Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-06-09, n. 202305673
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Testo completo
Pubblicato il 09/06/2023
N. 05673/2023REG.PROV.COLL.
N. 05085/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5085 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G P e G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Corso Rinascimento, 11;
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12; Commissione esaminatrice del concorso a 500 posti di notaio indetto con D.D. 21.4.2016, non costituita in giudizio;
nei confronti
di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Viste le successive memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. Fabrizio Di Rubbo e udito in sede di discussione l'avvocato G P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso proposto in primo grado il dott. -OMISSIS-, premesso di aver partecipato al concorso per esami a 500 posti di notaio indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 21 aprile 2016, ha impugnato, tra gli altri connessi atti, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.
Ha esposto, in fatto, di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla relativa Commissione dopo lo scrutinio dei tre elaborati di cui era composta la prova scritta, e conseguentemente di non esser stato ammesso a sostenere le prove orali.
Con varie censure racchiuse in un unico motivo di impugnazione ha dedotto la violazione e falsa applicazione di legge e l'eccesso di potere; ritenendo, in particolare, che non sussistesse nel terzo elaborato, consistente nella redazione dell’atto mortis causa , quella fattispecie di grave insufficienza legittimante l’esclusione del candidato, e contestando anche la sussistenza delle altre insufficienze meno gravi rilevate dalla Commissione.
Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso di prime cure, e ne ha domandato la reiezione nel merito, sul rilievo della piena legittimità delle operazioni di correzione degli elaborati e della sufficienza, logicità e congruità della motivazione del giudizio negativo, insindacabile nel suo contenuto valutativo.
Con successivi motivi aggiunti, è stata impugnata, per invalidità derivata, l’approvazione della graduatoria del concorso per cui è causa.
Con ulteriori motivi aggiunti, parte ricorrente ha impugnato il decreto del Ministero della Giustizia del 17.02.2017 di nomina della dott.ssa -OMISSIS- quale componente della commissione esaminatrice del concorso, per violazione dell’articolo 35-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, che stabilisce che coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale non possono fare parte di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi.
In vista dell’udienza pubblica, la difesa erariale ha insistito per la reiezione del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti, eccependo la tardività dei secondi motivi aggiunti. Parte ricorrente ha replicato sul punto, sostenendo la tempestività dell’impugnazione del predetto decreto di nomina.
All’esito della pubblica udienza del 6 novembre 2019 il T.a.r., dopo avere ampiamente richiamato i noti limiti del sindacato giudiziale sulla discrezionalità tecnica esercitata dalla commissione esaminatrice, ha respinto il ricorso con la seguente motivazione:
<(…) Nel caso di specie, il giudizio espresso dall’organo di valutazione risulta scevro dai menzionati vizi.
In primo luogo, nessun travisamento in fatto può ravvisarsi in relazione alla presenza di una causa di nullità rilevata dalla commissione nell’atto mortis causa. Parte ricorrente, infatti, ha omesso di riferire nel suo elaborato di chi fosse la titolarità del marchio “Delta”, i cui diritti allo sfruttamento economico erano oggetto di legato. L’indicazione del solo marchio, come rilevato dalla commissione, ha determinato la violazione dell’art. 651 c.c. La nullità presente nell’elaborato mortis causa , già in sé sufficiente a motivare il giudizio di non idoneità, si affianca ad ulteriori insufficienze, individuate anche negli ulteriori elaborati, riportate dalla commissione in maniera puntuale ed esaustiva.