Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-09-18, n. 202005470

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-09-18, n. 202005470
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005470
Data del deposito : 18 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/09/2020

N. 05470/2020REG.PROV.COLL.

N. 06580/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6580 del 2012, proposto dal signor S B, rappresentato e difeso dall’avvocato A P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E M in Roma, via Ippolito Nievo, n. 61, scala D;

contro

la Società Invitalia - Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato S V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, n. 88;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Prima), n. 1215/2012, resa tra le parti, concernente la mancata ammissione alle agevolazioni di cui al d.lgs n. 185/2000.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Invitalia - Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 luglio 2020, tenutasi con le modalità di cui alla normativa emergenziale di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 25 giugno 2020, n. 70, il Cons. A M e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, i difensori delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame il signor S B, titolare dell’omonima ditta individuale esercente attività di commercio al dettaglio di articoli di cartoleria nel Comune di Castellaneta, ha impugnato la sentenza del T.A.R. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 1215/2012, con la quale è stato respinto il ricorso presentato dallo stesso per l’annullamento della deliberazione di “non ammissibilità” della domanda di fruire delle agevolazioni di cui al d. lgs. 21 aprile 2000, n. 185, comunicata con nota del 28 marzo 2012. Ciò in quanto il richiedente sarebbe stato privo dei requisiti soggettivi, non essendo disoccupato, siccome previsto dalla normativa, al momento della presentazione della domanda.

2. La decisione è contestata con un unico articolato motivo, seppure scisso in due parti. L’errore sotteso all’intera impostazione della stessa, sarebbe da rinvenire in particolare nella asserita mancanza dei requisiti soggettivi, laddove, al contrario, non solo ne sarebbe stato provato per tabulas il possesso, ma di ciò avrebbe preso atto la stessa Amministrazione nel corso del procedimento, rivedendo l’impostazione originaria all’esito delle osservazioni conseguite all’inoltro del preavviso di diniego. Per contro, il giudice di prime cure non si sarebbe pronunciato sull’inadeguatezza dell’unica effettiva motivazione della deliberazione, ovvero l’avvenuto avvio dell’attività con mezzi propri. L’utilizzo di fonti ulteriori di finanziamento, d’altro canto, non sarebbe affatto precluso dalla normativa di settore, siccome dimostrato finanche dalla modulistica utilizzabile per la formulazione delle domande, che al riquadro “L” ne contempla espressamente la dichiarazione.

3. Si è costituita in giudizio la Società Invitalia S.p.a., quale organismo preposto all’istruttoria delle domande di ammissione alle agevolazioni ai sensi del Titolo II del d.lgs. 21 aprile 2000, n. 185, con atto di stile, chiedendo la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza di prime cure. Con successiva memoria versata in atti in data 26 giugno 2020 ha eccepito in controdeduzione la inammissibilità del ricorso di primo grado per aver attinto al merito tecnico della propria valutazione, di per sé insindacabile, salvo i casi di manifesto arbitrio o irragionevolezza;
nel merito, ne ha ribadito la legittimità, in quanto conforme ai dettami della disciplina attuativa del richiamato d.lgs. n. 185/2000, contenuta in particolare nel D.M. 28 maggio 2001, n. 295, recante il Regolamento sui criteri e modalità di concessione degli incentivi a favore dell’autoimpiego e nella delibera del CIPE del 14 febbraio 2002, n. 5.

4. Con memoria di replica del 6 luglio 2020 l’appellante ha contestato l’ammissibilità dell’eccezione di insindacabilità delle valutazioni di merito dell’Agenzia, in quanto proposta per la prima volta nell’odierno grado di giudizio, in violazione del divieto dei nova ;
ne ha nel contempo censurato la fondatezza, stante che nel caso di specie la declaratoria di inammissibilità del contributo si paleserebbe del tutto arbitraria, perché surrettiziamente fondata sul requisito della pregressa inattività, non richiesto dalla vigente normativa. Le somme autonomamente utilizzate sarebbero servite a far fronte, nelle more della concessione del finanziamento, all’avvio dell’attività, coincidendo con i costi della locazione del locale, l’acquisto di un registratore di cassa e la stipula del contratto telefonico. Di ciò sarebbe prova documentale negli atti del procedimento, essi stessi prodotti irritualmente da parte avversa in data 17 giugno 2020.

