Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-06-04, n. 201303057
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N. 03057/2013REG.PROV.COLL.
N. 04412/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4412 del 2011, proposto da:
L H, rappresentata e difesa dall'avv. G S, con domicilio eletto presso la medesima, in Roma, via Condotti 9;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
P C;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 33334/2010, resa tra le parti, concernente mancata ammissione alle prove orali concorso a 230 posti di notaio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti l’avv. G S e l'avvocato dello Stato Marinella Di Cave;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La dott.ssa L H espone di aver partecipato al concorso a n.230 posti di notaio , indetto con DDG 10 luglio 2006 e di aver sostenuto le tre prove scritte previste ( atto mortis causa, atto societario e atto inter vivos ), all’esito delle quali è stata giudicata non idonea in relazione al primo elaborato ( l’atto mortis causa ) , con conseguente non ammissione alla prova orale.
Ha quindi impugnato il giudizio di non idoneità espresso dalla Commissione esaminatrice innanzi al TAR del Lazio , sostenendone la illegittimità sotto vari profili e l’adito Tribunale con sentenza n. 33334/2010 ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.
La dott.ssa Holfer ha impugnato detta sentenza, deducendo a sostegno del proposto gravame, in primo luogo , motivi aggiunti ai sensi dell’art.104 c.p.a, come segue:
1) Violazione e/o falsa applicazione del comma 7 dell’art.11 del dlgs n.166/2006: Eccesso di potere per violazione del principio della par condicio dei concorrenti per soggettiva e conclamata inidoneità dei criteri di selezione. Motivazione contraddittoria ed insufficiente. Difetto istruttorio.
( tanto con riferimento ai fatti sopravenuti riguardanti la rinnovazione delle operazioni di correzione di altri candidati i cui ricorsi sono stati, a differenza che per la ricorrente , accolti dallo stesso TAR Lazio ).
Quindi, con specifico riferimento alle osservazioni e prese statuizioni recate dalla sentenza impugnata, sono stati dedotti i seguenti motivi d’appello :
2) Violazione E/o falsa applicazione del comma 7 del dlgs n. 166/2006: violazione dei generici criteri di correzione fissati dalla Commissione;
3) Violazione degli artt. 3 e 97 Costituzione , dalla par condicio tra i concorrenti e del principio di inscindibilità ed uniformità dei criteri che informano una medesima procedura concorsuale ;
4) Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche : difetto istruttorio, contraddittorietà ed illogicità;disparità di trattamento .Inattendibilità di tutte le censure mosse al tema mortis causa dell’appellante per contraddittorietà alla traccia ed ai principi del diritto civile
5) Vizi della motivazione della sentenza gravata : violazione dell’art.11 del dlgs n.166/2006 nonché degli stessi criteri di selezione fissati dalla Commissione ;difetto istruttorio, illogicità, contraddittorietà, erroneità, inadeguatezza.
Si è costituito in giudizio per resistere all’appello l’intimato Ministero della Giustizia.
Parte appellante ha poi prodotto memoria difensiva ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi.
All’udienza pubblica dell’8 marzo 2013 la causa viene introitata perla decisione.
DIRITTO
Come esposto in fatto, oggetto di controversia è il giudizio di non idoneità e di conseguente non ammissione alle prove orali emesso dalla Commissione esaminatrice del concorso notarile di che trattasi all’esito della correzione dell’elaborato riguardante l’atto mortis causa.
E’ bene preliminarmente far notare come la procedura selettiva per cui è causa , quanto al regime giuridico che la regge, si volge secondo la disciplina di tipo innovativo introdotta dal dlgs n.166 del 24 aprile 2006.
L’art.7 del predetto decreto legislativo prevede due distinte modalità con cui la Commissione incaricata della correzione e valutazione delle prove scritte può pervenire ad un giudizio di non idoneità:
a) la prima, in generale, all’esito della lettura dei tre elaborati relativi alle prove scritte ( comma 2)
b) la seconda, in cui il giudizio negativo può essere espresso anche all’esito della lettura del primo elaborato ( come avvenuto per la dott.ssa H ) o del secondo, omettendosi la lettura degli altri elaborati , qualora da tale lettura emergano : “ nullità o gravi insufficienze , secondo i criteri definiti dalla Commissione” ( comma 7 ).
