Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-06-30, n. 201703194

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-06-30, n. 201703194
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703194
Data del deposito : 30 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2017

N. 03194/2017REG.PROV.COLL.

N. 04520/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4520 del 2015, proposto da:
Gestione Servizi Pubblici (GE.SE.PU.) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato G B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 161;

contro

Comune di Fonte Nuova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, vicolo Orbetelli n. 31;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 20 febbraio 2015, n. 2978, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di igiene urbana mediante raccolta differenziata dei r.s.u. con il sistema “porta a porta” nonché risarcimento dei danni;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fonte Nuova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2017 il Cons. P T e uditi per le parti gli avvocati Berruti e Clemente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la società Gestione Servizi Pubblici (GE.SE.PU.) S.p.A., nel prosieguo GE.SE.PU., chiedeva l’annullamento del bando di gara per l'affidamento del servizio di igiene urbana mediante raccolta differenziata dei R.S.U. con il sistema “porta a porta” e per la gestione della realizzanda isola ecologica in località Cerquetta (cig: 6028424CD9) approvato dal Dirigente del Settore OO.PP., Ambiente e Patrimonio del Comune di Fonte Nuova in data 2 dicembre 2014 e di ogni altro atto connesso, coordinato o conseguente ed, in particolare, della determinazione del medesimo Dirigente del Comune di Fonte Nuova parimenti del 2 dicembre 2014, n. 71, che dichiarava cessato il pregresso rapporto di servizio con la GE.SE.PU.;
domandava, altresì, la condanna del Comune al risarcimento del danno.

In particolare con tale ricorso la Società GE.SE.PU. impugnava il bando sopra descritto per:

1) violazione degli artt. 2, 42 e 44, d.lgs. n. 163 del 2006, nonché per eccesso di potere, censurando l’asserita irragionevolezza e sproporzione delle seguenti clausole previste a pena di esclusione:

- l’aver svolto servizi di raccolta differenziata con metodo “porta a porta” negli anni 2011-2013 in almeno tre Comuni, di cui almeno uno con popolazione di abitanti superiore a 30.000 unità;

- il possesso della registrazione EMAS.

2) violazione degli artt. 200 e 202, d.lgs. n. 152 del 2006, nonché degli artt. 3- bis , comma 1- bis , d.l. n. 138 del 2011 e difetto di attribuzione;

3) illegittimità derivata degli atti impugnati dall’illegittimità della relazione 27 dicembre 2013, prot. 29728/2013, redatta dal Dirigente del Settore OO.PP. – Ambiente e Patrimonio ai sensi dell’art. 34, comma 20 e 21, d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, già oggetto di ricorso pendente presso il suddetto Tribunale con n. RG. 3404/2014.

Si costituiva il Comune per resistere al gravame, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso.

In sede di discussione in camera di consiglio, la parte ricorrente precisava di aver proposto domanda di partecipazione alla gara in raggruppamento temporaneo di imprese e, tuttavia, di avere tuttora interesse alla decisione.

Con la sentenza appellata il Tribunale amministrativo adito in parte dichiarava inammissibile il ricorso e in parte lo respingeva.

In particolare, dichiarava inammissibile il terzo motivo di censura, atteso che il medesimo motivo costituiva censura nel giudizio n. 3404/2014.

Respingeva i motivi di censura attinenti all’attribuzione al Comune della gestione integrata dei rifiuti urbani (secondo motivo del ricorso di primo grado), rilevando che la stessa è disciplinata dalla Parte IV, Titolo I, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), che ha abrogato, recependone le disposizioni, il d.lgs. 5 febbraio1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), apportando novità alla disciplina preesistente, organizzandola all’interno di singoli Ambiti Territoriali Ottimali – ATO12 , in modo da superare la frammentazione delle gestioni, attraverso il “servizio di gestione integrata dei rifiuti” e che, successivamente vi sono state numerose modifiche ad opera del d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive). In proposito precisava che il quadro delle competenze è stato in parte modificato con la soppressione delle Autorità d’Ambito, con attribuzione delle funzioni dalle stesse già esercitate nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, mediante leggi regionali e che, sul punto, l’ANAC, con deliberazione n. 21 del 12 novembre 2014, ha avuto modo di precisare che “nelle more dell’adozione e attuazione delle normative regionali e dell’avvio delle nuove gestioni, le funzioni in materia sono esercitate dai comuni singolarmente”.

