Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-03-07, n. 202402243
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Testo completo
Pubblicato il 07/03/2024
N. 02243/2024REG.PROV.COLL.
N. 04565/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4565 del 2021, proposto dalla signora -OMISSIS- e dal signor -OMISSIS-, in proprio e quali comproprietari dell'-OMISSIS- sita in -OMISSIS- (CE), rappresentati e difesi dagli avvocati V P ed A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F D P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Petrillo in Roma, via Mordini, n. 14;
il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
l’Azienda Sanitaria Locale di Caserta, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Enrico Bonelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli (Sezione Quinta), -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli artt. 65, 66 e 67 cod. proc. amm.;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, del Ministero della Salute e dell’Azienda Sanitaria Locale Caserta;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il Cons. Giovanni Pescatore e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I Sigg. -OMISSIS- ed -OMISSIS- sono contitolari di un’azienda di allevamento bufalino (codice aziendale -OMISSIS-) sita in -OMISSIS- (CE) alla -OMISSIS-.
1.1. L’azienda ha mantenuto la qualifica sanitaria di “ ufficialmente indenne dalla tubercolosi ” fino al mese di luglio 2019, allorquando la qualifica le è stata sospesa all’esito della rilevata e ripetuta positività di taluni capi bufalini alla prova diagnostica effettuata con la metodica dell’intradermotubercolinizzazione singola (IDT). Ai test facevano seguito le doverose misure di abbattimento degli animali infetti.
1.2. Nel corso del mese di gennaio del 2020 i Dirigenti Veterinari dell’A.S.L. Caserta procedevano ad un nuovo controllo sull’allevamento, utilizzando quale prova diagnostica non già l’IDT singola ma il test con il gamma-interferone.
1.3. All’esito di tale controllo risultava un sensibile incremento dei capi positivi alla TBC (confermato dall’isolamento del Mycobacterium bovis all’esame batteriologico di cui al Rapporto di Prova del 23 gennaio 2020, -OMISSIS-) sicché, con disposizioni sanitarie del 6 febbraio 2020, prot. nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, veniva ordinato l’invio al macello dei 64 capi diagnosticati come infetti.
1.4. Con il provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 21 settembre 2020, il Dipartimento di Prevenzione dell’A.S.L. Caserta – -OMISSIS- – disponeva, da ultimo, l’abbattimento totale ( stamping-out ) di tutti i residui 244 capi presenti in azienda, e ciò in dichiarata applicazione del punto C.1 della Delibera della Giunta Regionale della Campania n. 207 del 20 maggio 2019.
2. Avverso il predetto provvedimento sono insorti gli odierni appellanti, agendo dinanzi al TAR Campania e deducendo che:
i) l’avversata misura di abbattimento totale doveva ritenersi inficiata dall’erronea e falsa applicazione della disciplina di riferimento, come dettata dalla delibera giuntale del 28 maggio 2019, n. 207 “ Piano straordinario per il controllo delle malattie infettive della bufala mediterranea italiana per la Regione Campania ” - “ caso 2 ”, in quanto l’abbattimento totale dei capi presenti nell’azienda era stato disposto nonostante non fosse stato isolato il Mycobacterium bovis e attribuendo rilevanza decisiva ad elementi totalmente inconferenti (i precedenti focolai ormai estinti da tempo), ovvero alle contraddittorie e non definitive risultanze degli esami autoptici post-mortem ;
ii) l’impugnato provvedimento si poneva in contrasto con il punto C.1 del citato Piano regionale, poiché aveva disposto l’abbattimento totale dell’allevamento, concludendo per l’elevata percentuale di positività intra-aziendale (superiore al 20%) con esclusivo riferimento ai risultati degli esami diagnostici effettuati sugli animali ancora in vita, ma trascurando di considerare che gli esami post mortem (segnatamente, la prova PCR sul DNA di cui ai Rapporti di Prova, nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente, del 26 maggio e 19 giugno 2020) sui 64 capi abbattuti, risultati presuntivamente positivi alla TBC all’esito della prova con il gamma-interferone, avevano dato riscontro negativo. Ciò in violazione di quanto previsto dall’Allegato 2 all’O.M. 28 maggio 2015 che, subordinando l’adozione dello stamping-out alla valutazione non soltanto dell’elevato numero di positività degli animali al controllo ma, tra l’altro, anche all’isolamento del Mycobacterium bovis , attribuisce rilevanza pregnante agli esiti degli esami di laboratorio post-mortem , come indispensabili al fine di accertare l’effettivo stato patologico o meno dei capi abbattuti;
iii) ulteriore profilo di contrasto con quanto disposto dall’O.M. 28 maggio 2015 (art. 5 comma 2) emergeva dal fatto che il procedimento finalizzato all’adozione dell’abbattimento totale non era stato avviato con immediatezza, come imposto anche dal punto C.1 del Piano straordinario regionale, ma soltanto trascorsi otto mesi dall’ultimo controllo, ovverosia in relazione ad una situazione sfuggita a controlli più recenti e aggiornati, e ciò nonostante il menzionato punto C.1 del Piano straordinario regionale preveda il costante monitoraggio delle condizioni dell’allevamento;
iv) l’ “ elevata percentuale di positività intra-aziendale ” alla TBC era stata accertata attraverso un esame diagnostico, il test con il gamma-interferone, privo del crisma di prova ufficiale (essendo contemplato nelle fonti regolatrici solo come test di supporto) e realizzato mediante l’impiego di un kit BOVIGAM non validato per la bufala mediterranea.
