Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-05-11, n. 201702177

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-05-11, n. 201702177
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702177
Data del deposito : 11 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/05/2017

N. 02177/2017REG.PROV.COLL.

N. 03901/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3901 del 2011, proposto da:
Fastweb S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati V M C.F. MLEVCN58E07C351I, Tommaso Di Nitto C.F. DNTTMS68S06D708W, Luisa Torchia C.F. TRCLSU57D55C352N, con domicilio eletto presso Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi, 47;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gaetano Farina non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 00895/2011, resa tra le parti, concernente pratica commerciale scorretta per ostruzionismo nel passaggio ad altro operatore - irrogazione sanzione pecuniaria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2017 il Cons. O M C e uditi per le parti gli avvocati V M, Luisa Torchia e Carla Colelli dell'Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza appellata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, ha respinto il ricorso proposto da Fastweb S.p.A. (d’ora in poi Fastweb) avverso la sanzione pecuniaria di 120.000,00 euro comminatale, ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del d.lgs. n. 206/2005, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’orai in poi Agcm) per aver adottato, al fine di evitare che i clienti migrassero verso altro operatore telefonico, una pratica commerciale scorretta consistente nel prospettare informazioni lacunose e false circa i piani tariffari.

2. Ricondotta l’attività posta in essere dalla società ricorrente alla retention , ossia alla pratica commerciale diretta a conservare la clientela mediante contro offerte indirizzate agli utenti intenzionati a rivolgersi ad altri operatori, definita la cornice normativa entro cui inquadrare la vicenda dedotta in giudizio, i giudici di prime cure hanno respinto tutti i motivi d’impugnazione dedotti da Fastweb.

Hanno escluso la non corrispondenza fra quanto contenuto nel provvedimento sanzionatorio e quanto invece contestato nella comunicazione d’avvio del procedimento;
hanno individuato gli elementi qualificanti la pratica ingannevole posti in dubbio dalla società ;
ed, infine, hanno avallato la quantificazione della sanzione, contestata dalla società per l’assenza della recidiva, nell’ammontare complessivo.

3. Appella la sentenza Fastweb. Resiste l’Agcm.

4. Alla pubblica udienza del 30.03.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Col primo motivo d’appello, Fastweb lamenta l’errore di diritto in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure laddove, anziché scrutinare l’effettiva corrispondenza fra quanto contestato nella comunicazione d’avvio del procedimento e quanto invece accertato nel provvedimento conclusivo, si sarebbero limitati a verificare la sussistenza della pluralità degli elementi qualificanti la pratica ingannevole.

In tale modo, denuncia l’appellante, oltre a fraintendere il contenuto della censura, i giudici di prime cure avrebbero pretermesso di verificare la diversa natura della violazione accertata rispetto a quella contestata che avrebbe frustrato le garanzie di difesa della società nel procedimento sanziionatorio.

6. Il motivo è infondato.

6.1 La giurisprudenza richiamata a sostegno del motivo d’appello (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2015 n. 2514) è paradigmatica del vizio del procedimento nel quale viene contestata una pratica commerciale scorretta ontologicamente diversa da quella poi accertata.

La sentenza – cosiccome i precedenti specifici (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007 n. 5085) – fa perspicuo riferimento alla “natura intrinseca” della diversa violazione comminata rispetto a quella contestata tale da non consentire cognita causa la difesa all’incolpato professionista nel procedimento.

6.2 Viceversa nel caso che ne occupa, le condotte contestate e poi sanzionate, lungi dall’essere intrinsecamente eterogenee nel genus , integrano piuttosto, in quanto omogenee, un’unica pratica ingannevole (teleologicamente) orientata a convincere i clienti a revocare le procedure di migrazione, già in corso d’esecuzione o in fase d’avvio, per stipulare contratti con altri operatori del settore.

