Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-10-23, n. 201405242

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-10-23, n. 201405242
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405242
Data del deposito : 23 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04983/2011 REG.RIC.

N. 05242/2014REG.PROV.COLL.

N. 04983/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4983 del 2011, proposto da:
ITALCAVE S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. E S D e G S, con domicilio eletto presso Bdl Studio in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. N M, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
DIRIGENTE P.T. DEL SERVIZIO ECOLOGIA DELLA REGIONE PUGLIA, DIRIGENTE P.T. DEL SERVIZIO CICLO RIFIUTI E BONIFICA DELLA REGIONE PUGLIA, DIRIGENTE P.T. DELL'UFFICIO INQUINAMENTO E GRANDI IMPIANTI DELLA REGIONE PUGLIA, ASSESSORE P.T. ALLA QUALITÀ DELL'AMBIENTE DELLA REGIONE PUGLIA, AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE DELLA CAMPANIA (ARPAC), ASSESSORE P.T. ALL'ECOLOGIA DELLA REGIONE CAMPANIA, POLIZIA PROVINCIALE DI TARANTO, COMANDO DEI CARABINIERI PER LA TUTELA DELL'AMBIENTE - NOE DI LECCE;
REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Maria D'Elia e A M, con domicilio eletto presso Ufficio Di Rappresentanza Regione Campania in Roma, via Poli, n. 29;
UNITÀ OPERATIVA - DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE - PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, 12;
SOCIETÀ DE SARLO A. E C. S.A.S., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. P R, con domicilio eletto presso Gabriella Rago in Roma, via Caio Mario, n. 7;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
CONSORZIO INTERPROVINCIALE TRASPORTI ECOAMBIENTALI - C.I.T.E., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Fortunato, con domicilio eletto presso Guido Lenza in Roma, via XX Settembre, n. 98/E;
ECOAMBIENTE SALERNO S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. L L, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
S.A.P.N.A. - "SISTEMA AMBIENTE PROVINVIA DI NAPOLI", in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. A N e G C, con domicilio eletto presso A N in Roma, via Oriolo Romano, n. 59;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. I TER, n. 4915 del 31 maggio 2011, resa tra le parti, concernente cessazione dei conferimenti presso l'impianto di Taranto dei rifiuti contrassegnati dal codice CER 19.12.12.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, della Regione Campania, che ha spiegato anche appello incidentale, della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile, e di Società De Sarlo A. e C. Sas;

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum del Consorzio Interprovinciale Trasporti Ecoambientali – C.I.T.E., della Ecoambiente Salerno S.p.A. e della S.A.P.N.A. – Società Ambiente della Provincia di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2014 il Cons. C S e uditi per le parti gli avvocati E S D, N M, A M, F F, su delega degli avv.ti P R, L L, G C e A N, nonché, l'avvocato dello Stato M C;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. All’esito della gara indetta in data 23 agosto 2010 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della Protezione civile per la chiusura dell’emergenza rifiuti in Campania) per l’appalto del “Servizio di smaltimento, incluso caricamento e trasporto, fuori Regione ed in territorio italiano, di 61.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi codice CER 19.12.12 (frazione umida trito vagliata) prodotta e stoccata negli Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio Rifiuti urbani (STIR) della Campania”, è risultato aggiudicatario il Consorzio Interprovinciale Trasporti Ecoambientali (CITE), operante in raccordo con alcune discariche site nella Regione Puglia, che ha indicato quali impianti finali di smaltimento le discariche di rifiuti speciali non pericolosi Ecolevante S.p.A. di Grottaglie, Vergine S.p.A. di Taranto e Italcave S.p.A. di Taranto.

Il bando di gara subordinava l’esecuzione dell’appalto alla stipula di un protocollo di intesa tra le Regioni interessate a ricevere il conferimento della predetta tipologia di rifiuti e la Regione Campania: in data 3 dicembre 2010 è stato pertanto stipulato tra la Regione Puglia e la Regione Campania il “Protocollo d’intesa per il trasporto e lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi provenienti dagli impianti STIR della Regione Campania presso impianti di discarica della Regione Puglia”, per un quantitativo pari a 45.000 tonnellate di rifiuti aventi codici CER 19.12.12 e CER 19.05.01.

