Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-30, n. 202305330

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-30, n. 202305330
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305330
Data del deposito : 30 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/05/2023

N. 05330/2023REG.PROV.COLL.

N. 07052/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7052 del 2022, proposto da
Autostrade per l'Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L T, G S, M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Consorzio Stabile Medil S.c.p.A., in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento con mandanti Consorzio Stabile S.A.C. S.c.a.r.l. e Valori S.c.a.r.l. Consorzio Stabile, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Abbamonte, Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili non costituito in giudizio;
Amplia Infrastructures S.p.A. già Pavimental S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L T, G S, M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M G in Roma, via Sebino n. 29;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 00804/2022, resa tra le parti.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Consorzio Stabile Medil S.C.P.A. il 7/10/2022: riforma della detta sentenza, nella parte in cui ha ritenuto il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di declaratoria di inefficacia del contratto.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio Stabile Medil S.c.p.A. e di Amplia Infrastructures S.p.A. già Pavimental S.P.A;

Visto l’appello incidentale del Consorzio Stabile Medil;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2023 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Torchia, Sabato, Gentile e Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha accolto il ricorso proposto dal Consorzio Stabile Medil s.c.p.a.

contro

Autostrade per l’Italia s.p.a. (ASPI) e nei confronti di Pavimental s.p.a. per l’annullamento del provvedimento ASPI/RM/2022/0004266/EU dell'11 marzo 2022 con cui ASPI ha disposto la revoca della procedura per l'appalto dei lavori di ampliamento della terza corsia tratto Firenze Sud –Incisa, Lotto 2B+1S, da progressiva km 306+986 a km 318+511 –

CIG

7416505589, al fine di affidarne in via diretta l'esecuzione a Pavimental, nonché per la declaratoria di nullità, invalidità e inefficacia del contratto con questa stipulato.

1.1. Il tribunale ha annullato la delibera di revoca impugnata ritenendo la stessa viziata per violazione di legge “ in quanto l’appalto che si è inteso affidare in via diretta a Pavimental doveva tuttora ritenersi rientrante fra quelli ad esternalizzazione necessaria in base [d]all’art. 1, comma 2, lettere c) e d), del codice dei contratti pubblici ”.

1.2. La revoca degli atti di gara è stata ritenuta illegittima anche sotto il distinto profilo del denunciato eccesso di potere, in quanto non giustificata da particolari ragioni di urgenza e di certezza dei tempi nella realizzazione dei lavori, né dall’<< adombrata sopraggiunta insostenibilità delle offerte di gara, in ragione di un aumento dei prezzi solo genericamente asserito >>.

1.3. Per l’effetto dell’accoglimento delle dette censure e del conseguente annullamento della delibera di revoca, è stato affermato l’<< obbligo della stazione appaltante di riammettere il ricorrente alla gara, di formalizzare l’aggiudicazione nei suoi confronti e di procedere al compimento degli atti conseguenti >>.

1.4. Il tribunale ha invece ritenuto insussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda del Consorzio Medil di declaratoria di inefficacia o nullità del contratto di appalto di lavori stipulato fra ASPI e Pavimental (oggi Amplia Infrastructures S.p.A.).

1.5. Le spese processuali sono state compensate per la novità delle questioni esaminate.

2. Autostrade per l’Italia ha proposto appello con sette motivi.

2.1. Il Consorzio Stabile Medil si è costituito per resistere all’appello ed ha proposto appello incidentale con un unico motivo. Ha inoltre riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., ulteriori profili di censura non esaminati dal primo giudice.

2.2. La società Amplia Infrastructures s.p.a. si è costituita in giudizio, prestando adesione all’appello principale e resistendo all’appello incidentale.

2.3. All’udienza del 23 febbraio 2023 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie di tutte le parti, nonché di memoria di replica di ASPI.

2.4. All’esito della camera di consiglio, è stato pubblicato, in data 27 febbraio 2023, il dispositivo della sentenza, su richiesta dei difensori del Consorzio Stabile Medil.

3. In fatto va premesso che:

- con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 14 aprile 2018 ASPI aveva indetto una procedura di gara ristretta per l’affidamento dei lavori sopra specificati, per importo a base d’asta di € 317.356.622,78;

- espletata la fase di prequalifica, erano stati invitati a presentare offerta, tra gli altri, il r.t.i. tra C.M.B. Società cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi come mandataria e Itinera s.p.a. quale mandante e il r.t.i. con Consorzio Stabile Medil s.c.p.a., quale mandataria, e Consorzio Stabile S.A.C. s.c. a r.l. e Consorzio Stabile Valori s.c.a r.l., quali mandanti;

- nella graduatoria conclusiva delle operazioni di gara il r.t.i. Medil era risultato primo graduato, ed era stato pertanto sottoposto a verifica di congruità ai sensi dell’art. 97, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- in corso di espletamento della verifica di anomalia, il 27 aprile 2020, il r.t.i. Medil aveva inviato ad ASPI una nota con la quale aveva rappresentato la “ possibilità di una mera riduzione della compagine del RTI ” per avere la mandante Consorzio Valori espresso la volontà di recedere dal raggruppamento ai sensi dell’art. 48, comma 19, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- verificata la congruità dell’offerta, la commissione giudicatrice aveva formulato proposta di aggiudicazione a favore del r.t.i. Medil, il quale, tuttavia, con provvedimento del 27 novembre 2020, era stato poi escluso dalla procedura di gara per la mancanza, in capo alla mandante Consorzio Valori, dei requisiti di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) e c-ter) del Codice - a causa di plurimi provvedimenti di esclusione e revoca dell’aggiudicazione adottati da ASPI nei confronti di quest’ultima in altre precedenti occasioni - e in ragione dell’insussistenza dei “ presupposti per accogliere la richiesta di modifica soggettiva del costituendo

RTI

Medil ai sensi dell’art 48, commi 19 e 19 ter del Codice, in quanto finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito della gara
”;

- tale provvedimento di esclusione era stato impugnato dal Consorzio Stabile Medil - unitamente al successivo provvedimento del 7 dicembre 2020 con il quale la procedura di gara era stata aggiudicata al secondo graduato, il r.t.i. C.M.B. - deducendo, fra l’altro, la violazione del combinato disposto del citato art. 48, commi 17, 18, 19, 19-bis e 19-ter, per avere la stazione appaltante ritenuto che la modifica soggettiva del raggruppamento per perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del codice dei contratti pubblici da parte del mandatario ovvero di uno dei mandanti, siccome verificatasi in sede di gara e non nella sola fase di esecuzione del contratto, comportasse l’esclusione del raggruppamento;

- il T.a.r. per la Toscana, con sentenza del 10 febbraio 2021, n.217, aveva accolto il ricorso del Consorzio Medil e rigettato ricorso incidentale di C.M.B. (diretto invece a contestare la valutazione del RUP sulla congruità dell’offerta di Medil);

- a seguito di appello proposto da C.M.B., con ordinanza del 14 maggio 2021, n. 2583 era accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività della detta sentenza;

- quindi con ordinanza 18 ottobre 2021 n. 6959, questa sezione V del Consiglio di Stato rimetteva all’Adunanza Plenaria la questione interpretativa dell’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- con sentenza n. 2 del 25 gennaio 2022, l’Adunanza plenaria riteneva consentita la modifica soggettiva anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del codice e restituiva gli atti alla sezione, la quale fissava udienza per la definizione del giudizio al 12 maggio 2022;

- nel frattempo interveniva il provvedimento di ASPI dell’11 marzo 2022 di revoca della procedura di gara in questione;

- l’ATI CMB rinunciava all’appello e con sentenza del 16 maggio 2022, n. 2834 era dichiarata l’estinzione del giudizio.