Testualmente, nella comunicazione di avvio, il comportamento contestato è stato ritenuto riconducibile alle ipotesi di violazione degli artt. 20, 21, 22, 23, 24 e 25, lettera d), del Codice del Consumo, in quanto “la pratica commerciale indicata potrebbe considerarsi da un lato ingannevole, poiché sarebbero state fornite ai consumatori informazioni non rispondenti al vero, promuovendo piani tariffari apparentemente vantaggiosi rispetto a quelli che in seguito sono stati effettivamente attivati, inducendo i consumatori ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbero preso;
dall’altro, la suddetta pratica potrebbe considerarsi aggressiva in quanto consistente in ostacoli frapposti dal professionista nei confronti di quei clienti che, avanzando la richiesta di migrazione, avrebbero manifestato a Fastweb la volontà di passare ad altro operatore”.

Sicché all’analitica contestazione delle condotte ingannevoli ed aggressive, ha fatto riscontro la puntuale individuazione della fattispecie astratta punita – ossia la pratica commerciale ingannevole – attuata dalla società mediante le condotte contestate in violazione degli artt. 20, 21 e 22, comma 2, cod. cons.

7. Col secondo motivo d’appello si deduce l’assenza sia del requisito della significatività che del carattere diffuso della pratica commerciale ritenuta scorretta.

Il Tar, respingendo la censura proposta in prime cure, avrebbe erroneamente sopravvalutato l’omissione di script descrittivi dell’offerta della retention , costituente, secondo la società appellante, l’unico elemento di fatto accertato dall’Agicom a sostegno della violazione contestata.

Inoltre i giudici di prime cure non avrebbero considerato la scarsa o nulla incidenza sul piano pratico del comportamento vietato, non avente oltretutto carattere diffuso.

8. Il motivo è infondato.

8.1 L’ubi consistam della pratica commerciale ingannevole è l’assenza di trasparenza e certezza nell’attività di retention .

Le informazioni a riguardo fornite da Fastweb sono state formulate in modo oscuro, incomprensibile ed ambiguo, in violazione degli obblighi di trasparenza, chiarezza e diligenza professionale causando l’acuirsi della posizione di debolezza del consumatore rispetto alla controparte.

8.2 Nella dinamica complessiva dell’attività di retention, diretta ad un’entità a priori indeterminata di utenti, l’assenza di script è solo uno, fra gli altri, degli indici sintomatici individuati dall’Agcm della pratica ingannevole contestata alla società.

8.3 Anziché compensare l’asimmetria informativa che ordinariamente governa il settore della telefonia, il professionista, in luogo – fra l’altro – di predisporre adeguati modelli scritti contenenti l’offerta, ha eluso gli obblighi di chiarezza e completezza dell’informazione limitandosi a fornire, con condotta avente carattere diffuso, generiche informazioni tramite i call center , impedendo di fatto l’obiettivo riscontro da parte dell’utente della corrispondenza biunivoca fra quanto prospettato telefonicamente e quanto effettivamente offerto.

8.4 Condotta che – va sottolineato – integra in apicibus , al di là delle concrete modalità in cui essa s’estrinseca e dall’effettivo pregiudizio causato ad un singolo consumatore o ad una schiera indeterminata di utenti, pratica ingannevole vietata (cfr. Corte di Giustizia 16 aprile 2015 in C-388/13;
Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 2016 n. 4048).

9. Con terzo motivo d’appello, la società si duole della quantificazione della sanzione pecuniaria che sarebbe stata incrementata nella misura di 30.000,00 euro applicando la recidiva non affatto prevista nell’ordinamento di settore.

10. Il motivo è infondato.

10.1 La sanzione comminata da Agcm ha carattere afflittivo ed effetto deterrente (cfr., Corte di Giustizia 16 aprile 2015, C-388/13;
Cons. Stato, sez. VI, 17 novembre 2015 n. 5250).

Conseguentemente, per essere effettiva e dissuasiva, la quantificazione della sanzione deve tener conto ed essere proporzionata al reale rilievo economico e all’importanza del professionista.

10.2 A questi criteri s’è attenuta l’Agcom che, lungi da applicare l’istituto della recidiva di cui all’art.

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