Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-05, n. 202206938

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-05, n. 202206938
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206938
Data del deposito : 5 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2022

N. 06938/2022REG.PROV.COLL.

N. 04192/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4192 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Brescia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con decreto del 3 giugno 2016, notificato il 29 giugno 2016, la Questura di Brescia ha revocato il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo già rilasciato al cittadino pakistano signor -OMISSIS-. Il provvedimento è stato opposto sul rilievo della pericolosità sociale dell’interessato, raggiunto dal 2000 al 2016 da denunce per reati di falso, appropriazione indebita, guida in stato di ebrezza, minaccia ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale ed incendio doloso. Ritenuto il soggetto violento ed incline a delinquere e considerate le condotte tenute in ambito domestico, anche dopo la fine del rapporto coniugale, circostanza che lo aveva portato a vivere da solo, l’amministrazione ha giudicato prevalente l’esigenza di tutela della sicurezza pubblica rispetto ai contrapposti interessi facenti capo al predetto, richiamandosi agli artt. 4, 5 e 9, d.lgs. n. 286 del 1998.

2. Con ricorso n. -OMISSIS-, proposto al Tar Lombardia, sede di Brescia, il cittadino straniero ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, del decreto della Questura di Brescia, lamentando la carenza di motivazione e di istruttoria e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti. La difesa ha censurato il giudizio di pericolosità sociale, essendo stato ignorato che nessuna sentenza di condanna, in seguito alle denunce riportate, aveva attinto il soggetto, il quale, con riguardo a talune delle vicende menzionate, figurava come persona offesa per aver subito atti di intimidazione e di violenza. Inoltre, è stata eccepita la scarsa considerazione riservata alla titolarità in capo al ricorrente di un’impresa di trasporti, alla capacità reddituale ed alla presenza in Italia dal 1997.

3. La Questura di Brescia ed il Ministero dell’Interno si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.

4. In data 30 agosto 2016, la Questura di Brescia ha depositato documentazione relativa agli elementi di pericolosità sociale posti a fondamento del provvedimento di revoca.

5. Con ordinanza n. -OMISSIS-, il Tar ha disposto un adempimento istruttorio a carico della Questura di Brescia, con obbligo di depositare una relazione circa gli sviluppi delle notizie di reato indicate nel decreto impugnato.

6. In data 22 settembre 2016 la Questura ha depositato la documentazione richiesta ed il successivo 7 ottobre ha prodotto ulteriori documenti.

7. Con ordinanza n. -OMISSIS-, il Tar Lombardia, sede di Brescia, sez. II, prendendo visione delle informazioni acquisite, disponeva un ulteriore adempimento istruttorio a carico della Questura.

8. L’amministrazione ha depositato fuori termine, il 26 ottobre 2016, una relazione con la quale si è dato conto del rinvio a giudizio - nell’ambito del procedimento -OMISSIS- del 2015 in cui erano confluiti i procedimenti nascenti dalle denunce sporte dalla suocera e dalla ex moglie - per i reati di cui agli artt. 486, 572 e 609-bis c.p. Ulteriore documentazione è stata prodotta il 4 novembre 2016.

9. Con ordinanza n. -OMISSIS-, il Tar Lombardia, sede di Brescia, sez. II, ha respinto l’istanza cautelare, essendo carente il fumus.

10. In data 21 dicembre 2018, il ricorrente ha prodotto la sentenza resa dal Tribunale di Brescia n. -OMISSIS-, con la quale era stato assolto dal delitto di incendio in concorso previsto dagli artt. 110 e 424 c.p., in relazione a due episodi oggetto delle denunce che la Questura di Brescia aveva posto a fondamento del provvedimento di revoca.

11. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Lombardia, sede di Brescia, sez. II, ha respinto il ricorso, ritenendo legittimo il provvedimento, alla luce dell’istruttoria compiuta dalla Questura e dell’esaustiva motivazione a supporto sia del giudizio di pericolosità sia dell’esito del bilanciamento con le esigenze familiari e personali del soggetto. La sua indole violenta sarebbe confermata dal successivo rinvio a giudizio per i delitti di maltrattamenti e violenza sessuale ai danni della ex moglie e dalla conseguente recessività dei legami familiari. Peraltro, l’amministrazione avrebbe comunque dato conto dell’attività lavorativa esercitata dal predetto e della sua lunga permanenza in Italia, sebbene, alla luce di tutte le emergenze, abbia infine preferito far prevalere le esigenze di tutela della sicurezza pubblica. Ha concluso il Tar con un riferimento alla sentenza di assoluzione depositata dal ricorrente, inidonea a mettere in discussione il corretto operare della Questura di Brescia, improntato ai paramenti della ragionevolezza e della proporzionalità nell’esercizio del potere riconosciuto all’autorità amministrativa dall’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998.

10. Con l’appello notificato il 30 aprile 2019, poi depositato il 17 maggio 2019, il cittadino straniero ha avversato la pronuncia Tar Lombardia chiedendone, previa sospensione, l’annullamento e la riforma, ripercorrendo le censure sollevate con il ricorso di primo grado e riproponendole in chiave critica in collegamento con la sentenza impugnata. Attraverso l’unico motivo di gravame, ha denunciato l’erroneità del provvedimento per illogicità della motivazione, per eccesso di potere e violazione di legge. Infatti, non sussisterebbero ragioni ostative alla permanenza sul territorio italiano dell’appellante, essendo le denunce richiamate dalla Questura sfociate in procedimenti archiviati, prescritti o comunque relativi a contravvenzioni.

