Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-02-14, n. 201200728
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N. 00728/2012REG.PROV.COLL.
N. 07225/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7225 del 2008, proposto dal Comune di Sestri Levante, rappresentato e difeso dall'avv. L C, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare 14 Sc A/4;
contro
Condominio Selemar in Sestri Levante, rappresentato e difeso dagli avv. G G e L V, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Asiago 8;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, SEZIONE I, n. 1546/2008, resa tra le parti, concernente DINIEGO INSTALLAZIONE SBARRA AUTOMATIZZATA SU UN TRATTO DI STRADA PRIVATA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2012 il Cons. N G e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi, su delega di L C, nonché G G e L V;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il condominio Selemar di Sestri Levante impugnava dinanzi al T.A.R. per la Liguria il provvedimento 16.4.2008 prot. n. 10096 con cui il competente dirigente comunale aveva negato l’assenso, chiesto dallo stesso ricorrente, all’installazione di una sbarra automatizzata destinata a regolare il traffico in entrata e in uscita dalla strada privata appartenente al Condominio (Via privata Sopranis) e sfociante sulla via Antica Romana Occidentale.
La ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento e difetto del presupposto.
Resisteva al gravame il Comune di Sestri Levante.
Il Tribunale adìto, con la sentenza in forma semplificata n. 1546/2008 in epigrafe, accoglieva il ricorso del Condominio.
Tale sentenza formava oggetto di appello da parte del Comune interessato.
Si costituiva in resistenza all’appello, deducendone l’infondatezza, la parte vittoriosa in primo grado.
Con ordinanza n. 5786 del 28 ottobre 2008 la Sezione accoglieva la domanda cautelare proposta dall’appellante.
Le rispettive tesi di parte trovavano ulteriore illustrazione ed approfondimento in successive memorie.
Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è infondato.
1a Il provvedimento impugnato si basa sul rilievo che la strada sulla quale si sarebbe voluta installare la sbarra era destinata al pubblico transito. Tanto sulla base di un’autorizzazione sindacale rilasciata il 18 aprile 1966 per la durata di un anno, ed in forza della fruizione collettiva poi proseguita mediante il libero transito veicolare e pedonale del pubblico che da allora aveva contrassegnato la strada, senza soluzione di continuità, e che era stato ribadito da due precedenti dinieghi analoghi a quello impugnato, assunti in data 27 ottobre 1993 e 23 febbraio 1995 dietro conformi istruttorie della Polizia Municipale confermative del predetto uso pubblico.
La ricorrente, dal canto suo, con il ricorso di prime cure ha contestato che la strada, di proprietà privata, fosse soggetta a pubblico passaggio, come invece sostenuto dal Comune.
E il Tribunale ha accolto le tesi del Condominio, osservando che “ In tale contesto la p.a. avrebbe dovuto argomentare ulteriormente dagli indici che la giurisprudenza ha da tempo individuato per dedurre la natura pubblica di una via : nel caso in questione, il terreno destinato a via consente l’accesso ed il recesso da alcuni condomini alla via pubblica, e non risulta provato che sia stato destinato all’uso pubblico indifferenziato da tempo immemore, posto che appare carente di prova la relativa asserzione contenuta nel provvedimento in questione. ”
1b Rileva preliminarmente la Sezione che l’accertamento giurisdizionale dell’effettiva esistenza della servitù di pubblico passaggio sulla quale le parti si dividono (pacifica essendo invece la privata appartenenza della stessa strada) compete all’autorità giudiziaria ordinaria, trattandosi di materia di diritto soggettivo e non di interesse legittimo. Il Giudice amministrativo può quindi esercitare, al riguardo, esclusivamente una cognizione incidentale sulla questione (cfr. art. 8, comma 1, CPA), senza poter fare stato sulla medesima con la propria decisione, e al solo fine di pronunciarsi sulla legittimità della determinazione dirigenziale che forma specifico oggetto di ricorso.
A tale impostazione risulta peraltro essersi rettamente attenuta la sentenza appellata.
1c Altro rilievo preliminare occorrente riguarda i precedenti dinieghi di autorizzazione, analoghi a quello impugnato, già assunti dal Comune di Sestri Levante negli anni precedenti. In proposito la Sezione non può che convenire con la parte appellata sulle osservazioni per cui, da un lato, il nuovo provvedimento, siccome sorretto da un’autonoma istruttoria e da una nuova motivazione, era sicuramente atto a riaprire i termini di impugnativa giurisdizionale, ancorché i precedenti fossero rimasti inoppugnati;dall’altro, e soprattutto, i dinieghi di cui si tratta non avrebbero potuto non lasciare impregiudicata la natura giuridica ed il regime della strada in discussione.
2 Tanto premesso, la Sezione sul merito della controversia rileva quanto segue.
Con atto del 15 aprile 1966 il Sindaco di Sestri Levante, in accoglimento di conforme istanza della Cooperativa edilizia Selemar 1, autorizzava la richiedente “ ad eseguire l’apertura al pubblico passaggio e la costruzione relativa di una strada privata in Via Antica Romana Occidentale ”, in attuazione del piano di lottizzazione dei terreni di proprietà Marchesi Sopranis approvato in data 20 maggio 1960, piano che tale strada appunto prevedeva, ed in applicazione dell’art. 78 del Regolamento Edilizio Comunale, in tema di autorizzazione del Sindaco “ ad aprire vie private al pubblico transito ”.
L’atto sindacale del 1966 aveva, peraltro, durata limitata ad un solo anno.