5. Alla pubblica udienza del 28 luglio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione con le modalità di cui all’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

DIRITTO

6. In via preliminare il Collegio ritiene priva di pregio la rilevata proposizione dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto introdotta dall’Agenzia in violazione del divieto di motivi nuovi in appello. Il richiamato precetto, infatti, nell’ambito del processo amministrativo costituisce la logica conseguenza dell’onere di specificità dei motivi di impugnazione (in primo grado) del provvedimento amministrativo, e più in generale dell’onere di specificazione della domanda da parte di chi agisce in giudizio, ed è pertanto riferibile soltanto al ricorrente e non anche al convenuto (o al controinteressato). Ed infatti, l’amministrazione intimata, e più in generale chiunque sia convenuto in giudizio, come non ha onere di specificare le difese (tant’è che può rimanere contumace o assente dal giudizio), così nel caso di soccombenza può proporre appello contro la sentenza adducendo qualunque motivo (salve le preclusioni previste dalla legge) che ritenga utile per dimostrare l’infondatezza della domanda del ricorrente, accolta o meno dal giudice di primo grado (sul punto cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 980).

7. Nel merito, l’appello è infondato e deve essere respinto, seppure con le precisazioni che seguono.

8. Lamenta l’appellante che il T.A.R., andando peraltro ultra petita , avrebbe riesumato quali ragioni ostative al finanziamento quelle già superate dalla stessa Amministrazione nel corso del procedimento: essendo stato chiarito che al momento della presentazione della domanda (16 luglio 2011) la ditta non era ancora attiva, in quanto costituita dal 23 agosto 2011, come da visura camerale, non gli si sarebbe potuta addebitare la mancanza del requisito soggettivo della disoccupazione nei sei mesi antecedenti l’inoltro di ridetta richiesta di ammissione all’agevolazione (art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 185/2000).

L’assunto, pur formalmente corretto, non può essere condiviso in quanto estrapola la singola affermazione dalla complessiva istruttoria, con ciò decontestualizzandone il senso finale. Nel caso di specie, infatti, ciò che viene contestato alla parte sin dall’inoltro del preavviso di diniego, e che l’Amministrazione ha ritenuto non sufficientemente chiarito nelle osservazioni conseguitene, non è il possesso del requisito de quo , e la inammissibilità della domanda sotto il profilo formale che ne conseguirebbe, ma l’attualità dell’esercizio dell’attività prima dell’acquisizione del contributo, come esplicitamente ammesso dal richiedente, senza chiarire la consistenza e tipologia dei mezzi autonomamente utilizzati. L’equivoco interpretativo attiene alla valenza che l’Agenzia ha attribuito all’ “attualità” dell’esercizio: essa non rileva in quanto esclusiva del pregresso stato di disoccupato, per contro ritenuto da subito sussistente, come documentato dalla scheda del valutatore, ai fini della ammissibilità della domanda;
ma in quanto indice della non necessità del contributo per l’ “avvio” dell’attività, sicché il finanziamento richiesto è parso ultroneo rispetto ad una progettualità con riferimento alla quale l’esercizio in essere dell’azienda si pone in palese contrasto.

9. Giova premettere come la necessità di apprezzare in modo particolarmente rigoroso gli elementi che fondano la previsione favorevole di finanziamento di iniziative imprenditoriali a carico dell’erario costituisca principio unanimemente affermato dalla giurisprudenza, anche comunitaria. In particolare, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha affermato la necessità di far emergere valori pubblicistici nel settore imprenditoriale interessato dall’erogazione di misure finanziarie, in quanto ogniqualvolta « l’Autorità nazionale, ovvero quella Comunitaria, si risolve ad erogare una provvidenza economica in favore degli imprenditori operanti in un settore, a tale determinazione -unitamente a considerazioni relative alla opportunità o necessità di favorire od incentivare lo sviluppo o la crescita del settore via via prescelto - si accompagna la considerazione che le condizioni del libero mercato non garantirebbero adeguatamente il perseguimento delle dette esigenze se con incentivate attraverso la erogazione di misure lato sensu “compensative” dello stato di difficoltà in cui vengono a trovarsi gli imprenditori del settore » (cfr. Cons. Stato, A.P. 7 giugno 2012, n. 20). Esse sono dunque preordinate al soddisfacimento di un interesse istituzionale che trascende, pur implicandolo, quello dei destinatari, il che « vale a dire che in ogni operazione di finanziamento non è intellegibile solo un interesse del beneficiario, ma anche quello dell’organismo che lo elargisce il quale, a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obbiettivi del superiore livello politico istituzionale;
logico corollario è che le disposizioni attributive di finanziamento devono essere interpretate in modo rigoroso e quanto più conformemente con gli obbiettivi avuti di mira dal normatore, anche allo scopo di evitare che si configurino aiuti di stato illegittimi» (
cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2012, n. 3778;
sui principi generali in materia di contributi pubblici, Ad. plen. n. 20 del 2012, cit. supra ;
Corte giust. UE, sez. VIII, 26 maggio 2016, C-273/15). La valutazione di tali elementi comporta l’espletamento, ad opera del soggetto erogatore, di un’attività istruttoria che, attraverso l’analisi del progetto imprenditoriale nel contesto socio-economico nel quale si colloca, consente di esprimere una ragionevole prognosi sull’attendibilità del risultato imprenditoriale che ci si prefigge, in una logica che trascende dunque le soggettive esigenze del richiedente, per quanto umanamente e professionalmente apprezzabili.

