Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-17, n. 201304611
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N. 04611/2013REG.PROV.COLL.
N. 06134/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6134 del 2009, proposto da:
Villaggio Dei Pini S.R.L., rappresentato e difeso dall'avv. L I, con domicilio eletto presso L I in Roma, via Cola di Rienzo, 111;
contro
Regione Autonoma della Sardegna, rappresentato e difeso dagli avv. G C, A Cba, con domicilio eletto presso Regione Sardegna Ufficio Rappresentanza in Roma, via Lucullo N. 24;Assessorato della Difesa dell'Ambiente Regione Sardegna, Comune Di Sorso;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 00921/2009, resa tra le parti, concernente valutazione ambientale per ampliamento di struttura alberghiera
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Autonoma Della Sardegna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati L I e A Cba;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al Tar Sardegna la società attuale appellante, Villaggio dei Pini srl, agiva per l’annullamento di una serie di atti negativi della Regione Sardegna riguardanti un progetto di ampliamento di un villaggio turistico.
Il Gruppo Aurum aveva acquistato nell’anno 2004 il pacchetto azionario della Villaggio dei Pini srl, titolare dell’omonimo complesso alberghiero sito nel Comune di Sorso (Sassari) località Platamona, complesso realizzato negli anni ’60 su superficie di sedici ettari e composto da fabbricato principale e da undici dependances, con una volumetria complessiva di circa 28.000 mc ed un totale di 520 posti letto.
La società ricorrente, odierna appellante, del Gruppo Aurum, nel 2004 presentava un progetto di ampliamento (costruzione di dependance, in una zona di pineta già frequentata da clienti e in continuità con la struttura preesistente, ampliamento del parcheggio);l’incremento rientrava nel 25% dell’aumento di volumetria secondo quanto previsto dallo strumento urbanistico del Comune di Sorso e l’intervento veniva ritenuto ammissibile dal Consiglio Comunale di Sorso con delibera n.5 del 24 gennaio 2008.
Ricadendo l’area di intervento nel Sito di Interesse Comunitario Stagno e Ginepreto di Platamona (le strutture riguarderebbero lo 0,08 del SIC), la società allegava alla domanda uno studio di valutazione di incidenza ambientale ai sensi della normativa in materia (Direttiva Habitat).
La Direzione competente della Regione Sardegna con atto del 15 febbraio 2006 n.4895 giudicava insuscettibile di accoglimento lo studio di valutazione di incidenza allegato dalla società, ritenendo che l’intervento di ampliamento costituisse modifica di progetti già realizzati e dovesse essere sottoposto alla diversa procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della deliberazione della Giunta Regionale n.5/11 del 15 febbraio 2005.
Con il ricorso originario veniva quindi impugnato l’atto con cui la Regione, consentendo di sottoporre a VIA anche progetti di ampliamento di opere già realizzate, si poneva in contrasto con la normativa in materia.
Il giudice di primo grado accoglieva la richiesta cautelare, ordinando di proseguire l’esame dello studio di valutazione di incidenza presentato dalla società.
Con nota del 4 ottobre 2006, n.32514 la Direzione Generale dell’Ambiente, in esecuzione della ordinanza cautelare n.177 del 2006, riattivava il procedimento di verifica dello studio di valutazione di incidenza.
Inoltre, l’amministrazione richiedeva altresì la presentazione di uno studio di incidenza anche per le opere già realizzate e già assentite senza valutazione di incidenza e cioè piscina, una modifica di sagoma di piscina, anfiteatro, campi di calcio, campi di tennis, area parcheggi;veniva chiesta la presentazione di elaborati dai quali desumere la percentuale di habitat da sottrarre a seguito degli interventi da realizzare e l’area individuata a fini della fitodepurazione;venivano chiesti la specificazione dell’area sottratta dalla realizzazione delle strutture preesistenti, la presentazione di relazione di approfondimento degli effetti delle presenze turistiche in ragione dell’alto indice di frequentazione del sistema dunale e la presentazione di copia del progetto di colletta mento e smaltimento unico delle acque reflue.
La nota regionale n.32514 del 2006 concludeva nel senso che “…qualora in esito a tale valutazione emerga che l’intervento è suscettibile di produrre implicazioni per il sito con riferimento agli obiettivi di conservazione del medesimo, occorre prendere in considerazione opportune misure di attenuazione e o soluzioni progettuali alternative che riducano o sopprimano l’incidenza relativa e assicurino la coerenza del sito e la salvaguardia delle specie presenti”.