3.1. Per la comprensione dei motivi di appello vanno inoltre considerate le seguenti vicende:

- nelle more del giudizio di appello, la Corte Costituzionale, con sentenza 23 novembre 2021, n. 218, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 177, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e, in via consequenziale, dei commi 2 e 3 dello stesso articolo;

- con nota del 21 dicembre 2021 ASPI ha richiesto al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS), ente concedente, la possibilità di rivalutare la richiesta di affidamento diretto dell’appalto alla propria società controllata Pavimental “ al fine di poter dare immediatamente corso ai lavori ” ed il Ministero ha riscontrato la richiesta con nota del 24 dicembre 2021;

- con nota del 20 gennaio 2022 ASPI ha comunicato l’avvio del procedimento di revoca di tutti gli atti della procedura, ivi incluso il provvedimento di aggiudicazione, e ha poi adottato il relativo provvedimento con nota prot. n. 4257 dell’11 marzo 2022.

4. I primi quattro motivi dell’appello principale vanno trattati congiuntamente perché tutti relativi al vizio di violazione di legge, denunciato dal Consorzio ricorrente e affermato dal tribunale, in relazione alla prima delle ragioni poste a fondamento della revoca, vale a dire la sopravvenienza della sentenza della Corte Costituzionale n. 218/21 ed il conseguente venir meno delle “ presunte preclusioni di legge alla esecuzione dei lavori in questione da parte di ASPI per il tramite della propria collegata Pavimental, che avevano suggerito l’indizione della procedura di gara oggetto dell’odierna revoca ” (come da provvedimento impugnato).

4.1. Col primo motivo si censura la sentenza, laddove ha ritenuto tuttora vigenti in capo al concessionario autostradale gli obblighi di affidamento esterno mediante procedura di gara, quantomeno con riferimento ai lavori finalizzati alla realizzazione di un’opera pubblica destinata a restare nella titolarità del demanio, nonostante la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 177 del d.lgs. n. 50 del 2016 di cui alla sentenza della Corte Costituzionale 23 novembre 2021, n. 218. Ciò, in primo luogo, come si legge in sentenza, per l’esigenza “ avvertita dal legislatore e dall’interprete (tanto più ora che si è in presenza di un vuoto normativo), di recuperare a valle la competitività nel mercato che è mancata a monte, come condivisibilmente sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere n. 823 del 2020 ampiamente citato dal ricorrente ”.

4.1.1. L’appellante osserva che il giudice di primo grado non solo ha deciso di non tenere in alcun conto la sentenza della Corte Costituzionale, ma ha individuato “un vuoto normativo” che ad avviso di ASPI – oltre ad essere inesistente – sarebbe stato “autonomamente” riempito dal giudice, estendendo il sindacato giurisdizionale ben oltre i suoi limiti ed affermando senza alcuna base normativa un obbligo generalizzato per i concessionari di ricorrere agli affidamenti esterni, così introducendo dei limiti alla libertà di affidamento più rigorosi di quelli - incostituzionali - già contenuti nell’art. 177.

4.1.2. Secondo l’appellante, inoltre, il parere del Consiglio di Stato n. 1582/2018 sarebbe stato erroneamente interpretato ed applicato, travisandone il senso e gli effetti, senza considerare che l’art. 177 del d.lgs. n. 50 del 2016 è venuto meno per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale.

4.2. Col secondo motivo si censura la sentenza, laddove ha rinvenuto il fondamento normativo dell’obbligo del concessionario autostradale di affidare gli appalti di lavori mediante procedura ad evidenza pubblica nell’art. 1, comma 2, lettere c) e d) del codice dei contratti pubblici.

4.2.1. L’appellante obietta che il richiamo di tali disposizioni sarebbe errato ed inconferente, perché, tenuto conto della sopravvenuta abrogazione dell’art. 177 dello stesso codice, l’art. 1 dovrebbe essere letto unitamente all’art. 164, che ai commi 4 e 5 distingue i concessionari che “sono amministrazioni aggiudicatrici” da quelli che non lo sono. Pertanto, i concessionari di lavori pubblici, che, come ASPI, non sono amministrazioni aggiudicatrici, relativamente alla parte II del codice - ovverosia quella che disciplina le procedure di affidamento - sarebbero tenuti ad applicare le sole previsioni su “ subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza ”, che nel caso di specie sono state rispettate nei rapporti tra ASPI e Pavimental.

Nel concludere l’illustrazione del motivo, l’appellante osserva che, malgrado le stesse considerazioni fossero state svolte in primo grado, la sentenza non ne ha tenuto conto, poiché nulla ha detto in merito all’art. 164 del codice dei contratti pubblici.

4.3. Col terzo motivo si censura la sentenza, laddove, dopo aver sancito la sussistenza di un generale obbligo di esternalizzazione a carico di ASPI, ha stabilito che tale obbligo non può ritenersi soddisfatto:

- né mediante il ricorso al subappalto di cui agli artt. 174 e 105 del codice dei contratti pubblici, essendo riferito l’art. 174 ai soli concessionari scelti con gara;

- né per mezzo dell’affidamento diretto ad impresa collegata, poiché la deroga corrispondente agli obblighi dell’evidenza pubblica è prevista dall’art. 7 del codice dei contratti soltanto per i concessionari operanti nei settori speciali.

4.3.1. Quanto alla prima statuizione, ASPI precisa che non aveva inteso collocare l’affidamento diretto dei lavori a Pavimental nell’ambito del subappalto, bensì rimarcare che quest’ultima società non è soggetto terzo rispetto ad ASPI, che la controlla in misura quasi totalitaria. A questo fine soltanto sarebbe stata richiamata la norma dell’art. 174, comma 2, quale disposizione che, seppure contenuta nell’articolo disciplinante il subappalto del concessionario, avrebbe un’applicazione generale per tutti gli affidamenti posti in essere dal medesimo.

4.3.2. Di qui l’erroneità della sentenza anche relativamente all’art. 7, che, ad avviso di ASPI, nel legittimare l’affidamento ad “impresa collegata” al concessionario, costituirebbe l’applicazione di un principio generale, cristallizzato peraltro anche nell’art. 5 del d.lgs. n. 50 del 2016. La conseguenza sarebbe che la facoltà di affidamento infragruppo non potrebbe essere considerata esistente ad uso esclusivo dei soggetti operanti nei settori speciali, come affermato dal giudice di prime cure, ma sarebbe estesa ai settori ordinari mediante la lettura combinata dei primi due commi dell’art. 7, secondo quanto illustrato nell’atto di appello.

4.4. Col quarto motivo si censura la sentenza, laddove afferma che il provvedimento di revoca della gara non sarebbe stato rispettoso dei principi concorrenziali perché Pavimental “ è un operatore economico che agisce liberamente sul mercato, in posizione di terzietà rispetto ad ASPI e in concorrenza con il Consorzio Medil odierno ricorrente ”.

4.4.1. L’appellante osserva che la gara nella presente vicenda era stata bandita soltanto perché era stato raggiunto il limite di legge per operare tramite affidamenti infragruppo ai sensi del previgente art. 177 del d.lgs. n. 50 del 2016. Con la conseguenza che, una volta rimosso il limite da parte della Corte Costituzionale, è stato possibile per ASPI rivedere legittimamente la propria scelta ed attuare l’intendimento iniziale di eseguire i lavori attraverso la propria controllata.

