Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-06-20, n. 202306037

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-06-20, n. 202306037
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306037
Data del deposito : 20 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2023

N. 06037/2023REG.PROV.COLL.

N. 03854/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3854 del 2019, proposto da F D M, rappresentato e difeso dall’avvocato F V, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia

contro

Comune di Orta di Atella, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G M S e S B, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sede di Napoli (sezione sesta) n. 6326/2018


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Orta di Atella;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza straordinaria ex art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm. del giorno 10 maggio 2023 il consigliere F F e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor F D M, proprietario di un fabbricato di civile abitazione realizzato su un lotto di terreno dell’estensione di oltre 1000 mq in Orta di Atella, via San Francesco d’Assisi, censito a catasto al foglio 9, particella 5602, ricadente in parte in zona B2 del piano regolatore generale e per la restante parte in zona di rispetto cimiteriale, agisce nel presente giudizio per l’annullamento del provvedimento di prot. n. 11283 del 10 luglio 2012, con cui l’amministrazione comunale è intervenuta in autotutela sui titoli edilizi a suo tempo rilasciati per la realizzazione del fabbricato e cioè: la concessione edilizia del 6 maggio 2002, n. 80, la variante in corso d’opera del 16 maggio 2003 e il permesso di costruire in sanatoria del 6 settembre 2004, n. 155. L’intervento in autotutela era motivato sul presupposto che una porzione del fabbricato era stata realizzata in fascia di rispetto cimiteriale e che questa circostanza non era evincibile dalla documentazione progettuale presentata per ottenere i titoli edilizi. Con successiva ordinanza in data 4 febbraio 2013, n. 15, era ingiunta la demolizione delle opere realizzate in fascia di rispetto cimiteriale.

2. Contro i provvedimenti in questione era proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sede di Napoli, integrato da motivi aggiunti, respinto con la sentenza indicata in epigrafe.

3. Questa premetteva che il provvedimento impugnato con ricorso « può qualificarsi come atto di annullamento in autotutela », pur in difetto « dell’esplicita dichiarazione » in tal senso, da intendersi tuttavia riferito alla sola concessione edilizia del 6 maggio 2002, n. 80, e alla relativa variante in corso d’opera del 16 maggio 2003, e non anche al permesso di costruire in sanatoria del 6 settembre 2004, n. 155. Nel merito statuiva che la violazione della fascia di rispetto cimiteriale accertata con il provvedimento di annullamento d’ufficio « è da sola idonea a sostenere la motivazione del gravato provvedimento di autotutela », e tale da rendere la stessa immune « dalle osservazioni presentate dal ricorrente e (per altro verso) “assorbente” rispetto ad ulteriori violazioni asseritamene oggetto di erronei riferimenti normativi » contenuti nell’atto impugnato con ricorso. Inoltre era escluso che potesse invocarsi un legittimo affidamento alla conservazione dei titoli edilizi da parte del destinatario, posto che questo era da ritenersi « comunque “incolpevole” (e, quindi, tutelabile) » per la consapevole edificazione in zona vincolata. Infine, era respinta la censura di carente motivazione nei confronti dell’ordinanza di demolizione impugnata con motivi aggiunti, in ragione della « natura doverosa della misura repressiva, all’esito dell’annullamento dei titoli edilizi che hanno consentito l’edificazione di una porzione del fabbricato del ricorrente sulla fascia di rispetto cimiteriale (porzione specificata nell’atto) ».

4. Per la riforma della sentenza i cui contenuti sono così sintetizzabili il signor D M ha proposto appello, al quale resiste il Comune di Orta d’Atella.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello si censura la sentenza insufficiente valutazione degli atti di causa, omessa istruttoria e carente motivazione, oltre che per violazione dell’art. 46, comma 2, cod. proc. amm., derivanti dal fatto che il giudice di primo grado non ha ordinato all’amministrazione comunale di depositare i titoli edilizi oggetto dell’intervenuto in autotutela, e i relativi elaborati progettuali, oltre che i verbali di sopralluogo presso il fabbricato. In contrario si sostiene che i documenti in questione sarebbero indispensabili ai sensi della disposizione processuale richiamata, ed in relazione ai quali era stata formulata un’apposita istanza istruttoria. Ne deriverebbe la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, da cui conseguirebbe l’annullamento della stessa, con rinvio ex art. 105, comma 1, cod. proc. amm. al giudice di primo grado.

2. Con un ulteriore motivo sono riproposte le censure di carente motivazione del provvedimento impugnato in via principale, posto che da essa non sarebbe ricavabile la portata dell’intervento in autotutela sui titoli edilizi in questione. La sentenza avrebbe pertanto errato nel non dichiarare l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire, nei confronti di un atto qualificabile come interlocutorio.

