Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-13, n. 201401199

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-13, n. 201401199
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401199
Data del deposito : 13 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09178/2009 REG.RIC.

N. 01199/2014REG.PROV.COLL.

N. 09178/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9178 del 2009, proposto da:
Comune di Lucoli, rappresentato e difeso dall'avv. R L, con domicilio eletto presso S.C.A.R. Soc. Ligal Service Roma 2009 in Roma, via dei Dardanelli,27;

contro

P A P, rappresentato e difeso dagli avv. A R, F C, con domicilio eletto presso A R in Roma, viale delle Milizie 1;

nei confronti di

Provincia di L'Aquila, Regione Abruzzo, Commissario Ad Acta Dott. S F, Commissario Ad Acta Arch.Patrizia P, non costituiti ;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA: SEZIONE I n. 00277/2009, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE DEFINITIVA DEL PIANO REGOLATORE GENERALE.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di P A P;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2014 il Cons. Sandro Aureli e uditi per le parti gli avvocati A R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

'FATTOeDIRITTO'


La sentenza del T.a.r. Abruzzo riportata in epigrafe ha annullato la delibera provinciale n.57 del 26.06.2003, con la quale è stato approvato il Piano regolatore generale del Comune di Lucoli.

In primo grado l’appellato avverso detto provvedimento di pianificazione urbanistica ha proposto otto motivi di illegittimità, in ordine ai quali il primo giudice si è pronunciato ritenendo fondati il quinto ed il sesto, senza poi esaminare, e senza neppure dichiararne l’assorbimento, tutti gli altri..

Con il primo dei motivi accolti ( quinto) è stata dedotta la violazione degli articoli 9 e segg. della L.R. Abruzzo n. 18/1983, evidenziando che il P.R.G. approvato sarebbe carente delle analisi e delle indicazioni richieste dalla predetta norma;
mancherebbero in particolare le indicazioni:

- sul fabbisogno residenziale da soddisfare;

-sulle quote da reperire con il recupero del patrimonio edilizio esistente e

con nuove costruzioni;

-sui criteri di localizzazione, dimensionamento ed organizzazione delle aree a destinare allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dei rifiuti costituiti da materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi e degli impianti di epurazione, in riferimento alle caratteristiche naturali ed insediative attuali e future come da normative vigenti (D.P.R. 915/82, L. 319/1978 D.P.R. 36/88).

Inoltre il P.R.G. approvato risulterebbe sovradimensionato nella previsione .delle aree edificabili, come emerge dai dati ISTAT della popolazione negli anni 1971, 1981 e 1991 da cui risulta che il Comune di Lucoli è stato soggetto a drastico calo demografico, con un patrimonio edilizio esistente ed inutilizzato di notevole consistenza, e largamente superiore alle esigenze abitative.

Con il secondo dei motivi accolti (sesto) si è sostenuto che la zona residenziale di

espansione prevista dal P.R.G. nella frazione Collimento sarebbe. in contrasto con l'art. 72 della L.R. 18/1983, che consente la realizzazione di impianti produttivi zootecnici a distanza non inferiore di metri 300 rispetto agli insediamenti abitativi esistenti.

In particolare nella detta frazione esistevano -ed esisterebbero tuttora- alcune stalle per la produzione zootecnica, che tuttavia sarebbero "scomparse" nella planimetria del P.R.G. approvato, così da consentire una illegittima possibilità di edificazione nell’ambito della introdotta zona residenziale di espansione, in violazione della norma che impone il distacco tra i fabbricati detti.

Con l’appello in esame il Comune preliminarmente deduce l’eccezione del difetto di legittimazione e di interesse del ricorrente in primo grado sottolineando che se è vero trattasi di eccezioni nuove non essendo state dedotte in primo grado , esse sono pur sempre rilevabili d’ufficio

A supporto delle proposte eccezioni parte appellante pone la circostanza che l’appellato non è proprietario di aree nella zona d’espansione a cui si riferiscono le censure accolte.

Inoltre dalla censura accolta non è emersa alcuna lesione subita dalle contestate previsioni di piano.