5. Unitamente ai motivi di appello - essendo questi fondati per le ragioni e nei limiti di cui si dirà - vanno esaminati tre dei motivi riproposti dal Consorzio Medil ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., perché riguardanti le medesime questioni oggetto delle censure illustrate.

5.1. Col primo motivo si sostiene che l’incidente di costituzionalità deciso con la sentenza n.218/2021 avrebbe riguardato la disciplina relativa ai concessionari diversi da quelli autostradali, in quanto soltanto nei confronti di questi ultimi sarebbe stata sollevata la questione di illegittimità costituzionale e la Corte Costituzionale si sarebbe pronunciata soltanto con riferimento alla disciplina che individuava nella misura dell’80% l’obbligo di esternalizzazione (mentre per i concessionari autostradali è del 60%), senza quindi considerare l’ultimo periodo del comma 1 aggiunto dall’art. 1, comma 568 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

5.2. Col secondo motivo si sostiene che, anche a voler ritenere travolto dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale l’intero comma 1 dell’articolo 177 del d.lgs. n. 50 del 2016, si dovrebbe applicare la precedente disciplina vincolistica dell’art. 253, comma 25, del d.lgs. n. 163 del 2006. Infatti, ad avviso della difesa del Consorzio, sussisterebbero tutti gli elementi per ritenere integrata la fattispecie di reviviscenza o effetto ripristinatorio conseguente alla pronuncia di incostituzionalità di una norma recante la disciplina sostitutiva e quindi abrogativa della disciplina precedente, come da precedenti della Corte Costituzionale richiamati in memoria (Corte Cost. n. 162/12 e n. 94/14). Per le ragioni in tale memoria illustrate sarebbe stata ripristinata la disposizione che obbligava i concessionari autostradali ad affidare all’esterno almeno il 60% dei lavori. Inoltre, sarebbe tuttora in vigore l’art. 11, comma 5, lett. c), della legge n. 498 del 1992, come modificato dal d.l. n. 207 del 2008, convertito dalla legge n. 14 del 2009, recante rinvio all’obbligo di esternalizzazione dei lavori previsto per i concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici dagli artt. 142, co. 4 e 253, co. 25 del d.lgs. n. 163 del 2006.

5.3. Con un ulteriore motivo, illustrato come quarto di quelli riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., il Consorzio aggiunge che non risulta né allegata né comprovata da ASPI la sussistenza delle condizioni di legge perché possa procedersi ad affidamento ad impresa collegata ex art. 7 del codice dei contratti, non solo perché la norma si riferisce ai soli concessionari operanti nei settori speciali, ma anche in ragione della circostanza che l’impresa collegata (Pavimental) opera regolarmente nel mercato (come dimostrato dalle procedure di affidamento esposte nella memoria difensiva).

6. I motivi dell’appello principale sono meritevoli di accoglimento, mentre vanno respinti i motivi riproposti ex art. 101, comma 2, c.p.a., per le ragioni e nei limiti che di seguito si espongono.

6.1. Contrariamente a quanto si assume con i motivi riproposti, è da ritenere che:

- la sentenza della Corte Costituzionale n. 218/2021 riguarda anche i concessionari autostradali;

- la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177 del d.lgs. n. 50 del 2016 non ha comportato alcun effetto ripristinatorio della disciplina di cui al d.lgs. n. 163 del 2006 e, quindi, delle norme di legge previgenti che vi facevano rinvio.

6.1.1. Come riconosciuto dallo stesso Consorzio - che è costretto a sostenere un errore materiale della Corte Costituzionale nel formulare il dispositivo – questo (<< 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera iii), della legge 28 gennaio 2016, n. 11(Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) e dell'art. 177, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici);
2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 177, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016).
>>) è letteralmente nel senso inequivocabile della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’intera disposizione.

Sebbene il dato sia sufficiente ad affermare l’effetto dichiarativo dell’illegittimità costituzionale sia dell’art. 1, comma 1, lett. iii) della legge delega che dell’intero art. 177 del codice dei contratti pubblici, l’assunto del Consorzio è resistito altresì dalle ragioni indicate dalla Corte a sostegno della decisione. Esse, infatti, riguardano elementi e criteri di giudizio applicabili ad ogni tipologia di concessione, non correlati affatto alla distribuzione tra affidamenti esterni e infragruppo nella misura dell’80%-20%, ma del tutto coerenti anche con le diverse quote di riparto del 60%-40%, avendo la Corte ritenuto:

- l’irragionevolezza dell’obbligo censurato, per le dimensioni del suo oggetto (in quanto “ la parte più grande delle attività concesse deve essere appaltata a terzi e la modesta percentuale restante non può comunque essere compiuta direttamente ”) e per la sua mancata differenziazione o graduazione in ragione di elementi rilevanti per l'apprezzamento dello stesso interesse della concorrenza (“[…] quali fra gli altri le dimensioni della concessione - apparendo a tale fine di scarso rilievo la prevista soglia di applicazione alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro, normalmente superata dalla quasi totalità delle concessioni -, le dimensioni e i caratteri del soggetto concessionario, l'epoca di assegnazione della concessione, la sua durata, il suo oggetto e il suo valore economico ”);
ed, ancora, per la totale omissione della considerazione dell’interesse dei concessionari (“ che, per quanto possano godere tuttora di una posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un'attività di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente ”);

- la sproporzione dell'introduzione di “ un obbligo radicale e generalizzato di esternalizzazione, come quello disposto nella normativa censurata ”, nello scrutinio del bilanciamento operato fra diritti di pari rilievo, atteso che “ per quanto la misura prevista possa in astratto apparire idonea rispetto al fine di ripristinare condizioni di piena concorrenza, non si può certo dire che con essa il legislatore abbia dato la preferenza al "mezzo più mite" fra quelli idonei a raggiungere lo scopo, scegliendo, fra i vari strumenti a disposizione, quello che determina il sacrificio minore (sentenze n. 202 del 2021, n. 119 del 2020 e n. 179 del 2019). ”.

Si tratta di argomenti che non solo non contengono alcuna distinzione esplicita tra affidamenti dei concessionari autostradali e affidamenti degli altri concessionari, ma che, anche dal punto di vista logico-giuridico, ben possono riguardare anche la situazione dei primi. Per contro, i rilievi del Consorzio, sviluppati in particolare nella memoria conclusiva, sulla ( n.d.r. : normale ma non necessaria) mancanza di qualificazione per i lavori in capo alle imprese di gestione delle infrastrutture autostradali (che non consentirebbe loro di realizzare direttamente i lavori dovendo rivolgersi a terzi per i relativi affidamenti), non evidenziano un aspetto incompatibile con le ragioni dell’illegittimità costituzionale della norma fondate sulla libertà di iniziativa economica. Va infatti considerato che nella sentenza si sottolinea che “ uno degli aspetti caratterizzanti della libertà di iniziativa economica è costituito dalla possibilità di scelta spettante all'imprenditore: scelta dell'attività da svolgere, delle modalità di reperimento dei capitali, delle forme di organizzazione della stessa attività, dei sistemi di gestione di quest'ultima e delle tipologie di corrispettivo ” (che è propria anche del concessionario autostradale). Muovendosi nella prospettiva evidenziata dalla Corte dell’illegittimità costituzionale di interventi del legislatore determinanti “ un radicale svuotamento ” della libertà d’impresa (“ come avverrebbe nel caso di un completo sacrificio della facoltà dell'imprenditore di compiere le scelte organizzative che costituiscono tipico oggetto della stessa attività d'impresa ”) i rilievi di irragionevolezza e di sproporzione dell’obbligo censurato sopra sintetizzati non possono che riguardare anche le imprese titolari di concessioni autostradali, così come coinvolgono queste ultime le conclusioni raggiunte dalla Corte.