Respingeva, infine, anche il primo motivo di ricorso, non condividendo l’assunto di parte istante circa l’irragionevolezza della prescrizione di cui al paragrafo 10, punto 19 del bando, precisato come risulta a seguito del chiarimento n. 3 del 29 dicembre 2014 in atti (all. 2 alla memoria del Comune.

Riteneva, pertanto, che quanto osservato fosse sufficiente ai fini della definizione del gravame, poiché in assenza di tale requisito la ricorrente non avrebbe potuto partecipare se non in forma associata, e che il ricorso, per gli ulteriori profili, si appalesasse, di conseguenza, inammissibile, per difetto di interesse. Rigettava, di conseguenza, la domanda risarcitoria, peraltro svolta in via subordinata e meramente generica.

Con ricorso notificato il 15 maggio 2015 e depositato il 27 maggio 2015 la GE.SE.PU. proponeva appello avverso la sentenza del T.A.R. per i seguenti motivi:

1)Violazione degli artt. 200 e 202 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Violazione dell’art. 3- bis , comma 1- bis , del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 e dell’art. 13, comma 2, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150. Difetto di attribuzione.

2) Violazione degli artt. 2, 42 e 44 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta. In particolare si deducono tali violazioni in relazione alle seguenti prescrizioni del bando:

2.1) Alla prescrizione (paragrafo 10, punto 19 del bando;
pag. 14) per cui la partecipazione alla gara è consentita soltanto alle imprese le quali dichiarino di aver svolto servizi di raccolta differenziata negli anni 2011-2012-2013 (i) con metodo “porta a porta”, (ii) in almeno tre Comuni, di cui (iii) almeno uno con popolazione superiore a 30.000 unità;

2.2.1) Alla prescrizione (paragrafo 10, punto 21 del bando;
pag. 14) che impone ai concorrenti il possesso della registrazione EMAS (Eco-Management and Audit Scheme);

2.2.2) Alla prescrizione (paragrafo 9, punto A5, pag. 10, subcriterio A5.1) che introduce uno specifico criterio di comparazione delle offerte.

2.3) Si deduce, altresì, il complessivo carattere discriminatorio del bando, preordinato ad un risultato finale già prestabilito.

2.4) Si evidenzia, infine, che la circostanza che la ricorrente abbia poi partecipato alla gara in associazione temporanea di imprese con altro operatore economico non esclude l’illegittimità delle clausole innanzi indicate né l’interesse all’impugnazione.

3) Illegittimità derivata, sotto i seguenti profili: 3.1) violazione dell’art. 34, commi 20 e 21, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179;
difetto di attribuzione;
3.2) violazione degli artt. 7 e ss. della l. 7 agosto 1990, n. 241;
mancata comunicazione di avvio del procedimento;
difetto di partecipazione al procedimento;
eccesso di potere per difetto di istruttoria;
3.3) violazione dell’art. 13 del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150.

4) In via subordinata si domandava il risarcimento del danno per equivalente.

La GE.SE.PU. depositava memoria di replica per l’udienza del 25 novembre 2015.

La predetta società con memoria del 27 febbraio 2017, depositata il 28 febbraio 2017 dichiarava, infine, che “ non ha più interesse al terzo motivo di appello ” nonché la “ sopravvenuta carenza di interesse in ordine alla censura concernente il paragrafo 9, punto A5 del bando ”, mentre insisteva per l’accoglimento dei restanti motivi di gravame.

Si costituiva il Comune di Fonte Nuova e, con memorie del 22 ottobre 2015 e del 27 febbraio 2017, chiedeva il rigetto dell’appello.

All’udienza del 16 marzo 2017 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Vanno, in primo luogo, dichiarati improcedibili il motivo di gravame 2.2.2), di cui alle pagine 11 e 12 del ricorso in appello, avverso la prescrizione del bando di cui al paragrafo 9, punto A5 (pagina 10, subcriterio A5.1) e l’intero terzo motivo di appello, volto a far valere profili di illegittimità derivata della delibera n. 71/2014 per asserita illegittimità della presupposta relazione dirigenziale del 27 dicembre 2013, impugnata con un autonomo ricorso respinto dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. II-bis, con la sentenza 31 marzo 2016, n. 3942, passata in giudicato.

Con la memoria del 27 febbraio 2017 la parte appellante ha, infatti, dichiarato di non avere più interesse alla decisione in ordine a tali motivi.

