Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-09-09, n. 201906110

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-09-09, n. 201906110
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906110
Data del deposito : 9 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/09/201909/09/201909/09/201909/09/201909/09/201909/09/201909/09/201909/09/201909/09/2019

N. 06110/2019REG.PROV.COLL.

N. 08205/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8205 del 2014, proposto da
A B M, rappresentato e difeso dall’avvocato D G, domiciliato presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Potenza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G R ed O A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato O A in Roma, via Terenzio, 7;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 00158/2014, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Potenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. S F e uditi per le parti gli avvocati Luigi D’Angiolella, in dichiarata delega dell'avv. Abbamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Il rag. A B M ha interposto appello nei confronti della sentenza 25 febbraio 2014, n. 158 del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, che ha respinto il suo ricorso avverso la delibera 22 luglio 1998, n. 113 con la quale la Giunta della C.C.I.A.A. di Potenza ha respinto la richiesta di inquadramento nell’VIII qualifica funzionale, con corresponsione delle differenze retributive connesse allo svolgimento di mansioni superiori, instando altresì per l’accertamento del diritto all’inquadramento nella predetta qualifica funzionale.

L’appellante è stato dipendente della Camera di Commercio di Potenza dal 17 dicembre 1962 al 31 marzo 1998;
con decorrenza 1 gennaio 1975 è stato nominato primo ragioniere nel ruolo del personale della carriera di concetto, in forza di concorso interno per esami e titoli;
quindi, a fare tempo dall’1 gennaio 1980, è stato nominato ragioniere capo della carriera di concetto. Con decorrenza 16 ottobre 1984 è stato inquadrato nella VII qualifica funzionale, profilo collaboratore amministrativo.

Con istanza del 28 dicembre 1993, reiterata il 29 dicembre 1997, il rag. Arcieri ha chiesto l’applicazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 312 del 1980 ed il riconoscimento, dal 1982, della superiore qualifica a seguito dell’espletamento di mansioni superiori proprie dell’VIII qualifica funzionale, in forza di disposizioni formali dell’amministrazione, o comunque il pagamento delle differenze retributive.

2. - Con il ricorso in primo grado ha impugnato il provvedimento di reiezione della richiesta di inquadramento nella qualifica superiore, motivato nella considerazione che l’art. 4, comma 9, della legge n. 312 del 1980 consente esclusivamente reinquadramenti orizzontali, e non già in verticale, cioè passaggi di qualifica superiore.

3. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso nella considerazione che l’invocato art. 4, comma 9, della legge n. 312 del 1980 opera nell’ambito della stessa qualifica, presupponendo il solo mutamento del profilo professionale;
al contrario, il successivo comma 10 concerne lo svolgimento di mansioni proprie di una qualifica funzionale superiore, richiedendo però l’assoggettamento ad una prova selettiva. Con riguardo alle differenze retributive, ha rilevato la sentenza gravata che le stesse spettano solamente allorché una norma speciale, non ravvisabile nella fattispecie controversa, consenta le mansioni superiori e la correlata maggiorazione retributiva.

4. - Con il ricorso in appello è dedotta l’erroneità della sentenza con la reiterazione, alla stregua di motivi di critica della sentenza, dei motivi svolti in primo grado, concernenti la violazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 312 del 1980, nonché la violazione del combinato disposto degli artt. 2126 Cod. civ. e 36 Cost.

5. - Si è costituita in resistenza la C.C.I.A.A. di Potenza chiedendo la reiezione dell’appello.

6. - All’udienza pubblica del 21 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 4, comma 9, della legge n. 312 del 1980 criticando la sentenza che ne ha limitato la portata ai soli reinquadramenti orizzontali, vale a dire nell’ambito della stessa qualifica, mediante richiamo ad un precedente della Corte dei Conti, Sez. Controllo Trentino Alto Adige, e sottolineatura della specificità della posizione dei dipendenti camerali.

