Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-05-12, n. 201102821

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-05-12, n. 201102821
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201102821
Data del deposito : 12 maggio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06372/1999 REG.RIC.

N. 02821/2011REG.PROV.COLL.

N. 06372/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6372 del 1999, proposto da:
Comune di Mandello del Lario, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. F L e F P, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via del Viminale, n. 43;

contro

F S, rappresentato e difeso dagli avv. M P e Ercole Romano, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 19;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione II, n. 00413/1999, resa tra le parti, con la quale è stato annullato il provvedimento sindacale di annullamento d’ufficio della concessione edilizia n. 5405 del 12.3.1992;

nonché per l’assunzione della decisione conseguente alla verifica della pregiudizialità del procedimento penale n. 4114/92/22 promosso dalla Procura della Repubblica presso la Pretura di Lecco;

per la declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità del ricorso di primo grado, ovvero per la sua reiezione.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Salvatore Fontana;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2010 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati Lorenzoni e Prosperetti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato il Comune di Mandello del Lario chiedeva l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, in epigrafe indicata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal sig. Salvatore Fontana contro il provvedimento sindacale di annullamento d’ufficio della concessione edilizia n. 5405 del 12.3.1992 sulla base della inconferenza formale e dimensionale delle tavole di progetti, richiamando la relazione redatta al riguardo da un consulente tecnico della Procura della Repubblica del Tribunale di Lecco e l’adozione della deliberazione n. 13 del 1992, che aveva disposto la modifica dei parametri urbanistici della zona.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Erroneità della motivazione nella parte in cui respinge la richiesta di sospendere il processo per pregiudizialità del procedimento penale n. 4114/92/22 promosso dalla Procura della Repubblica presso la Pretura di Lecco, che aveva ad oggetto le violazioni che costituivano il presupposto del provvedimento di annullamento della concessione edilizia di cui trattasi (che le richiama “per relationem”) impugnato con il ricorso de quo.

2.- Erroneità della motivazione, travisamento ed erroneità dei presupposti, con riferimento alla reiezione della eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e riproposizione della eccezione suddetta.

Il Giudice di primo grado erroneamente non ha accolto la tesi che la concessione edilizia oggetto del provvedimento sindacale di annullamento d’ufficio era già decaduta automaticamente al momento di adozione del provvedimento di autotutela e che, conseguentemente, il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

3.- Erroneità della motivazione sotto altro profilo. Riproposizione della eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado per intervenuta acquiescenza al provvedimento impugnato a seguito di richiesta di concessione edilizia da parte del sig. Fontana n. 764 del 1983.

4.- Erroneità della motivazione, errata applicazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 nella parte in cui la sentenza ha accolto una delle censure formulate con il primo motivo di ricorso. Infondatezza della suddetta censura.

Con la sentenza impugnata è stata erroneamente accolta la censura con la quale la parte ricorrente in primo grado aveva lamentato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

Quanto alla censura di difetto di motivazione per mancata valutazione dell’interesse pubblico alla autotutela, non formalmente dichiarata assorbita, deve ritenersi che l’obbligo di tale motivazione era nel caso di specie escluso.

5.- Perplessità circa la pronuncia sul terzo motivo del ricorso di primo grado. Erroneità della motivazione sotto altro profilo.

La sentenza, laddove contiene un accenno al terzo motivo di ricorso, pur dichiarato assorbito, con il quale era stata lamentata la illegittimità dell’atto impugnato per mancata acquisizione del parere della Commissione Edilizia, sarebbe contraddittoria ed errata.

Con atto depositato il 3.7.2002 si è costituito in giudizio il sig. Salvatore Fontana, che ha chiesto che l’appello sia dichiarato inammissibile o improcedibile, ovvero che sia respinto perché infondato.

Con memoria depositata il 29.10.2010 il Comune appellante ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 2.11.2010 il sig. Fontana ha dedotto la infondatezza dei motivi posti a base dell’appello e, richiamati e riproposti i motivi aggiunti formulati nel corso del giudizio di primo grado, ne ha chiesto la reiezione.

Con memoria depositata 12.11.201 la parte appellante ha controdedotto con riguardo alle avverse deduzioni con riferimento al secondo (a sostegno del quale sarebbero stati inammissibilmente prodotti nuovi mezzi di prova) ed al quarto motivo di appello, ha eccepito la inammissibilità per tardività e contestato la fondatezza dei motivi aggiunti in primo grado, riproposti in appello dalla parte appellata, ed infine ha ribadito tesi e richieste, riferite queste anche ai motivi aggiunti.

