Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-03-26, n. 201001770

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-03-26, n. 201001770
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001770
Data del deposito : 26 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04677/2006 REG.RIC.

N. 01770/2010 REG.DEC.

N. 04677/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 4677 del 2006, proposto da:
C A M C, rappresentata e difesa dagli avv. A F, T M e S M, con domicilio eletto presso il secondo di detti difensori, in Roma, Piazza Vescovio n. 21;

contro

Comune di Brancaleone, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. F A, con il quale è domiciliato presso lo studio dell’avv. E B, in Roma, via Tirso n. 90;

nei confronti di

C G A, C A M, R G, vedova Cordova, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR Calabria -Reggio Calabria n. 00376/2005, resa tra le parti, concernente indennizzo e risarcimento danni per espropriazione ed occupazione d’urgenza di aree;


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brancaleone;

Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2010 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati Iacopino su delega di Alberti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso presentato al TAR Calabria, sede distaccata di Reggio Calabria, la sig.ra Anna Maria Carmela Cordova chiedeva l’accertamento dell’accessione invertita verificatasi, a suo dire, in relazione a porzione di area di complessiva consistenza di mq. 67996, in comproprietà indivisa con altri, perché abusivamente occupata dal Comune di Brancaleone (di seguito: il Comune), nonché la condanna di detto ente locale al pagamento dell’indennizzo spettante durante l’occupazione legittima dell’area ed il risarcimento danni per la successiva apprensione definitiva dell’area, mediante la realizzazione dell’opera progettata (campo sportivo comunale), in assenza di legittimo decreto di esproprio.

Premetteva, in punto di fatto: - che con decreto sindacale del 24 aprile 1989 era stata disposta l’occupazione di urgenza, poi eseguita il 25 maggio successivo, per una estensione totale di mq. 21276;
- che con sentenza n. 84 del 23 maggio 1998 la Corte di Appello di Reggio Calabria dichiarava l’inammissibilità dell’opposizione presentata, sia dal Comune, sia dai comproprietari, ritenendo irrilevante il decreto di esproprio medio tempore adottato dal Sindaco il 7 maggio 1994 “…perché pronunziato dopo la realizzzazione dell’opera pubblica con conseguente irreversibile trasformazione del bene…” ;
- che il Tribunale di Locri, adito dai comproprietari per l’accertamento dell’intervenuta accessione invertita ed il relativo risarcimento del danno, con sentenza n° 235 del 20 maggio 2002 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione affermando essere competente il Giudice Amministrativo.

Domandava, in punto di diritto, che il TAR provvedesse:

- all’accertamento “…dell’intervenuta acquisizione illecita, a titolo originario, da parte del Comune…” della propria quota di comproprietà dell’area, a far tempo dalla scadenza del termine dell’occupazione di urgenza (23 aprile 1994);

- alla condanna del Comune al risarcimento dei danni corrispondenti alla media tra il valore venale dell’area al momento della scadenza della disposta occupazione (23/04/1994) ed il reddito dominicale rivalutato, maggiorato del 10%, con i maggiori danni da svalutazione monetari, oltre che corrispondere, per il periodo precedente alla scadenza dell’occupazione di urgenza, le singole indennità annue di occupazione;

- a disporre consulenza tecnica di ufficio al fine di determinare l’esatta estensione dell’area acquisita dal Comune ed il suo valore.

Con sentenza n. 376 del 5 maggio 2005 il Giudice di prime cure, dopo avere individuato il perimetro della giurisdizione del Giudice Amministrativo, tenuto conto della pronunzia della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e della norma recata dall’art. 53, comma 1, del D.L.vo n. 325 del 8 giugno 2001 (trasfuso nell’art. 53 del TU di cui al D.P.R. n. 327 del 8 giugno 2001) ha statuito che:

- è inammissibile il ricorso, nella parte in cui la ricorrente ha chiesto la condanna del Comune al pagamento dell’indennità annuale spettante per il tempo di occupazione legittima dell’area, tenuto conto che, ai sensi del citato art. 53, spetta all’Autorità Giudiziaria Ordinaria la competenza in materia;