3. Il TAR Campania ha respinto il ricorso. Ha osservato il primo giudice che il potere del quale ha fatto uso il servizio veterinario “ si fonda sulla previsione dell'articolo 5 della O.M. 28 maggio 2015 pedissequamente recepita dalla delibera giuntale del 28 maggio 2019, n. 207, che ha approvato il “Piano straordinario per il controllo delle malattie infettive della bufala mediterranea italiana per la Regione Campania”. L'allegato 2 Linee guida, in ordine all’abbattimento totale dell'allevamento specificamente dispone: "“Il Servizio Veterinario della ASL propone alla Regione l’applicazione dell’abbattimento totale in un focolaio e contestualmente chiede il parere dell’IZSM (Sezione competente) sulla base della valutazione dei seguenti criteri:
- focolaio insorto in territorio ufficialmente indenne;
- isolamento di Mycobacterium bovis, Mycobacterium caprae, Brucella spp. o il reperimento di lesioni da virus della leucosi bovina (in allevamento o al mattatoio);
- rischio di diffusione all'interno dell'azienda oppure ad altre aziende, anche in relazione alla tipologia di movimentazione degli animali ovvero in relazione al tipo di allevamento (pascolo vagante e/o stabulazione fissa);
- tutti i criteri di valutazione su menzionati devono sempre essere associati all’elevata percentuale di positività intra- aziendale (superiore al 20%) al momento del controllo ”.
Tanto premesso, il primo giudice ha ritenuto che l’Amministrazione:
“ - sotto il profilo temporale, ha accertato la persistenza, all’interno dell’azienda, del focolaio in mondo continuativo nell’ultimo triennio, nonostante l’adozione delle misure di abbattimento mirato dei capi infetti, precedentemente adottate e regolarmente eseguite dai ricorrenti, a riprova di una gravità della situazione sanitaria tale da vanificare il reiterato ricorso alle medesime misure rivelatesi insufficienti a ripristinare la qualifica di allevamento ufficialmente indenne;
- con riguardo al pericolo della diffusività del contagio, ha acclarato come quest’ultimo si fosse esteso anche all’azienda confinante in modo tale che le stesse oramai costituivano un’unica unità epidemiologica per contiguità e caratteristiche dell’infezione, così rivenendo empirica conferma dell’acclarata possibilità che il contagio potesse ulteriormente estendersi;
- con specifico riferimento al sostrato scientifico supportante l’affermata impossibilità di eradicare l’infezione, non solo ha isolato il batterio del gruppo Mycrobacterium tubercolosiscomplex all’esito degli esami condotti sui capi contagiati, ma anche riscontrato la costante presenza delle lesioni tipiche della malattia in occasione della macellazione regolare;
- in ordine al grado di diffusività attuale del contagio, disponendo l’indagine epidemiologica mediante il ricorso alla prova del gamma interferone, ha avuto l’ulteriore conferma che il focolaio sviluppatosi nel considerato contesto aziendale non si fosse, in realtà, mai estinto dal primo episodio, nonostante le adottate misure di risanamento ”.
Il TAR ha inoltre evidenziato che, “ come si evince dal rapporto di prova -OMISSIS- del 23/01/2020 redatto all’esito degli esami condotti dall’istituto Zooprofilattico per il Mezzogiorno, l’impugnato provvedimento si fonda su un’evidenza scientifica, affatto contestata dai ricorrenti, in ordine alla sua concludenza ed attendibilità, dell’avvenuto isolamento del batterio M.bovis all’esito dell’esame batteriologico condotto nell’azienda bufalina ”.
Il giudice di prime cure, dopo avere altresì respinto le censure relative ai profili temporali del disposto abbattimento, si è poi soffermato sull’ultima delle articolate doglianze, a mezzo della quale il ricorrente aveva lamentato che, ai fini dell’accertamento della positività dei capi alla TBC, l’ASL si era avvalsa della prova del gamma interferone in luogo della prova IDT singola, in ritenuta violazione degli artt. 6 e 7 D.M. n. 592/95 e del Reg. UE n. 1226/2002, peraltro impiegando il Kit Bovigam non validato per la bufala mediterranea.
Il giudice di primo grado è giunto, in proposito, a conclusioni reiettive motivate sulla base del seguente percorso logico-argomentativo: “ Premesso che IZM ha documentato la validazione delle modalità esecutive della contestata metodica diagnostica (ved. elenco delle prove accreditate), deve osservarsi come l’A.S.L. resistente abbia agito nel rispetto della