Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-03-24, n. 202102491
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Pubblicato il 24/03/2021
N. 02491/2021REG.PROV.COLL.
N. 02375/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2375 del 2012, proposto dall’Aifa - Agenzia italiana del farmaco, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa
ex lege
dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata
ope legis
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato P S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C M B in Roma, via Po, n. 43;
nei confronti
della Regione Lazio, in persona del Presidente
pro tempore
, e della Sandoz s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituite in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, sezione terza quater, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della -OMISSIS-.;
visti tutti gli atti della causa;
relatore, nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020, il consigliere Francesco Frigida;udito, per la -OMISSIS-., l’avvocato Maurizio Morganti, su delega dell’avvocato P S, e dato per presente, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto - legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, per l’Aifa, l’avvocato dello Stato Marina Russo;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La -OMISSIS-. ha proposto il ricorso di primo grado n. 2535 del 2011 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, avverso gli avvisi dell’Aifa - Agenzia italiana del farmaco del 13 gennaio 2011 e del 31 gennaio 2011, con cui è stato stabilito che, laddove nel periodo 1 gennaio 2011 / 30 marzo 2011 sia scaduto il brevetto di un farmaco e quest’ultimo sia stato inserito nelle cosiddette liste di trasparenza compilate dall’Aifa, non sussisterebbero i presupposti di legge affinché l’impresa produttrice sia ammessa al sistema del cosiddetto “ pay-back ”, sicché i farmaci CellCept e Madopar , ambedue commercializzati dalla società interessata e i cui brevetti europei sono rispettivamente scaduti nel 2007 e nel 2008.
1.1. L’Aifa - Agenzia italiana del farmaco si è costituita nel giudizio di primo grado, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione di una sua precedente nota del 2 dicembre 2009 e comunque la sua infondatezza.
1.2. La Regione Lazio e la Sandoz s.p.a. non si sono costituite nel giudizio di primo grado.
2. Con l’impugnata sentenza n. 9347 del 29 novembre 2011, il T.a.r. per il -OMISSIS-, sezione terza quater , ha accolto il ricorso e, pertanto, ha annullato gli avvisi del 13 gennaio 2011 e del 31 gennaio 2011;ha respinto la domanda risarcitoria proposta dalla -OMISSIS-. e ha compensato tra le parti le spese di lite.
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 16 marzo 2012 e in data 2 aprile 2012 – l’Aifa - Agenzia italiana del farmaco ha interposto appello averso la su menzionata sentenza, articolando tre motivi.
4. La -OMISSIS-. si è costituita in giudizio, eccependo l’inammissibilità dell’appello e, in ogni caso, la sua infondatezza.
4.1. La Regione Lazio e la Sandoz s.p.a., pur ritualmente evocate, non si sono costituite in giudizio.
5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 29 settembre 2020.
6. In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione d’inammissibilità dell’appello, formulata dalla -OMISSIS-., per asserita violazione dell’art. 101 del codice amministrativo, in quanto l’appellante avrebbe semplicemente riproposto le eccezioni dedotte in primo grado senza indicare le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata.
Al riguardo, il Collegio rileva che la disposizione di cui al citato art. 101 non va intesa in senso formalistico, essendo sufficiente che dal tenore complessivo dell’atto d’impugnazione si evincano con chiarezza le posizioni giuridiche assunte dall’appellante nei confronti del decisum di primo grado.
7. Tanto premesso, l’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.
8. Con il primo motivo d’impugnazione, l’appellante ha sostenuto che il ricorso originario avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per mancata impugnazione di una sua precedente nota del 2 dicembre 2009, asseritamente dotata di immediata lesività siccome limitativa della facoltà di opzione del cosiddetto “ pay-back ”, sicché gli avvisi del 2011, oggetto del presente giudizio, sarebbe atti meramente applicativi della predetta nota.
Tale motivo è infondato.
In proposito va precisato che il meccanismo del “ pay-back ” è stato introdotto dall’art. 1, comma 796, lettera g), della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) per ottenere una maggiore flessibilità del mercato farmaceutico, consentendo l’erogazione di risorse economiche alle regioni e, al contempo, la possibilità per le aziende farmaceutiche di scegliere il prezzo dei propri farmaci in base alle loro strategie di mercato. Tramite questo sistema, infatti, le imprese produttrici possono chiedere all’Aifa la sospensione della riduzione dei prezzi del 5% in cambio di un trimestrale versamento (“ pay-back ”) del relativo valore su appositi conti correnti individuati dalle regioni, dimodoché le case farmaceutiche, anziché applicare le riduzioni obbligatorie del prezzo di vendita dei farmaci della classe “A” di rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, possono optare per il mantenimento del prezzo pieno di vendita, versando successivamente una somma pari alla suddetta riduzione di prezzo del 5%;siffatto meccanismo, per quanto concerne il periodo rilevante per l’oggetto del presente giudizio, è stato più volte prorogato fino al 31 dicembre 2011.