2. Con atto prot. A00089/10-02-2011 n. 1258 l’Ufficio Inquinamento e grandi impianti del Servizio Ecologia della Regione Puglia (Area politiche per l’ambiente, le reti e la qualità urbana), dopo aver rappresentato che “Con nota del 9 febbraio 2011 la Polizia Provinciale di Taranto e il Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente – NOE di Lecce hanno comunicato allo scrivente Servizio l’avvenuto accertamento del conferimento di rifiuti CER 19.12.12 provenienti dagli STIR di Tufino, Battipaglia e Giugliano della Regione Campania e derivanti dalla trito vagliatura di rifiuti urbani evidenziando, tra l’altro, la difformità di detti conferimenti rispetto alle previsioni definite nel Protocollo d’intesa stipulato tra Regione Puglia e Regione Campania in data 3 dicembre 2010 e dai successivi tavoli tecnici” e che “Dato per conosciuto l’intero percorso finalizzato ad assicurare l’intesa con la Regione Campania per lo smaltimento di quota parte dei rifiuti stoccati presso gli STIR nonché le modalità di caricamento, trasporto e smaltimento definite dopo l’intesa in Conferenza Stato Regioni del 29 novembre 2010, si ritiene che per i rifiuti aventi codice CER 19.12.12, 19.12.02 e 19.05.01, assimilati, secondo l’art. 6 ter della legge n. 123 del 14 luglio 2008, alla tipologia di rifiuti aventi codice CER 20.03.01, debbano essere applicati i disposti dell’art. 1 comma 7 del D.L. 196 del 26 novembre 2010, convertito in legge con modificazioni dalla legge 1 del 24 gennaio 2011, n. 1, e che pertanto detti rifiuti siano conferibili esclusivamente nell’ambito delle intese stipulate tra Regione Puglia e Regione Campania”, ha diffidato tra gli altri anche Italcave S.P.A. “…dall’assumere comportamenti difformi rispetto a quanto previsto dal Protocollo di intesa stipulato tra Regione Puglia e Regione Campania in data 3 dicembre 2010 e nei successivi tavoli tecnici, unico titolo legittimante i conferimenti…”, raccomandando altresì “…di scongiurare qualsiasi ulteriore conferimento di rifiuti derivanti dalla trito vagliatura di rifiuti urbani provenienti dagli STIR della Campania aventi codice CER 19.12.12, 19.12.02 e 19.05.01”.

3. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. I ter , con la sentenza n. 4915 del 31 maggio 2011, riconosciuta la propria competenza in materia, ha respinto il ricorso proposto da Italcave S.p.A. per l’annullamento della predetta diffida (oltre che, per quanto occorra, della nota prot. n. 6514/2011 del 22 febbraio 2011 dell’Agenzia Regione per la Protezione Ambientale della Campania di riscontro alla citata diffida e della nota del 9 febbraio 2011 della Regione Puglia, menzionata nella diffida), rilevando in sintesi, per un verso, che i rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani non possono essere più considerati e classificati quali rifiuti speciali, rientrando nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani, e, per altro verso, che la disciplina emergenziale non prevede eccezioni al principio di smaltimento intra – regionale dei rifiuti urbani (in cui rientrano quelli classificati col codice CER 19.12.12), aggiungendo ancora che ad analoghe conclusioni si perviene anche se si afferma che i rifiuti con codice CER 19.12.12 devono seguire la disciplina dei rifiuti speciali non pericolosi e precisando infine che il Protocollo d’intesa del 3 dicembre 2010 costituisce il presupposto che abilita lo smaltimento dei rifiuti campani nel territorio pugliese.