10. La particolare natura di tale giudizio si riflette sulla latitudine del sindacato del giudice amministrativo in guisa da escludere che questi possa sostituirsi all’organo valutatore, esorbitando dai confini di un sindacato estrinseco, secondo cui « il giudice amministrativo non può mai sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio di valutazioni discrezionali, al di fuori dei tassativi casi di giurisdizione di merito stabiliti dalla legge » (cfr. Cons. Stato, A.P., 9 giugno 2016, n. 11).

In tale logica, il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, in sede di legittimità, è limitato ai profili di incompetenza e di violazione di legge e, quanto al vizio di eccesso di potere, lo stesso può essere vagliato solo per profili di irragionevolezza e contraddittorietà della motivazione (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 9 marzo 2018, n. 1508, riferita a fattispecie analoga). La finalità delle agevolazioni, dunque, desumibile dalla relativa disciplina, è quella di garantire che, attraverso la loro erogazione vengano stimolati sia la qualificazione della professionalità di soggetti privi di occupazione, sia la promozione della cultura di impresa (v. ancora Cons. Stato, n. 1508/2018, cit. supra ).

11. La delibera di inammissibilità impugnata nell’odierno procedimento, adottata in data 28 marzo 2012 in maniera cumulativa per 41 nominativi indicati in allegato con specifica delle motivazioni sottese alla decisione per ciascuno di essi e comunicata con nota di sintesi in pari data, esplicita chiaramente le ragioni addotte a sostegno della decisione assunta, delle quali quella contestata rappresenta un mero stralcio, del tutto strumentale alla decisione auspicata.

In essa infatti la progettualità del ricorrente è stigmatizzata in primo luogo in termini di carenza di validità tecnica, economica e finanziaria, stante che “ l’importo complessivo degli investimenti previsti determina un’elevata esposizione finanziaria iniziale, a fronte della quale non sono state indicate adeguate fonti di copertura ” così da renderne non dimostrata “ la sostenibilità finanziaria ” ed essendo incompleto il piano degli investimenti, che non prevede beni strumentali “ strettamente necessari alla realizzazione dell’iniziativa ”.

A ciò si aggiunge il profilo di criticità progettuale in contestazione nell’odierna controversia, riassunto nell’espressione di sintesi, comune a tutti i giudizi di inammissibilità, della “ non conformità rispetto alla normativa vigente ”, come tale riportata nella comunicazione di non ammissione (prot. 778/FIMP-DEL), con la specifica che essa sarebbe da attribuire all’autonomo finanziamento dell’iniziativa.

La sommatoria della carenza di validità tecnica, economica e finanziaria e della non conformità alla normativa, non superabile sulla base delle osservazioni della parte, conduce all’avversato giudizio negativo. In esse, infatti, “ non viene giustificata in alcun modo l’assenza dei beni di investimento rilevati in sede di valutazione ”, né prodotto “ alcun documento (libri contabili) dal quale evincere l’eventuale acquisto di attrezzature atteso che l’attività è stata già avviata ”.

Non è chi non veda come la complessità dell’articolazione del giudizio ne implichi la più che sufficiente ampiezza motivazionale, esente da censure posto che il sindacato del giudice amministrativo in un caso come questo, ove l’amministrazione ha un’ampia discrezionalità tecnica, deve ritenersi circoscritto ai soli casi di manifesta e macroscopica erroneità, irragionevolezza o arbitrarietà, nella presente fattispecie non riscontrabili, posto anche che, con la proposizione del gravame, il ricorrente finirebbe per sostituire le proprie previsioni - incidenti inevitabilmente su aspetti di merito amministrativo - con quelle dell’amministrazione.

