendo la responsabilità precontrattuale delle amministrazioni intimate per la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto integrato (revoca ritenuta legittima), ma limitando il risarcimento del danno ad alcune spese di partecipazione alla gara, in particolare €. 34.772,78 per spese amministrative di partecipazione ed €. 38.064,00 per spese di redazione del progetto affidato a soggetti esterni al raggruppamento, il tutto per un totale di €. 72.836,78, e ritenendo le altre voci di danno richieste astratte, presuntive e prive di adeguata prova.
Con l’appello è contestata la sola misura del risarcimento del danno da responsabilità contrattuale, reiterando la richiesta di riconoscimento di tutte le altre voci, già indicate in primo grado, che secondo l’assunto dell’appellante sarebbero state inopinatamente non riconosciute con motivazione insufficiente e approssimativa.
Le amministrazioni appellate hanno invece insistito per il rigetto dell’appello, chiedendo la conferma della sentenza.
In via preliminare deve essere esaminata l’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum spiegato dai progettisti che hanno redatto il progetto definitivo per la partecipazione alla gara.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento adesivo dipendente ad adiuvandum nel giudizio amministrativo, l’iniziativa processuale deve essere espressione di un interesse connesso, derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello proprio della parte principale. E’ stato da ultimo osservato che: “ Le condizioni che legittimano la proposizione dell'intervento adesivo sono rappresentate: dalla alterità dell'interesse vantato rispetto a quello che legittimerebbe alla proposizione del ricorso in via principale, visto che l'intervento è volto a tutelare un interesse diverso, ma collegato, rispetto a quello fatto valere dal ricorrente principale: con la conseguenza che la posizione dell'interessato è meramente accessoria e subordinata rispetto a quella della parte principale;e dalla configurabilità di un vantaggio derivante, anche in via mediata e indiretta, dall'accoglimento del ricorso principale. Per apprezzare tali elementi, è necessario guardare alla effettiva causa petendi, come desumibile dal complesso delle affermazioni del soggetto che agisce in giudizio ” (Cons. Stato, sez. II, 4 gennaio 2021, n. 105).
Nel caso di specie, l'interesse fatto valere dagli intervenienti possiede tali caratteristiche, in quanto il raggruppamento temporaneo costituito da Sirio Ingegneria Consorzio Stabile e Giancarlo Scognamiglio Architettura è titolare di una posizione giuridica dipendente da quella dell’ATI appellante, avendo sottoscritto con le società che hanno proposto gravame un contratto per la stesura degli elaborati progettuali propedeutici e per quelli successivi alla partecipazione alla procedura relativa al bando di gara per la realizzazione del nuovo complesso integrato presso l’area della ricerca di Padova.
L’intervento è pertanto da ritenersi ammissibile, atteso che il raggruppamento che è intervenuto in giudizio risulta aver già redatto il progetto definitivo presentato per la partecipazione alla gara, composto da 135 elaborati (circostanza non contestata in giudizio).
Passando all’esame dell’appello, con il primo motivo le appellanti hanno dedotto la erroneità della sentenza laddove, dopo aver correttamente affermato il principio della risarcibilità delle spese sostenute per la partecipazione alla gara ed in particolare quelle di progettazione, non avrebbe nelle stesse riconosciuto tutti i costi sostenuti per partecipare alla gara e, in particolare, tutti quelli affrontati per presentare il progetto definivo oggetto dell’offerta;la sentenza non avrebbe, infatti, considerato che i costi sostenuti per la redazione e stesura della progettazione definitiva (di valore pari ad € 181.000, come previsto nel bando) discenderebbero non solo dalle spese sostenute per il pagamento delle prestazioni dei progettisti esterni, riconosciute nella richiesta misura di €. 38.064, ma anche da quelle sostenute per pagare alcuni dipendenti delle società che avevano contribuito alla stesura e redazione della progettazione definitiva, il cui importo ammonterebbe ad € 128.172, come risulta dalla perizia versata in atti (cfr. pag. 27).
Il motivo è fondato.
Posto che, com’è pacifico, l’appellante non ha contestato la legittimità della revoca dell’aggiudicazione e che d’altra parte le amministrazioni interessate non hanno impugnato il capo della sentenza che ha riconosciuto per la stessa vicenda la sussistenza della responsabilità precontrattuale, deve rammentarsi che, per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la revoca dell'aggiudicazione e degli atti della relativa procedura, anche ove ritenuta legittima, “ lascia intatto il fatto incancellabile degli affidamenti suscitati nell'impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi ” (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831), onde i relativi comportamenti dell'amministrazione, allorché risultino contrastanti con le regole di correttezza e di buona fede di cui all'art. 1337 c.c., si pongono quali fatti generatori di responsabilità precontrattuale. Ciò, in relazione alla contestuale presenza nella fase di formazione dei contratti pubblici di un procedimento amministrativo e di un procedimento negoziale, il primo disciplinato da regole di diritto pubblico finalizzate ad assicurare il perseguimento dell’interesse pubblico, e il secondo disciplinato da regole di diritto privato, volte alla regolare formazione della volontà contrattuale, “ il che consente di concludere che la fase dell’evidenza pubblica non si colloca al di fuori delle trattative, ma ne costituisce parte integrante ” (Cass. Civ., sez. I, 3 luglio 2014, n.15260).
