Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-11-07, n. 201705143

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-11-07, n. 201705143
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201705143
Data del deposito : 7 novembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2017

N. 05143/2017REG.PROV.COLL.

N. 03643/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3643 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Como in Roma, via Giovanni Antonelli n. 49;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, A.S.L. di Caserta, non costituiti in giudizio;
Ufficio Territoriale del Governo Caserta-Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente annullamento:

- della nota dell'Azienda Sanitaria Locale di Caserta, Dipartimento di Prevenzione - -OMISSIS-, con cui si comunica che, a seguito dell'interdittiva antimafia della Prefettura di Caserta -OMISSIS-, non possono essere erogati gli indennizzi, relativi all'abbattimento di -OMISSIS- affetti da -OMISSIS-;

- del provvedimento dell’UTG di Caserta -OMISSIS-che dispone l'interdittiva antimafia nei confronti del ricorrente;
e, altresì, degli atti e delle relazioni redatte e sottese al provvedimento interdittivo, ivi compresa la relazione redatta in data -OMISSIS-dai rappresentanti delle forze dell'ordine;

- nonché, per l'accertamento del diritto all'indennizzo di legge per l'abbattimento di n. -OMISSIS- affetti da -OMISSIS-;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo Caserta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. G C e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In esito alla richiesta di indennizzo per abbattimento di -OMISSIS-, avanzata dall’appellante, l’ASL Caserta ne ha comunicato (-OMISSIS-) il non accoglimento, atteso che la Prefettura di Caserta aveva informato della sussistenza, nei confronti (anche) del medesimo appellante delle “situazioni di cui all’art. 84 comma 4 e all’art. 91 comma 6 del D. Lgs. n. 159/2011”.

Il citato provvedimento prefettizio in data -OMISSIS-richiama le precedenti note di Carabinieri, Questura e Guardia di Finanza e della Direzione Investigativa antimafia di Napoli ed espone le seguenti risultanze della relazione redatta in data -OMISSIS-dai rappresentanti delle forze dell’ordine, incaricate di procedere alle verifiche sul conto della -OMISSIS-

- la sede legale della ditta è la stessa di quella di -OMISSIS-, destinatario anch’esso di informazione antimafia interdittiva;

- la -OMISSIS-., è risultata destinataria in data -OMISSIS-di un provvedimento interdittivo antimafia, confermato dal T.A.R. Lazio con sentenza -OMISSIS-;

- il -OMISSIS- è sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale nello stesso comune di -OMISSIS-e condannato con sentenza di primo grado alla pena di anni nove di reclusione per associazione a delinquere ex art. 416 bis c.p. e turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p., con l’aggravante dell’art. 7 della L. 203/1991.

Con il ricorso introduttivo di primo grado, l’attuale appellante ha impugnato avanti al Tar Napoli i suddetti provvedimenti e, altresì, proposto successivi motivi aggiunti in relazione alle circostanze emerse a seguito dell’istruttoria disposta dal medesimo T.A.R.

2. Il Giudice adito ha respinto il ricorso con sentenza -OMISSIS-, le cui motivazioni è opportuno riportare di seguito in maniera estesa, al fine di una migliore e complessiva comprensione, anche sotto il profilo fattuale, della vicenda de qua :

i) il provvedimento interdittivo della Prefettura “ si fonda su plurimi indizi che attengono all’esistenza di relazioni di parentela del ricorrente con soggetti già attinti da interdittive e con imputati in procedimenti per reati riconducibili alla criminalità organizzata, elementi che, nel loro complesso, evidenziano la sussistenza di possibili profili di contaminazione e di influenza nella gestione operativa dell’impresa ”;

ii) in particolare “ -OMISSIS- risultano a vario titolo coinvolti in procedimenti giudiziari o amministrativi per reati e vicende riconducibili alla criminalità organizzata ”;
oltre a quanto riportato nel provvedimento prefettizio, dalla relativa

istruttoria è emerso, infatti, che il ricorrente:

- è stato tratto in arresto il -OMISSIS-in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito di un’operazione di polizia denominata “-OMISSIS-” perché ritenuto responsabile di associazione mafiosa;
e successivamente prosciolto nel 2000 dal Tribunale di -OMISSIS-:

- è cugino di -OMISSIS-, elemento di spicco del -OMISSIS-, attualmente detenuto e gravato da precedenti penali per associazione mafiosa ed estorsione;

- è -OMISSIS-, che oltre alla menzionata condanna, risulta sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale e attinto da provvedimento interdittivo antimafia del 2011 nell’ambito della propria società “-OMISSIS-”;

- è -OMISSIS-, titolare di impresa colpita da un provvedimento interdittivo antimafia oggetto di distinto gravame pendente presso lo stesso T.A.R.;

iii) secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 3576/2013):