4. Italcave S.p.A. (d’ora in avanti anche l’appellante) ha ritualmente e tempestivamente chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua dei seguenti motivi: “VI Profili di contraddittorietà del Capo 6 della sentenza impugnata”;
“VII. Erroneità del capo 6.1 della sentenza appellata: necessaria classificazione dei rifiuti con codice CER 19.12.12 provenienti dagli STIR campani come rifiuti “speciali””;
“VIII. Erroneità del capo 6.2 della sentenza appellata: inesistenza, nella legislazione statale vigente, di una disposizione che vieti lo (o comporti come effetto il divieto dello) smaltimento dei rifiuti con codice CER 19.12.12 provenienti dagli STIR campani presso la discarica di Italcave S.p.A.”;
“IX Erroneità del capo 6.3 della sentenza appellata: interpretazione del Protocollo d’intesa e, in subordine, illegittimità di quest’ultimo”.

Ha resistito al gravame la Regione Puglia, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile e la società De Sarlo, quest’ultima intervenuta ad opponendum nel giudizio di primo grado, hanno aderito al gravame.

La Regione Campania ha spiegato appello incidentale, chiedendo anch’essa la riforma della sentenza di prime cure e l’accoglimento dell’appello principale.

Sono intervenuti ad adiuvandum il Consorzio Interprovinciale Trasporti Ecoambientali (CITE), Ecoambiente Salerno S.p.A. e S.A.P.N.A. – Sistema Ambiente Provincia di Napoli.

5. La Sezione con ordinanza n. 3073 del 18 luglio 2011 ha accolto la domanda cautelare ed ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata;
quindi con ordinanza istruttoria n. 6932 del 28 dicembre 2011 ha disposto l’acquisizione da parte del Ministero dell’Ambiente di “…una relazione tecnico – scientifica in base alla quale possa valutarsi l’attuale situazione dei rifiuti derivanti da trito vagliatura alla luce del sistema complessivo della normativa, specificando in particolare se essi siano da considerare rifiuti speciali ovvero rifiuti urbani”, e, a seguito del relativo deposito in data 24 ottobre 2012, ha ordinato, con ordinanza n. 142 del 14 gennaio 2013, ulteriori adempimenti istruttori.

6. Con la sentenza non definitiva n. 3215 dell’11 giugno 2013 la Sezione ha:

a) circoscritto il thema decidendum della controversia;

b) respinto le censure d’appello estranee al predetto thema decidendum e segnatamente quelle concernenti il punto 6.3 della sentenza impugnate, relative al Protocollo d’Intesa del 3 dicembre 2010 (“atteso che tale censura rimane comunque subordinata (così come espressamente dichiarato dal ricorrente in primo grado e ribadito in appello) relativa al contenuto del Protocollo da un lato è indifferente in merito alla classificazione dei rifiuti come sopra precisato;
dall’altro non può essere circoscritto, tale contenuto, ai soli rifiuti derivanti dalle istanze di solidarietà regionale che avevano ispirato l’intervento della Protezione civile, trattandosi di accordo che fonda un vero e proprio “commercio” di rifiuti intra – regionale”);

c) disposto una verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a.;

d) revocato le precedenti ordinanze istruttorie n. 6932 del 28 dicembre 2011 e n. 142 del 14 gennaio 2013, ferma restando l’acquisizione degli atti e documenti già depositati.

In particolare, al fine di circoscrivere precisamente l’ambito della controversia, la Sezione ha:

1) osservato che “…le censure avverso i capi 6, 6.1. e 6.2 della sentenza del TAR attengono complessivamente alla controversa tematica della natura dei rifiuti derivanti dall’attività di tritovagliatura con attribuzione del codice CER 19.12.12 provenienti dagli STIR campani, nel dubbio che essi appartengano al ciclo dei rifiuti urbani e non possano essere giuridicamente o tecnicamente qualificati come speciali, ovvero che, invece debbano essere classificati come rifiuti speciali”;

2) sottolineato che “il legislatore ha stabilito il principio dell’autosufficienza su base regionale dello smaltimento dei rifiuti urbani;
pertanto, è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti;
fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano (d. lgs. n. 152 del 3.4.2006, art. 182, comma 3”;

