Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-01-07, n. 202200044
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Pubblicato il 07/01/2022
N. 00044/2022REG.PROV.COLL.
N. 03959/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3959 del 2021, proposto da Azienda Ospedaliera-Universitaria Sant'Andrea, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato A C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli Avvocati A P, I S, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato A P in Roma, piazza Adriana, 20;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’ammissione alla procedura di stabilizzazione di cui all’art. 20, comma 2, D.lgs. n. 75/2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 il Consigliere P A A Patti e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso al TAR per il Lazio n.r.g -OMISSIS-, la -OMISSIS- impugnava le deliberazioni del Direttore Generale dell’AOU -OMISSIS- con cui è stato bandito il concorso riservato di stabilizzazione c.d. automatica, ai sensi dell’art. 20, comma 2, D.lgs. n. 75/2017 per la copertura a tempo pieno e indeterminato di posti di dirigente medico e collaboratore professionale sanitario igienista dentale cat. D. nella parte in cui non risultava indicata nell’elenco degli ammessi, né dei non ammessi alla procedura, e contestava altresì l’eccesso di potere in relazione alla ritenuta possibilità di utilizzazione di fondi non estranei al SSR per la copertura finanziaria dei posti destinati agli stabilizzandi.
Con nota -OMISSIS-, l’Azienda aveva comunicato alla ricorrente l’esclusione dalla procedura di stabilizzazione rilevando che i contratti di collaborazione di cui la stessa è stata titolare non possono essere presi in considerazione per la maturazione dei requisiti di legge perché hanno sempre trovato la loro causa e la copertura finanziaria in seno all’attività di ricerca, non riconducibile “ all’attività propriamente medica legata all’erogazione di servizi assistenziali ”.
2.- La sentenza in epigrafe, ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo, ha accolto il ricorso.
Dall’esegesi dell’art. 20, comma 2, D.lgs. n. 75/2020, secondo il TAR, si ricaverebbe che tra i requisiti è richiesto l’aver maturato alla data del -OMISSIS- almeno tre anni di “contratto”, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l’Amministrazione che bandisce il concorso.
La circolare n. 3/2017 (punto 3.2.7.) del Ministero per la semplificazione e la pubblica Amministrazione ha specificato che tra i contratti di lavoro flessibile di cui all’art. 20, comma 2, possono ricomprendersi anche quelli di “ collaborazione coordinata e continuativa e anche i contratti degli assegnisti di ricerca ”.
Anche la giurisprudenza è favorevole ad includere in tale tipologia di contratti anche i contratti per assegno di ricerca ( Cds, VI, -OMISSIS-).
La ricorrente è in possesso dei requisiti di legge, ossia la titolarità, successivamente all’entrata in vigore della l. n. 124/2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l’AOU Sant’Andrea e tre anni di anzianità di servizio negli ultimi 8 anni in forza di contratti predisposti dalla stessa Azienda, a far data dal -OMISSIS-, aventi ad oggetto lo svolgimento di attività di ricerca.
Inoltre, tra i requisiti previsti dal D.lgs. n. 75/2017 non vi è alcun riferimento alla necessità che i contratti prevedano una copertura finanziaria con fondi non estranei al SSR.
3.- Propone appello l’Azienda ospedaliera che chiede la riforma della sentenza impugnata.
L’azienda deduce che -OMISSIS- non può essere considerata “ soggetto alle dipendenze ” dell’Azienda Sant’Andrea e, dunque, beneficiare della procedura di stabilizzazione di cui all’art. 20, secondo comma, D.lgs. n. 75/2017, sia in ragione dell’attività svolta, sia per la derivazione privatistica del suo compenso.
Sebbene, come si afferma nella sentenza, gli assegnisti di ricerca rientrano tra le tipologie previste dall’art. 20, secondo comma, D.lgs. n. 75/2017, anche alla luce della Circolare Madia n. 3/2017, è altrettanto vero che l’attività che ha contraddistinto l’appellata, come emerge dai relativi contratti stipulati, è stata svolta in favore di soggetti finanziatori estranei al Sant’Andrea e alla P.A. in genere.
Si tratta, infatti, di progetti di ricerca condotti presso il nosocomio avvalendosi delle apparecchiature e/o macchinari ivi presenti, ma predisposti da soggetti privati che hanno avuto interesse ad approfondire e valutare l’efficacia di determinati farmaci e/o gli effetti avversi provocati dagli stessi, di sperimentare l’utilizzo di trattamenti e/o apparecchiature alternative in pazienti oncologici o affetti da altre patologie.
Nonostante l’aspetto formale (Azienda Ospedaliera firmataria dei contratti) sostanzialmente si tratta di attività svolta su e per progetti privati, fermo restando che trattasi di attività di ricerca e sperimentazione piuttosto che assistenziale.