L’autorità amministrativa avrebbe dovuto, a norma dell’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998, tener conto della permanenza ormai ultraventennale del soggetto in Italia, del buon inserimento sociale dimostrato, dei legami familiari e della situazione lavorativa dello stesso. A parere degli scritti difensivi, invece, la revoca del permesso di soggiorno sarebbe fondata esclusivamente sul giudizio non persuasivo di pericolosità sociale e sarebbe dunque meritevole di censura.

11. Con l’ordinanza n. -OMISSIS-, è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione della sentenza appellata per carenza di fumus.

12. All’udienza pubblica del 16 giugno 2022 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

Risulta, infatti, condivisibile quanto affermato dal Tar Lombardia, sede di Brescia, sez. II, in relazione alla legittimità del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno.

In primo luogo, la pericolosità sociale dell’appellante appare correttamente motivata dalla Questura di Brescia, sulla base dell’ampio compendio conoscitivo acquisito.

Parimenti, l’autorità amministrativa ha operato una convincente attività di ponderazione tra le esigenze di difesa sociale ed i contrapposti interessi facenti capo all’interessato, che il legislatore, nel disciplinare l’ampia discrezionalità riconosciuta alla Questura, impone di considerare in omaggio ad istanze latu sensu solidaristiche.

2. Nessuna violazione del dato normativo, dal quale occorre partire, è stata riscontrata.

Ai sensi dell’art. 9, comma 7, lettera c), d.lgs. n. 286 del 1998, il permesso di soggiorno di lungo periodo è revocato “quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio di cui al comma 4”, disposizione che testualmente stabilisce che “Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.

Dal combinato disposto delle norme citate e dalle più generali disposizioni di cui agli artt. 4, comma 3 e 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, emerge l’ampio margine del potere discrezionale che la legge accorda all’autorità amministrativa.

Il convincimento sulla pericolosità sociale dello straniero può dunque fondarsi non soltanto sugli elementi espressamente indicati dalla norma di cui all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998, ovverosia su sentenze di condanna anche non definitive per talune categorie di delitti o sull’appartenenza del soggetto a determinate categorie, ma può trarre linfa anche da ulteriori elementi, non tipizzati, idonei ad evidenziare il pericolo per la sicurezza pubblica che la sua permanenza sul territorio dello Stato può comportare.

In questo senso, si è ampiamente espressa la Sezione (ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, n. 8197 del 3 dicembre 2020), precisando che “La disposizione, infatti, contiene il termine “anche” prima di riferirsi alle condanne penali e alla misure di prevenzione: in pratica, la norma ha provveduto a tipizzare le fattispecie di pericolosità sociale presunta, consentendo, però, al Questore di valutare la pericolosità sociale anche tenendo conto di condotte non ricadenti nelle ipotesi espressamente tipizzate”.

Pertanto, sono inconferenti le censure della difesa, relative all’assenza di sentenze di condanna gravanti sull’appellante.

3. Parallelamente, però, all’amministrazione il legislatore richiede la considerazione, nel bilanciamento con le esigenze di tutela della sicurezza pubblica, di tutti gli elementi in grado di illuminare sulla situazione familiare, sociale e lavorativa dello straniero.

Sicché, l’autorità amministrativa è chiamata, anzitutto, a valutare discrezionalmente la pericolosità sociale del cittadino straniero, proiettandola anche al futuro attraverso un giudizio prognostico, come suggerito dalla giurisprudenza della Sezione. Dovrà poi tener conto, anche secondo gli insegnamenti della Corte costituzionale, dei vincoli familiari riconducibili al soggetto.

4. Nella vicenda all’attenzione, come già anticipato, il provvedimento risulta legittimamente emesso.

La pericolosità sociale dell’odierno appellante è emersa, infatti, da numerosi elementi fondanti il convincimento dell’autorità amministrativa. Non appare incongrua e irragionevole la conclusione alla quale è pervenuta la Questura di Brescia, giustificata dei reati per i quali lo straniero era stato denunciato dal 2000 al 2016, dal fatto che tali condotte fossero tenute tanto in ambito familiare quanto al di fuori di questo contesto, dal gravissimo contegno - per il quale era stato denunciato e rinviato a giudizio a seguito del provvedimento impugnato per il delitto di cui all’art. 572 c.p. - in pregiudizio della suocera, della ex moglie e del figlio. L’insieme delle vicende in cui era stato coinvolto il soggetto hanno, dunque, evidenziato un’indole violenta ed aggressiva, in merito alla quale l’amministrazione ha ampiamente motivato.

Altrettanto correttamente, il provvedimento di revoca ha considerato l’attività lavorativa esercitata dall’odierno appellante e la lunga permanenza in Italia, ritenendole inidonee a prevalere sulla grave prognosi di pericolosità sociale, giustificata dall’indifferenza al rispetto delle regole di buona convivenza che egli ha ininterrottamente dimostrato. Infatti, nonostante fosse stato più volte fermato dalle forze dell’ordine, per guida in stato di ebrezza, il cittadino straniero ha subito diversi procedimenti per violazione del codice della strada e del codice penale, non mostrando alcuna volontà di emendare le sue condotte antisociali. Da ultimo, circa la situazione familiare, l’amministrazione ha rilevato che il predetto non vivesse più con la ex moglie, la quale lo aveva denunciato per condotte gravissime, né con suo figlio. Non sono emersi, in sostanza, legami familiari che potessero giustificare la permanenza di un soggetto ritenuto socialmente pericoloso sul territorio dello Stato.

Non rileva la sentenza di assoluzione per il delitto di incendio prodotta dalla difesa, essendo il giudizio dell’amministrazione fondato su plurimi elementi.

6. Per le suesposte ragioni, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

7. Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti in causa, sussistendo giusti motivi.

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