- relazioni parentali di tal genere possono fondare la legittima adozione dell’informativa antimafia, allorquando gli intrecci familiari siano plurimi e riconducano ad esponenti di spicco di pericolose organizzazioni malavitose, in un contesto geografico a forte presenza di clan familiari legati con la camorra e con attività economiche di specifico interesse per i sodalizi criminali. In tali ipotesi, detti intrecci espongono potenzialmente l’impresa all’influsso del clan di riferimento e possono determinare fatalmente, se non un coinvolgimento diretto, sicuramente un forte condizionamento nelle scelte e negli indirizzi societari;

- non si tratta quindi solo di un legame parentale, ma del contesto geografico e socio-economico in cui tale legame viene a radicarsi, tale da determinare un quadro indiziario significativo che ragionevolmente sconsiglia la instaurazione di un rapporto di collaborazione della ditta interessata con la amministrazione;

- le informative prefettizie in materia di lotta antimafia, in quanto afferenti alla prevenzione del crimine e al contrasto amministrativo preventivo delle organizzazioni di criminalità organizzata, possono essere fondate su fatti e vicende aventi valore meramente sintomatico e solo indiziario, giacché mirano alla prevenzione di infiltrazioni mafiose e criminali nel tessuto economico imprenditoriale;

iv) le vicende processuali che hanno interessato i familiari del ricorrente, pur se risoltesi per alcuni di loro positivamente dal punto di vista giudiziario, in una valutazione complessiva degli elementi indiziari evidenziano, comunque, come la vita imprenditoriale dell’intera famiglia risulti a vario titolo influenzabile dalla realtà criminale gravitante nell’orbita del -OMISSIS-;

v) si richiama, altresì, il criterio del “più probabile che non”, enunciato dalla sentenza di questo Consiglio n. 1743/2016 al fine di poter ritenere che le decisioni sull’attività dell’impresa possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto;

vi) sotto tale profilo non può non assumere ruolo decisivo ai fini della valutazione del rischio di contaminazione criminale, il ruolo del -OMISSIS-, ritenuto organico al -OMISSIS- che ha dato prova della sua capacità di piegare alle logiche dell’associazione criminale l’impresa facente capo ad un proprio familiare. In particolare, in base alla sentenza -OMISSIS-è risultato colpevole del reato di turbata libertà degli incanti aggravato dalla finalità di agevolazione del -OMISSIS-. La pronuncia descrive il contributo attivo -OMISSIS- nella perpetrazione dell’illecito, dalla preparazione delle offerte di comodo, alla individuazione dei concorrenti da allontanare, alla fornitura delle offerte occorrenti per pilotare la media e, in particolare, quella del -OMISSIS- (presente in tutte le procedure oggetto di verifica giudiziale in sede penale e aggiudicataria della gara per il parcheggio presso il Comune di -OMISSIS-), offerta che lo stesso imputato ammise di aver consegnato ai complici;
ne sarebbe confermata l’oggettiva -OMISSIS- esercitava sull’impresa del -OMISSIS-;

vii) al riguardo, non rileva la circostanza che quest’ultimo sia stato prosciolto dai capi di imputazione che lo riguardano per non aver commesso il fatto, per mancanza di elementi di prova circa un suo effettivo coinvolgimento e in quanto dalle indagini di Polizia Giudiziaria risulta che il medesimo era all’oscuro del meccanismo di turbativa d’asta elaborato dal fratello;
invero, ciò rafforzerebbe le conclusioni della Prefettura poiché confermerebbe che l’impresa edile era nella effettiva -OMISSIS-che “esercitava un diretto potere decisionale sulle offerte rilasciate a nome di suo fratello per la partecipazione alle turbative in esame”, mentre il --OMISSIS-ne assunse la mera intestazione formale;

viii) inoltre, secondo i principi in materia di interdittiva, questa non riveste natura sanzionatoria e quindi non presuppone la colpevolezza del titolare, svolgendo una funzione preventiva, preordinata ad evitare che la gestione societaria della ditta possa essere piegata alle logiche criminali e divenire agevole strumento di accesso dell’operatore economico nella distribuzione delle commesse pubbliche;

ix) neppure rileva che il ricorrente sia persona offesa nel procedimento a carico di -OMISSIS-e altri esponenti del -OMISSIS-per il reato di estorsione (vicenda risalente al 2010) e si sia costituito parte civile (peraltro nel 2014), perché un simile fatto non esclude, e anzi conferma, l’esistenza di un rischio di contaminazione criminale dell’impresa, in quanto la circostanza che un imprenditore subisca le ingerenze e le pressioni del clan evidenzia l’interesse di quest’ultimo alla gestione dell’azienda e ad una compartecipazione agli utili;
diverso sarebbe il caso dell’imprenditore che denunci in sede penale l’influenza criminale, ponendo in essere quanto in suo potere per evitare e recidere sul nascere il condizionamento che la legge vuole evitare, mentre non risulta che il ricorrente abbia sporto per tempo alcuna denuncia per il reato di estorsione di cui è persona offesa, tenendo conto che l’omessa denuncia del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso costituisce una delle ipotesi legislativamente tipizzate da cui il Prefetto può desumere un tentativo di condizionamento criminale (art. 84, comma 4, lett. ‘c’ del D.Lgs. n. 159/2011);

x) alla stregua della consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Sez. VI, n. 6493/2011), è, infine, destituita di giuridico fondamento la censura che attiene alla violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/1990, poiché le esigenze di celerità, ai sensi del citato art. 7, rendono giustificata l'omissione di detta comunicazione.

