Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-01-03, n. 201900083

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-01-03, n. 201900083
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900083
Data del deposito : 3 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2019

N. 00083/2019REG.PROV.COLL.

N. 01803/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1803 del 2013, proposto da N G e dalla Elc s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati F V e A P, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Piazza S. Salvatore in Lauro, n. 10;

contro

Comune di Prato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati M C e E B, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Viale Liegi, n. 32;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III, n. 1292/2012, resa tra le parti, concernente diniego di sanatoria edilizia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2018 il Cons. Italo Volpe e uditi per le parti gli avvocati Francesco Mangazzo, per delega dell'avv. A P, e M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe la Elc s.r.l. e la persona fisica pure in epigrafe indicata hanno impugnato la sentenza del Tar per la Toscana n. 1292/2012, pubblicata il 9.7.2012, che – con l’onere delle spese – ha respinto gli originari ricorsi introduttivi (tranne quello n.r.g. 940/2004, dichiarato invece inammissibile), riuniti tra loro e volti all’annullamento:

- quanto al ricorso n.r.g. 32/2001 (proposto dalla persona fisica qui in epigrafe indicata):

-- del diniego di sanatoria P.G. n. 77348/M3B del 14.11.2000, a firma del Dirigente del competente Servizio del Comune di Prato (di seguito “Comune”), notificato il 28.11.2000;

-- degli atti connessi e conseguenti ed in particolare della comunicazione 20.10.2000, P.G. 71792, di parere negativo, espresso dalla CEI, notificata il 28.11.2000;

- quanto al ricorso n.r.g. 940/2004 (proposto dalla Elc s.r.l., il cui legale rappresentante era la predetta persona fisica):

-- dell’ordinanza 21.1.2004 del Dirigente del competente Servizio del Comune, n. P.G. 3358/K3E, riferimento AB-8-2004, notificata il 2 ed il 19.3.2004, di immediata sospensione di lavori edilizi consistenti in scavo di crica ml.

2.70 x 2.70 con all'interno una piattaforma in cemento con quattro plinti posizionati agli angoli, con piastre in ferro sulle loro sommità, il tutto all'interno di un'area recintata in appezzamento di terreno sulla sommità di Poggio Castiglioni - Via di Castiglioncello, zona soggetta a vincolo paesaggistico, ex artt. 139 del d.lgs. n. 490/1999 e 28, co. 1, della l.r. n. 52/1999, nonché avverso gli atti connessi e conseguenti;

- quanto al ricorso n.r.g. 1575/2010 (proposto dalla Elc s.r.l., il cui legale rappresentante era la predetta persona fisica):

-- del diniego di sanatoria edilizia straordinaria P.G. n. 95441/4C, a firma del Dirigente del competente Servizio del Comune, notificato il 2.8.2010, relativo alla domanda di “ ... opere abusive consistenti nella realizzazione di recinzione e di torre autoportante per ricezione e trasmissione di segnali radiotelevisivi ... ”, stante il parere negativo reso nella seduta n. 3 del 10.2.2010 della Commissione per il paesaggio “ ... per il rilevante impatto sull'ambiente ed paesaggio, dei tralicci posti in modo disordinato ed a ridosso degli edifici ... ”, visti la normativa di cui alla l.n. 47/1985, alla l.n. 326/2003, alla l.r. Toscana n. 53/2004, il parere della Commissione per il paesaggio del 10.2.2010, la comunicazione del 4.3.2010 P.G. n. 30771/4C dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, non essendo le osservazioni di parte privata tali da superarli;

-- nonché degli atti presupposti, connessi e conseguenti, in particolare il parere negativo della Commissione per il paesaggio del 10.2.2010;

- quanto al ricorso n. 1576 del 2010 (proposto dalla Elc s.r.l., il cui legale rappresentante era la predetta persona fisica):

-- del diniego di sanatoria edilizia straordinaria P.G. n° 95453/4C con data 22.7.2010, a firma del Dirigente del competente Servizio del Comune, notificato il 2.8.2010, relativo alla domanda 10.12.2004, registrata al P.G. n. 20040081310 “ ... per opere abusive consistenti nella realizzazione di due cabine tecnologiche in postazione di ricezione e trasmissione di segnali radio-televisivi su area identificata catastalmente al fog. 66 map. 973 ... ”, stante il parere negativo reso nella seduta n. 3 del 10.2.2010 della Commissione per il paesaggio “ ... per il rilevante impatto sull'ambiente ed paesaggio, dei tralicci posti in modo disordinato ed a ridosso degli edifici ... ”, visti la normativa di cui alla l.n. 47/1985, alla l.n. 326/2003, alla l.r. Toscana n. 53/2004, il parere della Commissione per il paesaggio del 10.2.2010, la comunicazione del 4.3.2010, P.G. n. 30775/4C6, dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, non essendo le osservazioni di parte privata tali da superarli;

