Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-05-18, n. 202304966

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-05-18, n. 202304966
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304966
Data del deposito : 18 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/05/2023

N. 04966/2023REG.PROV.COLL.

N. 01064/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1064 del 2019, proposto da
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

P M, rappresentato e difeso dall'avvocato G C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Ministero Beni e Attività Culturali, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 615/2018, resa tra le parti, della determinazione n. 2034 prot. 41763 del 30.10.2017 del Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio e della Vigilanza Edilizia per le Province Sassari – Olbia di diniego dell'autorizzazione relativa all'ampliamento di una casa di civile abitazione ubicata a sorso nel complesso immobiliare denominato “Villaggio Selva”, nonché di ogni altro atto connesso.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di P M e di Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 maggio 2023 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e udito per le parti l’avvocato G C R in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams".

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Sardegna l’odierno appellato invocava l’annullamento: a) della determinazione n. 2034 del 30 ottobre 2017 (prot. n. 41763), a firma del Direttore del Servizio Tutela Paesaggistica e Vigilanza per le province di Sassari e Olbia - Tempio, recante il diniego dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 relativa all’ampliamento, ai sensi dell’art. 2 della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4 e ss. mm. ii., del fabbricato di civile abitazione ubicato nel complesso immobiliare denominato “Villaggio Selva” sito nel comune di Sorso, catastalmente distinto al foglio 26, mappale 25, subalterno 1;
b) del preavviso di rigetto del 10 luglio 2017 (prot. n. 27113/

XIV.

12.2), nonché del parere negativo tacitamente reso dalla competente Soprintendenza mediante silenzio-assenso sulla proposta di parere formulata dal Servizio Tutela Paesaggistica;
c) di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso e consequenziale.