E stato anche affermato che “ la circostanza che la procedura pubblicistica di scelta del contraente avviata non sia ancora sfociata nell'aggiudicazione non vale, di per sé sola, ad escludere la configurabilità di una responsabilità precontrattuale in capo all'Amministrazione revocante, occorrendo invece all'uopo verificare in concreto la condotta da questa tenuta alla luce del parametro di diritto comune della correttezza nelle trattative (fermo restando, comunque, che il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell'affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale) ” (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831).
La giurisprudenza civile ha anche statuito la possibile configurazione di ipotesi di responsabilità precontrattuale “ in un'ottica di adeguamento della disciplina nazionale a quella europea e comunitaria, che subordina l'interesse della pubblica amministrazione, un tempo ritenuto preminente, all'interesse di un mercato concorrenziale, in cui il partecipante alla gara è titolare di una posizione soggettiva direttamente tutelata, avente ad oggetto il corretto adempimento della procedura, indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto e quindi prima e a prescindere dall’aggiudicazione ” (Cass. Civ., sez. I, 3 luglio 2014, n.15260, con cui è stata confermata la sentenza impugnata che statuiva il rimborso delle spese di progettazione per la partecipazione a una gara di appalto da cui la ricorrente era stata esclusa nella misura asseverata dal professionista creditore indipendentemente dalla produzione delle fatture, trattandosi di posta debitoria del bilancio della società originata dalla sua partecipazione alla gara e costituente, pertanto, un pregiudizio risarcibile, essendo il compenso pattuito secondo tariffe a percentuale sull’ammontare dei lavori. Nella fattispecie in questione, la società aveva acquisito il diritto ad essere riammessa alla gara ma non il diritto all'aggiudicazione, potendo esserle risarcito solo il danno da responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, che aveva tenuto un comportamento non improntato a correttezza e buona fede per aver messo in campo una procedura in contrasto con le norme di legge e con quelle del bando).
Secondo il principio generale più volte affermato in giurisprudenza, l’amministrazione deve informare il proprio operato alla correttezza e buona fede in modo da evitare di ingenerare nel contraente privato affidamenti ingiustificati e informarlo tempestivamente della eventuale esistenza di cause ostative rispetto alla concreta possibilità di positiva conclusione della trattativa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6;Cass., S.U., 12 maggio 2008, n. 11656). Tuttavia, mentre i danni da mancata aggiudicazione sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono nell’utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all’immagine commerciale della società, ingiustamente privata di una commessa pubblica, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati al solo interesse negativo, ravvisabile nel caso delle procedure ad evidenza pubblica nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative (cfr. fra le tante, Cons. Stato, sez. III, 2 aprile 2019, n. 2181). E’ stato evidenziato che “ Nel caso in cui venga affermata la sussistenza di una responsabilità precontrattuale, il risarcimento del danno va parametrato non già all’utile che il contraente avrebbe potuto ritrarre dall’esecuzione del rapporto, ma al cosiddetto interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (ossia le spese inutilmente sostenute per dare corso alle trattative), sia il lucro cessante (da intendersi come mancato guadagno rispetto a eventuali altre occasioni di contratto che la parte alleghi di avere perduto ” (cfr., fra le tante, Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2020, n. 25874). In tal caso, il pregiudizio è liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari (cfr. Cass. Civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24625).
Ciò precisato, con riferimento al caso in esame, non può ragionevolmente negarsi che nell’ambito delle spese sostenute per partecipare alla gara, suscettibili come tali di risarcimento, devono essere ricomprese – come del resto affermato dalla sentenza appellata – non solo quelle amministrative, ma anche quelle per la redazione del progetto definitivo, effettuata con la collaborazione tra il raggruppamento dei progettisti e l’ATI appellante, da cui è scaturita l’elaborazione di ben 135 elaborati presentati per la partecipazione alla gara, essendo certo l’ an dell’esborso a carico della concorrente per tale voce di costo.