-- nonché degli atti presupposti, connessi e conseguenti, in particolare il parere negativo della Commissione per il paesaggio del 10.2.2010;

- quanto al ricorso n.r.g. 1266/2011 (proposto dalla Elc s.r.l. e dalla persona fisica qui in epigrafe indicata, suo legale rappresentante):

-- dell’ingiunzione 22.3.2011, P.G. 37106/8D, del Dirigente del competente Servizio del Comune (notificata alla predetta persona fisica, in qualità di committente esecutore dei manufatti abusivi in data 5.4.2011, e alla predetta società, quale richiedente della sanatoria edilizia straordinaria, in data 30.3.2011) di rimessa in pristino a loro spese di opere abusive pregiudizievoli all'aspetto esteriore di beni paesaggistici tutelati, mediante completa demolizione, entro 90 giorni dalla notifica dell'ingiunzione stessa. Opere site in appezzamento di terreno di proprietà dell'Azienda Agricola San Carlo in località Poggio Castiglioni, part. 973, fg. 66 N.C.T. di Prato, e consistenti in:

--- box metallico delle dimensioni di ml. 1,65 x 1,60 x h. 2,10, realizzato nel 1983;

--- antenna radio, ancorata a basamento in calcestruzzo, alta ca. ml. 25,00, realizzata nel 1983;

--- manufatto prefabbricato in materiale plastico coibentato, poggiante direttamente al suolo, delle dimensioni di ml. 3,60 x 2,40 x h. 2,40;

--- scavo di ca. ml. 2,70 x 2,70 con all'interno una platea in cemento con quattro plinti agli angoli e con piastre metalliche sulla loro sommità.

In estrema sintesi la sentenza impugnata ha ritenuto:

- quanto al ricorso n.r.g. 32/2001:

-- che “ Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, per la costruzione di una antenna o di un traliccio stabilmente ancorato al suolo, occorre il previo rilascio della concessione edilizia. ” e che “ Tale principio giurisprudenziale è stato, poi, recepito dal D.P.R. 380/2001 – emanato successivamente all’adozione del contestato diniego – il quale, all’art. 3, assoggetta a permesso di costruire l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per servizi di telecomunicazione in quanto interventi di nuova costruzione. ”;

-- che “ il parere formulato dalla CEI (…) risulta motivato in termini che, per quanto sintetici, risultano del tutto chiari e univoci e non evidenzia, alla luce della documentazione anche fotografica prodotta, profili di travisamento o palese illogicità della valutazione (…) . Dalla motivazione del parere si evince l’avvenuto accertamento di un impatto negativo sull’ambiente protetto (…) . Né vale sostenere che la situazione della zona era stata ormai compromessa dalla presenza di numerose altre opere simili a quella di cui si controverte, e di dimensioni anche più cospicue – la cui integrale visibilità a distanza è incontestata – essendo facile replicare che l’esistenza di una situazione di compromissione delle bellezze naturali ad opera di preesistenti realizzazioni non impedisce ed anzi maggiormente richiede per la legittimità dell’azione amministrativa che ulteriori costruzioni arrechino ulteriori danni all’ambiente protetto. ”;

-- che era priva di pregio la denunciata inosservanza del termine dall’art.151 del d.lgs. n. 490/1999 per l’espressione del parere da parte della CEI in quanto “ a prescindere da qualsivoglia considerazione in ordine all’applicabilità della richiamata disposizione nel caso di specie, concernente un diniego di sanatoria edilizia straordinaria, va rilevato, come correttamente messo in luce dalla difesa comunale, che il menzionato art. 151, pur qualificando come "perentorio" il termine di sessanta giorni previsto dal comma 3 per l'espressione del parere da parte della CEI, non attribuisce al silenzio serbato dall’amministrazione dopo il suo spirare alcun “significato”, né in termini di assenso né di rigetto, ma abilita unicamente l'interessato - che lo voglia fare - a richiedere l’intervento sostitutivo del Ministero ”;

- quanto al ricorso n.r.g. n. 940/2004, la sua inammissibilità per carenza di interesse “ in quanto l’ordinanza di sospensione impugnata è stata notificata al legale rappresentante della società ELC s.r.l. (…) e, pertanto, alla data di notifica del ricorso (…) l’ordinanza in questione aveva già perso ogni effetto essendo spirato il termine di 45 giorni stabilito dalla legge per l’efficacia del provvedimento ”;