Ha poi sottolineato con riguardo agli argomenti utilizzati che attraverso di essi si tenta di sindacare il merito delle scelte effettuate dall’ente locale in tema di pianificazione urbanistica.

Ritiene infine che il primo giudice abbia condiviso le deduzioni recate nel quinto motivo di ricorso ignorando del tutto l’impostazione generale del piano così come si ricava dal complesso degli atti che lo compongono, vale a dire dalla relazione illustrativa generale del PRG, dalle norme tecniche d’attuazione, e dagli elaborati grafici.

In relazione all’accoglimento del sesto motivo oppone che la norma da osservare in tema di distanze tra fabbricati agricoli, peraltro in realtà inutilizzati, e fabbricati residenziali, discende direttamente dalla legge urbanistica regionale (art.72 l.r. n.18/1983) e da essa non si ricava anzitutto alcuna incompatibilità con la previsione di una zona d’espansione, né che con il piano si sia inteso ad essa derogare illegittimamente..

Parte appellata ha eccepito la nullità del gravame per vizi della sua notifica , essendosi il notificante avvalso dell’art.11 della legge 53/199, senza osservare le disposizioni da esso richiamate.

Chiede inoltre il rigetto delle eccezioni preliminari sollevate nel gravame in quanto inammissibili ed infondate.

Nel merito ha chiesto la conferma della decisione di primo grado in relazione ai motivi di ricorso condivisi dal primo giudice.

Ha inoltre riproposto tutte le censure non esaminate dalla sentenza gravata per chiederne, in via subordinata , l’accoglimento.

Con separato scritto difensivo ha insistito per la inammissibilità del gravame per vizi della notifica..

Deduce, in particolare, la nullità del gravame per violazione dell’art.11 della legge 21 gennaio 1994 n.53 , avendo omesso l’appellante di far apporre in calce alla relata di notifica il timbro di vidimazione dell’Ufficio postale (art.3 legge citata) e per non aver depositato “copia dell’atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento” (art.9 legge citata)

L’eccezione è infondata avendo la S.U. di Cassazione in proposito insegnato che la nullità della notifica per inosservanza delle “disposizioni di cui agli articoli precedenti “ recata dall’art.11 della legge n.53/1994, deve intendersi riferita “ a quegli scarti dal modello legale , verificatisi nel procedimento di notifica che abbiano inciso sul suo regolare perfezionamento e non anche all’omissione di un adempimento che si colloca , teleologicamente e temporalmente , su di un piano distinto ed ulteriore”.

Il profilo di nullità eccepito ai sensi dell’art.9 della legge n.53/1994, si colloca indubbiamente nel quadro degli adempimenti che non hanno inciso nel regolare perfezionamento del procedimento di notifica, per cui l’eccezione deve essere respinta in relazione ad entrambi i profili dedotti.

Quanto alla nullità per violazione dell’art.3 stessa legge è sufficiente osservare che la vidimazione nel caso di notifica effettuata direttamente dal difensore a ciò preventivamente autorizzato viene effettuata ai sensi dell’art.4 comma 2 , e quindi dal consiglio dell'ordine.

L’eccezione di nullità della notifica deve quindi essere respinta.

Nel procedere all’esame del gravame, il Collegio ritiene di poter prescindere dalle eccezioni relative ai presupposti processuali della legittimazione e dell’interesse ad agire sollevate dal Comune essendo il gravame stesso meritevole d’accoglimento in ragione dei profili di merito in esso esposti.

A tal riguardo pare opportuno far precedere tale esame, in sostanza rivolto ai detti motivi d’accoglimento che fondano la sentenza impugnata, da una breve osservazione di carattere preliminare.

In tale ottica è utile cioè tener presente l’ordinanza n.1087/2010 che questa Sezione ha adottato nella camera di consiglio del 6 marzo 2010, con la quale è stata accolta l’istanza cautelare del Comune di Lucoli e per l’effetto è stata sospesa l’efficacia della sentenza impugnata “ relativamente alle parti del p.r.g. non concernenti le frazioni di Collimento e Casamaina”..