All’uopo va pure fatto rilevare come la Commissiona ha preliminarmente proceduto, ai sensi dell’art.10 del predetto decreto, a stabilire sia i criteri generali per le prove scritte sia quelli specifici per la individuazione delle ipotesi di nullità o di grave insufficienza suscettibili di determinare l’immediata esclusione ai sensi del citato comma 7.
Occorre pure far presente, avuto riguardo alle deduzioni recate dal gravame all’esame come in relazione al concorso de quo si è innestata , la vicenda, oggetto di vivaci polemiche, relativa ad una operazione di “aggiustamento” compiuta a proposito delle correzioni dalla Commissione : è accaduto che taluni errori , inizialmente ritenuti di gravità tale da giustificare l’immediato giudizio di non idoneità ai sensi del comma 7 dell’art.11, a seguito di più approfondita riflessione sono stati invece giudicati non tali da comportare tale rigorosa conseguenza e, pertanto, per i concorrenti che in tali errori erano incorsi si è proceduto a completare la lettura dei tre elaborati con espressione del giudizio solo all’esito di tale lettura.
All’uopo il TAR , da un lato ha sottolineato come il mutamento in itinere dei criteri di valutazione avrebbe correttamente comportato il dovere della Commissione di rinnovare la correzione per quei concorrenti che prima di detto mutamento fossero stati esclusi ai sensi del comma 7 dell’art.11 per uno degli errori in questione, nondimeno dall’altro lato ha rilevato che il giudizio di inidoneità espresso nei confronti dell’attuale appellante , essendo stato indotto da errori e lacune concernenti profili diversi da quelli interessati dal predetto mutamento dei criteri, non risultava inciso dalla vicenda de qua .
Ciò in via preliminare, doverosamente precisato, l’appello si rivela infondato, con conferma dell’impugnata sentenza .
1.1 Occorre in primo luogo esaminare “i motivi aggiunti” formulati dalla parte interessata ai sensi dell’art.104 c.p.a. derivanti dalle vicende successive alla sentenza qui gravata e riguardanti la posizione di altri candidati per i quali il TAR , ritenendo che invece l’esclusione dalla procedura fosse stata determinata dalla rilevata commissione di gravi errori rientranti fra quelli interessati dal successivo revirement della Commissione, ha accolto i relativi ricorsi e ordinato la ripetizione delle operazioni di correzione.
Parte appellante sostiene che con riferimento a tali sentenze di accoglimento si sarebbe formato un giudicato che vincola le successive attività dell’amministrazione in relazione a situazioni identiche a quelle dei ricorrenti vincitori, tra cui si collocherebbe anche la sua posizione , atteso che, sempre secondo la tesi difensiva della dott.ssa H, la Commissione in sede di riesame si sarebbe rideterminata nei sensi di cui ai primi due profili di illegittimità dedotti in relazione alla correzione dell’atto mortis causa e tanto fa sorgere l’obbligo di riesaminare la posizione dell’appellante e dimostra che i rilievi mossi dalla Commissione esaminatrice all’elaborato dell’appellante sono infondati e comunque nessuno di essi può rientrare nella ipotesi di “nullità e/o gravi insufficienze” giustificativa del giudizio di non idoneità.
Ora, come in altra, analoga vicenda ( vedi sentenza Sez. IV n. 3855 del 27/5/2011) questo Collegio deve preliminarmente esprimere i suoi dubbi sull’ammissibilità dei motivi aggiunti in cui l’interessata non censura atti sopravvenuti che la riguardano o altri vizi degli atti originariamente impugnati , emersi da documenti non conosciuti in precedenza, ma deduce profili di illegittimità facendoli derivare da atti che riguardano altri candidati autori di specifici gravami accolti dal Tar del Lazio, il che evidenzia quanto meno un utilizzo alquanto “anomalo” del citato strumento processuale.
Ad ogni buon conto, al di là della dubbia ammissibilità, i motivi aggiunti e tutti gli altri profili di doglianza dedotti nel ricorso in appello si appalesano privi di fondamento giuridico.