Inoltre, per quanto concerne il profilo della copertura finanziaria, l’appellata non può essere considerata “ soggetto dipendente ” del Sant’Andrea anche per la matrice privatistica del compenso erogatole, come emerge dai contratti sottoscritti.
La natura pubblica del finanziamento dei contratti flessibili ammessi alla stabilizzazione è sottesa alla normativa ed implicitamente emerge dalla lettura di tutto l’art. 20 e non solo del 2° comma, a cui evidentemente si sono limitati i Giudici di prima istanza.
In altri termini, il “ costo ” dei c.d. precari poi stabilizzati deve ricadere già sull’Amministrazione stessa, che in tal modo opera solo uno spostamento contabile di fondi già presenti in bilancio.
Tale presupposto non ricorre per l’appellata il cui “ costo ” non è mai stato a carico dell’Amministrazione.
4.- Si è costituita in giudizio l’appellata che eccepisce, innanzitutto, la violazione dell’art. 95 c.p.a. sotto il profilo dell’integrità del contraddittorio.
Nel merito, l’appellata afferma che l’attività svolta è stata prevalentemente di natura medico-assistenziale (visite, ecografie, etc.), sulla base di programmi ed esigenze del SSN predisposti dall’Azienda resistente e non da soggetti privati.
Di ciò vi sarebbe prova documentale in atti, oltre che chiaramente espresso persino nei contratti prodotti dalla ricorrente, nei quali gli unici soggetti responsabili dell’attività della ricorrente vengono indicati in dipendenti dell’Azienda resistente.
La disciplina inerente la stabilizzazione del personale medico, ad avviso dell’appellante, non includerebbe tra i requisiti necessari la natura del finanziamento dei contratti che neppure è escluso possa essere privato.
I fondi privati confluiscono nel bilancio aziendale ed è la stessa Azienda che ha deciso di avvalersi di detti fondi per retribuire l’attività della ricorrente.
A conferma di ciò, gli avvisi integrativi dei bandi pubblicati il 18 agosto 2020 includono tra i requisiti il servizio reso in favore di altre Amministrazioni del SSN;quindi, sarebbe di tutta evidenza come i corrispondenti costi (pregressi) non fossero inclusi tra quelli sostenuti dall’Azienda stabilizzante.
5.- Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello è infondato e, pertanto, si può prescindere dalla eccepita violazione dell’art. 95 cpa.
2.- Come già rilevato da questo Consiglio di Stato (Sez. VI, -OMISSIS-), l’art. 20 D.lgs. n. 75/2017 prevede due diverse procedure di stabilizzazione.
Il primo comma prevede di “valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato” e, tra i requisiti, richiede che il personale “abbia maturato … almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni” , distinguendosi dal secondo comma che non parla di rapporto di lavoro a tempo determinato, richiedendo “… almeno tre anni di contratto, anche non continuativi” .
Il secondo comma, che rileva nel presente giudizio, così dispone: “2. Nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni, possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;b) abbia maturato, alla data del -OMISSIS-, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso” .
Il richiamo alle “diverse tipologie di contratto flessibile” dovrebbe intendersi, quindi, riferito alle ulteriori forme contrattuali di cui all’art. 36 del D.lgs. n. 165/2001 ed al capo II del D.lgs. n. 81/2015 (che dedica il Capo II appositamente al “Lavoro a orario ridotto e flessibile” ed individua le ulteriori forme contrattuali flessibili nel lavoro a tempo parziale e nel lavoro intermittente, quest’ultimo, inapplicabile presso la pubblica amministrazione per l’esplicita esclusione contenuta nell’art. 13, comma 5, del D.L.vo n. 81/2015).
Il Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione ha dettato gli “Indirizzi operativi in materia di valorizzazione dell’esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile e superamento del precariato” , precisando che “gli anni utili da conteggiare ricomprendono tutti i rapporti di lavoro prestato direttamente con l’amministrazione, anche con diverse tipologie di contratto flessibile, ma devono riguardare attività svolte o riconducibili alla medesima area o categoria professionale” (punto 3.2., lett. c)” e che “nel paragrafo dedicato agli enti di ricerca, sia pure con specifico riguardo alle prestazioni svolte in base a contratti di assegno di ricerca, “l’ampio riferimento alle varie tipologie di contratti di lavoro flessibile, di cui all’articolo 20, comma 2, può ricomprendere i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e anche i contratti degli assegnisti di ricerca” ” (Circolare n. 3/2017, punto 3.2.7.).
E’ stato così chiarito che l’assegno di ricerca può essere considerato idoneo a partecipare alla procedura di stabilizzazione solo allorquando questa sia indetta in base al comma 2 dell’articolo 20 per la quale il legislatore non manifesta la volontà di valorizzare la professionalità acquisita con una specifica tipologia di contratto, come nel comma precedente, ed utilizza una terminologia più ampia e generica rispetto alla fattispecie disciplinata nel primo comma.