A tali parti del territorio comunale in effetti si riferisce, attraverso l’accoglimento rispettivamente del motivo sesto(Collimento) e quinto (Casamaina) , la sentenza impugnata dal Comune appellante, il quale con le deduzioni all’esame sottolinea e ribadisce che i vizi ravvisati dal primo giudice incidono appunto sul Prg impugnato esclusivamente nella parte volta ad introdurre la nuovo disciplina urbanistico –edilizia di tali frazioni.

Quest’ultime rappresentano in effetti due delle diciotto frazioni di cui il Comune si compone.

Il dimensionamento della zona d’espansione in esse introdotta con il Prg è stato ritenuto dal primo giudice del tutto ingiustificato, ancorché si fosse voluto tener conto della spiccata vocazione turistica del territorio comunale , essendosi ingiustificatamente omesso di tener conto del decremento demografico in atto ormai da anni , e confermato del resto dai relativi dati Istat.

Al riguardo nella sentenza impugnata viene evidenziato che “l’aumento di aree edificabili in contesti territoriali soggetti a spopolamento quand’anche mirato al turismo di zona, necessità ancor più di un’accorta motivazione , intesa a dare conto di come gli aumenti di volumetria si inseriscano in un più generale obiettivo di sviluppo dei luoghi , non disgiunto da una ripresa di attività economica locale”

Il Comune appellante anche in questa sede si è opposto all’esposto argomento del primo giudice, rilevando che “appare sicuramente riduttivo basare il criterio di dimensionamento sulla sola considerazione degli abitanti residenti così come accertati dall’Istat , in quanto non è irragionevole non tener conto della dedotta vocazione”.

Il Collegio condivide la tesi del Comune appellante.

In tale direzione sembra anzitutto necessario porre in evidenza che non appare corretto muovere critiche al dimensionamento di insediamenti turistici in zona a vocazione turistica opponendo il decremento della popolazione residente, posto che essi rappresentano un’offerta di nuove abitazioni notoriamente rivolta, ancorché non esclusivamente ma di certo in gran prevalenza, ai non residenti.

Con la linea argomentativa del primo giudice viene quindi svolta una critica alla scelta pianificatoria del Comune utilizzando un parametro di riferimento del tutto incongruo.

In secondo luogo pare evidente, con conseguente insussistenza dell’insufficiente motivazione evidenziata nella sentenza , che gli insediamenti turistici in discorso sono stati essi stessi ritenuti dal Piano, con valutazione che appare non sindacabile essendo espressione della discrezionalità tecnica dell’amministrazione , un fattore generatore di sviluppo dei luoghi collegato alla ripresa di attività dell’economia locale che attraverso la loro realizzazione si punta ad implementare.

Conseguentemente non vi era alcuna necessità di motivare nei termini indicati dal primo giudice.

Gli argomenti spesi dalla sentenza impugnata nell’esaminare il quinto motivo di ricorso con il quale viene criticato il dimensionamento degli insediamenti turistici previsti dal PRG non possono in conclusione essere condivisi.

Va ora aggiunto che fanno parte del quinto motivo di ricorso non soltanto gli argomenti spesi per contestare il dimensionamento residenziale nelle dette zone d’espansione ma anche altri aspetti che integrano altrettanti profili d’illegittimità del PRG del Comune di Lucoli, che la sentenza gravata non ha esaminato ma che parte appellata , ricorrente in primo grado, ha di nuovo proposto in questa sede .

In particolare viene dedotta l’illegittimità del Piano per violazione dell’art.9 della l.r. n.18/1983, sotto il profilo dell’omessa considerazione ;

a) del fabbisogno residenziale da soddisfare;

b) delle quote da reperire con il recupero del patrimonio edilizio esistente e

con nuove costruzioni;

c) dei criteri di localizzazione, dimensionamento ed organizzazione delle aree a destinare allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dei rifiuti costituiti da materiali provenienti da demolizioni.

Dall’esposizione ricorsuale non è chiaro se la mancata considerazione dei detti criteri conformativi della pianificazione viene dedotta rispetto alla zona d’espansione destinata ad insediamenti turistici oppure rispetto alle altre zone del territorio comunale.

In entrambi i casi , comunque, il profilo in esame non merita condivisione.