In relazione al quantum del risarcimento, considerato il valore della progettazione definitiva presentata, pari ad euro 181.000,00 e che l’aggiudicataria ha offerto un ribasso pari al 12,74% (cfr. bando di gara, pag. 2, che quantifica le prestazioni di progettazione definitiva “a corpo” e le assoggetta al medesimo ribasso offerto per i lavori), deve essere corrisposta all’appellante, a titolo di danno emergente, la somma totale pari a 181.000 euro meno il 12,74% (181.000-23.059,4=157.940,6), dei quali 38.064,00 euro per la remunerazione dei progettisti esterni (peraltro già riconosciuti dalla sentenza appellata, insieme alle spese generali di euro 34.772,78). Invero, n on vi è ragione per escludere la spettanza dell’intera somma: come già visto, era la stessa legge di gara a fissare il valore del progetto (ininfluente al riguardo essendo la circostanza che lo stesso fosse soggetto al ribasso percentuale offerto), non è stato in alcun modo contestato che il progetto sia stato effettivamente redatto e di conseguenza non vi può essere alcun dubbio che l’attività lavorativa necessaria per la sua redazione sia stata effettivamente prestata. E’ pur vero che non vi è la prova certa che tutto il personale del raggruppamento aggiudicatario sia stato esclusivamente impiegato per tale attività, ma è altrettanto vero che nessuna contestazione neppure sotto tale profilo è stata avanzata dalle amministrazioni appellate. Deve quindi ammettersi che gli elementi di fatto sopra indicati sono tutti gravi, precisi e concordanti nel far ragionevolmente ritenere che il raggruppamento aggiudicatario abbia utilizzato effettivamente il proprio personale a disposizione per quell’attività.
Con le ulteriori censure l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza che, in considerazione del mancato allestimento di un cantiere e della mancata allegazione probatoria, non avrebbe riconosciuto il risarcimento con riferimento alle altre somme di cui le appellanti avevano chiesto il riconoscimento (cioè € 872.305,20 per le spese generali di azienda;€. 252,500, 00, per il personale addetto alla cantierizzazione;€ 249.000,00, per le immobilizzazioni di risorse, attrezzature e mezzi che sarebbero rimaste costantemente a disposizione delle amministrazioni resistenti per il rapido inizio delle opere;€. 969.227,70 a titolo di aggiudicazione di altre gare d’appalto, quantificata nel 10% dell’offerta economica avanzata in gara),
Deve rammentarsi che, come già evidenziato in precedenza, in tema di responsabilità precontrattuale i danni risarcibili sono parametrati al c.d. interesse negativo, comprensivo delle spese inutilmente sopportate per la partecipazione alla gara e nella perdita di occasione di guadagno alternative.
Ciò chiarito e precisato che le effettive spese di partecipazione risultano compiutamente riconosciute, nei limiti della prova raggiunta, dalla sentenza di primo grado e dall’accoglimento del primo motivo di appello come sopra indicato, le altre somme richieste a titolo di risarcimento del danno non solo non rientrano nel novero di quelle risarcibili a titolo di responsabilità precontrattuale, ma non risultano neppure adeguatamente provate.
Infatti, secondo i noti principi in tema di onere della prova ex art. 2967 c.c., che si applicano anche al giudizio amministrativo in tema di responsabilità precontrattuale, colui che chiede il risarcimento deve fornire la prova del fatto costitutivo della domanda di risarcimento.
Anche in tema di responsabilità precontrattuale colui che chiede il risarcimento deve fornire la prova del danno – conseguenza, che si concretizza nelle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate (Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5).
Né a tale scopo può supplire, nella specie, la perizia di parte versata in atti, in mancanza di riscontro probatorio, atteso che dalla stessa non può evincersi in alcun modo che le predette spese di cui si chiede il risarcimento siano state realmente effettuate, né, soprattutto, che lo siano state in relazione all’aggiudicazione della procedura concorsuale di specie (in tal senso Cons. Stato, sez. IV, n. 5128/2018).
Per completezza non può sottacersi che non possono in nessun caso rientrare nell’ambito dei danni risarcibili a titolo di responsabilità precontrattuale le somme sostenute per attività autonomamente poste in essere dall’aggiudicatario e che d’altra parte anche i danni da perdita di chances, come evidenziato, devono essere oggetto di apposita ed adeguata prova, il che è mancato nel caso in esame.
Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, le amministrazioni vanno condannate a risarcire all’appellante il danno da responsabilità precontrattuale nella somma spesa per la redazione del progetto definitivo, pari ad euro 181.000 meno il 12,74% (181.000-23.059,4=157.940,6), dei quali 38.064,00 euro per la remunerazione dei progettisti esterni, oltre a quanto già riconosciuto dal Tar per spese generali amministrative, il tutto con interessi e rivalutazione monetaria come per legge.
Le spese del presente grado di giudizio, in ragione del suo esito, possono essere compensate per metà e per l’altra metà sono liquidate come in dispositivo e poste a carico delle amministrazioni appellate in via solidale.