La strada in discussione, oltre a servire il fabbricato del Condominio ricorrente, assicura l’accesso a quelli contrassegnati dai successivi civici nn. 294 e 296 della stessa Via Antica Romana Occidentale, i cui comproprietari sono, però, titolari su di essa già di un diritto civilistico di servitù di passo (pedonale e carraio) ribadito anche da recenti pronunzie giurisdizionali (da ultimo, del Tribunale civile di Chiavari del 14 dicembre 1993).
La strada non è mai proseguita oltre tali edifici, nel collegamento dei quali alla strada pubblica ha dunque sempre visto esaurita la propria concreta funzione.
Ha aggiunto la difesa comunale che la strada era stata realizzata in vigenza della previsione, recata dal p.r.g. dell’epoca, della futura costruzione, a monte del comprensorio lottizzato, della Nuova Via Aurelia (cfr. le tavole in all. nn. 9 e 10 della produzione comunale). Onde la strada privata sarebbe dovuta servire, prospetticamente, a collegare la Via Antica Romana Occidentale alla prevista nuova arteria.
Il fatto è, però, che la previsione della Nuova Via Aurelia, negli oltre 40 anni nel frattempo decorsi, è rimasta inattuata, per quanto ribadita, da ultimo, anche nel nuovo P.U.C. del 2000 (all. 12 della produzione comunale).
Ne consegue che nel lungo periodo in rilievo l’unico uso possibile della strada in questione è rimasto quello funzionale alla mera utilità dei residenti dei condomini nn. 294 e 296, peraltro già titolari di un diritto privato di servitù confermato dal Tribunale civile (diritto privato di transito che, deduce esattamente la parte appellata, non avrebbe avuto la possibilità di configurarsi ove si fosse trattato davvero di una strada destinata ad uso pubblico).
Si manifesta fondato, dunque, il principale argomento degli appellati per cui la strada in discussione, che si dirama dalla Via Antica Romana Occidentale, non adempie ad alcuna funzione pubblica, per il fatto di non avere sbocco su altra strada o piazza pubblica, sì da poter soddisfare in tal modo esigenze collettive ( id est , di un numero indeterminato di cittadini), conducendo essa esclusivamente ad aree private;né la strada ha mai posseduto un’effettiva idoneità a soddisfare esigenze di carattere generale formando oggetto di uso da parte di una collettività indeterminata di individui.
La giurisprudenza insegna, invero, che costituisce una strada pubblica quel tratto viario che non è cieco, ma assume una esplicita finalità di collegamento, essendo destinato al transito di un numero indifferenziato di persone : C.d.S., V, 7 dicembre 2010, n. 8624;che il connotato di interclusione dell'area servita esclude che vi possa sorgere un uso stradale in favore di una collettività indeterminata, e fa invece concludere per un'utilità limitata ai soli proprietari frontisti: C.d.S., V, 18 dicembre 2006, n. 7601;che un'area privata può ritenersi assoggettata ad uso pubblico di passaggio quando l'uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives , ossia quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli , ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato;oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam , l'asservimento del bene da parte del proprietario all'uso pubblico, analogamente, di una comunità indeterminata di soggetti considerati sempre uti cives , di talché il bene stesso viene ad assumere caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale: Cassazione civile, sez. II, 21 maggio 2001, n. 6924;che ai fini della dicatio ad patriam occorre pur sempre il requisito dell’idoneità intrinseca del bene a soddisfare un’esigenza comune della collettività dei consociati uti cives : Cass. Civ., II, 13 febbraio 2006, n. 3075.
In coerenza con gli enunciati appena esposti, la giurisprudenza afferma in definitiva che, perché un'area privata possa ritenersi sottoposta ad una servitù pubblica di passaggio, è necessario, oltre all'intrinseca idoneità del bene, che l'uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse. Ne consegue che deve escludersi l'uso pubblico quando il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione (Cass. Civ., II, 23 maggio 1995, n. 5637), oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici (Cass. civ., I, 22 giugno 1985, n. 3761).
Si rivela pertanto privo di consistenza l’assunto del Comune appellante per cui la strada avrebbe potuto dirsi soggetta a pubblico passaggio ab immemorabile , o almeno dal 1966.
In realtà, per quanto si è detto, non sono mai maturati i presupposti perché sulla strada potesse effettivamente svolgersi un uso generale, facendo difetto, in particolare, il requisito dell’idoneità intrinseca del bene a soddisfare un’esigenza comune della collettività dei consociati. E la fruizione della strada da parte della sola ristretta cerchia dei residenti dei civici nn. 294 e 296 ha costituito espressione del loro semplice diritto civilistico di servitù.
In senso contrario non vale opporre l’inclusione della previsione della strada nell’ambito dell’antica lottizzazione, in quanto i relativi piani possono prevedere anche strade private non soggette a transito pubblico, quali sono, appunto, tutte quelle che abbiano il mero scopo di dare accesso solo a singoli edifici privati.
Né il Comune potrebbe giovarsi, in questo contesto incompatibile con un uso pubblico della strada di cui si tratta, della propria iniziale previsione autorizzativa del 1966. A parte il fatto che l’efficacia del relativo atto sindacale era limitata, come si è già detto, ad un solo ed unico anno, è dirimente la considerazione che lo stesso atto ricavava la proprio ragione d’essere dalla prospettiva della prevista, prossima realizzazione, a monte della lottizzazione, della Nuova Via Aurelia, cui la strada in discussione avrebbe dovuto condurre. La circostanza che il relativo disegno non abbia invece mai trovato seguito ha precluso, pertanto, la possibilità che la strada più volte citata diventasse di uso pubblico.
3 Le ragioni esposte impongono dunque il rigetto dell’appello, in quanto infondato.
Le spese processuali del presente grado possono essere però equitativamente compensate tra le parti.