- quanto ai ricorsi nn.r.g. 1575/2010 e 1576/2010:

-- che era irrilevante la mancata indicazione negli atti impugnati del nominativo del responsabile del procedimento e la pretesa violazione dell'art.10- bis della l.n. 241/1990;

-- che non sussisteva la pretesa violazione degli artt. 86 e 87 del d.lgs. n. 259/2003:

--- sia perché “ la vertenza in esame ha ad oggetto delle domande di sanatoria straordinaria, e, pertanto, ad esse va applicata la normativa sul c.d. “terzo condono” ”;

--- sia perché “ La disciplina prevista agli art.li 86 ss. D.Lgs. 259/2003 si applica, infatti, alle sole istanze di autorizzazione “a regime”, aventi cioè ad oggetto impianti di comunicazione elettronica ancora da installare, e non alle domande di sanatoria. ”;

--- sia perché “ quand’anche qui trovassero applicazione gli artt. 86 e ss. D.Lgs. 259/03, ciò non significherebbe affatto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che il rilascio del permesso di costruire e l’autorizzazione ambientale (in questo caso in sanatoria) non sarebbero stati necessari ”;

-- che non ricorreva il denunciato vizio di difetto di motivazione del parere della Commissione per il paesaggio;

- quanto al ricorso n.r.g. 1266/2011:

-- che alcune doglianze riguardavano “più che dei veri e propri vizi di legittimità del provvedimento sanzionatorio, delle circostanze di fatto che avrebbero reso inopportuna la sua adozione (…)”;

-- che altra censura (secondo cui, avendo la ricorrente costruito gli impianti negli anni ’80, prima dell'entrata in vigore della l.n. 42/2004, questa non si sarebbe applicata) era infondata in quanto “ Già all'indomani dell'entrata in vigore della L.47/1985, la giurisprudenza ha, infatti, avuto modo di chiarire che gli illeciti in materia urbanistica hanno carattere permanente e che il potere repressivo esercitato dalle amministrazioni a ciò preposte non ha natura afflittiva ma ripristinatoria;
ciò comporta che alle sanzioni edilizie non si applichino le regole stabilite dalla citata L.689/1981.
”;

-- che i ricorrenti non avrebbero avuto interesse a contestare tale aspetto in quanto, “ trattandosi di impianto costruito in assenza del prescritto permesso di costruire/concessione edilizia, e che la commissione per il paesaggio ha ritenuto incompatibile con le ragioni del vincolo e per ciò non sanabile, la sanzione della demolizione sarebbe stata applicata dall'amministrazione anche in base alla L.47/1985 vigente alla data in cui gli abusi sono stati eseguiti ”;

-- che comunque non ricorreva un denunciato difetto di motivazione del parere della Commissione per il paesaggio nella parte in cui ha ritenuto le opere in questione incompatibili con il vincolo di zona.

2. L’appello è affidato alle seguenti censure:

a) violazione di legge - violazione dell’art. 39 della l.n. 724/1994 - eccesso di potere per mancato esame di documenti in atti ed errore sul fatto - travisamento dei fatti - carenza di istruttoria nell'individuazione delle opere abusive (primo e secondo motivo del ricorso n. 32/2001), del suo autore - carenza di motivazione per l'aspetto dell’impatto paesaggistico e di alterazione dello stato dei luoghi;

b) vizio di carenza di motivazione, come eccepito anche nei ricorsi 1575-1576/2010;

c) vizio di carenza di motivazione anche per il profilo di “danno all’ambiente protetto”.

2.1. Ad avviso di parte, in sintesi:

a.1) esisteva il vizio di violazione dell’art. 39 della l.n. 72411994. La domanda di sanatoria era stata fatta entro il 31.3.1995 e doveva allora essere valutata sulla base della norma allora vigente (il predetto art. 39). Su questo aspetto della questione i primi Giudici non si erano espressi e quindi ricorreva il vizio illustrato della decisione gravata di carenza di motivazione e di violazione di legge. Il Comune era inoltre caduto in equivoco circa l’effettiva natura e consistenza delle opere per le quali veniva chiesto il titolo abilitativo e, soprattutto, il fatto che “ una costruzione del 1983, avesse potuto condurre “alla cancellazione o modifica dei tratti distintivi dell'area protetta” ”;