Il motivo è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza, l’art. 4, comma 9, della legge n. 312 del 1980, nel disporre che « i dipendenti che abbiano effettivamente svolto per un periodo non inferiore a cinque anni le mansioni di un profilo diverso dalla qualifica rivestita secondo il vecchio ordinamento possono essere inquadrati, a domanda, previo parere favorevole della commissione di inquadramento prevista dal successivo art. 10, nel profilo professionale della qualifica funzionale relativa alle mansioni esercitate », consente unicamente reinquadramenti orizzontali, vale a dire spostamenti da un profilo all’altro nell’ambito della medesima qualifica, e non già verticali, cioè passaggi in qualifica superiore, contemplati dal comma 10, peraltro abrogato dall’art. 74 del d.lgs. n. 29 del 1993 (tra le tante, Cons. Stato, VI, 16 novembre 2004, n. 7470).

Né rileva, in questa prospettiva, una specificità dei dipendenti camerali, per i quali pure l’inquadramento definitivo, ai sensi del d.l. n. 547 del 1994, convertito nella legge n. 664 del 1994, nel passaggio dal vecchio ordinamento articolato in carriere a quello nuovo articolato in qualifiche funzionali, è stato operato sulla base delle corrispondenze stabilite dalla Commissione paritetica di cui all’art. 10 della legge n. 312 del 1980 (Cons. Stato, VI, 5 settembre 2011, n. 4991;
VI, 16 settembre 2011, n. 5159).

2. - Il secondo motivo di appello deduce la violazione del combinato disposto degli artt. 2126, 2103 Cod. civ. e dell’art. 36 Cost., censurando la statuizione di rigetto anche della pretesa alle differenze retributive per le mansioni superiori svolte, richiamando la giurisprudenza più recente che riconosce tale diritto anche in materia di impiego pubblico contrattualizzato, nella quale deve trovare applicazione il principio costituzionale di adeguatezza e proporzionalità della retribuzione laddove siano state assegnate mansioni superiori alla qualifica di inquadramento in forza di formali e reiterati provvedimenti di incarico (ordine di servizio e delibere di incarico), nel caso di specie, ad avviso dell’appellante, riconducibili alla VIII qualifica funzionale.

Anche tale motivo è infondato.

A prescindere dalla, quanto meno parziale, prescrizione eccepita dall’amministrazione, è consolidata la giurisprudenza nell’affermare che nel pubblico impiego è la qualifica, e non le mansioni, il parametro cui la retribuzione è inderogabilmente riferita, considerato anche l’assetto organizzativo dell’amministrazione, collegato anche esso, secondo il paradigma dell’art. 97 Cost., ad esigenze primarie di controllo e contenimento della spesa pubblica;
ne deriva che l’amministrazione pubblica è tenuta ad erogare la retribuzione corrispondente alle mansioni superiori solo se una norma speciale, di cui il giudice di prime cure ha condivisibilmente escluso l’esistenza nella fattispecie in esame, consenta tali assegnazioni e la maggiorazione retributiva (Cons. Stato, V, 27 marzo 2018, n. 1913;
VI, 17 marzo 2016, n. 1093). In tale assetto le mansioni superiori svolte da un impiegato pubblico, anche se non in via di fatto ma sulla base di provvedimenti scritti e su posti esistenti in organico e vacanti, sono prive di rilievo tanto ai fini giuridici che economici, almeno sino all’entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, che ha reso operativa la disciplina dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, circa il diritto del dipendente pubblico, che abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 387 del 1998, con conseguente inapplicabilità alle situazioni pregresse (Cons. Stato, IV, 6 aprile 2017, n. 1606), come appunto nel caso di specie, in cui l’appellante è cessato dal servizio il 31 marzo 1998.

Si aggiunga ancora che il diritto ad un corrispettivo per l’espletamento di mansioni superiori non può fondarsi sull’ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 Cod. civ. dell’amministrazione, non sussistendo i presupposti dell’azione generale di arricchimento, in quanto l’esercizio di mansioni superiori alla qualifica rivestita, svolto durante l’ordinaria prestazione lavorativa, non comporta il requisito essenziale dell’effettiva diminuzione patrimoniale in danno del dipendente (Cons. Stato, V, 28 agosto 2017, n. 4087)

3. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto.

La peculiarità della controversia integra le ragioni eccezionali che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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