Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-05-20, n. 201402528

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-05-20, n. 201402528
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402528
Data del deposito : 20 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04624/2008 REG.RIC.

N. 02528/2014REG.PROV.COLL.

N. 04624/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4624 del 2008, proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dagli avvocati F F, V M, E L, con domicilio presso Ufficio legale dell’I.N.P.S. in Roma, via Cesare Beccaria, 29;

contro

T M, rappresentato e difeso dagli avvocati P P, M C, con domicilio eletto presso Sticchi Damiani E. Studio Bdl in Roma, via Bocca di Leone, 78;
M V T, A T eredi di M T, rappresentati e difesi dagli avvocati M C, P P, con domicilio eletto presso Sticchi Damiani E. Studio Bdl in Roma, via Bocca di Leone, 78;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 151/2008, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di T M, di M V T e di A T eredi di T M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2014 il consigliere M M e udito per le parti l’avvocato Sebastiano Caruso per delega dell’avvocato Lanzetta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor T M (in seguito ricorrente ), con il ricorso n. 24 del 1999 proposto al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, ha chiesto l’accertamento del diritto soggettivo alla percezione del trattamento economico corrispondente alle superiori mansioni di dirigente da lui svolte a decorrere dal 19 dicembre 1988, quale preposto formalmente alla direzione di un ufficio vacante della sede provinciale di Macerata di livello dirigenziale, secondo l’ordinamento dei servizi dell’I.N.P.S., nonché per il conseguente adeguamento del trattamento di fine rapporto e pensionistico.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sezione prima, con la sentenza n. 151 del 2008, ha accolto in parte il ricorso e, per l’effetto, ha accertato il diritto del ricorrente a percepire dall’I.N.P.S. il trattamento economico spettante ad un funzionario della 1ª qualifica dirigenziale relativamente al periodo dal 28 dicembre 1993 al 30 settembre 1997, maggiorato della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, “secondo le specificazioni e nei limiti di cui in motivazione”. Ha dichiarato inoltre il diritto del ricorrente al conseguente adeguamento del trattamento di fine rapporto e pensionistico. Ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto: l’annullamento della detta sentenza e, per l’effetto, il rigetto integrale del ricorso di primo grado;
in via subordinata, “in virtù di quanto dedotto con il terzo motivo di appello”, il riconoscimento che le mansioni superiori “sono state adeguatamente retribuite mediante la corresponsione dell’indennità di funzione”;
in via ancor più subordinata che sia ridotta “congruamente la somma corrispondente alle differenze retributive dovute”, respingendo in ogni caso “ed in virtù di quanto dedotto nel quarto motivo di appello, l’avversa pretesa a vedersi riliquidare l’indennità di buonuscita e la pensione integrativa”.

4. All’udienza dell’8 maggio 2012, in cui la causa è stata trattenuta per la decisione, il procuratore del signor M T ha dichiarato che il suo assistito era deceduto il 7 settembre 2009.

Il Collegio pertanto, con l’ordinanza n. 3751 del 2012, ha dato atto dell’interruzione del processo.

5. L’I.N.P.S. in data il 17 luglio 2012 ha notificato alla signora M V T, erede del signor M T, atto di riassunzione del giudizio, cui è seguito l’atto di costituzione in giudizio dei signori M V T e A T, nella qualità di coeredi del signor M T, depositato il 12 settembre 2012.

6. All’udienza dell’ 1 aprile 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado si esamina, dapprima, la sussistenza del diritto del ricorrente “in linea di principio e salvi fatti estintivi” alla percezione del trattamento economico superiore e, poi, quale sia il termine di prescrizione al riguardo.

Per il primo profilo si ritiene il diritto del ricorrente alla retribuzione spettante al primo dirigente dal 9 dicembre 1988 al 30 settembre 1997 (data del collocamento a riposo), sussistendo nella specie i necessari requisiti ed alla luce della normativa di riferimento.

Il primo giudice afferma in sintesi:

- quanto ai requisiti, che il ricorrente è stato preposto con atti formali, nell’ambito della sede provinciale dell’INPS di Macerata, alla responsabilità di strutture spettanti alla funzione del dirigente di primo livello, in presenza di una vacanza organica e per un periodo di tempo maggiore di quello della sostituzione;

- quanto alla normativa rilevante, che deve ritenersi l’efficacia retroattiva dell’art. 15 del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387, che ha soppresso il divieto della corresponsione delle differenze retributive in caso di svolgimento di mansioni superiori (previsto dall’art. 56, comma 6, del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 25 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80);
ciò poiché l’art. 57 del d.lgs. n. 29 del 1993 in precedenza disponeva la corresponsione delle differenze retributive, pur rinviandola fino al ridisegno della disciplina delle mansioni, poi avvenuta con il citato art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998, per cui si produrrebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni anteriori e posteriori se si attribuisse all’art. 15 d.lgs. n. 387 del 1998 efficacia soltanto innovativa (a decorrere dalla sua entrata in vigore il 22 novembre 1998), essendo ciò in contrasto con l’art. 36 della Costituzione, né risultando dirimente il contrario avviso dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (da ultimo sentenza n. 3 del 2006), come provato da successive, difformi pronunce dello stesso Consiglio di Stato (sez. VI, n. 3354 del 2006).

Sulla eccepita prescrizione il primo giudice afferma poi che il termine per i crediti retributivi di tutti i dipendenti pubblici è quinquennale, cosicché, nella specie, avendo il ricorrente azionato il proprio diritto con il ricorso introduttivo notificato all’INPS il 28 dicembre 1998, le maggiorazioni stipendiali fino al 28 dicembre 1993 sono prescritte, spettandogli soltanto dal 28 dicembre 1993 al 30 settembre 1997, inclusi, oltre lo stipendio per la qualifica, l’indennità di dirigenza (detratto l’importo di quella già corrisposta ai sensi dell’art. 15, comma 2, della legge n. 88 del 1989) e ogni altra voce concorrente, con il conseguente adeguamento del trattamento di fine rapporto e pensionistico.

2. Nell’appello si deduce che:

-a) la giurisprudenza del Consiglio di Stato, consolidata e assolutamente prevalente, quale anche risultante da pronunce dell’Adunanza plenaria, ha affermato che le mansioni superiori sono retribuibili (ricorrendone le condizioni) soltanto a far data dalla entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998 (22 novembre 1998);

-b) nella specie non si configura, in ogni caso, l’esercizio di mansioni superiori avendo avuto il ricorrente la reggenza di uffici della sede provinciale di Macerata e rientrando ciò tra le mansioni proprie della sua qualifica di “ispettore generale”, inquadrato in ruolo ad esaurimento, per la quale l’intercorsa normativa (art. 15 della legge n. 98 del 1989, art. 25, comma quarto, del d.lgs. n. 29 del 1993 e, poi, art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001) ha previsto l’attribuzione di funzioni vicarie del dirigente e di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente;

-c) per l’espletamento di tali funzioni il ricorrente è stato peraltro retribuito con la corresponsione di un trattamento economico aggiuntivo speciale (ai sensi dell’art. 15, comma secondo, della legge n. 88 del 1989), non potendo perciò essere rivendicato un trattamento ulteriore.

Si deduce poi: d) in via subordinata, che al ricorrente non spetterebbero comunque le differenze retributive rispetto alle mansioni superiori asseritamente svolte, risultando osservato l’art. 36 della Costituzione con la corresponsione del citato compenso aggiuntivo;
e) con ulteriore subordinata, che, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale INPS, applicabile ratione temporis , le differenze retributive eventualmente riconosciute non valgono ai fini della pensione integrativa e dell’indennità di buona uscita poiché emolumenti connessi al trattamento proprio della qualifica di appartenenza.

3. L’appello deve essere accolto essendo fondato e assorbente il motivo dedotto, di cui sopra sub 2. a), della irretroattività dell’art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998.

3.1. Riguardo alla rivendicazione del diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio ha affermato, in sintesi, che: a) prima dell’entrata in vigore (il 22 novembre 1998) dell’art. 15 del d.lgs. n. 29 ottobre 1998, n. 387, di modifica dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, lo svolgimento di mansioni superiori a quelle di inquadramento, pur se conferite con atto formale, non dava luogo al diritto alle differenze retributive (Sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 467);
b) con il detto articolo 15 tale diritto è stato riconosciuto, alle condizioni previste dal citato art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993 (poi art. 52 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165);
c) l’art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998, non essendo norma di interpretazione autentica, non ha efficacia retroattiva ed è perciò inapplicabile alle situazioni anteriori alla sua entrata in vigore (tra tante: Sez. V, 17 ottobre 2013, n. 5047;
Sez. III, 31 agosto 2011, n. 4890;
Sez. V, 8 marzo 2010, n. 332;
12 aprile 2007, n. 1722).