b.1) “ il Comune di Prato vorrebbe addebitare (… agli appellanti) il fatto di terzi, cioè la disordinata presenza di tralicci, tentando di giustificare l'affermazione generica contenuta nella valutazione della CEI, di " ... rilevante impatto sull'ambiente ed il paesaggio dei tralicci posti in modo disordinato a ridosso degli edifici ... ”. I primi Giudici sono dunque caduti in errore “ nell’affermare che l’esistenza di situazione di compromissione delle bellezze naturali ad opera di preesistenti realizzazioni richiede che ulteriori costruzioni non ... "arrechino ulteriori danni all'ambiente protetto" ... Va viceversa ribadito che è pacifico da quanto esposto e documentato (…) che le opere ritenute abusive contestate agli appellanti erano già costruite allora e dai primi anni 80 e che si trattava di un sol traliccio. ”;

c.1) “ L’esistenza di tale danno [all’ambiente protetto] è affermata quale postulato dal giudice a quo, senza valutazione alcuna della sua incidenza, in relazione al fatto addebitato agli attuali appellanti ”. I primi Giudici, in altri termini, non avrebbero tenuto conto dell’orientamento volto a privilegiare “ una linea tollerante in vista di consentire, se possibile, il salvataggio del bene ”.

3. Costituitosi, il Comune con memoria depositata in vista dell’udienza di discussione ha partitamente replicato alle tesi avversarie, premettendo peraltro che “ Parte ricorrente ha prodotto agli atti del giudizio di appello tutta una serie di documenti da cui si evince che, successivamente alla proposizione del gravame, essi hanno presentato una richiesta di autorizzazione paesaggistica e il nulla osta ai fini del vincolo idrogeologico, entrambi rilasciati dal Comune, aventi ad oggetto la realizzazione di un impianto tecnologico per la diffusione di segnali radio da realizzare sempre in località Poggio Castiglioni. Si tratta in realtà di un progetto con cui parte appellante, insieme a tutti gli altri proprietari/utilizzatori/gestori degli impianti abusivi oggetto di causa, si prefigge di accorpare e, previo smantellamento di quelle esistenti, de localizzare le infrastrutture di telecomunicazione di cui è causa in altro sito posto nelle vicinanze ma più a valle e evidentemente più idoneo (tanto che lo stesso ha ottenuto il parere favorevole della Commissione per il paesaggio) a contemperare le esigenze del servizio di trasmissione radiofonica con quello della tutela ambientale e paesaggistica. Allo stato non risulta che i soggetti interessati abbiano presentato alcuna pratica edilizia per la realizzazione del sopra menzionato progetto, e in ogni caso le infrastrutture abusive oggetto dei presenti contenziosi sono ancora presenti in loco. ”.

4. Gli appellanti hanno riepilogato i loro argomenti con memoria del 15.11.2018 e, poi, replicato alla memoria avversaria, con atto del 23.11.2018.

5. La causa quindi, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 18.12.2018, è stata ivi trattenuta in decisione.

6. Punto centrale della controversia – dal quale è opportuno prendere le mosse onde dipanare i termini della questione in esame e, al tempo stesso, inquadrare meglio i contenuti e le finalità degli atti originariamente censurati ed in particolare di quelli, fra essi, di portata centrale ed essenziale, certamente non formalmente ineccepibili nella loro enunciazione letterale ma non per questo illegittimi né meno comprensibili nella loro portata ed obiettivo sostanziale – è il fatto (di per sé basicamente non controverso) che il sito che ospita le strutture che interessano parte appellante è da tempo soggetto a vincolo paesaggistico.

7. L’art. 86 (rubricato ‘infrastrutture di comunicazione elettronica e diritti di passaggio’) del d.lgs. n. 259/2003, recante il codice delle comunicazioni elettroniche, dispone in ogni caso al suo comma 4 – pur nell’ambito di una serie di disposizioni tese a favorire l’installazione di dette infrastrutture – che “ Restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nonché le disposizioni a tutela delle servitù militari di cui al titolo VI, del libro II, del codice dell'ordinamento militare. ”.

Se ne deve allora ricavare che pur anco il testo legislativo più favorevolmente orientato a facilitare la proliferazione di dette infrastrutture (beninteso sempre nella prospettiva del perseguimento del fine pubblico del miglioramento complessivo della comunicazione) si arrende, nei suoi obiettivi di semplificazioni realizzative, innanzi al tradizionale baluardo della tutela di un ancor più elevato interesse pubblico, quale quello alla salvaguardia e conservazione dei valori (comuni all’intera collettività nazionale) ambientali e culturali.

Se ne deve altresì ricavare il fatto che non è allora possibile seguire la prospettazione argomentativa di parte ricorrente secondo la quale – in un contesto quale quello in discorso – andrebbe comunque perseguito un assetto di interessi tale da favorire la persistenza del bene (proprietario) individuale pur col sacrificio di quello pubblico complessivo.