3. Del pari la sentenza sarebbe incorsa in errore nel non riqualificare l’atto, laddove non considerato interlocutorio, come di autotutela parziale, limitato cioè alle opere realizzate sulla fascia di rispetto cimiteriale, aventi consistenza inferiore a 1/3 del totale, come ex post confermato dall’ordine di demolizione impugnato mediante motivi aggiunti, avente ad oggetto le sole « opere realizzate sulla fascia di rispetto cimiteriale, ovvero della porzione di fabbricato a destra del vano scala prospiciente verso la strada ». Peraltro, nella denegata ipotesi in cui l’atto abbia portata di annullamento integrale dei titoli a costruire se ne ribadisce l’illegittimità per motivazione carente e per violazione del principio di conservazione degli atti, che nel caso di specie avrebbe dovuto portare alla salvezza della parte dell’immobile legittimamente edificata.

4. La sentenza viene quindi censurata per omessa pronuncia sul motivo con cui era stata dedotta la violazione del « termine ragionevole » per l’esercizio del potere di autotutela ex art. 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel caso di specie superato dall’intervento a distanza di dieci anni dal permesso di costruire annullato d’ufficio.

5. La sentenza sarebbe inoltre errata per avere considerato motivazione sufficiente per l’annullamento d’ufficio del titolo a costruire l’intero immobile il fatto che una sola parte di esso ricada in fascia di rispetto cimiteriale, con il connesso regime di inedificabilità assoluta ex art. 338, comma 1, del testo unico delle leggi di sanità (regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265). In contrario si deduce che il lungo tempo trascorso dal rilascio del titolo e la difformità solo parziale dell’immobile avrebbe richiesto una motivazione puntuale dell’intervento in autotutela interesse pubblico al rispetto della legalità amministrativa, rispetto al contrapposto affidamento privato. A questo riguardo, si sostiene che difetterebbe qualsiasi interesse in ragione della situazione di fatto dei luoghi, contraddistinta dell’esistenza di « un centinaio di fabbricati realizzati in posizione ben più prossima al cimitero e mai interessati da alcun provvedimento di autotutela o repressivo », come dedotto e documentato in giudizio.

6. Infine, è riproposta la censura di carente istruttoria dell’ordinanza di demolizione emanata per le « opere realizzate sulla fascia di rispetto cimiteriale », in conseguenza dell’annullamento d’ufficio dei titoli a costruire, perché non preceduta dal sopralluogo preannunciato in quest’ultimo provvedimento.

7. Le censure così sintetizzate sono infondate.

8. Non è ravvisabile in primo luogo alcuna carente istruttoria o motivazione della sentenza a causa della mancata acquisizione dei titoli edilizi ritirati in autotutela, né tanto meno una violazione dell’art. 46, comma 2, cod. proc. amm., sopra richiamato. Quest’ultima disposizione pone un obbligo per l’amministrazione resistente di depositare in giudizio il « provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato », ed inoltre « quelli in esso citati e quelli che l’amministrazione ritiene utili al giudizio ». Ciò premesso, la giurisprudenza amministrativa tende al riguardo a circoscrivere il predicato di doverosità dell’obbligo di esibizione documentale al solo atto impugnato e a quelli del relativo procedimento (cfr. Cons. Stato, 25 gennaio 2023, n. 849;
VI, 31 dicembre 2021, n. 8767). Rispetto ad un annullamento d’ufficio non rientrano in quest’ultima ipotesi il provvedimento oggetto di ritiro in autotutela, sul quale il primo invece interviene quale manifestazione di volontà amministrativa di segno contrario a quella che ne aveva determinato l’emissione, sulla base di un procedimento amministrativo distinto da quello di autotutela. La sua acquisizione in giudizio costituisce pertanto una facoltà delle parti e del giudice, da svolgere sulla base di una valutazione di « utili (tà) al giudizio », non censurabile se non nella misura in cui la mancata acquisizione degli atti abbia determinato un errore di giudizio, riferito quindi alla decisione finale di merito, pure dedotta nel motivo d’appello in esame, ma non configurabile nel caso di specie. Come infatti ricavabile dai passaggi motivazionali sopra richiamati, la sentenza si fonda su una puntuale disamina delle censure di legittimità dedotte dal ricorrente e sul rilievo che le censure da esso dedotte non erano in grado di infirmare il presupposto a fondamento del provvedimento comunale di annullamento d’ufficio, a causa dell’accertata non conformità urbanistica del fabbricato derivante dall’edificazione di una sua parte in fascia di rispetto cimiteriale.