Dunque, secondo l’avviso dello stesso Ministero, l’assegno di ricerca può essere considerato idoneo a partecipare alla procedura di stabilizzazione allorquando questa sia indetta in base al comma 2 dell’articolo 20.
3.- Il Collegio non ritiene rilevanti le deduzioni dell’appellante concernenti il profilo della copertura finanziaria.
Una volta ammesso che le finalità della procedura di stabilizzazione disciplinata dal comma 2 dell’art. 20 citato sono differenti rispetto a quelle perseguite con la procedura di cui al primo comma (attesa la terminologia più ampia e generica utilizzata dal legislatore rispetto alla fattispecie disciplinata nel primo comma, come si è detto), va da sé che, fermo l’obbligo di indicazione di copertura finanziaria per le assunzioni, non si impone una particolare rigidità nel considerare la fonte di finanziamento dei contratti di cui è stato titolare il ricercatore.
3.1.- Gli assegni di ricerca sono previsti dall'art. 22 della Legge 240/2010 per gli studiosi in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca.
Il conferimento dell'assegno avviene mediante selezione pubblica, per titoli e colloquio, ed è formalizzato dalla stipula di un contratto di diritto privato tra l'Università e il vincitore, che non si configura in alcun modo come un contratto di lavoro subordinato e non dà diritto all'accesso nei ruoli del personale universitario.
L'assegnista svolge una collaborazione a carattere continuativo sotto la direzione di un responsabile scientifico, in condizioni di autonomia e nei limiti dettati dagli obiettivi dei programmi di ricerca.
La durata di un assegno di ricerca varia da 1 a 3 anni ed è rinnovabile fino a un massimo di 6 anni, compreso l’eventuale rinnovo ed escluso il periodo in cui la percezione dell'assegno coincida eventualmente con la durata legale di un dottorato di ricerca.
Esistono due tipologie di assegni di ricerca (art. 22 comma 4): gli assegni finanziati dal bilancio universitario, per le linee di ricerca proposte dai Dipartimenti e che richiedono la presentazione di uno specifico progetto di ricerca;gli assegni relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti, che vengono banditi su richiesta del soggetto che intende conferirli.
L'unico vincolo imposto per legge, in tal caso, è che l’importo degli assegni sia' determinato dal soggetto che intende conferire gli assegni medesimi, sulla base di un importo minimo stabilito con decreto del Ministro.
Ma la provenienza dei fondi non incide sullo statuto del ricercatore e sulla complessiva disciplina degli Assegni di ricerca.
Come argomentato dal primo giudice, inoltre, se l’Azienda Sanitaria ha necessità di avvalersi di finanziamenti provenienti dai privati per l’attività di ricerca, non può comunque ritenersi conforme a legge che la conseguenza di questa libera scelta della Amministrazione possa costituire un pregiudizio per i lavoratori coinvolti.
Conclusivamente, il finanziamento dei contratti di lavoro flessibile da parte del SSN non può essere ritenuto requisito necessario ai fini dell’ammissione alla procedura di stabilizzazione di cui al comma 2 del D.lgs. n. 75/2017.
3.2.- Quanto alla contestata natura della prestazione, va precisato che dagli atti acquisiti in giudizio risulta il carattere anche medico-assistenziale dell’attività svolta dall’appellata, sulla base di programmi predisposti dall’Azienda (si veda, -OMISSIS- del contratto di collaborazione sottoscritto il -OMISSIS-, ove si legge che nell’ambito del progetto di ricerca -OMISSIS- svolgerà le seguenti attività: il Simultaneous care team;stabilire il programma terapeutico specifico e/o di supporto - trasfusionale, accertamenti strumentali - attraverso la programmazione di visite domiciliari;collaborare con gli specialisti del territorio per condividere il percorso terapeutico e valutare la risposta alle cure;servizio di ecografia;consulenze ematologiche).
Nello stesso senso dispongono i contratti sottoscritti il -OMISSIS-.
Anche gli incarichi conferiti il -OMISSIS- e -OMISSIS- ricomprendono attività di natura assistenziale (nell’ambito dell’obiettivo di “gestione dei sintomi gastrointestinali nei pazienti onco-ematologici in trattamento chemioterapico/radiologico, nell’ambito del percorso cure simultanee”), attività da coordinare anche con il servizio di assistenza domiciliare ASL e del Medico di medicina Generale (-OMISSIS-).
Pure ai contratti stipulati -OMISSIS-, riguardanti l’efficacia e la sicurezza del farmaco -OMISSIS- nei pazienti oncologici, non è estranea l’attività di tipo clinico/assistenziale se si considera che alla ricercatrice è affidato, tra gli altri, il compito di “ ricoprire un ruolo di coordinamento tra i vari professionisti del team di ricerca e costituire il punto di riferimento per l’équipe clinica ” (cfr. -OMISSIS-).
4.- L’appello, in conclusione, va rigettato.
5.- Le spese di giudizio si compensano tra le parti in considerazione delle questioni trattate.