3) aggiunto che “…lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti in modo da realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali (d. lgs. n. 152/2006, art. 182 – bis, comma 1)”, rilevando conseguentemente, anche sulla scorta della più recente giurisprudenza (Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2013, n. 993), che si è affermato il principio dell’autosufficienza locale nello smaltimento dei rifiuti non pericolosi, che non può essere esteso a quelli speciali o pericolosi in genere;

4) ricordato, dopo aver poi delineato il substrato normativo, nazionale e comunitario, della controversia, che “…in attuazione della prescrizione per cui “i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento” (art. 7 del d. lgs. 13 gennaio 2003, n. 36), i “rifiuti urbani indifferenziati” (CER 20.03.01) non possono essere direttamente (“tal quali”) smaltiti in discarica ma devono subire un preliminare processo di pretrattamento, secondo le diverse tecniche in uso”;

5) evidenziato che “nel caso di specie, i rifiuti oggetto di controversia sono rifiuti urbani indifferenziati sottoposti, negli stabilimenti di tritovagliatura (STIR) campani, alla tritovagliatura, operazione di pretrattamento di carattere meccanico composta di triturazione e vagliatura. La fase di triturazione serve a ridurre la dimensione dei rifiuti ed è applicata sia nella fase iniziale di selezione, sia nella fase successiva di post – trattamento meccanico. Invece la vagliatura serve per separare le diverse categorie di materiale (ingombranti e non, combustibili e non, etc.). Operazione necessaria, ai sensi del citato art. 7 del d. lgs. 13 gennaio 2004, n. 36 per il loro conferimento in discarica, di cui risulta ancora incerta, in questo processo, la natura dei relativi effetti;
se, cioè tale operazioni muti o meno il volume e la composizione dei rifiuti stessi sotto il profilo chimico fisico, tale da determinare una natura sostanzialmente diversa dai rifiuti urbani prima di tale trattamento, giustificandosi così (o meno), il fatto di poter essere inclusi nella diversa categoria giuridica dei rifiuti speciali”;

6) evidenziato ancora che “…all’esito di tali trattamenti, i rifiuti CER 20.03.01 assumono il codice CER 19 (“Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti”) ed in particolare il codice CER 19.12.12. Per i rifiuti provenienti da attività di selezione dei rifiuti urbani potrebbe legittimamente dubitarsi dell’esatta classificazione, nell’alternativa tra “rifiuto urbano” o “rifiuto speciale” (con ulteriore conseguente legittimo dubbio sull’applicabilità del principio di autosufficienza di cui si è detto). Infatti, in seguito all’abrogazione della lett. n) dell’art. 184, comma 3, d. lgs. n. 152 – 2006, ex art. 2, comma 21 – bis, del D. Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, i rifiuti derivanti da attività di selezione dei rifiuti solidi urbani sono stati cancellati dall’elenco dei rifiuti speciali, ma non solo stati ascritti espressamente e parallelamente, alla categoria dei rifiuti urbani”;

7) concluso che “…l’intervento normativo del citato art. 2, comma 21 – bis, del D. Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, è equivoco, nel senso che non chiarisce se sussisteva la volontà di escludere che i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani, come le operazioni di tritovagliatura descritte, potessero essere considerati e classificati quali rifiuti speciali;
il fatto che espressamente non rientrino nell’ambito della classificazione dei rifiuti urbani si può imputare ad una mera dimenticanza legislativa…ovvero può esprimere la volontà di far ricadere tali rifiuti nell’ambito dell’art. 184, comma 3, lett. g), ovvero nell’ambito dei rifiuti speciali”, essendo pertanto “…necessario approfondire, sotto il profilo tecnico, se la diversa codificazione dei rifiuti implichi un mutamento della rispettiva matura giuridica, con particolare rilievo alla distinzione…tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, atteso che i rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti risultano classificati con i codici 19.12.11 e 19.12.12 e la categoria dei rifiuti urbani è identificata, invece, con il codice 20…”.