9. Sulla base dei medesimi passaggi motivazionali della sentenza appellata deve escludersi che sia invece affetto da carente indicazione in ordine ai presupposti di fatto e di diritto il provvedimento di annullamento d’ufficio e che in particolare questo sarebbe in realtà qualificabile come atto interlocutorio del procedimento di autotutela nei confronti dei titoli edilizi a suo tempo rilasciati in favore del ricorrente. La sentenza ha statuito sul punto che, malgrado alcune mancanze o erronei riferimenti normativi, da esso era comunque ricavabile la volontà dell’amministrazione comunale di intervenire sulla concessione edilizia e relativa variante in corso d’opera, con esclusione invece del permesso di costruire in sanatoria del 6 settembre 2004, n. 155. In relazione a tale statuizione l’appello non formula alcuna critica specifica, come invece richiesto ai sensi dell’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., dacché se ne determina la conferma.

10. Del pari risulta privo della necessaria specificità il successivo motivo d’appello, con cui si deduce l’erroneità della sentenza per non avere riqualificato l’atto impugnato in primo grado con ricorso come autotutela parziale, limitata alla sola parte del fabbricato ricadente in fascia di rispetto cimiteriale, e in via di ulteriore subordine come atto di annullamento d’ufficio integrale dei titoli a costruire a suo tempo rilasciati. Va al riguardo ribadito, sulla base dei brani motivazionali sopra riportati, che la sentenza ha espressamente indicato la natura dell’atto e la portata dell’intervento in autotutela in esso contenuto, senza che in relazione a tale specifica statuizione siano svolte critiche puntuali, conformi al paradigma dell’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., poc’anzi menzionato, necessario a devolvere in modo rituale in appello la cognizione sul punto controverso.

11. Per quanto concerne la censura di omessa pronuncia sul motivo con cui era stata dedotta la violazione del « termine ragionevole » ex art. 21- nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, deve innanzitutto premettersi che il vizio della sentenza in questione comporta la devoluzione in appello della censura attraverso la sua rituale riproposizione con l’atto di impugnazione nei confronti della sentenza di primo grado, e non già l’annullamento della stessa con rinvio ( ex multis : Cons. Stato, II, 22 luglio 2022, n. 6469;
III, 23 marzo 2022, n. 2126;
V, 15 settembre 2022, n. 7997;
VII, 25 gennaio 2023, n. 802;
3 marzo 2022, n. 1545). Nel merito la censura è tuttavia infondata. Decisiva in questo senso è la puntuale motivazione espressa dal provvedimento impugnato a fondamento dell’intervento in autotutela sui titoli edilizi a suo tempo rilasciati, consistente nella carente documentazione progettuale, planimetrica e cartografica allegata all’istanza, tale da non consentire di verificare l’effettivo ingombro del fabbricato poi realizzato e nello specifico il suo sconfinamento nella fascia di rispetto cimiteriale.

12. La ricostruzione dei fatti operata nel provvedimento di annullamento d’ufficio, in relazione alla quale parimenti non sono formulate censure puntuali nell’appello, consente di ritenere ragionevole l’intervento in autotutela anche a distanza di circa 10 anni dall’emissione dei provvedimenti ritirati, a causa dell’imputabilità del fatto allo stesso interessato, che - come del pari correttamente statuito dalla sentenza di primo grado - non può dunque contrapporre all’esigenza di ripristino della legalità nell’intervento di trasformazione territoriale urbanisticamente non conforme, ancorché assentito molti anni prima, alcun affidamento tutelabile al suo mantenimento.

13. Le considerazioni da ultimo svolte consentono inoltre di superare le ulteriori censure riproposte in appello e relative alla carente motivazione del provvedimento a causa dello sconfinamento solo parziale del fabbricato in fascia di rispetto cimiteriale e della pretesa esistenza di situazioni analoghe asseritamente non oggetto di interventi repressivi, che se pure esistenti non possono comunque fondare alcuna pretesa di estensione a proprio favore di un indebito vantaggio.

14. Da respingere è infine la censura di carente istruttoria dell’ordinanza di demolizione impugnata con motivi aggiunti, perché non preceduta dal sopralluogo preannunciato nel provvedimento di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi. In relazione ad essa la sentenza di primo grado ha infatti correttamente considerato dirimente il suo carattere doveroso rispetto ad una situazione non contestata di non conformità dal punto di vista urbanistico dell’immobile di proprietà del ricorrente, a causa del parziale sconfinamento in fascia di rispetto cimiteriale, in cui ai sensi del sopra citato art. 338, comma 1, del testo unico delle leggi di sanità vige un regime di inedificabilità assoluta che legittima l’intervento repressivo della competente autorità comunale.

15. L’appello deve essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado. Per la peculiarità della vicenda contenziosa, contraddistinta dall’intervento in autotutela a notevole distanza temporale dai titoli edilizi, sono nondimeno ravvisabili giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di causa.

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