L’appellante è stata esclusa dal concorso de quo all’esito della correzione dell’elaborato relativo all’atto mortis causa sulla base di una motivazione così articolata:
“ Non idoneo. La Commissione all’unanimità decide di non procedere alla lettura dell’elaborato successivo, riscontrandole seguenti gravi insufficienze..
“Nella parte pratica manca ogni riferimento alla forte determinazione di attribuire l’amministrazione della Società a Spronio e viene legata a G una somma determinata rivalutabile in base agli indici istat.
“nella parte teorica e motivazionale:
“- non si dà conto della soluzione adottata per il legato a G , ma anzi compie una confusa sovrapposizione degli istituti del legato di rendita vitalizia e del legato di mantenimento, per altro facendo riferimento ad un non meglio specificato legato di bisogno.
“- non si motiva la costruzione del vincolo da destinazione come onere ed anzi si omette del tutto la trattazione della fattispecie prevista dall’art.2645 ter c.c.
“Infine non può mancarsi di rilevare che in parte teorica il candidato si dilunga su principi generali relativi a istituti giuridici solo marginalmente riguardanti la traccia e le soluzioni da adottare , non soffermandosi invece sugli argomenti pertinenti”.
Dunque la Commissione ha individuato nell’elaborato della dott. H una serie di mende ( quattro ) tutte giudicate, secondo l’incipit del giudizio testè riportato, come “ gravi insufficienze”, di per sé idonee a giustificare,ai sensi del comma 7 del citato art.11 l’immediata esclusione del candidato.
Ciò detto l’appellante lamenta una disparità di trattamento e comunque la violazione del principio di uniformità dei giudizi, posto che , con riferimento quanto meno alle prime due mende rilevate e giudicate come gravi insufficienze, la Commissione in relazione alla posizione di altri candidati anch’essi esclusi ex art.11 del dlgs n.166/2006 e riammessi a seguito di giudicato favorevole del TA Lazio , in sede di nuova correzione ha omesso di procedere alla immediata esclusione dopo la correzione del primo elaborato costituito dall’atto mortis causa , aderendo, in sostanza alla soluzione data dall’appellante alle questioni giuridiche rappresentate rispettivamente dalla determinazione del testatore di attribuire l’amministrazione della Società a Spronio e dal legato a G.
In particolare, la disparità di trattamento asseritamente subita si sarebbe concretizzata nel fatto che pur essendo state riscontrate per altri candidati in relazione all’elaborato mortis causa gravi insufficienze identiche a quelle contestate all’appellante i primi , in sede di riesame, non sono stati dichiarati immediatamente inidonei ai sensi dell’art.11 comma 7 del dlgs n.166/2006.
La tesi difensiva ancorchè abilmente prospettata non appare condivisibile, perché fondata su un approccio della problematica da ritenersi erroneo per le ragioni di seguito riassuntivamente esposte:
a) non è possibile isolare , come pretende l’appellante, una o più carenze e/o insufficienze evidenziate dalla Commissione per poi procedere a raffronto delle stesse con quanto contenuto sul punto nelle prove di altri candidati ed inferirne un giudizio di identità degli elaborati sotto tale profilo, dovendosi invero tener presente come tali carenze e insufficienze si inseriscono nel contesto dello svolgimento dell’elaborato, il che può variare da candidato a candidato;
b) con riferimento al mutamento d’indirizzo intervenuto in corso dell’attività della Commissione circa taluni errori originariamente giudicati gravi ai sensi dell’art.11 comma 7 neppure sussiste la lamentata discriminazione, atteso che nella specie non è rilevabile l’incidenza concreta che si sarebbe verificata in ragione della dedotta disomogeneità dei criteri valutativi.
E’ il caso allora di osservare come il giudizio negativamente espresso si articola su quattro categorie di mende ognuna delle quali è stata valutata come grave insufficienza e tali rilievi in quanto ascrivibili all’ipotesi normativa ex art.11 comma 7 del dlgs n.166/2006 sono suscettibili sia dal punto di vista ontologico sia sotto un profilo quantitativo di indurre ad un giudizio di immediata inidoneità.
1.2 Dopo l’impostazione comparatistica, parte appellante con vari mezzi d’impugnazione da trattarsi congiuntamente per le evidenti ragioni di connessione logica tra loro intercorrenti, formula una serie di doglianze con le quali in sostanza deduce la infondatezza e l’erroneità dei rilievi mossi dalla Commissione alla prova relativa all’atto mortis causa, attraverso una analitica confutazione di quelle che sono state e erroneamente valutate come delle gravi insufficienze, ma che tali non sono.