- é infondata la restante parte di domanda giudiziale, perché, avute presenti le disposizioni degli articoli 43 e 57 del TU citato, “…è evidente…” che sussiste “…incompatibilità tra le attuali previsioni di legge e la ricostruzione pretoria del fenomeno occupazione appropriativa se solo si considera che la disposizione sopra riportata subordina all’adozione di apposito provvedimento discrezionale il trasferimento di proprietà di beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico, a seguito di modificazione avvenuta in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità…” e la legge “…esclude che un simile trasferimento avvenga automaticamente, a seguito dell’irreversibile trasformazione del bene, come invece affermato dalla giurisprudenza, della quale configura una sostanziale sconfessione…” ;
inoltre, perché l’art. 43, in quanto norma a valenza processuale, trova immediata applicazione;

- infine, è da escludere che possa trovare applicazione anche la giurisprudenza formatasi nel caso di occupazione usurpativa, tenuto conto che l’implicita abdicazione dalla titolarità del bene da parte del privato non sarebbe “…ravvisabile nella domanda risarcitoria avanzata, dinanzi a questo Tribunale, dalla sola ricorrente, comproprietaria di quota (oltre tutto di entità in contestazione innanzi ad altra Curia) di un fondo indiviso…” .

Con l’appello in epigrafe la sig. Carmela Cordova ha chiesto la riforma di detta sentenza articolando i seguenti motivi di impugnazione:

1)- violazione degli articoli 43 e 57 del D.Lgs. n. 325 del 8 giugno 2001, in relazione alla prescrizioni dell’art. 11, primo comma, e 12, primo comma, delle disposizioni sulla legge in generale, e del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria n. 84 del 23 maggio 1998, nonché eccesso di potere per motivazione insufficiente ed incongrua perché erroneamente il Giudice di prima istanza avrebbe ritenuto inapplicabile l’istituto dell’occupazione appropriativa, sul presupposto, altrettanto erroneo, che trovasse applicazione la norma dell’art. 43, pur in presenza del chiaro divieto contenuto nel successivo art. 57 di estensione retroattiva delle norme del TU espropriazioni, contrariamente a quanto affermato dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione ed anche del Consiglio di Stato con propria recente decisione (Sez. V^, n° 3677 del 12 giugno 2009);
perché immotivatamente sarebbe stato disatteso dal Giudice di prime cure il giudicato formatosi per effetto della citata sentenza della Corte di Appello nella quale si sarebbe accertato, con pronunzia non più modificabile, che il decreto di esproprio sarebbe intervenuto oltre il termine di efficacia dell’occupazione disposta e che quindi correttamente la ricorrente avrebbe invocato l’istituto dell’acquisizione appropriativa;

2)- illegittimità della sentenza appellata per violazione degli articoli 948, 2043 e 2058 del codice civile ed eccesso di potere per motivazione insufficiente ed incongrua, nonché violazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile, in relazione alla statuizione del Giudice di prime cure di insufficienza della sola posizione di comproprietaria della ricorrente per potersi accedere alla ipotesi prevista dalla giurisprudenza di valida abdicazione del titolo, in caso di acquisizione usurpativa, per poter accedere al risarcimento del danno, in quanto il singolo comproprietario ben potrebbe “…intraprendere l’azione di risarcimento in relazione alla quota di bene spettategli, sia pur esso indiviso…” , consentendolo le norme invocate;
di qui la violazione delle norme processuali indicate.

Il Comune di Brancaleone, costituitosi anche in questo grado di appello ha depositato memoria il 25 novembre 2009 con la quale ha dedotto quanto segue:

- il decreto di esproprio sarebbe intervenuto tempestivamente, “…dovendosi far decorrere i termini di validità del decreto di occupazione di urgenza ed entro i quali è obbligatorio emettere il decreto di esproprio, pena la sua illegittimità…” , dalla data non di emanazione del citato decreto di occupazione, ma dalla data di immissione nel possesso del bene, come previsto espressamente dall’art. 20, comma secondo, della legge n. 865 del 1971 e come ha ribadito la costante giurisprudenza, sia del Consiglio di Stato, sia della Corte di Cassazione, tenuto conto che, nella specie, l’immissione in possesso è intervenuta il 25 maggio 1989 ed il decreto di esproprio è stato emanato il 7 maggio 1994, per cui non si sarebbe verificata alcuna acquisizione appropriativa dello stesso bene, suscettibile di risarcimento danni, bensì un’ipotesi di legittima ablazione del bene privato attraverso provvedimento dell’Amministrazione, peraltro mai impugnato né dall’appellante né dagli interessati;
di qui l’inammissibilità del ricorso di primo grado;

