Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-02-27, n. 201201105
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 01105/2012REG.PROV.COLL.
N. 10197/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10197 del 2011, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Società Luna Rossa Cinematografica S.r.l.;
nei confronti di
Cattleya S.r.l., Fandango S.r.l., Asp S.r.l., Sacher Film S.r.l., M S;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUATER 27 maggio 2011, n. 05694, resa tra le parti, concernente MANCATA ATTRIBUZIONE DEL PREMIO DI QUALITA' AL FILM "LE ROSE DEL DESERTO" DIRETTO DA MARIO MONICELLI.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 il consigliere Roberta Vigotti e udito l'avvocato dello Stato Scaramucci;
Visti gli artt. 38 e 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma, previa sospensione dell’esecutività, della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tar del Lazio, in accoglimento del ricorso proposto dalla società Luna Rossa Cinematografica s.r.l. avverso la mancata attribuzione, per l’anno 2006, dell’attestato di qualità di cui all’art. 17, comma 2, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 al film “Le rose del deserto”, ha annullato l’art. 2 del decreto ministeriale 20 giugno 1966, recante “determinazione dei criteri di massima per l’esame dei film di lungo metraggio, ai fini del rilascio degli attestati di qualità” ed adottato dal Ministero per il turismo e lo spettacolo al fine di dare concreta esecuzione al combinato disposto degli artt. 9 e 48 della legge n. 1213 del 4 novembre 1965 (“Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia”).
I) La sentenza impugnata ha rilevato che la visione individuale dei film da esaminare, da parte dei commissari incaricati di valutare la qualità dei film, consentita dall’art. 2 dell’impugnato decreto, viola i principi generali in materia di procedura concorsuale, che impongono l’esame contestuale dell’oggetto di valutazione in presenza di tutti i membri della commissione.
Di tale sentenza chiede la riforma, previa sospensione, il Ministero per i beni e le attività culturali.
Nell’odierna camera di consiglio, nella quale è stata chiamato l’incidente cautelare, il Collegio ha avvertito l’appellante della possibilità di decidere il merito della controversia, ai sensi degli artt. 60 e 38 del codice del processo amministrativo.
II) L’appello merita accoglimento.
Le considerazioni svolte dal primo giudice, infatti, non sono condivisibili, alla luce dell’evoluzione giuridica e tecnica che ha caratterizzato la materia.
Sotto il primo aspetto, deve essere osservato che il decreto oggetto del ricorso di primo grado è stato adottato, come si è premesso, al fine di dare esecuzione alla legge n. 1213 del 1965 e che tale legge è stata abrogata dall’art. 28 d.lgs. n. 28 del 2004, intervenuta a disciplinare ex novo l’intera materia. L’art. 27, comma 6, di tale decreto legislativo prevede che “le istanze per la concessione dei premi di qualità presentate ai sensi degli articoli 9 e 11 della legge 4 novembre 1965, n. 1213, e successive modificazioni, sono valutate secondo tali disposizioni e secondo il decreto ministeriale 3 settembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 settembre 1998, n. 222, qualora l'effettiva programmazione nelle sale sia iniziata entro il 31 dicembre 2003”.
Come rileva il Ministero appellante, il riferimento espresso al solo decreto ministeriale 3 settembre 1998, operato dalla nuova disciplina di settore, e la natura di regolamento di esecuzione della legge abrogata che appartiene al decreto esaminato dal primo giudice convincono della manifesta volontà del legislatore di non riconoscere alcun margine di applicazione residuale al suddetto decreto e convincono anche, conseguentemente, dell’erroneità della sentenza impugnata che tale decreto ha, invece, considerato tuttora applicabile e meritevole di annullamento.
III) La sentenza stessa è, inoltre, viziata anche sotto l’ulteriore profilo, sopra evidenziato.
Premesso che, in via generale, l’apprezzamento del valore di un’opera cinematografica non può, contrariamente a quanto ha ritenuto il Tar, dirsi significativamente influenzata dalla modalità, collegiale ovvero individuale, della visione (trattandosi, come è evidente, di un giudizio critico che ciascun commissario deve formarsi in ordine ai valori che l’opera stessa intende esprimere, giudizio che non richiede, né presuppone, scambio di opinioni), va condivisa la deduzione sostenuta dall’Amministrazione appellante nel senso del superamento dei limiti delle modalità di proiezione possibili all’epoca di entrata in vigore del d.m. 20 giugno 1966, per effetto dello sviluppo delle tecniche attuali di riproduzione delle pellicole, sviluppo delle quali il primo giudice non ha tenuto alcun conto.
IV) Di conseguenza, in accoglimento dell’appello in esame, la sentenza impugnata deve essere riformata, ma le spese del giudizio possono, per ragioni di opportunità, essere compensate tra le parti.