Al riguardo vale qui richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale, pure evocato dal Tar nella sentenza impugnata, e pienamente condiviso da questo Collegio in ordine ai limiti che incontra il sindacato giurisdizionale in subjecta materia .
Più specificatamente, va qui ribadito ancora una volta che le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti ( correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio ) e non come ponderazione di interessi costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità , finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale ovvero attitudinale dei candidati , con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico o un errore di fatto o, ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile ( tra le tante, Cons. Stato sez. IV n.3855/2011 già citata;idem 2 marzo 2011 n.1350; 3 dicembre 2010 n.8504;29 febbraio 2008 n.774;22 gennaio 2007 n. 179 ).
Tali devianti situazioni, ad avviso della Sezione, non sono rilevabili nel caso de quo e tanto con riferimento a nessuno dei profili di doglianza sollevati ancorchè con ricchezza di argomentazioni dalla difesa dell’appellante.
Sicchè in applicazione del rigoroso indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato non vi è margine per una disamina approfondita delle censure con cui parte appellante tende a mettere in non cale le giustezza dei giudizi resi dalla Commissione in relazione ai singoli aspetti della espletata prova d’esame ( e cioè alla correttezza di talune soluzioni giuridiche proposte nell’elaborato d’esame che la commissione ha ritenuto invece di stigmatizzare come errori o insufficienze )
Invero, l’opinabilità delle questioni giuridiche sottese ai quesiti, spesso articolati e complessi che connotano le prove d’esame del concorso notarile impedisce di esaminarle come se si trattasse di quiz rispetto ai quali la Commissione sarebbe chiamata soltanto verificare l’esattezza o meno delle risposte fornite, laddove invece il giudizio sule soluzioni offerte dal candidato è spesso condizionato in modo determinante dal percorso logico e dalle argomentazioni che le sostengono, nell’ambito di una più generale valutazione della completezza e della logica interna dell’elaborato.
Entrano così in gioco quali aspetti pure decisivi del giudizio altri elementi come la modalità espositiva delle argomentazioni , la coerenza e la correttezza delle prospettazioni giuridiche , la cui valutazione,.è utile sottolinearlo, non può non rientrare nella sfera rimessa alla piena discrezionalità della Commissione e rispetto ai quali non è ammissibile una “sostituzione” dell’organo giurisdizionale.
D’altra parte il fatto stesso che si chiede al giudicante , al fine di apprezzare l’erroneità dei giudizi resi dalla Commissione sui singoli punti oggetto della sfavorevole delibazione di seguire l’appellante in un percorso logico- giuridico indirizzato all’analisi della traccia e alla individuazione delle varie soluzioni astrattamente possibili, consente di escludere che nella specie possano sussistere quei manifesti profili di erroneità e irragionevolezza in presenza dei quali solo è consentito l’intervento censorio in sede giurisdizionale.
Né a diversa conclusione si può giungere in ragione della fermezza con cui parte appellante rivendica la correttezza delle soluzioni proposte , trattandosi comunque di valutazioni giuridiche articolate e complesse rispetto alle quali una eventuale difforme valutazione della Commissione esaminatrice non può integrare anomalia o illogicità suscettibile di rilevare sotto la figura dell’eccesso di potere.
A chiusura della vicenda processuale , infine, neppure appare sussumibile a carico del gravato giudizio di inidoneità il vizio estrinseco di tipo procedurale o formale, pure contestato, quest’ultimo, sub specie del difetto di motivazione, giacchè, come agevolmente rilevabile dal relativo processo verbale descrittivo dei lavori, la Commissione si è fatta carico di dare sia pure con formula sintetica, adeguata contezza delle ragioni giustificative della valutazione negativamente resa e senza che nei rilievi mossi sia ravvisabile una illogicità e/o contraddittorietà .
In forza delle suseposte considerazioni, l’impugnativa all’esame costituita dall’appello e dai motivi aggiunti, in quanto infondata, va respinta.
Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza, liquidate come in dispositivo