La Sezione ritiene invero che il riferimento ai primi due criteri (lett.a) e lett. b) sia del tutto infondato evidente essendo che la loro osservanza s’impone in relazione alla previsione di piano che inerisce ad una zona d’espansione residenziale di tipo non turistico ovvero riguardante una zona in parte già edificata.

In ogni caso, ove si dovesse ritenere che la deduzione abbia investito l’intero Piano, deve allora esserne dichiara l’inammissibilità per evidente genericità del motivo, essendosi il deducente limitato ad affermare che detti parametri della pianificazione non sono stati rispettati, ricavandone a suo avviso, la conferma dall’esame della documentazione che integra il Piano approvato.

Quanto al terzo parametro (lett.c) pare evidente che la deduzione muove da una premessa errata

Ed invero non è improprio affermare che la disposizione invocata non richiede che nel piano vengano contemplate aree aventi la specifica destinazione in argomento, essendo invece sufficiente che in esso siano individuabili spazi ai quali non è stata data una specifica destinazione e che per tale ragione sono idonei ad essere utilizzati per la descritta finalità.

Proseguendo nell’esame delle censure che parte appellante muove avverso la sentenza impugnata, il Collegio ritiene di non poter condividere gli argomenti che in essa vengono utilizzati per accogliere il sesto motivo del ricorso di primo grado.

Al riguardo dalla sentenza gravata emerge la critica alla previsione di una zona d’espansione nella frazione di Collimento dove sono presenti manufatti agricoli la cui presenza impone a norma dell’art.72 della legge regionale ( n.18/1983) che le residenze vengono realizzate rispettando la distanza da essi di 300 mt.

Appare però fondato l’argomento che il Comune appellante utilizza per opporsi a tale profilo d’illegittimità, ed invero in disparte da un approfondimento sull’effettiva utilizzazione e sul numero di detti manufatti agricoli, ciò che appare dirimente è che la prescrizione contenuta nella invocata norma regionale non può certamente essere intesa come ragione di impedimento alla previsione pianificatoria di una zona d’espansione.

In secondo luogo va evidenziato che nel Piano non emerge alcun intento di volere disattendere il vincolo della distanza in argomento, posto che la disciplina introdotta riguarda le aree nella quali sono consentiti gli insediamenti residenziali che, se realizzati, dovranno rispettare detto vincolo.

In conclusione né il quinto né il sesto motivo del ricorso di primo grado meritavano l’accoglimento pronunciato dalla sentenza impugnata.

Occorre conseguentemente procedere all’esame dei motivi del ricorso di primo grado che il primo giudice non ha esaminato , e che in questa sede sono stati ritualmente riproposti.

L’esame comporta in particolare l’analisi delle deduzioni contenute nei motivi da uno a quattro del ricorso di primo grado, nonché del motivo contraddistinto nello stesso mezzo con il numero otto

Nessuno di tali motivi merita l’accoglimento.

Infondato è invero il primo motivo non ricorrendo la dedotta incompetenza della Provincia ad approvare il Piano in ragione della sopravvenuta legge regionale 3 marzo 1999 n.11.

Sotto tale data infatti , come si ricava dalla narrativa esposta nella memoria costitutiva di parte appellata, “ con delibera n.101 del 4.8.1998-emendata in parte qua con la delibera n.165 del 23.12.1998, il Consiglio Provinciale di L’Aquila approvò le delibere del Commissario ad acta (dott. F) n.171983 e del Commissario ad acta (arch.P) n.1/1996 e n.2/1996, relative all’adozione del PRG e della variante al PRG in itinere , con le condizioni indicate nel parere del CRTA n.16/3 del 16.7.1998”

Correttamente pertanto il Comune di Lucoli , in tale contesto procedimentale, ha rilevato che al momento dell’entrata in vigore della legge n.11 del 1999, il piano si trovava in un avanzato stato di elaborazione essendo stato esso già approvato dalla Provincia in prima istanza.

Non poteva quindi trovare applicazione la legge n.11/1999 riguardante i nuovi piani urbanistici cioè i piani il cui iter non fosse vicino all’approvazione definitiva.