12. Afferma l’Agenzia appellata come la circostanza del pregresso avvio dell’attività, irrilevante sotto il profilo formale della sussistenza dei requisiti soggettivi, di fatto incontestata, lo diventa sul piano sostanziale, venendo la stessa esercitata dopo aver attinto a imprecisati “mezzi propri”. I finanziamenti richiesti, al contrario, siccome finalizzati a favorire lo sviluppo di nuove forme d’imprenditoria (art. 1, d.lgs. n. 185/00), a vantaggio di soggetti effettivamente privi di fondi, renderebbe l’apporto di capitali propri incompatibile con l’erogazione, il cui presupposto immanente è una situazione di svantaggio economico e/o sociale in cui si trovano determinate categorie di soggetti che il legislatore ha inteso aiutare. Tale cornice renderebbe comprensibile l’enfatizzazione da parte del primo giudice del pregresso avvio dell’attività, laddove ha sinteticamente ritenuto comunque insussistente lo stato di disoccupazione del richiedente, « atteso che la mera costituzione della ditta non implica anche lo svolgimento della relativa attività commerciale. Attività invece, regolarmente intrapresa dall’odierno ricorrente ».

Rileva tuttavia il Collegio come indicare quale “pacifica” la circostanza che l’interessato avesse avviato la propria attività di commercio al dettaglio di articoli da cartoleria prima di avanzare la richiesta delle agevolazioni di cui al d.lgs. n. 185/2000, non solo non corrisponde alla realtà dei fatti, la cui ricostruzione documentale porta a soluzioni di senso opposto, ma pare reinserire nella motivazione del diniego un aspetto non soltanto superato, in quanto illegittimo, ma forse neppure mai autonomamente insistito. In altre parole, il tentativo di introdurre una lettura teleologicamente orientata alla pronuncia impugnata, non consente di superarne le innegabili aporie, seppur condividendone la decisione finale. La innegabile confusione indotta dall’aver fatto leva su un dato cronologicamente inesistente, infatti, necessita di essere superata attingendo direttamente al contenuto degli atti impugnati. Da essi infatti emerge, come poc’anzi già chiarito, un giudizio complessivamente negativo sulla progettualità nel quale si innesta, come fattore di contrasto con l’impianto normativo complessivamente considerato, l’avvenuto avvio dell’attività non in quanto tale, ma in quanto indice di capacità finanziaria autonoma, i cui contorni sono rimasti sfumati all’esito dell’istruttoria in termini di consistenza degli investimenti, ma che ha comunque portato ad escludere lo stato di disoccupazione, intesa come necessità di approdo all’iniziativa imprenditoriale per il tramite della richiesta agevolazione.

Né a tale ricostruzione è ostativa l’avvenuta produzione tardiva della documentazione procedimentale da parte dell’Agenzia appellata, blandamente eccepita dall’appellante, salvo poi ricavarne argomentazione a sostegno delle proprie ragioni: se si eccettuano gli atti endoprocedimentali, comunque impugnati in primo grado quali presupposti, trattasi semplicemente dei provvedimenti avversati nel ricorso, come tali oggetto di scrutinio da parte del giudice di primo grado e sicuramente necessari ai fini della decisione di questo Collegio (anche) ex art. 104, comma 2, c.p.a.

La loro semplice lettura conferma la correttezza della decisione impugnata, seppur con i chiarimenti modificativi proposti, e la sostanziale non emendabilità della deliberazione di non ammissibilità avversata in primo grado.

13. L’integrazione delle fonti di finanziamento, dunque, non è riconosciuta come fattore ostativo di per sé al conseguimento dell’agevolazione, siccome vorrebbe far credere sia avvenuto nel procedimento de quo parte appellante: essa, infatti, è stata ritenuta rilevante nella misura in cui, nel contesto di un piano degli investimenti stigmatizzato come incompleto, la parte non ha ben chiarito “ come e con quali beni ” stia lavorando, ovvero se le somme richieste fossero effettivamente necessarie all’avvio dell’attività, siccome ontologicamente sotteso alla loro erogazione e contraddetto dal suo svolgimento, peraltro con margini di utili valutati inizialmente soddisfacenti. Ciò in quanto, come rilevato dalla Società nella memoria da ultimo versata in atti, i finanziamenti di cui al d. lgs. n. 185 del 2000 sono finalizzati a favorire lo sviluppo di nuove forme d’imprenditoria, essendo istituiti in favore di soggetti effettivamente privi di fondi, e non nei confronti di coloro che, avendo capitali propri, possono già intraprendere, ovvero hanno di fatto intrapreso attività d’impresa, come avvenuto nel caso di specie, così finendo l’erogazione per risolversi nella rifusione di spese già sopportate per avviare la propria attività imprenditoriale (cfr. sul punto T.A.R. per il Lazio, sez. III ter , 19 settembre 2016, n. 9829).

14. Per tutto quanto sopra detto la Sezione ritiene che l’appello debba essere respinto e, per l’effetto, debba essere confermata, con le precisazioni di cui sopra, la sentenza del T.A.R. per la Puglia, sezione di Lecce, n. 1215/2012.

La peculiarità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese anche di questo grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi