Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-03-12, n. 202001778

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-03-12, n. 202001778
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001778
Data del deposito : 12 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2020

N. 01778/2020REG.PROV.COLL.

N. 00396/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 396 del 2010, proposto dai signori L C, C B e M B, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati M V S e F F, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato F F, sito in Roma, alla via Taranto, n. 44,



contro

- il Comune di Lanuvio, in persona del Sindaco in carica pro tempore, non costituitosi in giudizio;
- la Regione Lazio, in persona del Presidente in carica pro tempore , non costituitasi in giudizio;



nei confronti

della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituitasi in giudizio,



per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, Sezione II bis , n. 9365 del 29 settembre 2009, resa tra le parti, concernente diniego su istanza di condono edilizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2020 il consigliere G S e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Marco Valerio Santonocito anche su delega dell’avvocato F F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. I signori L C, C B e M B, presentavano, in data 27 febbraio 1995, in relazione ad un immobile edificato abusivamente di 76,46 mq, sito in Lanuvio, alla via delle Selve n. 11, istanza di concessione edilizia in sanatoria ex art. 32 della legge n. 47 del 1985, come modificata dalla successiva legge n. 724 del 1994.

2. Il Comune di Lanuvio, con nota prot. n. 4947 del 16 gennaio 2003, comunicava al solo signor M B che l’accoglimento dell’istanza di concessione in sanatoria sarebbe stato subordinato alla produzione del nulla osta paesaggistico–ambientale ex d.lgs. n. 490 del 1999.

2.1. Successivamente, all’esito dell’ulteriore domanda presentata in data 12 maggio 2003, prot. n. 8682, il Comune di Lanuvio, acquisiti il parere negativo della C.E.C., in data 23 giugno 2004, e del Responsabile del procedimento, del 28 giugno 2004, con nota di pari data, comunicava il diniego della richiesta di sanatoria ex art. 32 della legge n. 45 del 1987 di cui all’istanza del 12 maggio 2003.

3. Con ricorso presentato innanzi al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, i signori L C, C B e M B chiedevano l’annullamento di detto provvedimento negativo, lamentando quanto segue:

i) il Comune sarebbe incorso nella violazione dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, imponendo l’acquisizione del nulla osta paesaggistico, come autonomo provvedimento autorizzatorio ex art.146 del d.lgs. n. 42 del 2004, atteso che l’acquisizione del parere dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo spetta al Comune stesso;

ii) non sarebbe stato effettuato il necessario accertamento di compatibilità dell’opera con il contesto paesaggistico-ambientale esistente, stante il carattere relativo (e non assoluto) del vincolo di inedificabilità di cui al D.M. del 29 agosto 1958;

iii) l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria e difetto (insufficienza ed erroneità) di motivazione, nella parte in cui il Comune ha ritenuto non provata l’edificazione dell’immobile oggetto di sanatoria entro il 31 dicembre 1993;

iv) l’Amministrazione avrebbe mancato di verificare l’attuale assetto del territorio, gravato dalle disposizioni vincolistiche a tutela dei valori ambientali, in considerazione dell’attuale stato di urbanizzazione dell’area.

4. Il Tribunale adìto, Sezione II bis , nella resistenza del Comune, così ha deciso il gravame al suo esame:

- ha respinto il ricorso, reputando infondate tutte le censure articolate;

- ha compensato le spese di lite.

6. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- è infondato il primo motivo di ricorso, dal momento che “ il predetto Comune ha dichiarato di esprimere parere di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985, attraverso il suo competente ufficio (responsabile del procedimento per il N.O.), sentita la Commissione edilizia comunale, così come disposto dall’art. 34 della L.R n. 24 del 1998, richiamato dagli stessi ricorrenti nella memoria conclusiva ” (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);

- il Comune non era tenuto ad accertare l’attuale assetto del territorio, essendo chiamato ad applicare, ai fini del rilascio dell’autorizzazione richiesta, le norme tecniche del P.T.P secondo quanto stabilito dall’art. 1, comma 2, della l.r. n. 59 del 1995, così rilevando l’incompatibilità dell’opera con l’art. 7 di detto strumento pianificatorio;

- non è stato assolto l’onere probatorio incombente al ricorrente circa il rispetto del termine del 31 dicembre 1993 per l’edificazione dell’opera oggetto della domanda di condono, non essendo all’uopo sufficiente l’accertamento eseguito dalla P.M. del Comune di Lanuvio in data 2 gennaio 1995;

- non rileva, infine, l’omessa considerazione circa lo stato di degrado della zona di ubicazione dell’immobile de quo , essendo sufficiente per il diniego la mancata conformità alle prescrizioni di cui all’art. 7 del P.T.P.

7. Avverso tale pronuncia i ricorrenti di primo grado hanno interposto appello, notificato il 21 dicembre 2009 e depositato il 19 gennaio 2010, lamentando, con un unico complesso motivo di gravame (pagine 2-7), quanto di seguito sintetizzato:

I) il Tribunale, le cui motivazioni si risolverebbero in un “ assorbimento acritico della nota comunale, a sua volta viziata da eccesso di potere ”, non avrebbe considerato che i provvedimenti impugnati in prime cure sono affetti da eccesso di potere per effetto di istruttoria, dal momento che l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto considerare che la zona di ubicazione dell’immobile non è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta;

II) avrebbe errato il Tribunale nel ritenere non provata l’ultimazione dell’opera abusiva entro il 31 dicembre

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