Al verificatore sono stati pertanto sottoposti i seguenti quesiti: a) accertare se le operazioni di tritovagliatura sopradescritte mutino o meno il volume e la composizione dei rifiuti stessi sotto il profilo chimico fisico, in modo tale da determinarne una natura sostanzialmente diversa dai rifiuti urbani prima di tale trattamento, giustificandosi così (o meno) sotto il profilo tecnico – scientifico, relativo alla fisica e alla chimica dei materiali, il fatto che tali rifiuti post trattamento siano o meno da includersi nella diversa categoria giuridica dei rifiuti speciali;
b) accertare se il mantenimento del codice 19, nella specie previsto, costituisca indicazione della volontà di includere i medesimi nella categoria dei rifiuti speciali, evidenziando tutti gli atti e i documenti attraverso i quali risulta emergere tale volontà.

7. Depositata dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare la relazione di verificazione, nell’imminenza dell’udienza di trattazione tutte le parti hanno illustrato con apposite memorie le rispettive tesi difensive, replicando a quelle avverse;
l’appellante Italcave S.p.A. ha anche depositato un “Riscontro alle valutazioni dell’organismo verificatore”, con cui ha contestato le conclusioni di quest’ultimo;
anche la società Ecoambiente S.p.A. ha prodotto delle note tecniche.

In data 13 marzo 2014 i difensori della Regione Campania hanno depositato un’istanza di rinvio della trattazione, giustificato dalla necessità di consentire all’amministrazione regionale di adeguare gli STIR sotto il profilo tecnico per superare ogni perplessità in ordine alla completa compatibilità dei rifiuti provenienti dal ciclo di lavorazione degli impianti di tritovagliatura con il codice CER 19.12.12.

8. Alla pubblica udienza dell’8 aprile 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

9. Deve innanzitutto respingersi la richiesta di rinvio della trattazione della causa, avanzata dalla Regione Campania, non essendo a tal fine idonee le ragioni indicate.

E’ sufficiente osservare al riguardo che l’eventuale adeguamento degli STIR sotto il profilo tecnico, per superare, come rappresentato nell’istanza, le perplessità circa la completa compatibilità dei rifiuti provenienti dal ciclo di tritovagliatura con il codice CER 19.12.12 (perplessità evidentemente derivanti dalle conclusioni cui è pervenuto l’organismo verificatore), non potrebbe estendere i suoi effetti retroattivamente e pertanto non spiegherebbe alcun effetto sanante sulle illegittimità eventualmente già verificatesi.

10. Passando all’esame del merito della controversia, così come circoscritta dalla ricordata sentenza non definitiva n. 3215 dell’11 giugno 2013, occorre tener conto dell’esito della verificazione disposta dalla stessa sentenza.

Al riguardo si rileva quanto segue.

10.1. Il verificatore ha innanzitutto proceduto all’inquadramento normativo (paragrafo 2) delle questioni sottoposte al suo esame, premettendo che “la risposta ai quesiti rende necessario precisare quando e a quali condizioni un rifiuto sottoposto a trattamento può assumere all’esito di tale operazione un diverso CER nel rispetto della Direttiva 2008/98/CE e del Decreto Legislativo n. 152 del 2008, Parte, IV, che l’ha attuata nell’ordinamento nazionale;
in particolare, nel caso specifico, a quali condizioni un rifiuto urbano dopo essere stato sottoposto a trattamento può correttamente essere qualificato rifiuto speciale e come tale essere assoggettato al relativo regime giuridico” e chiarendo la rilevanza giuridica della c.d. declassificazione di un rifiuto sotto diversi profili.

Ha quindi ricordato, secondo l’ordinamento nazionale, la distinzione (e la relativa disciplina) tra rifiuti urbani e speciali, rilevando la mancanza di un’analoga distinzione a livello comunitario, ove i rifiuti sono classificati solo in ragione della loro natura pericolosa o meno, al fine di garantire la gestione più idonea a tutela della salute e dell’ambiente, ed aggiungendo che “…ad eccezione del caso di rifiuti urbani oggetto di spedizioni transfrontaliere, non esistono disposizioni particolari o specifiche che stabiliscono quando un’operazione di trattamento di un rifiuto domestico indifferenziato produce un nuovo o diverso rifiuto”.