Di qui la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 177, comma 1, e, in via consequenziale, commi 2 e 3, del Codice per violazione degli artt. 3, comma 1, e 41, comma 1, della Costituzione, senza alcuna specificazione o limitazione soggettiva.

D’altronde, come sottolinea la difesa di ASPI, l’interesse dei concessionari autostradali al giudizio di legittimità costituzionale aveva trovato positivo riscontro nell’intervento di AISCAT – Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori. Questo è stato dichiarato inammissibile soltanto per ragioni processuali, in quanto proveniente da soggetto estraneo al giudizio a quo .

6.1.2. Parimenti infondato è il motivo, a valenza subordinata, col quale si sostiene la “reviviscenza” della disciplina previgente, in conseguenza dell’efficacia retroattiva della dichiarazione di illegittimità costituzionale.

L’assunto è smentito dall’abrogazione dell’intero d.lgs. n. 163 del 2006 disposta dall’art. 217, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 50 del 2016.

L’argomento difensivo del Consorzio secondo cui tale ultimo articolo “ sarebbe meramente ricognitivo della sostituzione con aggravamento del vincolo che l’art. 177 del nuovo Codice recava […] ” è smentita dalla portata generale della disposizione che ha per intero abrogato il codice dei contratti previgente, fermo quanto previsto dalla disposizione transitoria dell’art. 216.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177 del codice dei contratti non può quindi fare “rivivere” l’art. 253, comma 25, del d.lgs. n. 163 del 2006 poiché si tratta di una norma abrogata da altra tuttora in vigore, non interessata dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale.

In conseguenza di quanto sin qui esposto risulta infondato anche l’assunto conclusivo del Consorzio secondo cui sarebbe tuttora in vigore l’art. 11, comma 5, lett. c), della legge n. 498/92, come modificato dal decreto legge n. 207 del 2008, convertito dalla legge n. 14 del 2009 (secondo cui << Le società concessionarie autostradali sono soggette ai seguenti obblighi: … c) provvedere, nel caso di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, agli affidamenti a terzi di lavori nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 142, comma 4, e 253, comma 25, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 >>).

Esso rinviava, per le concessioni autostradali già affidate senza gara, alla disciplina dell’art. 253, comma 25, del d.lgs. n. 163 del 2006, che come detto è norma definitivamente abrogata, di modo che la sua abrogazione comporta la stessa sorte per la norma rinviante.

Invero è da escludere che si trattasse -come sostiene la difesa del Consorzio - di rinvio c.d. statico, essendo palesemente un rinvio c.d. dinamico, tenuto conto della ratio della disposizione di estendere alle società concessionarie autostradali la disciplina dettata in via generale dal d.lgs. n. 163 del 2006 per gli affidamenti a terzi da parte dei concessionari di lavori pubblici che non fossero amministrazioni aggiudicatrici, sia a regime (art. 142) che per le concessioni affidate prima dell’entrata in vigore del codice dei contratti (art. 253, comma 25). Soltanto un rinvio c.d. dinamico o non recettizio avrebbe potuto consentire, come di fatto ha consentito, di mantenere la coincidenza nel tempo tra le discipline che si intendevano parificare, permettendo alla disciplina sulle concessioni autostradali di raccordarsi via via con il contesto normativo di riferimento (che, infatti, nel corso del tempo ha subito numerose modifiche, che hanno determinato il contemporaneo aggiornamento della disciplina delle concessioni autostradali).

Siffatta conclusione trova conferma piuttosto che smentita nelle sentenze della Corte di Cassazione a S.U., 11 luglio 2019, n. 18674 e 18675, citate negli scritti di entrambe le parti, ma la cui portata è quella, sottolineata da ASPI, di avere affermato che, dopo l’entrata in vigore dell’art. 177 del d.lgs. n. 50 del 2016, soltanto quest’ultima avrebbe potuto essere considerata “ norma di applicazione generale ” ai titolari delle concessioni ivi considerate.

6.2. In ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177, la disciplina applicabile agli affidamenti dei lavori da parte dei concessionari autostradali titolari di concessioni affidate senza gara è da rinvenire o nelle restanti disposizioni del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod. (al quale si riferiscono perciò gli articoli di seguito menzionati) ovvero soltanto nelle convenzioni stipulate con il Ministero concedente (ciò che addirittura dovrebbe portare ad escludere in radice anche l’applicabilità dell’art. 1, comma 2, lett. c e d, norme su cui si basano invece gran parte dei motivi del ricorso introduttivo e la sentenza gravata).

L’opzione nell’un senso o nell’altro dipende dall’interpretazione del combinato disposto dell’art. 216, comma 1 (“ Fatto salvo quanto previsto nel presente articolo ovvero nelle singole disposizioni di cui al presente codice, lo stesso si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore […] ) e del detto art. 1, comma 2, lett. c) e d), a seconda cioè che si interpreti quest’ultima disposizione come ricompresa o meno nell’inciso iniziale della norma transitoria. La considerazione della questione nella prospettiva degli affidamenti da porre in essere da parte del concessionario, come successivi alla data di entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, induce a preferire l’applicazione delle norme di quest’ultimo.

6.2.1. L’approfondimento della questione non è tuttavia determinante ai fini della decisione del presente gravame, considerato il tenore dell’art. 33 della convenzione di concessione del 12 ottobre 2007, che per gli affidamenti a terzi riconosce come applicabile “ la normativa vigente al momento dell’affidamento ”.

In tale senso d’altronde la convenzione è stata interpretata dal Ministero concedente nelle interlocuzioni con ASPI delle quali si dirà nel prosieguo.

6.3. Allora è rilevante - ma non nel senso ritenuto nella sentenza gravata – la previsione dell’art. 1, comma 2, lett. c) e d), per la quale le disposizioni del codice si applicano “ all’aggiudicazione dei seguenti contratti: […] c) lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici;
d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice
”.

Essa delinea l’oggetto e l’ambito di applicazione del codice ai contratti ivi precisati, ma non ne fissa la disciplina, per individuare la quale occorre, appunto, verificare quali siano le “ disposizioni del presente codice ” che a tali contratti si riferiscono. Si tratta di un’interpretazione obbligata sul piano logico e sistematico considerato che non tutte le disposizioni del codice si potrebbero applicare a tutti i contratti elencati nelle lettere da a) ad e) del comma 2 in argomento.

6.3.1. Dovendo perciò essere individuate le disposizioni del codice specificamente applicabili ai concessionari di lavori e di servizi, l’esame non può che avere ad oggetto la parte III, riguardante appunto i “contratti di concessione”.

Nell’ordine, vanno esaminati i principi generali di cui al Capo I, quindi l’art. 164, comma 5, che è disposizione da ritenersi applicabile poiché riferita ai “ concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici ” (come ASPI) per il caso in cui non provvedano direttamente all’esecuzione dei lavori ma debbano procedere all’affidamento a terzi.