La società ottemperava alla richiesta regionale del 4 ottobre 2006 presentando una relazione integrativa della valutazione di incidenza già presentata;con nota del 17 aprile 2007 n.11471 la Direzione Generale dell’Ambiente notificava preavviso di rigetto, evidenziando aspetti di lacunosità dello studio presentato.
Con nota del 4 maggio 2007 la società illustrava i motivi secondo cui l’intervento era da ritenersi compatibile, ma con provvedimento del 12 settembre 2007 n.1246 la Direzione Generale competente rigettava la richiesta di ampliamento ritenendo che le integrazioni proposte non avessero risolto le criticità individuate né che fossero state proposte misure alternative.
Con motivi aggiunti proposti in data 15 novembre 2007, veniva chiesto l’annullamento di tale atto negativo deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili. Successivamente alla notifica dei motivi aggiunti e a seguito di riunione svoltasi in data 28 novembre 2007 la società presentava in data 11 febbraio 2008 un nuovo studio di incidenza ambientale avente ad oggetto anche le opere già in precedenza realizzate e chiedendo il rinvio della udienza pubblica fissata dinanzi al Tar Sardegna, seconda sezione, in data 5 marzo 2008.
Tuttavia, con nuovo provvedimento negativo del 22 febbraio 2008 n.4947 la Direzione Generale dell’Ambiente riteneva necessaria la valutazione di impatto ambientale, estesa dal correttivo del codice ambientale anche a interventi di ampliamento di opere esistenti che possano comportare gravi ripercussioni sull’ambiente.
Con ulteriori motivi aggiunti notificati in data 22 aprile 2008 la società deduceva come la normativa transitoria escludesse l’applicazione della nuova normativa ai progetti già presentati alla data di entrata in vigore, come era nella specie.
Con determinazione 16 giugno 2008 n.15974 la Direzione Generale dell’Ambiente, modificando l’avviso precedente, riteneva l’assoggettamento alla sola procedura di valutazione di incidenza ambientale.
Con nota 17 settembre 2008 n.23277 la Direzione comunicava nuovamente il preavviso di rigetto individuando una serie di motivi ostativi relativamente: a) alla duna ubicata di fronte all’albergo, che risulta modificata;b) alla presenza di edificio realizzato a pochi metri dalla battigia;c) alla presenza di un prato che dalle piscine si estende fino all’albergo;d) al riscontro di camminamenti, reticolati, opere di giardinaggio;e) alla mancanza di considerazioni sull’aumento del carico antropico sulla spiaggia;alla presenza di piscine;f) alla realizzazione dell’anfiteatro e del campo di calcetto;g) alla prevista realizzazione della struttura a dependance, che riguarderebbe area dove vi è rimboschimento di habitat prioritari;h) alla presenza di parcheggi di 3000 mq.
In sostanza, veniva espresso parere negativo alla realizzazione delle opere.
Venivano quindi presentate osservazioni al preavviso di rigetto e con nuovi e ulteriori motivi aggiunti notificati in data 19 novembre 2008 veniva impugnato il preavviso di rigetto sopra menzionato.
Con determinazione del 28 novembre 2008 n.30358 la Direzione Generale confermava il contenuto della comunicazione di motivi ostativi e rigettava l’istanza di valutazione di incidenza ambientale, invitando il Comune di Sorso alla adozione dei provvedimenti di sua competenza;anche tale atto veniva impugnato con ulteriori motivi aggiunti, notificati in data 27 gennaio 2009, rinviando l’udienza pubblica dal 3 dicembre 2008 al 6 maggio 2009, udienza alla quale la causa veniva trattenuta in decisione.
Con l’appellata sentenza n.921 del 2009 il Tar Sardegna così provvedeva: dichiarava la sopravvenuta carenza di interesse per l’impugnativa del ricorso originario e dei primi motivi aggiunti avverso gli atti di assoggettamento alla VIA, poi revocati;rigettava sia i motivi aggiunti notificati in data 15 novembre 2007 aventi ad oggetto la determinazione regionale n.1246 del 2007 di rigetto del primo studio di incidenza ambientale, sia i motivi aggiunti notificati in data 27 gennaio 2009 riguardanti la determinazione regionale n.30358 del 2008 di giudizio negativo del secondo studio di incidenza ambientale. In realtà, nel dispositivo, la sentenza dichiarava il ricorso in parte inammissibile, in parte improcedibile e in parte lo rigettava in quanto infondato.
Con l’atto di appello la società Villaggio dei Pini srl, dopo avere esposto la vicenda processuale, deduce (da pagina 24 in poi dell’appello e descrivendo la normativa europea e nazionale in materia di valutazione di incidenza ambientale fino a pagina 31) avverso la sentenza appellata, ritenendola errata e ingiusta, i seguenti motivi di appello.
La sentenza di primo grado ha confuso le misure di mitigazione con quelle alternative e con le integrazioni documentali richieste dall’amministrazione, ed erroneamente non ha accolto il motivo con il quale si lamentava la illegittimità degli atti della Regione, che non aveva mai proposto misure mitigative o alternative in aggiunta a quelle proposte dalla società.
La Regione è stata intenta e preoccupata a sottoporre l’intervento a valutazione di impatto ambientale, piuttosto che a proporre, come doveva, misure mitigative o alternative. L’istruttoria regionale è mancata sia della fase di valutazione appropriata che della fase di soluzioni alternative, compresa l’opzione zero.
Con altro motivo di appello (da pagina 37 in poi) si lamenta difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, avendo l’amministrazione (e non avendolo rilevato il primo giudice) effettuato l’istruttoria sulla base di ciò che era stato ritenuto idoneo a pretendere la valutazione di impatto ambientale, piuttosto che alla valutazione di incidenza ambientale.
Si osserva che nel secondo diniego l’amministrazione, travisando i fatti, ha contestato gli interventi già realizzati da molto tempo e cioè: camminamenti realizzati negli anni ’60;un varco praticato nel cordone dunale per consentire l’accesso alla spiaggia risalente al 1962;un edifico realizzato a pochi metri dalla battigia realizzato nel 1989;un ampio prato che si estende alle piscine risalente al 1996;la discontinuità del cordone dunale preesistente alla istituzione del SIC;la sottrazione di habitat a seguito della costruzione di due piscine, la prima del 1968 e la seconda realizzata nel 2004 su un vecchio piazzale posteggi totalmente asfaltato;presenza di vegetazione spontanea nell’area prescelta per la ubicazione dell’edificio da costruire.
Sarebbe erronea la sentenza del primo giudice laddove ha ritenuto di non poter sindacare scelte di merito mentre le solevate e descritte censure di travisamento dei fatti e di difetto di istruttoria in realtà rientrano appieno nei noti limiti del sindacato dell’adito giudice amministrativo.
Si è costituita la Regione Sardegna, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato. Ha aggiunto, tra l’altro, con conclusione poi contrastata dalla memoria difensiva del 14 maggio 2013 dell’appellante società, che al Comune di Sorso compete il potere-dovere di rilasciare la autorizzazione definitiva e quindi, al limite, di proporre misure di mitigazione o alternative.
Con ulteriori memorie le parti hanno ribadito le loro posizioni.
Con ordinanza resa in sede cautelare n.4219 del 26 agosto 2009 questa sezione rigettava la chiesta misura ritenendo che, prima facie , non dovesse ritenersi fondata la censura del dovere dell’amministrazione di proporre misure mitigative o alternative a fronte di un giudizio complessivamente negativo dell’intervento proposto.
Alla udienza pubblica del 18 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.Con un primo motivo di appello si sostiene: che la sentenza di primo grado avrebbe confuso le misure di mitigazione con quelle alternative e con le integrazioni documentali richieste dall’amministrazione; che erroneamente il TAR non ha accolto il motivo con il quale si lamentava la illegittimità degli atti della Regione, che non aveva mai proposto misure mitigative o alternative in aggiunta a quelle proposte dalla società;che la Regione è stata intenta e preoccupata a sottoporre l’intervento a valutazione di impatto ambientale, piuttosto che a proporre, come doveva, misure mitigative o alternative;che l’istruttoria regionale è mancata sia della fase di valutazione appropriata che della fase di soluzioni alternative, compresa l’opzione zero.
Il motivo è infondato.
Il giudizio di incidenza ambientale può ben avere esito negativo (come anticipato dalla sezione in sede cautelare), nella ipotesi, ricorrente nella specie, in cui l’Amministrazione ritenga, sulla base di una valutazione discrezionale ancorata agli elementi in suo possesso, che nessuna misura di mitigazione o alternativa sia oggettivamente in grado di attenuare in modo soddisfacente le criticità accertate ed evidenziate.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appello, si evince dal provvedimento impugnato che esso non solo conclude negativamente sull’assentimento all’intervento proposto, ma più compiutamente si premura (e l’amministrazione anche in precedenza si era premurata) di indicare le misure ritenute necessarie.