Con memoria depositata 17.11.2010 il sig. Fontana ha contestato la eccezione di decadenza “ex adverso” formulata ed ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 3.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, il Comune di Mandello del Lario ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione II, n. 00413/1999, con la quale è stato annullato il provvedimento sindacale di annullamento d’ufficio della concessione edilizia n. 5405 del 12.3.1992;

inoltre ha chiesto l’assunzione della decisione conseguente alla verifica della pregiudizialità del procedimento penale n. 4114/92/22 promosso dalla Procura della Repubblica presso la Pretura di Lecco e la declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità del ricorso di primo grado, ovvero la sua reiezione.

2.- Innanzi tutto il Collegio ritiene non condivisibile la eccezione di sopravvenuto difetto di interesse al ricorso formulata dall’appellante Comune con memoria depositata il 29.10.2010 nell’assunto che nelle more del giudizio le aree interessate dalla concessione edilizia di cui trattasi sarebbero divenute inedificabili (per effetto di strumenti urbanistici sopravvenuti) ed inoltre perché il controinteressato sarebbe decaduto dalla concessione edilizia n. 5405 del 1992 i cui effetti sono stati ripristinati dalla sentenza di accoglimento impugnata.

Ciò in quanto permane l'interesse alla decisione della controversia relativa all'istanza di annullamento di un provvedimento di annullamento di concessione edilizia anche nel caso in cui sia intervenuto un nuovo strumento urbanistico che abbia impresso all'area di proprietà del ricorrente destinazione diversa da quella edificatoria, ostativa alla realizzazione dell'intervento, considerata la rilevanza della questione ad eventuali fini risarcitori, previa dimostrazione della sussistenza dei requisiti delineati dall'art. 2043 c.c., nonché il permanere dell’interesse morale all’accoglimento del ricorso.

Identiche considerazioni possono essere effettuate con riferimento alla dedotta decadenza, che peraltro non si verifica automaticamente (Consiglio Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 249) ma deve essere pronunciata con provvedimento formale, che qui non è intervenuto,..

3.- Con il primo motivo di appello è stata dedotta la erroneità della motivazione posta a base della impugnata sentenza nella parte in cui è stata respinta la richiesta di sospendere il processo per pregiudizialità del procedimento penale n. 4114/92/22 promosso dalla Procura della Repubblica presso la Pretura di Lecco, che aveva ad oggetto le violazioni che costituivano il presupposto del provvedimento di annullamento della concessione edilizia di cui trattasi (che le richiama “per relationem”) impugnato con il ricorso de quo.

3.1.- Va al riguardo in primo luogo osservato che il Giudice di prime cure ha respinto detta richiesta nell’assunto che le ragioni fondanti l’adozione del provvedimento impugnato non risiedevano direttamente nelle questioni oggetto dell’accertamento penale, ma dalle stesse traevano unicamente origine, sicché, attenendo i vizi denunciati ad eccesso di potere e a violazione di legge presenti nell’atto impugnato, era irrilevante la vicenda penale ai fini della decisione del ricorso.

3.2.- Ritiene il Collegio innanzi tutto che la sospensione necessaria del processo presuppone che la decisione della controversia dipenda dalla definizione di altra causa, richiede cioè non un mero collegamento tra due emanande statuizioni, ma un vincolo di presupposizione, per cui l'altro giudizio, oltre ad essere effettivamente pendente ed a coinvolgere le stesse parti, deve investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale sia determinante, in tutto o in parte, per l'esito della causa da sospendere (Consiglio Stato, sez. VI, 28 settembre 2006, n. 5701).

Peraltro, quando la sospensione sia richiesta con riferimento alla pendenza di un giudizio penale deve osservarsi che quanto meno deve essere stata già esercitata l'azione penale con la proposizione di richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pubblico Ministero, non essendo sufficiente la mera pendenza di un procedimento penale, in quanto sussiste differenza tra “procedimento penale”, comprendente la fase delle indagini preliminari, e “processo penale”, concernente la sola fase successiva all'esercizio dell'azione penale (Consiglio Stato, sez. V, 03 gennaio 2006, n. 7

Nel caso che occupa il provvedimento di autotutela impugnato richiamava la perizia depositata in sede di procedimento penale solo nella parte in cui vi si rilevava una incoerenza formale e dimensionale delle tavole, che non è stato contestato e non era rilevante e pregiudiziale rispetto al giudizio amministrativo di cui trattasi (con il quale è stata fatta valere la illegittimità del provvedimento di autotutela poi adottato sia per carenza di motivazione circa gli interessi sottesi al rilascio della concessione edilizia che per illegittimità di detto provvedimento per mancata indicazione delle norme a suo tempo violate e dell’interesse pubblico all’annullamento della concessione edilizia).

Aggiungasi che la parte resistente ha anche depositato in giudizio copia del decreto prot. n. 1663/09 del 19.5.2009 del G.I.P. presso il Tribunale di Lecco, con cui è stata disposta l’archiviazione di detto procedimento penale, sicché allo stato non sussiste neppure il presupposto della pendenza di un vero e proprio processo penale che potesse giustificare la sospensione del giudizio che occupa.

La censura in esame non è quindi fornita di alcun profilo di fondatezza.

4.- Con il secondo motivo di appello è stato dedotto che erroneamente il Giudice di primo grado avrebbe attribuito valore alla dichiarazione di inizio lavori effettuata dal sig. Fontana in data 19.3.1992 e non ha conseguentemente aderito alla tesi del Comune che la concessione edilizia n. 5405 del 12.3.1992, oggetto del provvedimento sindacale di annullamento d’ufficio, era già decaduta automaticamente (avendo l’eventuale provvedimento dichiarativo solo effetto ricognitivo) al momento di adozione del provvedimento di autotutela, per decorso del termine annuale, decorrente (ex art. 7 della L. R. Lombardia n n. 60/1977) dalla notificazione del rilascio della concessione stessa (in data 13.3.1992), senza che i relativi lavori fossero iniziati.

Sarebbe stato dato non condivisibilmente credito alla dichiarazione di inizio lavori suddetta (contraddittoriamente datata 12.3.1992 e indicante come data di inizio lavori il 19.3.1992, giorno del suo deposito in Comune), non firmata dai diretti interessati e redatta su di un modulo prestampato, mentre non è stato dato credito alla dichiarazione di un tecnico comunale del 16.3.1998 attestante che i lavori non erano ancora effettivamente iniziati, né a fotografie comprovanti l’insussistenza di opere.

Il provvedimento di autotutela impugnato non aveva quindi dispiegato i suoi effetti tipici nella sfera giuridica del ricorrente ed il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

4.1.- Osserva al riguardo la Sezione che la censura non è suscettibile di positiva valutazione, atteso che la perdita di efficacia della concessione edilizia per mancato inizio o ultimazione dei lavori nei termini prescritti deve essere accertata e dichiarata con formale provvedimento dell'Amministrazione, anche ai fini del necessario contraddittorio con il privato circa l' esistenza dei presupposti di fatto e diritto che legittimano la declaratoria di decadenza (Consiglio Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 249), sicché non essendo stato adottato nel caso che occupa alcun provvedimento comunale di formale declaratoria della decadenza della concessione edilizia di cui trattasi, deve ritenersi che all’atto dell’adozione del provvedimento di annullamento della stessa l’atto era formalmente efficace e sussisteva interesse all’annullamento dell’atto di ritiro.

5.- Con il terzo motivo di appello è stata riproposta la eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado per intervenuta acquiescenza al provvedimento impugnato (che si sarebbe verificata a seguito di richiesta di concessione edilizia da parte del sig. Fontana n. 764 del 1983, non accompagnata da alcuna riserva, avente ad oggetto la realizzazione di un solo edificio sui medesimi mappali, in conformità al provvedimento di autotutela oggetto di impugnazione, tenendo conto dei rilievi che ne avevano determinato l’emanazione con riferimento al rispetto sia dei limiti volumetrici che dei limiti di distanza dal lago).

La eccezione non è stata accolta dal Giudice di primo grado nell’erroneo assunto che la mera presentazione di una nuova istanza intesa a perseguire il bene che un provvedimento d’ufficio (peraltro impugnato) ha tolto all’interessato non rappresenta acquiescenza al provvedimento;
non è stato, infatti, considerato che non si era in presenza di una istanza qualsiasi, ma di una richiesta volta proprio a superare i vizi di legittimità della concessione annullata .

5.1.- Osserva in proposito il Collegio innanzi tutto che l'acquiescenza, qualora non risulti da espressa accettazione degli effetti di un atto da parte del destinatario di esso, si configura solo in presenza di una condotta da parte dell'avente titolo all'impugnazione che sia libera e inequivocabilmente diretta a non più contestare l'assetto di interessi definito dall'Amministrazione attraverso il provvedimento oggetto di impugnazione.

In quanto incidente sul fondamentale diritto di agire in giudizio, l'accertamento in ordine all'avvenuta accettazione del contenuto e degli effetti di un provvedimento lesivo deve quindi essere accurato ed esauriente e svolgersi su tutti i dati fattuali che hanno caratterizzato il nuovo atto, da cui deve risultare senza alcuna incertezza la presenza di una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l'atto lesivo.

Non può, quindi, bastare, a tal fine, un atteggiamento di mera tolleranza contingente e neppure il compimento di atti resi necessari od opportuni, nell'immediato, dall'esistenza di un provvedimento allo stato lesivo, in una logica soggettiva di riduzione del pregiudizio, ma che non per questo escludono l'eventuale coesistente intenzione dell'interessato di persistere nell’azione intrapresa per l'eliminazione degli effetti del provvedimento stesso (Cassazione civile, sez. un., 20 maggio 2010, n. 12339).

Nel caso che occupa la nuova richiesta di concessione edilizia, presentata in data 20.10.1993, in pendenza del giudizio di primo grado, dimostra quindi solo la volontà di perseguire l'interesse sostanziale di poter edificare l’edificio in questione, senza che ciò fosse renda incompatibile con la previsione della azione a tutela nei confronti del provvedimento di annullamento della concessione edilizia a suo tempo rilasciata;
non ha infatti la mera presentazione della nuova richiesta soddisfatto pienamente l’interesse fatto valere in giudizio alla realizzazione nell’area di cui trattasi di due edifici residenziali, più ampio rispetto a quello fatto valere con la nuova domanda di concessione edilizia (volta alla realizzazione di un nuovo intervento sulla stessa area, costituito da un solo edificio).

La declaratoria dell'improcedibilità del ricorso correttamente non è stata quindi pronunciata dal Giudice di primo grado, perché essa presuppone una sopravvenienza, in fatto o in diritto, del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso stesso, tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della decisione e la concreta individuazione di tali ipotesi deve essere ancorata a criteri restrittivi, tenuto conto che non deve tradursi in una sostanziale elusione dell'obbligo del Giudice di pronunciarsi sulla domanda, che l'interesse residuo alla pronuncia sul merito della controversia va inteso nella sua massima ampiezza alla luce degli effetti conformativi e ripristinatori dell'eventuale sentenza di accoglimento e che la persistenza dell'interesse va valutata considerando anche le possibili ulteriori iniziative attivate o attivabili dal ricorrente per soddisfare la pretesa vantata.

Aggiungasi che l'acquiescenza, intesa come rinuncia preventiva a far valere una posizione di interesse legittimo, è configurabile solo se il comportamento adesivo si manifesti anteriormente alla proposizione del ricorso, risultando ipotizzabile, in caso contrario, solo la rinuncia al ricorso, che deve intervenire nei modi previsti dalla legge processuale.

6.- Con il quarto motivo di appello è stato dedotto che erroneamente con la sentenza appellata sarebbe stata accolta la censura con la quale la parte ricorrente in primo grado aveva lamentato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato per omessa indicazione delle ragioni del disposto annullamento della concessione edilizia n. 5405 del 1992 e delle norme violate, sulla base della incondivisibile e formalistica motivazione che non sarebbe stata sufficientemente esternata la volontà dell’Organo emanante di recepire la motivazione dell'atto richiamato “per relationem” essendo a tanto inidonea la locuzione “visto”.

Ciò a nulla valendo che l’atto richiamato, cioè la relazione peritale depositata presso gli Uffici della Procura della Repubblica presso la Pretura di Lecco nell’ambito del procedimento penale n. 4114/92/22, non costituiva atto del procedimento, essendo sufficiente che esso fosse individuato, che da esso fossero desumibili le ragioni su cui si fondava la determinazione di autotutela e che fosse stato messo a disposizione degli interessati.

Quanto alla censura di difetto di motivazione per mancata valutazione dell’interesse pubblico alla autotutela, non formalmente dichiarata assorbita, secondo il Comune appellante l’obbligo di tale motivazione era nel caso di specie escluso, sia perché non si era creato in capo al concessionario alcun affidamento sulla legittimità della concessione e sia perché i lavori non erano iniziati e l’interesse pubblico all’annullamento era in “re ipsa”.