In tale eventualità la disposizione limita l’applicazione delle disposizioni del codice - in ciò dando specificazione a quanto enunciato in via di principio dall’art. 1, comma 2, lett. c) e d) - a quelle contenute nella “ presente Parte ”, nonché alle “ disposizioni di cui alle parti I e II in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, non derogate espressamente dalla presente parte ”.

6.3.2. Si comprende perciò la ragione per la quale nella parte III è stato inserito l’art. 177 destinato a regolare gli “ affidamenti dei concessionari ” nei confronti di una determinata tipologia di concessionari per i quali, nell’impianto originario del codice, si voleva dettare una disciplina in deroga rispetto a quella applicabile in generale.

Per la tipologia ivi considerata (quella dei titolari di concessioni “ già in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea ”) la disposizione, imponendo l’esternalizzazione dei lavori (oltre che dei servizi e delle forniture) e “ la procedura ad evidenza pubblica ”, nei limiti delle quote indicate, anche quando concessionario non era un’amministrazione aggiudicatrice, operava evidentemente in deroga alla previsione dell’art. 164, comma 5.

Quest’ultimo articolo, infatti, nel rinviare alle parti I e II del codice, non richiama per i concessionari non amministrazioni aggiudicatrici la materia delle procedure di affidamento (regolata in particolare nel titolo III della parte II), fatta salva appunto la deroga espressa contenuta nella stessa parte III.

O, una volta venuta meno la deroga dell’art. 177, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale, non si è determinato il “vuoto normativo” di cui si dice nella sentenza gravata, ma si è venuta ad uniformare la disciplina degli affidamenti di lavori da parte dei concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, senza distinguere fra titolari di concessioni affidate a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica e titolari di concessioni non affidate con tale modalità.

6.4. L’interpretazione esposta non trova smentita nel parere del Consiglio di Stato n. 823 del 28 aprile 2020, citato in sentenza e negli scritti di parte appellata.

Si tratta di parere richiesto dal Ministero dell’economia e delle finanze, “ ai sensi dell'articolo 17, comma 25, lettera c), della legge 15 maggio 1997, n. 127 ”, sullo schema di contratto standard per l'affidamento della progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della pubblica amministrazione da realizzare in partenariato pubblico-privato, con annessa “Guida alla redazione”.

Come precisato dallo stesso Ministero richiedente “ In coerenza con le indicazioni di cui agli articoli 71 e 213, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, lo schema di contratto, non potendosi configurare alla stregua di un bando-tipo, non ha carattere vincolante ma rappresenta uno strumento di indirizzo per le pubbliche amministrazioni ai fini di una corretta configurazione dei contratti di partenariato pubblico privato, in termini sia di allocazione dei rischi sia di contabilizzazione dell'operazione ”.

In detto contesto – non assimilabile a quello oggetto del presente giudizio, in quanto il parere risulta destinato a delibare le clausole da inserire nei contratti, quindi a valutare la coerenza di tali clausole con le norme di legge applicabili al partenariato pubblico-privato ed anche alle concessioni, così come vigenti alla data della sua emissione – vi è effettivamente una parte (§ 5 e suoi sotto-paragrafi) che riguarda questione affine a quella in esame, ivi posta dal Ministero, e così riassunta nel parere: “ La prima questione posta dal Ministero riguarda l’esecuzione dei lavori e la gestione dei servizi da parte dei soggetti terzi e si articola in due quesiti: quando i soggetti terzi siano da qualificare come appaltatori rispetto al concessionario e quando, invece, debbano considerarsi subappaltatori e se il concessionario sia obbligato ad affidare agli appaltatori eventuali lavori oggetto del contratto attraverso procedure selettive concorsuali o se invece possa sceglierli con procedure semplificate, fermo il rispetto degli obblighi generali di trasparenza. ”.

Il parere espone i dubbi interpretativi sollevati dal Ministero in merito all’interpretazione degli articoli 1, comma 2, lett. c) e 164, comma 4 e 5 (§5.1 e 5.1.1) e, dopo aver dato atto di un’interpretazione dottrinale - che dichiara di non condividere - sull’applicazione dell’art. 164 alle sole concessioni assegnate senza gara (punto 5.1.5), ricostruisce la disciplina all’epoca vigente in termini pressoché conformi a quanto sopra esposto, di modo che il parere finisce per corroborare piuttosto che smentire l’interpretazione sostenuta da ASPI, sopra condivisa.

Invero, al punto 5.1.6, si premette di dover distinguere “diverse ipotesi”. La prima - coincidente con quella di specie - è la seguente: “ Con riferimento alle concessioni già in essere, ed aggiudicate in precedenza senza gara, occorre prevedere l’obbligo di indire regolare procedura di evidenza pubblica per la scelta degli appaltatori. Solo in questo modo, infatti, concessioni già in essere si garantirà la concorrenza. Tali regole, oltre ad essere coerenti con l’articolo 1, comma 2, lett. c), Codice, si spiegano alla luce del fatto che, ogni qual volta sia mancata la gara a monte per la scelta del concessionario, è necessario garantire la concorrenza a valle, prevedendo delle gare pubbliche, per la scelta degli appaltatori. ”. Il parere prosegue richiamando il disposto dell’art. 164, comma 4, in punto di necessario rispetto delle procedure ad evidenza pubblica per i concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici e conclude, sul punto, come segue: “ Ciò rende coerenti, come detto, l’articolo 1, comma 2, lett. c), l’art. 164, comma 4, e l’art. 177, Codice. Proprio tale ultima norma, infatti, con le sue disposizioni di dettaglio, è la conferma della necessità di imporre regole concorrenziali, seppure a valle, in una certa misura, quando sono mancate le gare a monte. ”. Nel prosieguo esamina la fattispecie dei concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, ma relativamente alla sola ipotesi della loro avvenuta selezione mediante gara (coerentemente d’altronde con quanto affermato poco prima sulla ricomprensione di tutti i concessionari scelti senza gara nella previsione derogatoria dell’art. 177) per i quali afferma che “ per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all'osservanza delle disposizioni contenute agli artt. 164-178 (parte III del Codice) nonché delle disposizioni di cui alle parti I e II del codice in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, purché non derogate dalla parte III. ”.

L’impostazione del parere è evidentemente fondata sulla vigenza, all’epoca, dell’art. 177, sicché, venuta meno tale disposizione, non può che residuare, anche per i concessionari non amministrazioni aggiudicatrici scelti senza gara la disciplina appena detta individuata nello stesso parere per quelli selezionati mediante gara.

Né si può diversamente argomentare per il richiamo che il parere fa dell’art. 1, comma 2, lett. c) del codice, atteso che non è richiamato affatto come norma contenente apposita disciplina applicabile alla fattispecie de qua , ma piuttosto come norma con la quale, all’epoca, appariva “coerente” lo schema di contratto proposto per il parere, in quanto, adeguandosi alle norme del codice, all’epoca vigenti, avrebbe regolato il rapporto tra concedente e concessionario senza entrare in contrasto con le previsioni applicabili.