Il motivo esaminato deve pertanto essere respinto.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Nessun silenzio assenso si è infatti formato nel procedimento di approvazione del piano, né di conseguenza potrebbe essere corretto sostenere che la Provincia nella fattispecie aveva perduto il potere di approvazione definitiva.

E tanto sotto entrambi i profili dedotti..

A tal proposito va anzitutto rilevato che il termine di 180 giorni dal ricevimento del PRG adottato è palesemente un termine ordinatorio e non decadenziale , non essendovi al riguardo alcuna previsione espressa, tanto più necessaria nell’ipotesi di decadenza dall’esercizio di un potere istituzionale qual è quello riconosciuto alla Provincia..

In secondo luogo è incontroverso che il sindaco del Comune di Lucoli non ha attivato, come sarebbe stato necessario, le condizioni previste dall’art.11 della legge n 18/1983 che gli avrebbero consentito di determinare l’approvazione del Piano comunale per silenzio assenso.

Non merita accoglimento neppure il terzo motivo.

Come già veduto il piano elaborato ed adottato dal Commissario ad acta dott. F è confluito nel piano elaborato dal Commissario ad acta dott. P;
quest’ultimo si è reso a sua volta necessario a seguito della sopravvenuta approvazione del Piano regionale paesistico la quale ha imposto la predisposizione di una variante al PRG (in itinere) già adottato dal dott. F con delibera n. del 29 luglio 1983.

Non è dubitabile quindi che anche la variante elaborata dal dott. P, come il piano in itinere del dott. F, abbiano riguardato l’intero territorio comunale , e che con l’approvazione definitiva la Provincia ha reso definitivamente efficace un PRG non limitato ad una parte del territorio comunale.

E’ quindi errata l’affermazione che sorregge il motivo in esame dove s’afferma l’intervenuta approvazione di un piano che ha riguardato una parte soltanto del territorio comunale.

Per quanto appena esposto va respinto di conseguenza anche il quarto motivo di ricorso poiché nel delineato risalente contesto procedimentale nulla impediva alla Provincia di tener conto in sede di approvazione non soltanto del piano del dott. F quale commissario ad acta in origine incaricato dalla Regione per procedere alla sua adozione, ma anche del Piano del dott. P , nominato commissario ad acta per l’adozione della variante di adeguamento del piano in itinere del dott. F al sopraggiunto piano paesistico regionale.

E’ quindi errata l’affermazione che sorregge il quarto motivo con il quale s’afferma che nell’approvazione del piano avrebbe dovuto tenersi conto soltanto del piano adottato dal dott. F , quale unico incaricato dalla Regione per procedere all’adozione del piano.

In ordine al settimo motivo va osservato che parte appellata pur riproducendolo nel testo del proprio atti difensivo , non contesta che in ordine ad esso è intervenuta nel corso del giudizio di primo grado la carenza sopravvenuta d’interesse..

In merito all’ottavo motivo va osservato che il Comune in primo grado ha opposto l’omessa impugnazione della nota della Provincia n.4087 del 18.2.2000, con la quale è stata respinta la richiesta d’inserimento nella disciplina di Piano dell’accordo intervenuto tra il Comune ed il deducente, consacrato dalla delibera consiliare n.13 del 05.06.1998, che la Provincia stessa non ha però ritenuto nei suoi confronti vincolante, intesa alla revoca della destinazione pubblica impressa alle aree di proprietà quest’ultimo situate nella frazione Casamaina.

Nel piano quindi è stata mantenuta una destinazione pubblicistica delle aree in questione che il Comune stesso aveva acconsentito a revocare con la menzionata deliberazione.

In tale situazione, caratterizzata da palese contraddizione tra la disciplina del Piano approvato e la deliberazione consiliare , quanto alle aree in questione, ad avviso del collegio viene in rilievo l’assenza di una lesione immediata e concreta a carico del deducente.

Ed invero tale lesione potrà insorgere che nel momento in cui il Comune intendesse procedere, nonostante l‘intervenuta revoca., all’attuazione della previsione di Piano, ponendosi in contrasto con l’accordo intervenuto.

Anche l’ottavo motivo di censura non può quindi essere accolto.

La riforma della decisione di primo grado giustifica la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio

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