In particolare (Sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 758) è stato affermato che:

“- la retribuzione corrispondente all'esercizio delle mansioni superiori può aver luogo non in virtù del mero richiamo all'art. 36 della Costituzione, ma solo ove una norma speciale consenta tale assegnazione e la maggiorazione retributiva (Cons. Stato, ad. Plen,. n. 22 del 1999);

- l'art. 57 del d.lgs. 29 del 1993, recante una nuova disciplina dell'attribuzione temporanea di mansioni superiori, è stato abrogato dall'art. 43 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 senza avere mai avuto applicazione, essendo stata la sua operatività più volte differita dalla legge prima dell'abrogazione e da ultimo fino al 31 dicembre 1998;

- la materia è restata disciplinata dall'art. 56 d.lgs. n. 29 del 1993, poi sostituito dall'art. 25 d.lgs. n. 80 del 1998 che, nel recepire l'indirizzo della giurisprudenza, ha previsto la retribuzione dello svolgimento delle mansioni superiori, rinviandone tuttavia l'attuazione alla nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza ivi stabilita, disponendo altresì che "fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore" (art.56, comma 6);

- le parole "a differenze retributive" sono state poi abrogate dall'art. 15 d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, ma "con effetto dalla sua entrata in vigore" (Cons. Stato, ad. plen., n. 22 del 1999), con la conseguenza che l'innovazione legislativa spiega effetto a partire dall'entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 387 e cioè dal 22 novembre 1998;

- il diritto al trattamento economico per l'esercizio di mansioni superiori ha, quindi, la sua disciplina in una disposizione (art. 15 d.lgs. n. 387 del 1998) a carattere innovativo, e non meramente interpretativo della disciplina previgente, per cui il riconoscimento legislativo "non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse" (Cons. Stato, ad. plen., n. 11 del 2000 e n. 3 del 2006) ”.

3.2. Né vale in contrario quanto dedotto dalla parte appellata per cui dovrebbe applicarsi nella specie l’art. 14 del d.P.R. 16 ottobre 1979 (recante l’approvazione della disciplina del rapporto di lavoro degli enti pubblici contenuta nell’ipotesi di accordo del 31 luglio 1979), per il quale “ In caso di esigenze di servizio o di improvvise ed imprevedibili deficienze di personale l’impiegato può essere adibito a mansioni proprie di una qualifica diversa per non più di 90 giorni anche non continuativi nel periodo di un anno, senza diritto a maggiorazioni del trattamento economico ” (comma terzo), in quanto, si asserisce, norma speciale recante il diritto alla corresponsione delle differenze retributive per il periodo eccedente i 90 giorni.

Questo Consiglio ha infatti altresì chiarito al riguardo che “ è stata raggiunta una sostanziale concordanza di opinioni nella giurisprudenza in ordine al rilievo per cui - quanto al personale degli enti pubblici di cui alla legge 19 febbraio 1975, n. 70 – l’art. 14 d.P.R. 16 ottobre 1979, n. 509, non codifica il principio dell'erogazione di trattamenti economici aggiuntivi per l'esercizio di mansioni superiori. Tale norma recepisce un criterio non rigido delle mansioni ascrivibili a ciascuna qualifica, che comprendono "oltre a quelle specificate nella relativa declaratoria, anche gli adempimenti riferibili a qualifiche corrispondenti di altro ruolo ovvero immediatamente inferiori o superiori, dello stesso o di diverso ruolo.” Essa limita entro il ridotto arco temporale di non più di novanta giorni la possibilità di formale utilizzo in mansioni diverse dalla qualifica rivestita, ribadendo che da ciò non scaturisce il "diritto a maggiorazioni del trattamento economico ", venendo quindi precisato che “ la rilevanza agli effetti economici dell'esercizio di mansioni non riconducibili alla qualifica formalmente rivestita trova disciplina in principi introdotti dal d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ed oggetto di successive modifiche ed adattamenti ” (Sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 9016), cioè dalle norme esaminate nel punto precedente.

4.

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