Nello stesso senso, d’altronde, è il precedente parere n. 1582/2018 del 20 giugno 2018, citato nell’atto di appello. Questo era stato emesso su richiesta dell’ANAC sulle Linee guida predisposte dall’Autorità in attuazione dell’art. 177. Si tratta delle Linee Guida Anac n. 11 - impugnate in sede giurisdizionale dall’AISCAT e oggetto del ricorso in appello iscritto al n.r.g. 6978/2019, sospeso con ordinanza 21 dicembre 2020, n. 8172, per la pendenza del giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale, e definito con decreto di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del 14 marzo 2023, n. 289 - che sono state, a loro volta, travolte dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 218/2021, che le ha private di fondamento giuridico legittimante l’adozione e la persistenza (cfr., per tale effetto, Cons. Stato, V, 25 marzo 2022 n. 2221 e 28 marzo 2022, n. 2276).

6.5. In definitiva, dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177, gli affidamenti di lavori a terzi da parte di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, compresi i concessionari autostradali, anche se titolari di concessioni affidate senza gara, rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 164, comma 5, nonché delle altre norme della stessa parte III del codice e delle parti I e II ivi richiamate.

Pertanto, sebbene sia da escludere l’obbligo del ricorso alle procedure di scelta del contraente disciplinate nella parte II, s’impone il rispetto dei principi di trasparenza di cui all’art. 29.

6.5.1. Tale approdo interpretativo non è smentito dalle sentenze del giudice amministrativo e civile menzionate nella memoria del Consorzio appellato, atteso che il richiamo dell’art. 1, comma 2, lett. c) e d) è sempre accompagnato da quello dell’art. 164, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016. Pertanto l’affermazione che il concessionario privato è tenuto al rispetto della normativa pubblicistica ogniqualvolta debba affidare a terzi l’esecuzione di opere pubbliche (sia nel contesto argomentativo della sentenza di questa Sezione V, 7 marzo 2022, n. 1621 che in quello della sentenza della Corte di Cassazione, S.U., 11 marzo 2020, n. 7005, peraltro precedente la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177) si raccorda al richiamo della norma “di dettaglio” contenuta nella parte III del Codice.

6.5.2. Dato quanto sopra, giova precisare che nel presente giudizio non risultano sussistere i presupposti per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea –cui si accenna negli scritti difensivi del Consorzio, senza peraltro mai compiutamente argomentare in merito ai profili di asserita incompatibilità con norme comunitarie applicabili ovvero in merito all’assenza delle clausole di esonero dell’obbligo di cui all’art. 267 TFUE (per le quali cfr. CGUE, 6 ottobre 2021, in causa C-561/19).

Invero, l’art. 177 non è norma resa necessaria dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione. La direttiva, innovando la disciplina della materia, non prevede infatti un obbligo di esternalizzazione per i concessionari (cfr. in tal senso anche Corte Cost., n. 218/21), pur nell’ambito delle previsioni che rendono obbligatoria l’evidenza pubblica per la scelta del concessionario.

Piuttosto, il possibile contrasto con i principi che permeano il diritto dell’Unione potrebbe essere rinvenuto nelle previsioni che consentono l’attuale vigenza dei rapporti concessori intrapresi a seguito di affidamento senza gara, ma si tratta di impianto normativo che non rientra nel thema decidendum , di modo che manca la rilevanza (ovvero la pertinenza, secondo la terminologia della Corte di Giustizia) della questione corrispondente.

6.6. Passando a trattare del caso di specie, va sottolineato che risultano rispettati da ASPI gli obblighi di trasparenza imposti dalla normativa applicabile.

Rispettosa, invero, di tali obblighi è la scelta di affidare i lavori alla propria controllata Pavimental.

Contrariamente a quanto affermato in sentenza (e censurato col quarto motivo di appello), la circostanza che quest’ultima società sia “ operatore economico che agisce liberamente sul mercato ” non inficia la scelta di ASPI, né per l’asserito mancato rispetto dei principi concorrenziali né per violazione del principio di trasparenza.

Infatti, la “ posizione di terzietà ” di Pavimental rispetto ad ASPI - pure stigmatizzata in sentenza - dovuta alla diversità soggettiva tra le due società non priva di rilevanza il dato oggettivo della situazione di controllo della seconda sulla prima nella misura quasi totalitaria del 99,40% del capitale sociale, per la quale Pavimental rientra nel novero delle “imprese collegate” di cui all’art. 3, comma 1, lett. z), del d.lgs. n. 50 del 2016.

La situazione di controllo non è affatto neutra rispetto alla scelta rimessa al concessionario di selezionare (senza obbligo di gara) gli appaltatori cui affidare i lavori pubblici oggetto di concessione od a questa strumentali.

Sotto tale profilo è condivisibile il rilievo di ASPI che fa leva sul testo dell’art. 174, comma 2 (secondo cui “ Non si considerano come terzi le imprese che si sono raggruppate o consorziate per ottenere la concessione, né le imprese ad esse collegate […]”).

La disposizione, come sottolineato dall’appellante, esprime - in coerenza d’altronde con quanto era previsto dall’art. 177, comma 1, secondo periodo – la preferenza dell’ordinamento per un rapporto diretto tra il concessionario e le imprese ad esso collegate.

A quanto sopra si aggiunga che anche la convenzione unica che regola la concessione di ASPI prevede all’art. 34 una disciplina differenziata per gli affidamenti dei lavori alle società collegate, pur “ nel rispetto della normativa vigente ”.

6.6.1. Nel presente giudizio non è poi nemmeno rilevante accertare se alle imprese collegate si applichi l’art. 164, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod. laddove si riferisce agli appalti di lavori affidati “a terzi”. Infatti, non ha formato oggetto di contestazione da parte del Consorzio Medil il rispetto delle disposizioni ivi richiamate nel contratto sottoscritto con Pavimental (oggi Amplia).

6.7. Accolti pertanto i motivi primo, secondo e quarto di appello e respinti i primi due motivi riproposti ex art. 101, comma 2, risulta assorbito il terzo motivo di appello concernente l’interpretazione e l’applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 50 del 2016 e quindi carente di interesse il quarto dei motivi riproposti dal Consorzio.

Peraltro, l’art. 7 non è disposizione rilevante ai fini della decisione. Come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata, esso si applica soltanto agli appalti ed alle concessioni nei settori speciali (cfr. anche Cons. Stato, parere n. 1582/2018), dovendo ritenersi il necessario collegamento tra i primi due comma, nel senso che il secondo fissa le condizioni per l’applicazione del primo, che lo anticipa, in riferimento appunto ai settori speciali.

6.8. In conclusione, è da ritenere che la sentenza della Corte Costituzionale 23 novembre 2021, n. 218 abbia rimosso il limite dell’art. 177, rendendo possibile ad ASPI l’affidamento dei lavori alla propria società collegata.

7. Il mutamento di disciplina normativa, oltre ad avere rimosso il divieto di legge, ha determinato la sopravvenienza di una giusta ragione di revoca della procedura di gara ad evidenza pubblica, alla stregua della giurisprudenza che, anche quando si tratta dell’esercizio di poteri di autotutela da parte della pubblica amministrazione (cui ASPI è estranea, ma alla quale può essere equiparata avendo agito come “amministrazione aggiudicatrice” nell’indire la procedura di gara de qua ), interpreta in tale senso la condizione legittimante del “ mutamento della situazione di fatto ” di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, V, 30 novembre 2021, n. 7988 ed altre ivi richiamate);
con la precisazione che “ in conseguenza del nuovo assetto normativo non sia più possibile conservare gli effetti del provvedimento ovvero anche perché non sia più conveniente o opportuna la decisione assunta ”, consentendosi dunque la rivalutazione dell’interesse pubblico originario (Cons. Stato, V, 1 marzo 2021, n. 1700).

Nel caso di specie le ulteriori ragioni della revoca della procedura di gara e dell’affidamento dei lavori alla propria società collegata, quali risultano dalla motivazione del provvedimento impugnato, contrariamente a quanto assume il Consorzio (anche con i motivi riproposti ex art. 101, comma 2, c.p.a.) sono in linea con la detta interpretazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 (a volerne dare per ammessa l’applicabilità al concessionario privato, per la ragione sopra detta, condivisa dalle parti).

7.1. In proposito, rilevano il quinto e il sesto motivo dell’appello principale, con i quali si chiede la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui è riferita ai motivi posti a base della revoca disposta da ASPI, diversi dalla sopravvenienza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 177.

Il provvedimento impugnato è infatti motivato sulla base delle seguenti ulteriori circostanze:

- l’improcrastinabilità dell’esecuzione dei lavori per esigenze di viabilità del tratto autostradale in questione e la possibilità di darvi avvio immediatamente attraverso l’affidamento degli stessi alla propria collegata Pavimental, già presente in loco per i lavori di altro lotto autostradale ed il cui coinvolgimento avrebbe consentito anche di assicurare continuità lavorativa alle maestranze attualmente coinvolte nei richiamati lavori;

- l’esistenza del contenzioso in atto non ancora definito che avrebbe inciso sulla certezza dei tempi di individuazione del soggetto titolato all’eventuale aggiudicazione;

- l’aumento del costo delle materie prime che avrebbe reso “ non più attuale né conveniente il ribasso offerto dai concorrenti ”.

7.2. Il tribunale ha ritenuto che:

- la revoca non sarebbe stata giustificata da ragioni di urgenza e di certezza dei tempi di realizzazione dei lavori, considerato che “ l’affidamento dei lavori a Pavimental è intervenuto l’11 marzo 2022 e il 12 maggio 2022 era stata fissata l’udienza dinanzi al Consiglio di Stato per la definizione del giudizio (la sentenza è stata poi pubblicata il 18 maggio);
dunque il contenzioso era in fase di imminente conclusione
” ed ancora che “ l’esito del giudizio di appello era più che prevedibile ”, in quanto il ricorso incidentale di CMB “ era stato implicitamente valutato come infondato dalla Sezione del Consiglio di Stato al momento della rimessione della questione principale alla Plenaria ” e comunque il r.t.i. CMB si era già rifiutato di sottoscrivere il contratto “ manifestando quel disinteresse per l’aggiudicazione dell’appalto poi esplicitamente dichiarato il 12 maggio 2022 con la rinuncia al giudizio di appello ”. Pertanto, già a fine gennaio 2022 le circostanze sarebbero state convergenti verso l’affidamento dell’appalto al Consorzio Medil, mentre l’alternativa all’11 marzo sarebbe potuta essere l’attesa per due mesi dell’esito del giudizio “ ma non la precipitosa e irragionevole revoca della gara dalla quale peraltro non poteva che scaturire altro contenzioso ”;

- non “ appare convincente l’adombrata sopraggiunta insostenibilità delle offerte in gara, in ragione di un aumento dei prezzi solo genericamente asserito, considerato che l’offerta presentata dal r.t.i. Medil è stata già sottoposta a puntuale verifica di congruità con esito pienamente positivo, e che comunque lo stesso ha confermato i prezzi offerti e la sua piena disponibilità ad ogni ulteriore verifica ”.

7.3. L’appellante oppone che la sentenza avrebbe erroneamente ricostruito la vicenda, per tre diverse ragioni;
e segnatamente:

- il tribunale non ha considerato che al momento in cui ASPI ha avviato il procedimento di revoca della gara (20 gennaio 2022) non era ancora intervenuta la pronuncia dell’Adunanza plenaria e dunque non era possibile dedurre, a quella data, alcuna indicazione né sotto il profilo della tempistica per addivenire ad una conclusione del giudizio né sotto il profilo dell’esito dello stesso;
per di più, la questione del ricorso incidentale, che l’Adunanza plenaria ha rinviato all’esame della sezione remittente, non era stata affatto decisa, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice;

- la sentenza sarebbe errata anche nella parte in cui ha argomentato in merito al sopravvenuto disinteresse al giudizio ed all’affidamento in capo all’ATI CMB, sia perché con la lettera del 21 dicembre 2021 ASPI si era limitata a comunicare al Ministero che il contratto non era stato ancora sottoscritto per la richiesta di rinvio avanzata da CMB, motivata dalla pendenza del giudizio e dal registrato caro materiali (che determinava un “ importante impatto sul conto economico della commessa ”), sia perché la successiva rinuncia al giudizio da parte di CMB sarebbe scaturita dalla revoca della gara frattanto disposta da ASPI e dal riconoscimento da parte di quest’ultima degli oneri sostenuti e documentati dall’aggiudicataria e propedeutici all’avvio dei lavori;
in ogni caso, l’avvio dei lavori non avrebbe potuto essere immediato nemmeno dopo la definizione del contenzioso, per gli adempimenti successivi da porre in essere nei confronti del Consorzio Medil, ivi compresa una nuova verifica di congruità dell’offerta;

- il tribunale non ha infine considerato la circostanza, rappresentata nel provvedimento di revoca, che l’affidamento a Pavimental ha consentito di ottenere un vantaggio di ordine temporale, in quanto l’impresa era già presente con il proprio cantiere nella stessa zona, poiché affidataria di altro lotto dei lavori.

7.4. Col sesto motivo si approfondisce la critica concernente l’asserzione sull’aumento dei prezzi, opponendo l’appellante di avere dimostrato, sin dalla fase cautelare del primo grado di giudizio, come il costo di alcune materie prime fosse abnormemente aumentato rispetto a quello preventivabile alle date di pubblicazione del bando di gara e di presentazione delle offerte (come da tabella riportata in atti, redatta sulla scorta dei vari d.m. sulla compensazione prezzi 2021).

Pertanto sarebbe erronea l’affermazione del tribunale circa il fatto che l’incremento dei prezzi sarebbe stato affermato ma non dimostrato da ASPI e sarebbero state invece fondate le preoccupazioni della concessionaria sull’affidabilità e sull’attendibilità delle offerte presentate in gara dalle due contendenti.

7.5. Col settimo motivo, logicamente connesso ai precedenti, si censura la sentenza per non avere considerato la possibilità di garantire la continuità occupazionale, quale profilo rilevante, indicato da ASPI in sede di delibera di revoca, tra i motivi giustificativi della stessa.

8. Congiuntamente ai motivi quinto, sesto e settimo dell’appello principale va esaminato il restante motivo riproposto dal Consorzio Medil ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

8.1. Con questo si deduce che, anche a voler ritenere consentito l’affidamento diretto dei lavori alla propria controllata, nondimeno nel caso di specie la revoca della gara, peraltro oramai finalizzata, sarebbe stata inficiata dalla mancanza dei presupposti di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 e comunque sarebbe errato l’assunto di ASPI in merito all’irrilevanza dell’esigenza di recuperare a valle la concorrenzialità difettata a monte nell’individuazione del concessionario;
esigenza, che era stata affermata anche dal Consiglio di Stato nel parere n. 823/2020.

8.2. Inoltre, ad avviso della difesa del Consorzio, si dovrebbe valorizzare l’atteggiamento del Ministero quale desumibile dalla corrispondenza intercorsa con la concessionaria (dalla quale si evincerebbe una presa di distanza del concedente dall’operato di ASPI), mentre, all’opposto, non si potrebbero considerare rilevanti, ai fini della legittimità della determinazione di revoca, né l’asserita presenza di Pavimental in altre tratte autostradali né l’eventuale continuità di impiego del personale.

8.3. Da ultimo sarebbe irrilevante anche il richiamo alle clausole della lex specialis (in particolare art. VI.3 del bando e par. 11.2 della lettera d’invito) ove intese nel senso di rimettere ad ASPI una “ sorta di arbitrario potere di revoca ed esclusione di ogni onere indennitario e risarcitorio ”.

9. I motivi dell’appello principale sono fondati e vanno accolti, dovendo per contro essere disattese le censure riproposte dal Consorzio Medil ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

9.1. Premesso che è significativo, ma non decisivo, che alla data di avvio del procedimento di revoca (20 gennaio 2022) non si fosse ancora pronunciata l’Adunanza plenaria, è tuttavia condivisibile l’argomento dell’appellante che fa leva sul fatto che, anche alla data della revoca (11 marzo 2022), non fosse affatto scontato che il giudizio pendente in appello si sarebbe concluso con l’affidamento al Consorzio. Infatti, il ricorso incidentale di CMB, riguardante l’anomalia dell’offerta del r.t.i. Medil, era oggetto di apposito motivo di appello, ancora da esaminare dalla sezione remittente, dopo la restituzione degli atti da parte dell’Adunanza plenaria (per di più nell’ambito di un giudizio nel quale l’esecutività della sentenza di primo grado, favorevole al Consorzio, era stata sospesa con la menzionata ordinanza cautelare n. 2583/21).

Rispondente, poi, ad un più corretto esame della vicenda è l’argomento secondo cui l’affidamento a Pavimental avrebbe consentito, così come di fatto ha consentito, un ben più sollecito avvio dei lavori, considerato che il contratto è stato stipulato lo stesso 11 marzo 2022.

Inoltre, a tale data CMB era ancora formalmente aggiudicataria e la resistenza alla sottoscrizione del contratto era determinata, non solo dalla pendenza del giudizio, ma anche dall’incremento dei costi della commessa, come comunicato da ASPI al Ministero con la nota del 21 dicembre 2021. Infatti, CMB ha posto fine al contenzioso in essere depositando la dichiarazione di rinuncia nel giudizio di appello (iscritto al n.r.g. 2512/21) soltanto in data 11 maggio 2022, soltanto a seguito di accordo transattivo stipulato con ASPI in data 4 maggio 2022 (per come si legge nell’atto di rinuncia).

Coerenti inoltre con il fine perseguito della tempestiva consegna dei lavori sono le motivazioni esposte nel provvedimento impugnato concernenti la presenza in loco di Pavimental, quale affidataria di altro lotto dei lavori, e la possibilità di più efficiente impiego di mezzi e maestranze anche nel cantiere del secondo lotto (su cui il tribunale non si è pronunciato), secondo un criterio di ragionevolezza - su cui si basano i motivi quinto e settimo dell’atto di appello - che non appare inciso dalle considerazioni opposte dal Consorzio appellato, anche col terzo dei motivi riproposti.

9.2. In merito a quest’ultimo, è sufficiente richiamare quanto sopra detto a proposito della portata della sentenza della Corte Costituzionale e del parere precedentemente espresso dal Consiglio di Stato n. 823/2020, per superare tutte le censure che si fondano sull’una e sull’altro.

9.2.1. Riguardo, poi, ai rapporti tra il Ministero concedente e la società concessionaria è sufficiente osservare come - in contrapposizione all’interpretazione datane dal Consorzio – la successione delle interlocuzioni tra i due dimostri: per un verso, che la concessionaria si era determinata ad indire la procedura di gara de qua solo perché, all’epoca, risultava superato il limite per l’affidamento a propria controllata posto dall’allora vigente art. 177 (cfr. nota ASPI del 28 aprile 2017, prot. 8452 e nota MIMS del 16 maggio 2017, prot. 8583);
per altro verso, che, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, il Ministero, pur rimettendo alla concessionaria l’onere della relativa delibera, anche quanto ad eventuali responsabilità nei confronti di terzi, ha dichiarato essere “ non attuali le valutazioni espresse con la richiamata nota del 28 aprile 2017 ”, cioè quella con la quale aveva imposto l’esternalizzazione dei lavori (cfr. nota del MIMS del 24 dicembre 2021).

9.2.2. Quanto alle ulteriori questioni riproposte dal Consorzio, è sufficiente osservare che non rientrano nell’oggetto del giudizio quelle attinenti la tutela risarcitoria o indennitaria dell’operatore economico concorrente già utilmente collocato in graduatoria per la lesione di legittimo affidamento (eventualmente) derivante da atto legittimo e/o da comportamento (asseritamente) contrario ai doveri di correttezza e buona fede, mentre la ritenuta legittimità della revoca della procedura di gara comporta l’insussistenza dei presupposti della responsabilità aquiliana c.d. da atto illegittimo.

9.3. Infine è fondato il sesto motivo di appello, concernente l’erroneità della sentenza di primo grado laddove ha affermato che l’incremento dei costi non sarebbe stato dimostrato da ASPI e che la positiva verifica di congruità dell’offerta del r.t.i. Medil ne avrebbe garantito la sostenibilità.

Invero, l’appellante ha evidenziato e dimostrato in giudizio il notevole incremento dei costi dei materiali della commessa dal 14 aprile 2018 (data di indizione della procedura) o anche dal 27 novembre 2020 (data dell’esclusione del Consorzio, successiva alla positiva verifica di congruità dell’offerta) all’11 marzo 2022 (data della delibera di revoca), costituente peraltro dato di comune esperienza, tale da rendere plausibile e legittima la corrispondente ragione della revoca.

9.3.1. L’affidamento dei lavori alla propria controllata non smentisce la corrispondenza al pubblico interesse delle ragioni della revoca, come sopra evidenziate, nemmeno in relazione al motivo basato sul rischio di insostenibilità delle offerte ribassate acquisite in gara.

In particolare, questo non è smentito la circostanza, rimarcata dal Consorzio Medil, che il corrispettivo indicato nel contratto con Pavimental coincide con quello posto a base della gara revocata.

Per un verso, infatti, tale previsione contrattuale si spiega tenendo conto dei rapporti col concedente, quali regolati dai già citati articoli della convenzione di concessione, e dell’esigenza di non modificare il computo metrico estimativo a base di gara, che avrebbe comportato proprio quell’allungamento dei tempi di consegna del cantiere che si intendeva evitare;
per altro verso, è corretta l’obiezione di ASPI secondo cui, trattandosi di esecuzione diretta tramite propria controllata, l’aspetto economico sarebbe stato gestito nel contesto dei rapporti di gruppo, comunque con prevedibili risparmi di costi rispetto ad un appalto ad operatori economici terzi.

10. In conclusione, l’appello principale va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso proposto dal Consorzio Stabile Medil.

10.1. L’appello incidentale – volto a censurare la statuizione di difetto di giurisdizione sulla sorte del contratto stipulato tra ASPI e Pavimental - va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione del rigetto integrale del ricorso introduttivo.

Resta conseguentemente assorbita l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale per tardività, sollevata dall’appellante principale.

11. Le spese processuali dell’intero giudizio si compensano per giusti motivi, considerata la novità delle questioni trattate.

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