Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-16, n. 201500805
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00805/2015REG.PROV.COLL.
N. 07221/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7221 del 2014, proposto dai signori C T, G M, L L M, S A e P C, rappresentati e difesi dagli avvocati F G S, A G e R P F, con domicilio eletto presso lo studio Scoca in Roma, Via Paisiello n. 55;
contro
La Regione Molise in persona del Presidente della giunta regionale in carica e Consiglio Regionale del Molise, in persona del Presidente del consiglio regionale in carica, entrambi non costituiti;
l’Ufficio elettorale centrale presso la Corte d'Appello di Campobasso, Ufficio elettorale centrale circoscrizionale di Campobasso presso il Tribunale di Campobasso, Ufficio elettorale centrale circoscrizionale di Isernia presso il Tribunale di Isernia, tutti in persona dei rispettivi presidenti pro-tempore,
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, e il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
Signori C D P, Nicola Cavaliere, Vincenzo Cotugno, Salvatore Ciocca, Domenico Di Nunzio, Paolo Di Laura Frattura, Vittorino Facciolla, Antonio Federico, Angiolina Fusco Perrella, Angelo Michele Iorio, Domenico Ioffredi, Nunzia Lattanzio, Patrizia Manzo, Filippo Monaco, Salvatore Micone, Pierpaolo Nagni, Vincenzo Niro, Carmelo Parpiglia, Michele Pietraroia, Giuseppe Sabusco, Massimiliano Scarabeo e Francesco Totaro, tutti non costituiti;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Molise, n. 358/2014, resa tra le parti, concernente le elezioni per il consiglio regionale del Molise del 24 e 25 febbraio 2013;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio elettorale centrale presso la Corte d'Appello di Campobasso, dell’Ufficio elettorale centrale circoscrizionale di Campobasso presso il Tribunale di Campobasso, dell’Ufficio elettorale centrale circoscrizionale di Isernia presso il Tribunale di Isernia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il Consigliere C S e uditi per le parti gli avvocati F G S e A G e l'avvocato dello Stato Bruno Dettori;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- All'esito delle elezioni indette per il rinnovo del consiglio regionale del Molise del 24 e 25 febbraio 2013, i signori C T, G M, L L M, S A e P C impugnavano, innanzi al T.A.R. per il Molise, il verbale di proclamazione degli eletti dell'ufficio centrale regionale di Campobasso, i verbali degli uffici centrali provinciali di Campobasso e Isernia, quelli di proclamazione degli eletti consiglieri nelle liste proporzionali rispettivamente dell'ufficio centrale circoscrizionale di Campobasso e dell'ufficio centrale di Isernia, le operazioni elettorali e i verbali delle sezioni elettorali di Campobasso e di Isernia, al fine di ottenere la correzione dei risultati elettorali e la correzione dei verbali di proclamazione degli eletti consiglieri regionali.
I ricorrenti contestavano gli atti impugnati nella parte in cui non era stato proclamato eletto il signor C T, candidato nella lista provinciale di Isernia "Italia dei valori", in luogo del signor C D P, candidato nella medesima lista nella provincia di Campobasso, e nella parte in cui era stata prevista l'assegnazione di n. 16 seggi con il sistema proporzionale e n. 5 seggi con il sistema maggioritario.
A sostegno delle loro domande, i ricorrenti deducevano che l'esito contestato della consultazione elettorale sarebbe la conseguenza dell'erronea ripartizione dei seggi da assegnare con il sistema proporzionale e con quello maggioritario, disposta con il decreto prefettizio n. 56537 del 27 dicembre 2012, sulla base di una controversa interpretazione e applicazione dell'art. 14, comma 1, lettera a), del d.l. n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2011.
Lo stesso decreto prefettizio era stato oggetto di impugnazione da parte del signor C T con ricorso straordinario al Capo dello Stato, che si concludeva con una pronuncia di inammissibilità ai sensi dell'art. 128 del cod. proc. amm.
