Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-04-13, n. 201601434

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-04-13, n. 201601434
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601434
Data del deposito : 13 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06376/2014 REG.RIC.

N. 01434/2016REG.PROV.COLL.

N. 06376/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6376 del 2014, proposto dalla società Italvideo International s.r.l., in persona dell’amministratore unico in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati F S e F L, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, Via G. G. Belli, 39;

contro

Comune di Casoria, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;
Città Metropolitana di Napoli, in persona del Sindaco metropolitano pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A D F, con domicilio presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania – Napoli - sezione II, n. 3026 del 30 maggio 2014.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Napoli, quale successore universale ex lege della Provincia di Napoli;

Vista la memoria difensiva depositata dalla società appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2016 il cons. G C e udito per la società appellante l’avvocato Laudadio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In data 12 dicembre 2012 la società Italvideo International s.r.l., proprietaria di un complesso immobiliare nel Comune di Casoria, ha presentato una domanda di variante a un permesso di costruire per l’ampliamento dell’edificio.

2. Con provvedimento del 5 marzo 2013 il Comune, previo preavviso di rigetto, ha respinto la domanda, in considerazione della necessità della previa approvazione di uno strumento urbanistico attuativo - prescritto per la zona interessata sia dal P.R.G. vigente sia dalle N.T.A. al P.U.C. adottato con deliberazione della Giunta comunale n. 16 del 31 maggio 2012, e in concreto necessario sia per l’assenza di un sufficiente grado di urbanizzazione dell’area caratterizzata da insediamenti abusivi, sia per la carenza di standard, sia per la vigenza delle misure di salvaguardia operanti a seguito dell’adozione del P.U.C. nel 2012.

3. La società ha impugnato il provvedimento comunale articolando quattro autonomi motivi.

4. Con sentenza 30 maggio 2014, n. 3026, il T.A.R. per la Campania, sez. II, dopo avere svolto istruttoria, ha dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a seguito dell’adozione da parte del Comune del P.U.C., disposta - con deliberazione di Giunta n. 111 del 19 settembre 2013 - in un momento successivo alla presentazione del ricorso introduttivo del giudizio. Il Tribunale regionale ha richiamato la giurisprudenza secondo cui, quando nel corso di un procedimento relativo a una domanda di permesso di costruire, sopravvenga un nuovo strumento urbanistico generale, il rilascio del titolo è condizionato alla conformità del titolo al piano vigente e a quello adottato.

5. La società ha interposto appello contro la sentenza formulando anche una domanda cautelare, alla quale ha poi rinunziato chiedendo l’abbinamento al merito.

6. La società appellante ha dedotto:

6.1. la violazione dei principi generali regolanti i poteri istruttori del giudice, posto che il T.A.R. avrebbe acquisito il nuovo P.U.C. direttamente dal sito internet del Comune di Casoria, indipendentemente dall’allegazione e dalla produzione della parte interessata;
contrariamente a quanto affermato in sentenza, i difensori di Italvideo si sarebbero opposti all’ammissibilità della documentazione prodotta dalla difesa del Comune due giorni prima dell’udienza pubblica;

6.2. la violazione di legge, in quanto il Tribunale territoriale avrebbe collegato l’improcedibilità alla sola sopravvenienza del nuovo strumento urbanistico senza approfondire il punto del contrasto con la pretesa del ricorrente, in concreto inesistente;

6.3. l’accertata completa urbanizzazione della zona, emersa a seguito dell’istruttoria, che renderebbe erronea la pronunzia di improcedibilità, collegata al sopravvenire del nuovo strumento urbanistico;

6.4. la necessità di valutare la persistenza dell’interesse alla decisione anche considerando le ulteriori possibili iniziative attivate o attivabili dal ricorrente, in vista di una possibile azione risarcitoria.