L’Amministrazione fa presente, nella motivazione negativa, che “non è stata svolta l'analisi sull'insediabilità attuale e potenziale derivante dalle previsioni dello strumento urbanistico generale, in riferimento agli effetti cumulativi del carico antropico sugli habitat e sulle specie presenti nel SIC" ; "tale analisi avrebbe consentito di valutare se l'ulteriore insediabilità avrebbe potuto creare elementi di turbativa aggiuntiva" ;rileva la mancanza di " un computo delle superfici di habitat sottratte in quanto la quantificazione degli stessi, che peraltro ha trascurato le aree di cantiere, l'impianto di fitodepurazione, i camminamenti e le pertinenza, si basa unicamente sulle somme degli alberi (esclusivamente ginepri e pini) sacrificati negli interventi realizzati e da realizzare" ;rileva che "lo studio di incidenza non ha valutato le possibili ripercussioni della sottrazione di habitat sui corridoi ecologici...che potrebbero compromettere la funzionalità e la struttura degli habitat presenti nel contesto ambientale".
Il Collegio deve rilevare quindi che l’amministrazione regionale non solo ha indicato le idonee misure da proporre ma, a rigore, ha rilevato carenze degli studi presentati che implicano una valutazione negativa per motivi relativi già alla insufficienza e lacuna sia dello studio che della produzione documentale presentata, prima ancora che per un giudizio finale negativo, comunque presente in atti e compiutamente espresso.
In ogni caso, i motivi sopra indicati debbono intendersi anche come indicazione degli elementi la cui mancanza impedisce nel frattempo il giudizio positivo.
La motivazione del diniego è chiara e si fonda, in sostanza, sull'insufficienza dello studio condotto ai fini di una compiuta valutazione dell'incidenza ambientale dell'intervento, secondo valutazioni di carattere squisitamente tecnico-discrezionale (incompletezza dei calcoli delle superfici sottratte, mancata considerazione dell'habitat quale concetto dinamico, etc.) che rientrano nella sfera di competenza dell'Amministrazione procedente.
Né può sostenersi che il procedimento non potesse concludersi in assoluto in senso immediatamente negativo, sulla base della normativa in materia.
L’art. 5 del d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357, che prevede al comma 3 che siano sottoposti alla valutazione d'incidenza gli interventi relativi a siti d'importanza comunitaria e dopo avere disciplinato competenze e procedimento, prevede al comma 9, che "Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico (certamente non ricorribili nella specie, né invero ciò è stato mai sostenuto) , inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete "Natura 2000" e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all'articolo 13".
Nella fattispecie, in sede di valutazione di incidenza di impatto ambientale del progetto ricadente in area dichiarata di interesse comunitario sotto il profilo ambientale (SIC), il diniego è stato motivato, come visto, con riferimento ad elementi quali la mancata analisi degli effetti cumulativi del carico antropico sugli habitat e sulle specie presenti nel SIC e il mancato computo delle superfici di habitat sottratte dalla realizzazione del progetto.
Tali valutazioni, nella loro natura intrinseca di carattere tecnico-discrezionale, sono come tali sottratte al sindacato del giudice se non per riscontrabili vizi estrinsecamente rilevabili di eccesso di potere o di irrazionalità o illogicità.
Nella specie, inoltre, dal punto di vista procedimentale, è avvenuto che, essendosi il procedimento delineato su più atti nel tempo, tutti di tenore negativo per l’istante a seguito di un fitto dialogo procedimentale e processuale, come sopra descritto, legittimamente l’Amministrazione in relazione a primi esiti già negativi, ha motivato i propri giudizi negativi finali anche mediante parziale rinvio a valutazioni già espresse, non avendo introdotto le osservazioni di parte alcun elemento di novità, tale da giustificare ulteriori interventi a corredo motivazionale.
Si richiama, per esempio, precedente rispetto al diniego finale, la nota regionale n.32514 del 2006 che concludeva nel senso che “…qualora in esito a tale valutazione emerga che l’intervento è suscettibile di produrre implicazioni per il sito con riferimento agli obiettivi di conservazione del medesimo, occorre prendere in considerazione opportune misure di attenuazione e o soluzioni progettuali alternative che riducano o sopprimano l’incidenza relativa e assicurino la coerenza del sito e la salvaguardia delle specie presenti”.