I ricorrenti assumevano, altresì, che il riparto dei seggi da assegnare con il sistema proporzionale e con quello maggioritario, secondo il meccanismo disciplinato dall’art. 1 della legge statale 23 febbraio 1995, n. 43 (4/5 al proporzionale e 1/5 al maggioritario), sarebbe stato erroneamente effettuato su 20 consiglieri anziché su 21, dovendosi computare a tal fine anche il presidente della giunta regionale quale componente del Consiglio regionale. E tanto sarebbe anche espressamente previsto dall’art. 5, comma 1, della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, di cui pure lamentano la violazione. Così erroneamente operando, sarebbero stati calcolati 5 seggi (4 + il Presidente della Giunta) da assegnare con il sistema maggioritario e 16 con il proporzionale, mentre, secondo gli esponenti, computando anche il Presidente della Giunta tra i consiglieri (che così da 20 passerebbero a 21), i seggi da assegnare con il maggioritario (1/5 di 21) sarebbero 4 (3 + il presidente) ed i seggi da assegnare con il proporzionale (4/5 di 21) passerebbero da 16 a 17, sicché il ricorrente signor T doveva essere proclamato eletto al Consiglio regionale.
1a.- Il T.A.R., con la sentenza n. 358 del 22 maggio 2014, depositata il 5 giugno 2014, ha rigettato il ricorso di primo grado, ritenendolo inammissibile ed infondato nel merito.
L'inammissibilità del ricorso, secondo il Tribunale, deriverebbe dalla mancata impugnazione del decreto prefettizio n. 56537 del 27 dicembre 2012, che ha stabilito il criterio (ritenuto dai ricorrenti erroneo) di ripartizione dei seggi;decreto impugnato dal solo sig. C T con il ricorso straordinario al Capo dello Stato, dichiarato, peraltro, inammissibile ai sensi dell'art. 128 del cod. proc. amm.
Il giudice di prima istanza ha ritenuto, comunque, infondato anche nel merito il ricorso introduttivo, valutando l'operato del prefetto immune dalle censure sollevate, in quanto conforme alla previsione di cui all'art. 14, comma 1, lettera a), del decreto legge n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2011.
1b.- Avverso la sentenza i signori C T, G M, L L M, S A e P C hanno proposto appello.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno - Prefettura U.T.G. di Campobasso, l'ufficio centrale elettorale presso la Corte di Appello di Campobasso, gli uffici centrali circoscrizionali di Campobasso e di Isernia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i quali, in via preliminare, hanno lamentato il difetto di legittimazione passiva di tutte le amministrazioni diverse dal Ministero dell'Interno, eccezione questa proposta in primo grado e non esaminata dal T.A.R.;nel merito, essi hanno chiesto che l'appello sia respinto perché infondato.
All'udienza pubblica del 13 gennaio 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
2.- Si può prescindere dall'esaminare l'eccezione sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato concernente il difetto di legittimazione passiva di tutte le amministrazioni diverse dal Ministero dell'Interno, atteso che l'appello è infondato nel merito.
2a.- Con il primo motivo di censura, gli appellanti lamentano l'erroneità della sentenza, laddove il T.A.R. ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto i ricorrenti non avrebbero impugnato il decreto prefettizio n. 56537 del 27 dicembre 2012.
Gli appellanti sostengono che, sebbene il decreto prefettizio non sia stato espressamente citato tra gli atti impugnati, il Tribunale avrebbe dovuto desumere l'effettiva volontà dei medesimi, volta a far caducare gli effetti di detto provvedimento, dal contenuto del ricorso introduttivo con cui venivano avanzate specifiche censure avverso lo stesso.
Gli appellanti deducono, inoltre, che nel ricorso originario sarebbero stati impugnati, oltre a quelli specificatamente indicati, "gli atti presupposti, preordinati e connessi", dovendosi considerare tra questi anche il decreto prefettizio n. 56537/2012.
2b.- L'eccezione non è condivisibile, atteso che per la costante giurisprudenza - in assenza di impugnazione del provvedimento presupposto ed autonomamente lesivo, divenuto inoppugnabile - è inammissibile l'impugnazione dell'atto conseguenziale per vizi riconducibili all’atto presupposto (per tutti Consiglio di Stato, sez. V, 6 febbraio 2008, n. 310).
Peraltro, la formula di stile, con cui vengono cautelativamente impugnati "gli atti presupposti, connessi e conseguenti", non vale ad estendere l'impugnazione nei riguardi di atti non specificamente indicati nel ricorso, non essendo tale formula idonea ad individuare uno specifico oggetto di impugnativa, giacché una chiara indicazione del petitum è indispensabile per permettere alle altre parti di esplicare in modo compiuto il diritto di difesa.
3.- Procedendo nell’esame dell’atto di appello, va approfondito l’effettivo oggetto del contendere, che è la mancata elezione del signor C T a membro del consiglio regionale quale conseguenza della erronea determinazione, da parte del Prefetto, dei seggi da assegnare con il sistema proporzionale e con quello maggioritario, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera a), del decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011.
Il Prefetto, infatti, ad avviso degli appellanti non avrebbe considerato il presidente tra i consiglieri, come asseritamente previsto dall'art. 5 comma 1, della legge costituzionale n. 1/1999, ritenendo erroneamente che sarebbero 20 e non 21 i consiglieri da considerare ai fini del calcolo delle percentuali di seggi da assegnare, rispettivamente con il sistema proporzionale (quattro quinti) e con quello maggioritario (un quinto).
3a.- Ritiene la Sezione che le censure formulate in primo grado avverso gli atti impugnati – e riproposte con l’atto d’appello – sono infondate e vanno respinte, anche in relazione a quelle proposte unicamente dal signor T con l’originario ricorso straordinario, poi dichiarato inammissibile.
Pertanto, è irrilevante in questa sede il fatto che il TAR – dalla declaratoria di inammissibilità di tale ricorso – ha tratto conseguenze pregiudizievoli per tutti gli appellanti.
4.- Nel passare all’esame delle censure ‘sostanziali’ degli appellanti, complessivamente rivolte avverso tutti gli atti del procedimento, essi lamentano " Error in iudicando , violazione e falsa applicazione dell'art. 14, comma 1, lettera a), del D.L. n. 138/2011 convertito dalla legge n. 148/2011, della legge costituzionale n. 1/1999, dell'art. 1 della legge 23 febbraio 1995 n. 43, della legge n. 108 del 17 febbraio 1968 e della L.R. del Molise n. 21/2012, eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di presupposti ed illogicità".
Gli appellanti sostengono che il decreto prefettizio n. 56537/2012 sarebbe illegittimo per errata applicazione dell'art. 14 comma 1, lettera a) del d.l. n. 138/2011, avendo il prefetto escluso il presidente della Giunta dal novero dei consiglieri regionali ai fini del calcolo dei seggi da assegnare, determinando uno squilibrio di rappresentanza territoriale in danno della provincia di Isernia a favore di quella di Campobasso, a discapito del signor T (candidato nella provincia di Isernia nella lista "Italia dei valori") e a vantaggio del signor Di Pietro (candidato nella provincia di Campobasso nella medesima lista).
Gli appellanti deducono che il richiamato decreto legge n. 138/2011, rubricato " Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo ", convertito nella legge n. 148/2011 (con cui peraltro è stata disposta la riduzione dei consiglieri e degli assessori regionali), ha carattere e finalità meramente finanziarie e nulla dispone in ordine al calcolo dei seggi per la composizione del consiglio regionale ed alla posizione del presidente della giunta nell'ambito del consiglio.
4a.- La censura non è idonea a inficiare la corretta applicazione da parte del prefetto, della normativa applicabile nella materia de qua .
Il T.A.R., invero, nella sentenza appellata ha ritenuto che l'art. 14 comma 1 lettera a) del decreto legge n. 138/2011, esclude espressamente il presidente della giunta regionale dal calcolo del numero massimo di consiglieri regionali imposto dalla legge statale di coordinamento della finanza pubblica, "ai fini di contenimento della spesa pubblica", senza tuttavia che ciò incida sulla composizione e sul funzionamento dell'organo collegiale cui partecipa anche il presidente della giunta.
Orbene, l'esclusione del presidente dal calcolo dei consiglieri regionali ha una finalità logica che va ricercata nell’esigenza, avvertita dal legislatore, che in sede di riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali e delle relative indennità, il numero di essi non subisca una ulteriore decurtazione, considerando il Presidente della giunta regionale come uno dei consiglieri eleggibili.
Il disposto dell'art. 5 comma 1, della legge costituzionale n. 1/1999, secondo cui il presidente " fa parte del consiglio regionale ", riguarda la composizione dell'organo e, di conseguenza, qualifica il presidente della giunta quale componente dell'assemblea, che concorre a determinarne il quorum strutturale, ma eletto in modo autonomo e non come e tra i consiglieri ordinari.
Il presidente fa quindi parte del consiglio regionale ed in esso ha compiti e poteri deliberativi, ma è, per il resto, figura del tutto diversa da loro ed è oggetto di specifica disciplina costituzionale.
Nessuna contraddizione sussiste, peraltro, con la previsione di cui all'art. 14 comma 1 lett. a), del decreto legge n. 138/2011, che si limita a precisare che, ai fini della determinazione del numero dei consiglieri assegnati ad un consiglio regionale, non va computato il presidente della giunta regionale, che entra nella composizione dell'organo ai soli fini strutturali e deliberativi ma, nella fase elettorale si pone nella posizione di soggetto esterno al consiglio.
Ciò in similitudine, peraltro, alla figura del sindaco che, ai sensi dell'art. 37, comma 1, del D.lgs. n. 267/2000 è componente del consiglio comunale, organo composto dal sindaco e da un numero variabile di consiglieri determinato in base alla popolazione residente nel Comune;ma, anche in questo caso, il sindaco concorre alla formazione del quorum strutturale del consiglio ed ha diritto di voto, ma non è da considerare, in sede elettorale e per il resto, alla stregua degli altri consiglieri comunali.
Irrilevante è la considerazione secondo cui la Regione Molise, nello statuto, non ha disciplinato la figura del presidente delle giunta in modo diverso da quella del consigliere regionale, risultando pacifico che egli eserciti il proprio diritto di voto insieme e come tutti gli altri consiglieri e che sia, quindi, da computare al fine di raggiungere i quorum strutturali e deliberativi in consiglio.
Il metodo di ripartizione dei seggi adottato dal decreto prefettizio n. 56537/2012 e condiviso dal T.A.R., rispetta, pertanto, la percentuale di 4/5 dei consiglieri assegnati con il sistema proporzionale sulla base delle liste provinciali concorrenti e quella di 1/5 dei consiglieri assegnati con il sistema maggioritario, così come disposto dall'art. 1 comma 3, della legge 23 febbraio 1995, n. 43, fermo restando che l'interpretazione data all'art. 14 comma 1, lettera a), del D.L. n. 138/2011 determina una suddivisione dei seggi tra le province di Isernia e di Campobasso legata unicamente alla consistenza della popolazione delle due province.
4b.- La questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 comma 1, lettera a), del D.L. n. 138/2011, infine, già sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, come evidenziato dalla difesa delle Amministrazioni statali, "con esito positivo", non tocca peraltro la problematica trattata, ma le attribuzioni dello Stato nel disciplinare la materia elettorale riguardante le regioni.
5. Conclusivamente l'appello è infondato e va respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura complessiva di €. 5.000,00 (cinquemila/00) in favore delle parti appellate costituitesi.