7. La società appellante ha conseguentemente riproposto le seguenti censure del ricorso di primo grado:

7.1. l’Amministrazione comunale avrebbe omesso qualunque indagine circa l’esistenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e dunque circa l’effettiva necessità di una pianificazione di dettaglio, della quale in concreto non sussisterebbe l’esigenza;

7.2. sarebbe illogico opporre la necessità del piano attuativo alla sola variante, che recupererebbe la parte residua dell’originaria consistenza edilizia;
il provvedimento impugnato sarebbe mancherebbe di una circostanziata motivazione e sarebbe affetto da contraddittorietà con precedenti valutazioni dello stesso Comune;

7.3. anche in assenza di strumenti urbanistici di primo livello, il P.U.C. vigente all’epoca non vieterebbe il rilascio di titoli edilizi qualora l’intervento richiesto risulti compatibile con le caratteristiche di zona;

7.4. sarebbe violato l’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella parte in cui il Comune non avrebbe dato adeguato riscontro alle controdeduzioni della società richiedente.

8. Il Comune di Casoria non si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

9. Si è invece costituita con memoria di stile la Città Metropolitana di Napoli, come successore universale della Provincia di Napoli, di cui la sentenza di primo grado ha disposto l’estromissione dal giudizio per carenza di legittimazione passiva.

10. Il 6 ottobre 2015 la società appellante ha depositato una memoria.

11. Con ordinanza 7 dicembre 2015, n. 5573, la Sezione ha disposto istruttoria al fine di acquisire il verbale dell’udienza pubblica del T.A.R. in data 8 maggio 2014 e, ove disponibile, copia della documentazione asseritamente prodotta dalla difesa del Comune due giorni prima dell’udienza pubblica (v. pag. 6 dell’atto di appello).

12. All’udienza pubblica del 31 marzo 2016 l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

13. In via preliminare, il Collegio rileva che:

a) la ricostruzione in fatto, come sopra riportata, non è stata contestata dalle parti costituite. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio;

b) le risultanze dell’istruttoria disposta con l’ordinanza n. 5573/2015 non appaiono determinanti ai fini della decisione e che non ha comunque peso l’osservazione formulata - ma non meglio svolta - nell’udienza pubblica dall’appellante, secondo cui l’incombente istruttorio non sarebbe stato completamente esaurito;

c) in primo grado il Tribunale regionale ha correttamente preavvisato le parti a norma dell’art. 73, comma 3, c.p.a., con menzione a verbale, dell’esistenza di profili di improcedibilità;
mentre i documenti che il Comune avrebbe depositato solo due giorni prima dell’udienza di primo grado, di cui la società appellante contesta l’ammissibilità, contengono solo deduzioni d’udienza critiche nei confronti delle conclusioni della C.T.U. svoltasi in primo grado;
sicché non è configurabile alcun profilo di lesione del diritto di difesa o del contraddittorio;

d) il capo della sentenza del T.a.r. concernente il difetto di legittimazione passiva della Provincia di Napoli non è stato impugnato;

e) quanto al thema decidendum , il Collegio - in applicazione del criterio della ragione più liquida (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5, par. 5.3) - è dell’avviso di prescindere dall’esame delle questioni di rito ampiamente esposte nell’appello, perché ritiene il ricorso introduttivo di primo grado infondato nel merito.

14. Con il primo motivo di tale ricorso la società asserisce che, in ragione dell’esistenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, il Comune non avrebbe potuto negare il rilascio del permesso di costruire per la sola mancanza del piano attuativo previsto dalla disciplina urbanistica locale.

14.1. Il motivo non ha pregio.

14.2. Nel caso di specie, la relazione del consulente tecnico, pur tendenzialmente orientata in senso favorevole alla pretesa della parte privata, dà atto che “effettivamente l’ambito individuato risulta notevolmente antropizzato, ed anche in maniera disorganica, da ciò deriverebbe la necessità di un Piano Attuativo, ma finalizzato essenzialmente alla riqualificazione dello stesso”.