- in subordine, avrebbe comunque ben deciso il Giudice di prima istanza perché avrebbe fatto applicazione della prevalente giurisprudenza di questo Consiglio (A.P. 29 aprile 2005, n. 2), in termini di interpretazione dell’art. 57 del TU n. 327 del 2001 e, quindi, della retroattività della norma dell’art. 43 applicato da detto Giudice per ritenere infondata la domanda risarcitoria della ricorrente;

- sarebbe, inoltre, insussistente il “giudicato implicito” invocato dalla ricorrente poiché la Corte di Appello si sarebbe limitata a ritenere inammissibile l’opposizione alla stima a suo tempo proposta dalla stessa ricorrente e dal Comune di Brancaleone, in ragione della ritenuta propria incompetenza a pronunziarsi, e non avrebbe effettuato “…alcun atto cognitivo sulla legittimità del decreto di esproprio adottato il 7 maggio 1994…”, non avendo “…eseguito specifiche istruttorie sulla legittimità della procedura espropriativa…” ;

- infine, sarebbe “…del tutto ininfluente…” l’ultimo motivo di appello perché, nella specie, non vi sarebbe stata abdicazione, né pro quota, né tanto meno totale da parte della Sig.ra Carmela Cordova e degli altri eredi comproprietari del bene oggetto di espropriazione, “…ma è intervenuto il trasferimento della proprietà dei beni stessi a favore del Comune di Brancaleone, a seguito dell’adozione del decreto di esproprio, … (Omissis) … tuttora valido, efficace e definitivo per non essere mai stato impugnato da alcuno dei proprietari ricorrenti…” .

Con memoria depositata il 30 novembre 2009 l’appellante ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive richiamando a sostegno anche recenti pronunzie di questo Consiglio in tema di interpretazione della norma dell’art. 43 del TU n° 327 del 2001.

Alla pubblica udienza del 26 gennaio 2010 l’appello è stato rimesso in decisione.

2. - L’appello è infondato.

2.1 - Il Collegio deve preliminarmente rilevare che con detto mezzo processuale non è contestata la parte della sentenza appellata con la quale il Giudice di prime cure, esaminando il profilo di domanda relativo alle indennità annuali spettanti per il periodo di occupazione legittima, ha ritenuto che difetti, in materia, la giurisdizione del Giudice Amministrativo, essendo devoluta la relativa cognizione al Giudice Ordinario.

Ciò sulla base del rilievo che nell’appello non è rinvenibile alcun profilo argomentativo che possa essere riferito a tale specifica parte di domanda di primo grado dichiarata inammissibile con la sentenza in esame.

Consegue, pertanto, che oggetto della revisione richiesta dall’appellante è soltanto la parte di sentenza che ha pronunziato sul restante capo di domanda proposto in primo grado e cioè la richiesta di accertamento dell’intervenuta accessione invertita del fondo in comproprietà della medesima appellante, occupato dall’appellato Comune di Brancaleone per la realizzazione di un campo sportivo, e di risarcimento dei danni patiti in relazione a detta accessione invertita.

2.2 - Così definito il perimetro delle questioni rimesse alla valutazione di questo Giudice di appello, può darsi ingresso all’esame delle tesi sviluppate dalle parti.

Si è già visto più innanzi che il Giudice di prime cure è pervenuto alla declaratoria di infondatezza della suddetta (residua) domanda di accertamento e condanna prodotta dalla sig.ra Cordova, sul presupposto che sarebbe inapplicabile l’istituto dell’occupazione appropriativa, dopo l’entrata in vigore dell’art. 43 del T.U. Espropri (n. 327 del 2001), “…se solo si considera che la disposizione sopra riportata subordina all’adozione di apposito provvedimento discrezionale il trasferimento di proprietà dei beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico, a seguito di modificazione avvenuta in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità…” ;
che “…la legge esclude, dunque, che un simile trasferimento avvenga automaticamente, a seguito dell’irreversibile trasformazione del bene, come invece affermato dalla giurisprudenza, della quale configura una sostanziale sconfessione…” .

Orbene, il Collegio condivide la conclusione raggiunta dal primo Giudice di reiezione del ricorso di primo grado, ma non anche il percorso argomentativo seguito, per le considerazioni che di seguito vengono espresse.

E’ ben noto al Collegio come la giurisprudenza non sia univoca nell’interpretare le norme degli articoli 43 e 57 del TU n. 327 del 2001, dibattendosi tuttora sulla valenza retroattiva o meno, in particolare, delle disposizioni contenute in detto articolo 43 ( cfr. circa la retroattività dell’art. 43 : C.d.S., Ad. Plen.n. 2 del 2005, Sez. IV^, n. 2582 del 2007 e sez. V^, n° 2877 del 2009;
contra: Sez. V^ n. 327 del 2009, Cass. Civ., sez. 1^, n. 23943 del 2008 e Cassa. SS.UU. Civili n. 10222 del 2006
).