Evidenziate le definizioni normative di trattamento, recupero e smaltimento, è stata centrata l’attenzione (par. 2.6.) sulla problematica relativa al “…quando un’operazione di trattamento produce un nuovo rifiuto, al quale può e deve essere legittimamente assegnato un codice CER diverso da quello che individuava il rifiuto prima del trattamento”, sottolineandosi al riguardo che “Per quanto riguarda in modo specifico i rifiuti urbani, l’articolo 184 del decreto legislativo n. 152 del 2006, potrebbe essere interpretato nel senso che qualsiasi operazione di trattamento produce rifiuti speciali. L’art. 184, comma 3, lett. g) del D. Lgs. 152 del 2006 qualifica infatti <speciali>i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento dei rifiuti. In altre parole, considerato che i rifiuti sono classificati urbani in ragione della loro provenienza dalla raccolta effettuata dal servizio pubblico comunale, si potrebbe sostenere che ogni operazione di trattamento è idonea a determinare una soluzione di continuità nella provenienza di tale flusso di rifiuti e consente di qualificarsi speciali. Del resto questa soluzione non sembrerebbe incontrare profili di contrasto con le norme comunitarie che, come si è detto, in linea di principio disciplinano la gestione dei rifiuti in ragione del diverso livello di pericolosità degli stessi, e dettano regole specifiche per i rifiuti domestici solo al fine di assimilarne la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio ai rifiuti non pericolosi anche quando si tratta di rifiuti domestici pericolosi, nonché per stabilire quando un rifiuto domestico indifferenziato cessa di essere tale ai fini delle spedizioni transfrontaliere. Tuttavia in sede di applicazione di una disposizione nazionale di recepimento di una direttiva dell’Unione Europea si deve privilegiare tra più interpretazioni quella conforme al diritto comunitario. A tal fine al rifiuto risultante da un’operazione di trattamento può essere legittimamente attribuito un codice CER nuovo rispetto a quello che il rifiuto aveva in origine solo se i due rifiuti sono diversi e cioè se l’operazione di recupero o di smaltimento ha prodotto un nuovo rifiuto” e precisandosi ancora che “La disciplina comunitaria e nazionale non stabilisce quali operazioni di trattamento producono un nuovo rifiuto, ma definisce il “nuovo produttore” di rifiuti (art. 183, comma 1, lettera f) del Decreto Legislativo n. 152 del 2006) come “chiunque effettui operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti”. Pertanto un’operazione di trattamento produce un rifiuto nuovo solo se la natura o la composizione che il rifiuto ha prima del trattamento sono diverse da quelle del rifiuto trattato”.

10.2. Il verificatore ha quindi rilevato che nel caso di specie occorreva accertare se gli impianti di tritovagliatura fossero idonei a mutare la natura e la composizione del rifiuto sotto il profilo chimico fisico, dovendo a tal fine tenersi conto che: “a) anche la cernita, la selezione e la tritovagliatura sono operazioni di trattamento;
b) i trattamenti fisici e, in particolare la cernita, possono mutare la natura del rifiuto e la sua composizione;
c) il rifiuto ottenuto da un’operazione di trattamento, individuato con il codice CER 191212, può essere anche un rifiuto misto;
d) il principio in base al quale il rifiuto indifferenziato resta tale se il trattamento non ne muta sostanzialmente le proprietà…trova applicazione solo ai fini delle spedizioni transfrontaliere…;
e) l’idoneità del trattamento urbani a produrre rifiuti speciali non comporta che detto trattamento sia automaticamente efficace anche per adempiere all’obbligo di conferimento in discarica dei soli rifiuti trattati. Infatti, ai fini del conferimento in discarica il trattamento deve conseguire l’ulteriore obiettivo di modificare le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza…;f) ai sensi dell’articolo 182 bis lettera a) del DLgs 152/06 l’autosufficienza a livello regionale è imposta anche ai rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani qualora siano destinati allo smaltimento”.

Tale verifica è stata poi condotta quanto agli STIR di Giugliano in Campania, Caivano, Casalduni, Battipaglia e Tufino, sulla scorta delle indagini eseguite dall’

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