2. Passando all’esame del primo motivo di appello, con tale mezzo viene dedotta l’incompetenza del Comune ad adottare il bando e a svolgere le procedure di affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani, essendo state le relative competenze attribuite prima alle autorità di ambito (A.T.O.) e poi a forme di gestione associata tra i diversi Comuni rientranti nell’ambito territoriale ottimale e, in difetto delle norme regionali che regolino tale gestione associata e della sua istituzione, al Prefetto ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150.

Sotto questo profilo viene lamentata la violazione degli artt. 200 e 202 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, la violazione dell’art. 3- bis , comma 1- bis , del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 e dell’art. 13, comma 2, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150, nonché il vizio di difetto di attribuzione.

Il motivo è infondato.

Giova premettere che, ai sensi del citato articolo 200, comma 1 del d.gs. n. 152 del 2006, diretto a disciplinare l’organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, “ La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo ” i criteri di cui alle successive lettere da a) a f). Ai sensi dell’art. 202, comma 1, del medesimo decreto legislativo, modificato dall'art. 2, comma 28, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, la competenza in ordine all’affidamento del servizio è attribuita alla Autorità d’Ambito, che aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie.

In materia è, peraltro, intervenuta la successiva previsione dell’articolo 3- bis , comma 1- bis , del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 - inserito dall'art. 34, comma 23, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, e, in seguito più volte modificato - secondo cui le funzioni di affidamento della gestione dei “ servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani ” sono “ esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo ”.

Tale disciplina deve, tuttavia, ritenersi derogata, relativamente al solo periodo transitorio, dalla previsione dell’articolo 13, comma 1, del d.l. n. 150 del 2013, come convertito in legge n. 15 del 2014, che prevede che l’avvio delle procedure di affidamento, attraverso la pubblicazione della relazione di cui all’articolo 34, comma 20, del d.l. n. 179 del 2012, sia un atto che può essere compiuto non solo dall’ente di governo del A.T.O., ove previsto, ma anche, se l’ente non è stato ancora previsto, dall’ “ ente responsabile dell’affidamento ” (“ In deroga a quanto previsto dall'articolo 34, comma 21 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, al fine di garantire la continuità del servizio, laddove l'ente responsabile dell'affidamento ovvero, ove previsto, l'ente di governo dell'ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo abbia già avviato le procedure di affidamento pubblicando la relazione di cui al comma 20 del medesimo articolo, il servizio è espletato dal gestore o dai gestori già operanti fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014. ”).

Il riferimento all’“ ente responsabile dell’affidamento ”, ove l’ente di governo non sia stato ancora previsto, deve, infatti, intendersi operato con riguardo ai Comuni, come si desume dalla previsione dell’articolo 198, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Tale norma infatti, pur riferendosi specificamente alla continuazione in via transitoria da parte dei Comuni della “ gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui all’art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ” presuppone l’individuazione in via generale del Comune quale ente responsabile del servizio. Tale individuazione è, del resto, coerente con la previsione per cui i Comuni, anche cessata la fase transitoria, “ concorrono ”, nell’ambito delle attività svolte a livello di A.T.O. e con le relative modalità, “ alla gestione dei rifiuti urbani e assimilati ”.

In tal senso va, anche, richiamata la delibera ANAC n. 21 del 12 novembre 2014, per cui “ Dall’analisi sistematica della normativa, emerge ” che “ il legislatore ha inteso attribuire, in primo luogo ai comuni, la funzione di organizzare e gestire i servizi di raccolta e quella di avviare allo smaltimento e al recupero i rifiuti urbani (in conformità alla ripartizione di competenze effettuata dalla Costituzione), il cui esercizio è per essi obbligatorio;
in secondo luogo, ha previsto l’esercizio “associato” di tali funzioni, da parte degli enti locali titolari delle stesse (ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale), con le modalità e nelle forme definite con legge da ciascuna Regione territorialmente competente, al fine di consentire economie di scala e differenziazioni idonee a massimizzare l’efficienza del servizio
”, sicché “ Nelle more dell’adozione e attuazione delle normative regionali e dell’avvio delle nuove gestioni, le funzioni in materia sono esercitate dai comuni singolarmente ”. Alla medesima conclusione perviene, inoltre, il parere della Corte dei conti, Sez. reg. controllo Lombardia, n. 20/2014/PAR del 17 gennaio 2014, citato anche dalla difesa del Comune.