2. Sulla base di quanto già osservato in ordine al primo motivo di appello, deve ritenersi infondato anche l’altro riproposto motivo di appello (esposto da pagina 37 in poi) con cui si lamenta difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, perchè l’amministrazione avrebbe illegittimamente effettuato l’istruttoria sulla base di ciò che era stato ritenuto idoneo a pretendere la valutazione di impatto ambientale, piuttosto che alla valutazione di incidenza ambientale.
Infatti, a prescindere dal richiamo anche ad interventi risalenti nel tempo – si rammenta che la valutazione di incidenza deve valutare gli effetti cumulativi complessivi sull’habitat dell’intervento proposto – si è già osservato come i motivi negativi siano sufficientemente esposti, siano riconducibili proprio alle problematiche della Direttiva Habitat e non attengano alla assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale e siano immuni dalle censure di difetto di istruttoria e motivazione.
L’intervento richiesto riguarda un fabbricato di circa 570 metri quadri per una volumetria complessiva di 7000 metri cubi, nel sito SIC “Stagno e ginepreto di Platamona”.
Come ha evidenziato la difesa regionale, non controdedotta o smentita sul punto, i precedenti interventi, due piscine, anfiteatro, campi da tennis, campo di calcio e due piscine, per non meno di metri quadrati 3.500, non erano stati indicati nello studio presentato e tale deficit da solo costituiva giusto motivo di diniego.
Nuovamente deve richiamarsi il passaggio secondo cui "non è stata svolta l'analisi sull'insediabilità attuale e potenziale derivante dalle previsioni dello strumento urbanistico generale, in riferimento agli effetti cumulativi del carico antropico sugli habitat e sulle specie presenti nel SIC";"tale analisi avrebbe consentito di valutare se l'ulteriore insediabilità avrebbe potuto creare elementi di turbativa aggiuntiva".
Le ragioni di legittimità dei dinieghi esposti dalla Regione valgono con riguardo a tutti i successivi dinieghi espressi nel tempo, impugnati con motivi aggiunti vari, che hanno compreso i preavvisi di rigetto e gli atti confermativi sul secondo studio ambientale presentato.
D’altronde l’appello, dopo avere esposto la lunga sequenza procedimentale, deduce i motivi di diritto, esponendoli in relazione al primo, ma anche al secondo diniego (pagina 39 dell’appello), facendoli però oggetto delle medesime censure.
3.Il rigetto dei riproposti motivi di appello, attinenti al difetto di motivazione e di idonea istruttoria, consente di concludere altresì per il rigetto del motivo di appello con il quale si è dedotta la erroneità della sentenza, perché avrebbe concluso per la inammissibilità del sindacato di merito delle scelte valutazioni tecnico-discrezionali dell’Amministrazione.
D’altra parte, la stessa parte appellante ammette e riconosce che le sue censure sono delimitate all’ambito dei vizi di difetto di istruttoria, difetto di motivazione ed eccesso di potere.
Non può avere positiva valutazione la deduzione (pagina 14 della memoria difensiva del 14 maggio 2013) secondo cui erroneamente la Regione Sardegna avrebbe indicato come ente competente a provvedere alla finale autorizzazione il Comune di Sorso, ritenendo che lo stesso sia competente a indicare misure mitigative o alternative.
Infatti, ogni ente ha le sue competenze e in tale ambito gli uffici della Regione hanno concluso sempre negativamente, ritenendo che nessuna misura potesse comportare una favorevole conclusione rispetto alla richiesta di intervento, per le indicate ragioni.
4. Quanto già osservato in relazione alla resistenza e legittimità dei motivi di diniego e alle lacune documentali rilevate, motivi procedimentali già da soli sufficienti a giustificare motivi di diniego, porta a concludere anche per la irrilevanza delle censure di difetto di istruttoria, declinate dalla parte appellante, laddove sostiene che taluni dati tecnici indicati dalla controparte sarebbero erronei relativamente alle presenze giornaliere, all’epoca delle costruzioni, al numero di presenze stagionali.
5.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma dell’appellata sentenza.
La condanna alle spese del presente grado di giudizio segue il principio della soccombenza;le spese sono liquidate in dispositivo.