2. Il primo giudice accoglieva il ricorso, valutando la fondatezza del secondo motivo, e per l’effetto disponeva l’annullamento del provvedimento di diniego, rilevando che: a) l’immobile di proprietà dell’originario ricorrente ricadeva in zona urbanistica “FR1” del P.U.C. vigente ed era ricompreso in un piano di lottizzazione approvato anche paesaggisticamente ed interamente attuato. Pertanto, in ragione del disposto di cui all’art. 10-bis, comma 2, della legge della Regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, l’area in questione non poteva dirsi sottoposta al vincolo di inedificabilità assoluta, bensì assoggettata al vincolo paesaggistico di cui al D.M. 29 agosto 1966 e al conseguente regime autorizzatorio;
b) come affermato dallo stesso ufficio regionale, l’incremento richiesto ai sensi dell’art. 2 della legge regionale n. 4 del 2009 era di limitatissimo rilievo e privo di significativo impatto dal punto di vista paesaggistico;
c) l’ufficio regionale, lungi dal disporre del potere di disapplicare norme di legge costituzionalmente illegittime, avrebbe dovuto senz’altro applicare la disposizione di cui al citato art. 2 invero mai dichiarata incostituzionale, né in ogni caso suscettibile di interpretazione costituzionalmente orientata, atteso il tenore letterale “lapidario” nel disporre un regime differenziato. Il giudice di primo grado, interrogatosi comunque sull’eventuale sussistenza di profili di illegittimità costituzionale della norma regionale tali da necessitare l’intervento della Corte Costituzionale, perveniva tuttavia ad una conclusione negativa sulla base di un duplice ordine di argomentazioni. In primo luogo, ad avviso del Tribunale il menzionato art. 2 si inseriva all’interno della legge regionale n. 4 del 2009 avente finalità di rilievo costituzionale dai connotati tipici della “norma speciale” sotto il profilo della ratio (“rilancio dell’attività edilizia”), del contesto normativo di riferimento (c.d. “Piano casa”) e dei presupposi oggettivi di applicazione (interventi di ampliamento di preesistente edificio residenziale). Ebbene, in materia di rapporto tra legge regionale e Piano Paesaggistico Regionale (P.P.R.), l’elaborazione dei piani paesaggistici d’intesa tra Stato e Regione con riferimento ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), prevista dall’art. 135, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, si traduceva in un limite alla competenza legislativa primaria delle regioni a statuto speciale, riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 308 del 2013. Del resto, le esigenze di tutela di beni paesaggistici ‒ tra cui la fascia di 300 metri dalla linea di battigia ex art. 142, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 42 del 2004 ‒ pure rimesse alla pianificazione congiunta, potevano ridursi grandemente solo laddove il contrasto tra legislazione regionale e P.P.R. attenesse ad aspetti più tipicamente urbanistici e non già a profili di tipo strettamente paesistico. In secondo luogo, poteva rilevarsi la sostanziale identità di ratio sottesa al quadro normativo regionale e paesistico in relazione alla realizzazione di interventi nell’ambito di piani attuativi. A giudizio del TAR, infatti, nel contesto di un insediamento edilizio già ritenuto compatibile con le esigenze di tutela paesaggistica, doveva considerarsi prevalente l’interesse alla realizzazione dell’attività edilizia e spettava piuttosto alla competente autorità vagliare caso per caso la compatibilità dell’intervento proposto con i valori specificamente tutelati. In definitiva, il giudice di prime cure sosteneva che nell’ambito di una lottizzazione già paesaggisticamente autorizzata e attuata, in un’area quindi interamente antropizzata, l’autorizzazione del richiesto ampliamento non poteva essere negata se non in presenza di una valutazione negativa di compatibilità paesaggistica, restando invece illegittimo il provvedimento di diniego fondato esclusivamente sul contrasto con il Piano paesaggistico regionale.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello la Regione autonoma della Sardegna, che ne denuncia l’erroneità per le seguenti ragioni: a) il primo giudice avrebbe completamente trascurato nella propria decisione i principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale, oltre che dal medesimo Tribunale, ed evocati nel diniego, erroneamente affermando che l’inequivocabile tenore letterale delle norme regionali non escludeva affatto la realizzazione del proposto ampliamento. Più in dettaglio, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 189 del 2006, avrebbe chiarito non solo che gli interventi edilizi previsti dalla legge regionale n. 4 del 2009 non potevano essere realizzati in deroga né al P.P.R. né alla legislazione statale, ma anche che dette disposizioni regionali ben potevano (e dovevano) essere oggetto di un’interpretazione costituzionalmente orientata che tenesse conto delle finalità perseguite dal legislatore regionale, volte al rilancio del settore edilizio mediante la riqualificazione e il miglioramento anche della compatibilità paesaggistica. D’altro canto il TAR per la Sardegna, nella pronuncia n. 305 del 2017 ‒ che di fatto richiamava la sentenza della Corte Costituzionale n. 308 del 2013 ‒ avrebbe confermato la procedura della copianificazione Stato-Regione per ogni eventuale modifica legislativa inerente il peculiare ambito di tutela rappresentato dalla fascia di 300 metri dalla battigia marina di cui all’art. 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989;
b) il giudice di primo grado non avrebbe adeguatamente sviluppato né motivato l’argomentazione relativa all’insussistenza del vincolo di inedificabilità assoluta, traendo anzi conclusioni erronee rispetto all’enunciato dell’art. 10-bis, comma 2, della legge regionale n. 45 del 1989. A ben vedere l’originario ricorrente non aveva nemmeno presentato istanza ai sensi di tale norma e l’aveva invece citata in ricorso al fine di sostenere la realizzabilità dell’ampliamento ‒ evidentemente non riconducibile al disposto di cui all’art. 10-bis, comma 2, della legge regionale n. 45 del 1989 ‒ in forza della legge regionale n. 4 del 2009, quale legge speciale e posteriore, introduttiva di fattispecie derogatorie. L’inapplicabilità di tale 2° comma sarebbe stata, perciò, pacifica tra le parti. Inoltre, dalla lettura combinata e costituzionalmente orientata dell’art. 2 della legge regionale n. 4 del 2009 e dell’art. 15 delle N.T.A. del P.P.R. emergeva che gli interventi consentiti dalla legge regionale potevano essere realizzati in zona “F”, nella fascia di 300 metri dalla linea di battigia, ove previsti negli strumenti urbanistici attuativi già approvati e con convenzione efficace alla data di adozione del P.P.R., ma esclusivamente nei comuni dotati di P.U.C. approvato ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 8 della legge regionale n. 8 del 2004. Al riguardo, la stessa controparte aveva riconosciuto l’assenza di tale requisito per il comune di Sorso e quest’ultimo, con nota prot. n. 4860 del 23 marzo 2015 (oltretutto mai impugnata), aveva dichiarato la non conformità dell’intervento ai vigenti strumenti urbanistici;
c) la “considerazione” espressa dal TAR in ordine al limitato impatto dell’incremento proposto sarebbe del tutto “metagiuridica”. Né l’entità del singolo intervento avrebbe potuto ammettere una deroga di per sé illegittima, giustificata nella sentenza impugnata da valutazioni discrezionali del Tribunale basate su presupposti erronei, quali la riconducibilità dell’intervento nel novero di quelli consentiti eccezionalmente dall’art. 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989 e dall’art. 15, comma 3, delle N.T.A. del P.P.R.;
d) la Regione avrebbe l’obbligo di applicare le norme in vigore conformemente alla Costituzione e alla giurisprudenza interpretativa della Corte Costituzionale, sicché il “lapidario” dato letterale dell’art. 2 della legge regionale n. 4 del 2009 ben avrebbe legittimato il TAR a sollevare questione di legittimità costituzionale. Sennonché il Tribunale si sarebbe erroneamente determinato in senso contrario, interpretando in maniera erronea le disposizioni sia della legge regionale n. 4 del 2009 che dell’art. 135 del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’art. 15 delle N.T.A. del P.P.R. ovvero ponendosi in aperto contrasto con l’orientamento della giurisprudenza costituzionale sul punto (cfr. sentenze n. 189 del 2016 e n. 178 del 2018). Nello specifico, il giudice di prime cure si sarebbe ‘sovrapposto’ al legislatore statale e regionale, giungendo in sostanza a ritenere la tutela della fascia costiera di 300 metri dalla battigia, disciplinata nel P.P.R. a seguito di pianificazione congiunta Stato-Regione, un valore non vincolante per il legislatore regionale, al punto che questi ben potrebbe stabilire ulteriori possibilità di utilizzo di tale bene paesaggistico, per mezzo di norme anche contrastanti con il P.P.R. per profili non strettamente paesistici, bensì di tipo più propriamente urbanistico. Peraltro, l’avvenuta attuazione della lottizzazione, pure ribadita dal TAR, non sarebbe argomento idoneo a fondare la compatibilità paesaggistica del generalizzato ampliamento di immobili già realizzati in fascia sottoposta a tutela, giacché le lottizzazioni ben potrebbero interessare una pluralità di immobili, anche eventualmente costruiti in epoche in cui i beni di interesse paesaggistico non godevano dell’adeguata e necessaria considerazione da parte delle amministrazioni locali.

4. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali, in qualità di controinteressato, si è costituito in giudizio con memoria di stile.

5. Si è costituito in giudizio altresì l’odierno appellato, invocando la conferma della pronuncia di prime cure.

6. In fatto occorre rilevare che in data 8 aprile 2014 il signor P M, odierno appellato, presentava presso il comune di Sorso istanza (prot. n. 5708) di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 relativa all’ampliamento, previsto dall’art. 2 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2009 e ss. mm. ii., della propria abitazione a due livelli, ricadente in zona urbanistica “FR1” del P.U.C. vigente. L’intervento concerneva, in particolare, l’incremento del piano terra per una maggiore superficie di 2,15 mq (corrispondenti a 5,80 mc), nonché del primo piano in ragione di 9,36 mq (pari a 27,15 mc). La Soprintendenza non rendeva il parere di competenza nei termini di cui all’art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42 del 2004. Pertanto, con nota del 10 luglio 2017 l’amministrazione regionale ravvisava la «necessità di provvedere sul progetto in questione in conformità a quanto previsto dal comma 9 del medesimo art. 146», e dunque dava comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda a norma dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, cui il richiedente dava seguito deducendo le proprie osservazioni. Seguiva in data 30 ottobre 2017 il provvedimento di diniego dell’autorizzazione paesaggistica sul fondamento dell’‘inammissibilità’ del progetto presentato. Segnatamente la Regione evidenziava che: a) l’intervento richiesto ricadeva: - in ambito vincolato per effetto del D.M. 29 agosto 1966;
- all’interno della fascia dei 300 metri dalla linea di battigia marina ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 42 del 2004;
- in terreno costiero di cui all’art. 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989;
- in area posta all’interno del bene paesaggistico di cui all’art. 17, comma 3, lett. a) delle N.T.A. del P.P.R. (fascia costiera);
b) le opere proposte non contrastavano dal punto di vista della compatibilità paesaggistica con i suddetti vincoli, avendo ad oggetto modesti incrementi volumetrici implicanti la riqualificazione architettonica di un edificio moderno, senza compromissione alcuna del contesto edilizio e paesaggistico interessato;
c) preso atto dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 189 del 2016, il progetto, sebbene conforme alle previsioni dettate dall’art. 2 della legge regionale n. 4 del 2009, si poneva tuttavia in contrasto con l’art. 15, comma 3, delle N.T.A. del P.P.R., avuto riguardo alla mancata conformità dell’intervento di ampliamento ai vigenti strumenti urbanistici.

7. Innanzitutto deve respingersi la richiesta di rinvio avanzata all’odierna udienza dal difensore dell’appellata che riferisce dell’esistenza di un titolo edilizio emesso dopo la pronuncia di prime cure, atteso che sarebbe stato onere dell’appellato depositarlo tempestivamente in giudizio al fine di consentire al collegio di apprezzarne gli effetti sulle sorti dell’odierno giudizio e al contempo alla controparte ritualmente costituita di controdedurre al riguardo.

8. L’appello è fondato e merita di essere accolto. Al riguardo, l’avviso espresso dall’appellante, del tutto condivisibile, è in linea con la giurisprudenza che ha marcato una netta distinzione fra pianificazione urbanistica e paesaggistica e ha previsto la derogabilità soltanto della prima da parte della legislazione regionale in materia di c.d. “piano casa” (cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 14242, ove, nel richiamare la giurisprudenza amministrativa, si afferma che, in ragione della gerarchia esistente fra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica, l’intervento del piano-casa può in generale limitatamente incidere sul solo profilo urbanistico e non anche su quello paesaggistico).

8.1. Peraltro, con specifico riferimento al caso in esame, si osserva che, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sentenze n. 51 del 2006 e n. 308 del 2013):

a) la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale, fatto salvo il rispetto dei limiti espressamente individuati nell’art. 3 del relativo statuto in riferimento alle materie affidate alla potestà legislativa primaria della Regione;

b) il legislatore statale, pertanto, conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”, anche sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali;
con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia “edilizia ed urbanistica”.

8.2 Pertanto, nel caso di specie risulta precluso alla Regione Sardegna legiferare in deroga al PPR, in quanto la sussistenza del vincolo paesistico-ambientale posto dalla normativa statale (d.m. 12 maggio 1996) nell’area di interesse impone di operare mediante una pianificazione congiunta statale-regionale ex artt. 135 e 143 d.lgs. n. 42/2004;
principio, quest’ultimo, che a sua volta costituisce oggetto di una norma fondamentale di riforma economico-sociale e quindi limite alla competenza primaria regionale, in attuazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. (Corte cost., sentenze n. 308 del 2013 e n. 178 del 2018).

8.3 Non è, inoltre, applicabile alla fattispecie l’invocato art. 10-bis, comma 2, lettera h), della l.r. 22 dicembre 1989, n. 45, che esclude il vincolo di inedificabilità assoluta per la fascia costiera entro i 300 m dal mare, considerato che la sua operatività è subordinata alla conformità dell’edificio agli strumenti urbanistici, circostanza non sussistente nel caso di specie.

8.4. Da ultimo, non può in alcun modo essere valutato l’argomento quantitativo inerente il carattere modesto dell’intervento de quo , trattandosi di una circostanza che in alcun modo consente una deroga illegittima alla disciplina vincolistica.

9. L’appello in esame deve, pertanto, essere accolto con ciò che ne consegue in termini di riforma della sentenza impugnata e di reiezione del ricorso di prime cure. La complessità e novità della questione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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