Tale soluzione ermeneutica risulta, poi, coerente con i principi di salvaguardia della concorrenza enunciati dalla giurisprudenza di questo Consiglio con riguardo al diverso settore della distribuzione del gas naturale, secondo cui, alla stregua dell’art. 46- bis del d.l. 159/2007, non si evidenzierebbe alcun divieto per le singole Amministrazioni comunali di indire, nell’attesa della determinazione degli ambiti territoriali minimi e della loro concreta operatività, gare autonome volte all’individuazione del gestore limitatamente al proprio territorio comunale, in quanto “ se nell’attesa della concreta aggregazione il Comune non potesse indire, per proprio conto, gara alcuna, si correrebbe il rischio di rimandare ad libitum l’attuazione del principio della libertà di concorrenza nel settore de quo ” (Cons. St., Sez. V, 12 novembre 2013, n. 5419).

In questo contesto l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Prefetto ai sensi dell’articolo 13, comma 2 del d.l. n. 150 del 2013 - a mente del quale “ La mancata istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale ai sensi del comma 1 dell'articolo 3-bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ovvero la mancata deliberazione dell'affidamento entro il termine del 30 giugno 2014, comportano l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Prefetto competente per territorio, le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che provvede agli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento entro il 31 dicembre 2014 ” - deve ritenersi ulteriormente residuale, ossia attivabile solo quando alcuno dei soggetti di cui al comma 1 abbia provveduto a deliberare l’affidamento del servizio alla data del 30 giugno 2014 né vi provveda successivamente. Il riferimento al termine del 30 giugno 2014 vale a radicare il potere del Prefetto, ma il superamento del termine - da ritenersi ordinatorio - non fa venire meno il potere dei soggetti di cui al comma 1, in quanto – di regola e in difetto di diversa espressa previsione - l’attribuzione di poteri sostitutivi è diretta a evitare le conseguenze dell’inadempimento dell’organo ordinariamente competente – nella specie l’ente responsabile dell’affidamento o, se istituito, l’ente di governo dell’A.T.O. - ma non a spogliare tale organo delle sue competenze, comunque esercitabili fino all’effettivo esercizio del potere sostitutivo.

In questo quadro normativo l’adozione degli atti impugnati da parte del Comune non risulta, quindi, in contrasto con la normativa richiamata dall’appellante.

3. Con riguardo al secondo motivo di appello va esaminato in primo luogo il motivo rubricato come 2.1), con cui viene contestata – deducendosi i vizi di violazione degli artt. 2, 42 e 44 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e di eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta - la legittimità di una clausola escludente del bando, che imponeva la prova di aver svolto servizio di raccolta “porta a porta” con determinate caratteristiche quale requisito tecnico necessario per partecipare alla gara per il servizio di raccolta “porta a porta” per cui è causa;
si ha riguardo, in particolare, alla prescrizione (paragrafo 10, punto 19 del bando;
pag. 14) per cui la partecipazione alla gara era consentita soltanto alle imprese le quali dichiarino di aver svolto servizi di raccolta differenziata negli anni 2011-2012-2013 (i) con metodo “porta a porta”, (ii) in almeno tre Comuni, di cui (iii) almeno uno con popolazione superiore a 30.000 unità. Nella specie la società ricorrente deduce che “pur svolgendo il servizio di raccolta differenziata in un bacino geografico che supera i 50.000 abitanti” tale raccolta non svolge “con modalità porta a porta, né in tre Comuni”. Lamenta l’appellante che la raccolta “porta a porta” dei r.s.u. non identifica né un servizio specifico né una tipologia che differenzia la natura e l’oggetto del servizio rispetto alla normale attività di raccolta dei r.s.u., in quanto ne rappresenta piuttosto un semplice modulo esecutivo incidente sull’organizzazione della prestazione richiesta e non sulla struttura aziendale.

Parimenti si contesta la ragionevolezza della previsione che richiede lo svolgimento del servizio in almeno tre Comuni.

Anche tale motivo si appalesa infondato.

La prima e assorbente questione che viene sottoposta al Collegio è quella della legittimità o meno della scelta del Comune di richiedere nel bando, quale requisito di partecipazione dei concorrenti, il previo svolgimento di servizi identici a quelli per cui è svolta la gara in luogo di servizi analoghi (come ad esempio servizi aventi ad oggetto la raccolta di rifiuti non “porta a porta”, ma nei punti di raccolta), avuto riguardo alla disciplina legislativa di cui agli articoli 41 e 42 del vecchio codice dei contratti, in tema di requisiti di capacità economica e tecnica e ai canoni che devono informare l’azione amministrativa. In particolare, deve verificarsi se si possa attribuire all’amministrazione appaltante il potere di modulare i requisiti speciali richiesti per la partecipazione alla procedura di gara, prescrivendo livelli di capacità tecnica ed economica più elevati rispetto a quanto previsto dalle disposizioni del suddetto codice dei contratti pubblici sopra richiamate.