Nella specie, però, la relativa questione, che ha costituito il fulcro della motivazione resa dal primo Giudice, non ha rilevanza tenuto conto che il decreto di esproprio del fondo in comproprietà dell’appellante è stato tempestivamente emesso, avuto riguardo alla previsione di cui al secondo comma dell’art. 20 della legge n. 865 del 1971 secondo la quale “…L'occupazione può essere protratta fino a cinque anni dalla data di immissione del possesso…” .

Ed invero, dagli atti esibiti dalla difesa del Comune appellato emerge, in punto di fatto, quanto segue:

- che l’immissione nel possesso dei terreni interessati all’esproprio, con contestuale redazione dello stato di consistenza, è intervenuta circa un mese dopo ( 25 maggio 1989 ) la data di emanazione del decreto di occupazione di urgenza ( 24 aprile 1989 );

- che il decreto di esproprio, pur adottato più volte ed annullato nelle sue due prime formulazioni per vizi di forma, è intervenuto il 7 maggio 1994 (n. 2896).

Orbene, poiché non sembra revocabile in dubbio che il dies a quo dal quale calcolare il termine quinquennale previsto dalla citato articolo 20 sia la data nella quale l’Amministrazione si è immessa concretamente nel possesso del bene da espropriare, tenuto conto della chiara ed inequivoca formula letterale utilizzata dal legislatore nel secondo comma di detta norma e della costante giurisprudenza sul punto ( cfr. C.d.S., sez. IV^, n. 2389 del 2007;
Cass. Civ. sez. I^, n. 1225 del 2002 e n. 11575 del 2008
), non può non osservarsi come l’ablazione del bene in questione si è concretizzata legittimamente, mediante apposito decreto di espropriazione -peraltro mai contestato dalla sig.ra Cordova nella competente sede giurisdizionale, nei modi e nelle forme di rito- per cui non è fondato affermare che si sia verificata un’ipotesi di occupazione acquisitiva, né, conseguentemente, possono ritenersi sussistenti i presupposti per il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni.

Se, dunque, il bene dell’appellante risulta legittimamente espropriato, come testè verificato, consegue che, già per le ragioni sin qui esposte, risultano infondate, sia la domanda di accertamento, sia la domanda di risarcimento danni proposte in primo grado dalla stessa appellante.

Consegue, altresì, che non hanno più rilevanza, sia le ulteriori deduzioni svolte, sempre con il primo motivo di appello, in ordine alla valenza della pronunzia resa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in sede di opposizione alla stima, sia quelle svolte con il secondo ed ultimo motivo di appello, in ordine all’asserita violazione degli articoli 948, 2043 e 2059 del codice civile e degli articoli 91 e 02 del codice di procedura civile, le quali sono, comunque, infondate per le seguenti ulteriori considerazioni che si rassegnano per mera completezza di esposizione.

Quanto alla critica secondo la quale il TAR non avrebbe tenuto conto che sulla legittimità dell’occupazione e della conseguente acquisizione del bene si sarebbe già pronunziata la Corte di Appello di Reggio Calabria, in sede di opposizione alla stima, é condivisibile la tesi difensiva del Comune appellato secondo la quale detto giudice, nel pronunziare la propria incompetenza, ha fatto riferimento alla situazione di fatto esistente (cioè all’intervenuta realizzazione del campo sportivo), ma non anche ha vagliato il procedimento espropriativo ed il suo atto conclusivo per accertarne la legittimità, con la conseguenza che le statuizioni assunte in quella sede non possono avere alcun rilievo nella presente sede, non essendosi formato alcun giudicato, neppure implicito, sul legittimo svolgimento della procedura espropriativa.

Quanto, infine, al secondo ed ultimo motivo di appello è agevole evidenziare che non v’è luogo a disamina del proposto argomento dell’abdicazione o meno nella specie del titolo, pro quota e/o totale, tenuto conto che l’acquisizione del bene della ricorrente è intervenuta tramite legittimo decreto di esproprio.

3. - Circa le spese di giudizio, ritiene il Collegio che alla soccombenza debba seguire, in capo alla sig.ra Anna Maria Carmela Cordova anche la condanna al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore del Comune di Brancaleone.

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