Tanto premesso, come correttamente evidenziato dal T.a.r., l’adesione al sistema del “ pay-back ” da parte dei produttori farmaceutici avviene su base annuale e l’Aifa provvede di volta in volta sulle rispettive richieste annuali, con la conseguenza che i provvedimenti amministrativi impugnati in primo grado non sono meramente confermativi di precedenti determinazioni dell’appellante, ma hanno un proprio autonomo contenuto decisorio e, quindi, sono autonomamente impugnabili.
9. Tramite il secondo motivo di gravame, l’Aifa, in sintesi, ha dedotto che « a differenza di quanto sostenuto dal TAR, la scelta di optare per il farmaco (generico o ex-brevettato) più dispendioso, non è affatto neutra sul piano finanziario per il SSN, bensì può comportare il verificarsi dei risparmi di spesa correlati alla manovra del 2010 ».
Siffatta doglianza è infondata, in quanto per definizione, l’adesione al sistema del “ pay-back ” da parte di un’impresa farmaceutica in nessun caso può comportare un maggior onere economico da parte del
Servizio sanitario nazionale, cosicché legittimamente il T.a.r. ha osservato che « le contestate disposizioni non trovano logica giustificazione neanche nella necessità di contenere la spesa farmaceutica pubblica, e ciò in quanto le aziende farmaceutiche, che optano il rinnovo dell’adesione al pay-back, riversano ex post a ciascuna Regione pro quota il 5% che sarebbe stato altrimenti detratto ex ante dal prezzo di mercato del farmaco a titolo di riduzione obbligatoria ».
In sostanza, il sistema del “ pay-back ” si caratterizza per la sua totale neutralità rispetto alla spesa pubblica farmaceutica, poiché la disposizione che lo ha introdotto, ovverosia il già citato art. 1, comma 796, lettera g) della legge n. 296/2006, ha statuito che la richiesta delle imprese del settore di
aderire a tale meccanismo è vincolata alle « tabelle di equivalenza degli effetti economico-finanziari per il Servizio sanitario nazionale, approvate dall’AIFA e definite per regione e per azienda farmaceutica, le singole aziende farmaceutiche ».
10. Attraverso il terzo motivo d’impugnazione, l’appellante ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il T.a.r. ha escluso che la scelta, operata da Aifa mediante l’avviso del 31 gennaio 2011, di estendere la riduzione di prezzo, al posto dell’opzione per il “ pay-back ”, anche alle confezioni dei medesimi farmaci (già esclusi con l’avviso del 13 gennaio 2011) a brevetto scaduto non inseriti nelle cosiddette liste di trasparenza, possa essere stata determinata da un’esigenza di tutela della concorrenza.
Il suddetto motivo è infondato.
Sul punto va specificato che l’art. 7, comma 1, del decreto-legge 18 settembre 2001 n. 347 convertito in legge n. 405/2001 prevede che la rimborsabilità del farmaco secondo il « prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo regionale » è subordinata alla circostanza che esso abbia « uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali »;in tal caso il farmaco è inserito nelle cosiddette liste di trasparenza, compilate dall’Aifa per la consultazione da parte delle farmacie. Orbene, le eventuali confezioni della medesima specialità che non rientrano nelle suddette liste si caratterizzano per avere identico principio attivo, ma differenti « modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali », dimodoché ad esse non è applicabile il citato art. 7, comma 1.
Né vi è il rischio, rappresentato dall’appellante, di uno spostamento delle vendite dal prodotto, compreso nella lista di trasparenza, con il prezzo più basso verso quello fuori lista, con prezzo più alto, atteso che, pur in presenza del medesimo principio attivo, si tratta di prodotti comunque distinti.
Pertanto, come correttamente affermato dal T.a.r., è illegittima la clausola, contenuta nell’avviso del 31 gennaio 2011, che ha esteso la decadenza dal sistema del “ pay-back ” ovvero il suo mancato rinnovo, disposta dall’avviso del 13 gennaio 2011, anche alle confezioni della stessa specialità che non rientrano nelle cosiddette liste di trasparenza.
11. In conclusione l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
12. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante al pagamento, in favore della parte appellata costituita, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 5.000 (cinquemila), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).