Come testimonia la norma primaria sopra richiamata è vero invece che l’ordinamento, anche a fronte di un interesse di rilievo indubbiamente generale, quale è quello allo sviluppo e al miglioramento delle comunicazioni, ancora oggi difende quanto più possibile l’integrità dei fattori positivi (evidentemente ritenuti dal Legislatore di rango ancor più elevato) legati all’ambente e alla cultura.

Da ciò non si deve però dedurre che, allora, esista un confine (o un freno) allo sviluppo (per quanto qui interessa) delle comunicazioni.

Significa piuttosto che detto sviluppo deve necessariamente trovare forme fisiche e materiali di realizzazione tali da garantire il rispetto dei ricordati valori ambientali e culturali.

Né a dire (giacchè una tale affermazione non sarebbe credibile) che lo sviluppo continuo delle soluzioni tecnologiche di settore non sia in grado di trovare risposte pratiche idonee a contemperare detti interessi (quello allo sviluppo delle comunicazioni e quello al mantenimento dell’integrità dei valori ambientali e culturali), facendoli convivere.

Lo dimostra anzi, e molto tangibilmente, quanto ricordato nella fattispecie dal Comune (v. sub 3. supra ): parte ricorrente, invero, mostra di avere già individuato da sé e senza particolari sacrifici la soluzione tecnico-pratica occorrente per assicurare quella convivenza di interessi e valori di cui sopra s’è detto.

Una soluzione all’evidenza brillante se è vero, come sempre il Comune riferisce, che essa ha anche già riportato il parere favorevole della Commissione per il paesaggio.

8. In questa prospettiva, dunque (alla luce della quale, peraltro, la sentenza di primo grado merita in ogni caso una integrazione in termini di premessa generale alla motivazione), scolorano le censure di parte appellante, specie di questo grado di giudizio.

8.1. Se è vero – come sostanzialmente non controverso – che gli impianti infrastrutturali di parte ricorrente sono stati realizzati anni addietro sine titulo , in un contesto territoriale soggetto al predetto vincolo, è altresì vero che i titoli abilitativi ricercati successivamente da detta parte, per quanto formalmente preordinati ad una mera ristrutturazione di tali impianti, basicamente miravano alla loro (prima) legittimazione (come fossero nuova costruzione) sulla scorta di una non corretta prospettazione applicativa della normativa nazionale in tema di infrastrutture di comunicazione.

E a fronte di ciò il Comune da parte sua, pur se con formule provvedimentali che sarebbero potute essere lessicalmente migliori, ha in pratica null’altro che obiettato alla parte privata che la collocazione geografica di tali infrastrutture collideva con l’esigenza di tutela che il sito meritava.

Il pur segnalato cenno alla presenza in loco di una pluralità di consimili, altrui infrastrutture, nonché alla eccessiva prossimità dell’insieme delle stesse ad insediamenti abitativi, non determina nel caso in questione – come parte appellante intende avvalorare – un fraintendimento dei fatti nel quale il Comune sarebbe caduto.

Tale segnalazione in verità, nella prospettiva comunicativa del Comune, altro non valeva, nella sostanza, se non l’aggravamento di una situazione concreta che, anche a livello individuale, era in ogni caso illegittima, sempre alla luce della necessaria salvaguardia del vincolo gravante sulla zona.

In altri termini, non è vero che, ove non vi fossero state altre consimili infrastrutture, quella di parte ricorrente (peraltro originariamente realizzata sine titulo ) sarebbe potuta allora sopravvivere. Essa infatti, anche isolata, pur sempre insisteva (e sine titulo ) su area soggetta ad un vincolo tale da non poter essere vinto dalla semplice constatazione della finalità dell’infrastruttura stessa a favorire le comunicazioni.

In questa prospettiva, allora, non vale il tentativo di parte appellante di puntare ad investigare quale, fra le tante consimili infrastrutture, fosse stata realizzata dopo (nell’arco del tempo).

Peraltro, ove mai corretta tale prospettiva, sarebbe dovuta essere parte appellante (qualora avesse per prima creduto alla sua tesi di essere ‘arrivata prima’ ad installare in zona la sua infrastruttura) a fornire la prova od un inizio di prova in ordine a tale assunto.

9. Si svuotano così, nel loro complesso, le censure a base dell’appello, il quale conseguentemente deve essere respinto.

10. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro 4.000,00 da porre a carico degli appellanti, in solido tra loro dal lato passivo.

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