In proposito può osservarsi che la previsione della necessaria prova dello svolgimento di servizi identici a quelli da svolgere - nel caso di specie servizi di raccolta “porta a porta” in luogo di generici servizi di raccolta differenziata di r.s.u. – non è illegittima se conforme ai canoni di adeguatezza e proporzionalità, tenuto conto dell’oggetto concreto dell’appalto e delle sue specifiche peculiarità (Cons. St., Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 140, proprio con riguardo al servizio “porta a porta).

La giurisprudenza ha, infatti, costantemente e tradizionalmente (si veda, ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 23 gennaio 2006, n. 206) riconosciuto tale potere dell’amministrazione, individuando come limite al suo esercizio il rispetto del principio di proporzionalità in relazione all’oggetto del contratto da affidare a terzi (posizione poi recepita anche sul piano normativo: si veda quanto previsto dagli articoli 73, comma 3, e 74, comma 5, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, applicabile ratione temporis ;
norme che, insieme a quelle contenute negli articoli da 41 a 45 del medesimo codice, costituiscono la base giuridica del potere di prevedere requisiti ulteriori di capacità speciale). Indirizzi giurisprudenziali che hanno trovato piena conferma anche nel diverso quadro normativo risultante dall’introduzione del principio di tassatività delle cause di esclusione (di cui all’art. 46, comma 1- bis , del citato d.lgs. n. 163 del 2006).

Nel caso di specie - come evidenziato anche nella memoria del Comune del 22 ottobre 2015 (p. 14) -, la raccolta “porta a porta” costituisce una specifica modalità esecutiva del servizio, che implica una determinata e peculiare organizzazione non solo della prestazione ma della stessa impresa e postula, pertanto, una specifica struttura aziendale;
in tal senso si è rilevato in giurisprudenza, con riguardo ai servizi svolti “porta a porta”, che “ ciò che deve essere provato è la capacità di eseguire una raccolta distribuita sul territorio, con passaggi molto frequenti ” (così T.A.R. Lazio, 5 febbraio 2014, n. 380);
le differenze strutturali della raccolta “porta a porta” sono, inoltre, sottolineate anche dalla citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 140 del 2012, con argomento adesivo alla difesa municipale (“ quelli di raccolta differenziata e di raccolta porta a porta sono due concetti nettamente diversi, in quanto il primo si sostanzia di per sé nella semplice raccolta stradale presso appositi cassonetti e/o campane, laddove il secondo è definito, invece, dallo svolgimento del servizio presso ciascun singolo domicilio;
infine, l’espletamento delle due prestazioni ha luogo con modalità e veicoli differenti
”). In tale contesto la dimostrazione del previo svolgimento di servizi identici configura una condizione di esecuzione strettamente collegata all’oggetto dell’appalto in materia ambientale.

La scelta di richiedere la prova del previo svolgimento di servizi identici appare, quindi, nella fattispecie in esame, conforme ai predetti canoni di adeguatezza e proporzionalità, con assorbimento dell’ulteriore censura in ordine al requisito di svolgimento del servizio in almeno tre Comuni.

4. La reiezione del motivo 2.1), come già ritenuto dal T.A.R., rende improcedibile l’esame dei motivi 2.2.1) e 2.4) - quest’ultimo comunque generico -, per difetto di interesse, in quanto l’impresa appellante deve comunque essere esclusa per carenza del requisito di partecipazione di cui al precedente motivo 2.1).

5. Il rigetto del motivo 2.1) e la rinuncia al motivo 2.2.2) fanno ritenere, inoltre, infondata la censura di cui al motivo 2.3), anch’essa peraltro del tutto generica, con cui l’appellante lamenta che la gara sarebbe stata illegittimamente preordinata ad un risultato finale già prestabilito.

6. Per le ragioni che precedono, non riscontrandosi la dedotta illegittimità dell’azione amministrativa, deve conseguentemente essere respinta anche la domanda di risarcimento del danno, potendosi prescindere dall’esame delle eccezioni pregiudiziali avanzate dalla difesa del Comune con memoria del 27 febbraio 2017.

7. I motivi di appello si appalesano, quindi, in parte improcedibili e in parte infondati.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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