14.3. Il consulente dà anche atto che l’intervento denegato dal Comune consiste in un ampliamento della consistenza originaria del manufatto preesistente.

14.4. Ciò detto, il Collegio non ritiene che la situazione rappresenti uno di quei “casi eccezionali” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2013, n. 3880) in cui sia consentito prescindere dalla formazione di quel piano attuativo cui, in linea di principio, il P.R.G. (o lo strumento urbanistico equivalente) subordini il rilascio del permesso di costruire.

14.5. Infatti, il Collegio non vede ragioni per discostarsi dall’indirizzo consolidato di questo Consiglio di Stato secondo cui, pure in presenza di una zona (in tesi) già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo “nei casi nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione)".

14.6. Ciò, in quanto “l'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata" (cfr. sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4200, ove numerosi riferimenti ulteriori, cui adde sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1177).

14.7. A questo riguardo, la società appellante non contesta in punto di fatto quanto il Comune afferma nella nota di diniego impugnata, cioè che nella zona interessata “esiste un insieme di insediamenti abusivi, edificazioni dirette e aree libere, non conseguenza di piani attuativi e quindi sottoposte a piani di recupero ai sensi della l. 47/85 e della l.r. 16/04”.

18.8. Su tali premesse, sembra irrilevante la collocazione marginale della singola maglia destinataria dell’intervento, posto che è la zona nella sua interezza che deve essere presa in considerazione. E se tale zona è, incontestabilmente, fortemente antropizzata e disorganicamente edificata, l’esigenza di un piano attuativo, preliminare al rilascio della richiesta variante al permesso di costruire, si impone quanto meno alla luce della stringente necessità di raccordare la nuova edificazione con quella esistente e di evitare l’ulteriore compromissione di una zona in cui le costruzioni sono sorte in modo disorganico, al di fuori di un qualunque pianificazione esecutiva di P.R.G. (si veda ancora la C.T.U.).

15. Parimenti infondato è il secondo motivo.

15.1. Non vi è alcuna contraddizione fra l’avere accordato il permesso di costruire per la ricostruzione di una porzione di fabbricato demolito a seguito dell’ordinanza n. 98 del 2008 e averlo negato per la variante di ampliamento, trattandosi di interventi palesemente diversi per natura, oggetto, finalità.

15.2. Per altro verso, il Comune ha chiaramente indicato la ragione ostativa al rilascio del titolo nella mancanza di un piano attuativo. In tal modo la motivazione del diniego è chiaramente esplicitata, anche se le norme urbanistiche che si assumono violate sono indicate solo nella loro globalità.

16. Il terzo motivo (nella zona il P.U.C. consentirebbe l’intervento edilizio diretto sotto certe condizioni, che in concreto sussisterebbero), oltre ad essere stato del tutto obliato nelle controdeduzioni opposte dalla società appellante al preavviso di diniego (che insistono solo sull’affermata completa urbanizzazione della zona), contrasta frontalmente con queste ed è comunque proposto in termini apodittici, generici e congetturali, sicché non è possibile cogliere il senso della doglianza.

16.1. Pertanto anche questo motivo è da respingere.

17. Da ultimo, non ha pregio la censura di asserita violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Il Comune ha esaminato le controdeduzioni formulate dall’appellante e le ha respinte con articolata motivazione, considerandole infondate rispetto alla situazione di fatto e di diritto.

18. Dalle considerazioni che precedono discende che, come già detto, l’appello è infondato nel merito e va perciò respinto. Ne segue la conferma della sentenza impugnata, con diversa motivazione.

19. Va ribadito il difetto di legittimazione passiva della Città Metropolitana di Napoli, quale successore ex lege della Provincia di Napoli, già estromessa dal giudizio di primo grado e coinvolta inutilmente (poiché non vengono in questione atti a essa riferibili) in questo giudizio di appello per giunta in violazione del giudicato interno relativo al corrispondente capo dell’impugnata sentenza.

20. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

21. Le spese di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, co. 1, c.p.a.

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