3. Nell’atto di appello avverso la suddetta sentenza, si deducono le seguenti censure, articolate su due motivi, con i quali viene denunciata la violazione degli articoli 81 e ss. e 90 e ss. del c.d. Codice Antimafia (primo motivo) e degli stessi artt. 81 e ss. (secondo motivo):

a) il TAR valorizzerebbe, in sostanza, la semplice parentela, ma, quanto alla “pluralità” dei rapporti di parentela pericolosi, solo uno dei parenti e solo uno dei -OMISSIS-è ancora sottoposto a processo, ma non condannato in via definitiva, per turbativa d’asta;

b) il provvedimento impugnato dell’ASL impugnato in primo grado non riguarda lavori pubblici, o finanziamenti, o sovvenzioni in senso stretto, ma l’indennizzo per l’abbattimento (ordinato dalla stessa A.S.L.) di -OMISSIS-ritenuti malati;

c) non sarebbe stata svolta alcuna autonoma istruttoria nei riguardi dell’appellante, neppure nel verbale del Gruppo Interforze;
e da parte del TAR sarebbe stato negato l’effetto della sua piena assoluzione oltre che “stravolto” il senso dell’assoluzione del -OMISSIS-, perché dalla sentenza penale emergerebbe la sua estraneità e piena distinzione dal -OMISSIS- (mai i due fratelli avrebbero “avuto rapporti commerciali, mai un’ATI, mai un contratto”);

d) quanto al -OMISSIS-, egli sarebbe ugualmente estraneo, si sarebbe costituito parte civile contro il -OMISSIS-per ottenere un risarcimento dei danni (il che sarebbe il contrario di un’influenza collaborativa subìta) e quando si sono verificati danneggiamenti nella sua azienda da parte di ignoti, ha sempre provveduto a denunziare tutto ai Carabinieri;

e) la sentenza appellata, poi, nulla direbbe sulla posizione della -OMISSIS-mentre le circostanze a suo carico sarebbero “più che labili” ed è ancora pendente dinanzi al T.AR. Lazio il suo ricorso contro l’interdittiva ricevuta;

f) in definitiva, un’intera famiglia rimarrebbe colpita dalla-OMISSIS-, il quale, a sua volta, ha una posizione ancora sub iudice e “le eventuali -OMISSIS-

g) l’esegesi della normativa che disciplina l’istituto della interdittiva antimafia dovrebbe essere costituzionalmente orientata e assumere a riferimento gli elementi che connotano il “tentativo” nell’articolo 56 del codice penale in termini di “idoneità” ed univocità” degli atti;
ed essere rigorosa nel richiedere la sussistenza di presunzioni “gravi, precise e concordanti”, come indicato da recente pronuncia del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana (n. 257 del 3.8.2016).

4. Resiste in questo grado di giudizio il solo Ministero dell’Interno-UTG di Caserta, che in vista dell’odierna udienza di discussione ha depositato (10 agosto 2017) memoria difensiva con cui conclude per la reiezione dell'appello.

5. Nessuna ulteriore attività difensiva è stata dispiegata dall’appellante in vista del passaggio in decisione della causa.

6. Ciò premesso, il Collegio reputa necessario, prima di procedere la specifica disamina delle censure svolte nell’atto di appello, riepilogare i punti fermi cui è pervenuta la giurisprudenza di questa Sezione in ordine all’interdittiva antimafia.

6.1. Sul piano generale, una prima serie di principi è stata richiamata, di recente, da due pronunce di questa Sezione (12/09/2017, n. 4295 e 8/09/2017, n. 4261), vale a dire:

6.1.1. l’interdittiva antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l’azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti con la pubblica amministrazione, che prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;

6.1.2. tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua ragionevolezza in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;

6.1.3. la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
in particolare, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;

6.1.4. gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

6.2. In precedenza, una ulteriore serie di principi era stata sistematizzata dalle sentenze 3.5.2016, n. 1743 (richiamata anche nella sentenza qui appellata) e 9/05/2016, n. 1846, tra i quali principi rilevano – ai fini della presente decisione – soprattutto quelli enunciati, come segue, ai loro rispettivi capi 4.1.4;
4.9.;
da 5.1. a 5.7.;
6.1.1.;

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