6.1.- Va osservato al riguardo che il provvedimento di autoannullamento impugnato contiene la seguente motivazione:”vista la relazione del consulente tecnico dalla quale si evince che gli elaborati di progetto presentano una incoerenza formale e dimensionale delle tavole”.

Il Giudice di primo grado ha ritenuto insufficiente essa motivazione perché l’atto richiamato per relationem non è stato fatto proprio e non consentiva al destinatario del provvedimento la piena conoscenza delle effettive e concrete ragioni che avevano comportato la compressione del suo diritto, dal momento che non esplicitava concretamente in che cosa consistevano le incoerenze progettuali

Considera il Collegio che la motivazione di un provvedimento “per relationem”, per essere legittima, deve consentire di valutare la sua completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell'atto al quale si opera il rinvio e che così diviene parte integrante dell'atto, sicché le deduzioni contenute nell’atto cui è fatto rinvio oltre che essere espressamente richiamate devono essere espressamente fatte proprie dall'Amministrazione emanante.

Deve quindi ritenersi insufficiente il semplice richiamo ad atti istruttori allorché non si tratti di atti appartenenti alla stessa serie procedimentale e del tutto estranei, dovendo esso, in tal caso, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della L. n. 241/1990, essere anche reso disponibile (Consiglio Stato, sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6274), e in special modo se le argomentazioni contenute negli atti richiamati non siano espressamente state fatte proprie dall'amministrazione emanante (Consiglio Stato, sez. IV, 23 novembre 2002, n. 6444).

Non può quindi il Collegio che concordare con il Giudice di prime cure che nel caso che occupa (in cui è stato motivato l’impugnato provvedimento di autoannullamento di una concessione edilizia a suo tempo rilasciata con la mera apposizione della locuzione “visto”) non sussistessero le condizioni che rendono legittima la motivazione “per relationem”, atteso che detto atto di ritiro doveva essere assistito da puntuale (e non generica) motivazione circa la sussistenza delle ragioni che giustificavano la compressione della sfera giuridica dell’interessato, atteso che essa locuzione, oltre che non indicare le concrete ragioni della adozione dell’atto di ritiro, non esplicitava nemmeno la volontà di fare proprio l’atto richiamato, peraltro estraneo al procedimento conclusosi con detto provvedimento di auto annullamento di concessione edilizia.

7.- Con il quinto motivo di appello è stato dedotto che la sentenza contiene un accenno al terzo motivo di ricorso, pur dichiarato assorbito, con il quale era stata lamentata la illegittimità dell’atto impugnato per mancata acquisizione del parere della Commissione Edilizia.

Nell’ipotesi che tanto costituisca riconoscimento della fondatezza del motivo la sentenza in tale punto sarebbe contraddittoria (per aver dichiarato assorbito il motivo e al contempo averlo ritenuto fondato) e non avrebbe tenuto nel debito conto che il parere della C.E. deve essere acquisito solo quando sia necessario procedere esclusivamente a valutazioni di natura tecnica, mentre nel caso di specie ai fini dell’adozione del provvedimento di autotutela rilevavano solo valutazioni giuridiche o, quantomeno, anche giuridiche.

La Sezione innanzi tutto rileva che non sussiste la rilevata incongruenza tra l’aver dichiarato assorbito il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio ed il suo sostanziale accoglimento, atteso che in sentenza, dopo essere stato asserito che per l’annullamento della concessione edilizia di cui trattasi sarebbe stato necessaria la previa acquisizione del parere della C.E., è stato accolto il ricorso e sono stati assorbiti gli altri motivi, il che non può che essere inteso nel senso che venivano assorbiti solo i motivi di ricorso non espressamente accolti.

In secondo luogo considera che in base al principio del contrarius actus, qualora in sede di rilascio della concessione edilizia sia stato acquisito il parere della Commissione Edilizia, tale parere va acquisito anche all'atto dell'annullamento d'ufficio del suddetto titolo abilitativo, fatte salve le ipotesi in cui il provvedimento di autotutela sia supportato da ragioni formali o di tipo esclusivamente giuridico (Consiglio Stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1909).

Nel caso che occupa il provvedimento di autoannullamento della concessione edilizia di cui trattasi è stato motivato con richiamo a ragioni non formali e non di tipo esclusivamente giuridico, essendo stato fatto riferimento ad incoerenze formali e dimensionali delle tavole di elaborati di progetto (risultanti da una relazione del consulente tecnico della Procura della Repubblica presso la Pretura di Lecco), quindi a regioni esclusivamente tecniche.

8.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

9.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi