Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-28, n. 202303120

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-03-28, n. 202303120
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303120
Data del deposito : 28 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2023

N. 03120/2023REG.PROV.COLL.

N. 05175/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5175 del 2022, proposto dalla signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati P A e F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via G.P. da Palestrina, n. 47,

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati C B e F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
il Ministero dell’Interno e la Prefettura – UTG di Bologna, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, n. -OMISSIS-, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento della Prefettura di Bologna di diniego della richiesta di attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza e del provvedimento di decadenza dalla nomina di agente di polizia locale e conseguente risoluzione contrattuale emesso dal-OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del-OMISSIS-;

Vista la memoria difensiva, depositata dal-OMISSIS- in data 17 dicembre 2022;

Vista la memoria difensiva, depositata dall’appellante in data 19 dicembre 2022;

Vista la memoria di replica, depositata dal-OMISSIS- in data 28 dicembre 2022;

Vista la memoria di replica, depositata dall’appellante in data 29 dicembre 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data 28 gennaio 2020 l’Unione dei Comuni -OMISSIS- ha indetto un bando per la selezione pubblica per la copertura a tempo indeterminato di nove posti di agente di polizia locale, alla quale ha partecipato la signora -OMISSIS-.

Tra i requisiti richiesti per l’ammissione alla selezione, l’art. 2, lett. d) del bando, prescriveva il “possesso dei requisiti necessari a rivestire le qualifiche di cui all’art. 5, l. n. 65 del 1986 (legge quadro sull’ordinamento della Polizia Locale/Municipale) per poter svolgere servizio di Polizia Locale/Municipale che prevede la dotazione di armi (art. 5, comma 5, l. n. 65 del 1986) e idoneità e disponibilità al porto dell’arma di ordinanza”. A sua volta, l’art. 5, comma 2, l. n. 65 del 1986, prevede che il Prefetto conferisce la qualifica di agente di pubblica sicurezza dopo aver accertato il possesso dei seguenti requisiti: “a) godimento dei diritti civili e politici;
b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione;
c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici”.

Con determinazione n. -OMISSIS- è stata approvata la graduatoria definitiva della selezione, nella quale la signora -OMISSIS- è risultata utilmente collocata. Di conseguenza, la stessa è stata assunta alle dipendenze del Corpo Unico -OMISSIS-.

L’-OMISSIS-- ha richiesto alla Prefettura di Bologna l’attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza e, con nota riservata dell’8 febbraio 2021, la Prefettura ha evidenziato elementi a carico dell’interessata suscettibili di riverberarsi negativamente sull’istanza e nello specifico: decreto penale di condanna del Tribunale di Bologna del 21 luglio 2020 per spaccio di sostanze stupefacenti, alla pena di 8.475,00€ di multa;
provvedimento dell’UTG di Bologna di sospensione della patente di guida per un mese, poiché in data 29 maggio 2020 è stata trovata in possesso di sostanza stupefacente;
numerosi precedenti di polizia, anche con riferimento a frequentazioni con soggetti controindicati.

Il datore di lavoro -OMISSIS--, in data 19 aprile 2021, riscontrato che solo il riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza da parte del Prefetto autorizza ad assegnare al dipendente l’arma di servizio e non avendo la Prefettura conferito la qualifica, venuti altresì meno i requisiti previsti dal bando, ha emesso provvedimento di decadenza dalla nomina di Agente di polizia locale e conseguente risoluzione contrattuale.

2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, la signora -OMISSIS- ha impugnato la nota prefettizia e il provvedimento dell’-OMISSIS-- del 19 aprile 2021, deducendo la violazione di legge e l’erronea interpretazione dell’art. 5, comma 2, l. n. 65 del 1986. In particolare, la suddetta norma stabilisce con elenco tassativo i requisiti per l’attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza (requisiti posseduti dall’interessata) con conseguente assenza di facoltà discrezionale dell’Amministrazione di prevedere altre circostanze o requisiti con efficacia escludente del conferimento della qualità di agente di pubblica sicurezza.

3. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Bologna ha respinto il ricorso, ritenendo che le ipotesi previste dall’art. 5, comma 2, l. n. 65 del 1986 non esauriscono i casi in cui si può verificare il mancato conferimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza a carico dell’appartenente al Corpo di polizia municipale poiché, in virtù dei principi generali cui deve attenersi l’attività amministrativa, il Prefetto risulta in ogni caso titolare del potere di verificare la sussistenza in capo al dipendente dei presupposti per l’attribuzione della qualifica in questione e cioè per lo svolgimento di funzioni di pubblica sicurezza, consistenti non soltanto nel necessario possesso dei requisiti psico-fisici e di idoneità tecnica per l’esercizio di tale attività, ma anche del più generale requisito di affidabilità e complessiva idoneità a fare un buon uso del titolo di agente di pubblica sicurezza, secondo una valutazione latamente discrezionale dell’Autorità prefettizia.

4. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato il 13 giugno 2022 e depositato il successivo 26 giugno, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.

5. Si è costituita in giudizio -OMISSIS- sostenendo l’inammissibilità del secondo motivo di gravame e l’infondatezza dell’appello.

6. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura – UTG di Bologna non si sono costituiti in giudizio.

7. Alla pubblica udienza del 19 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio rigetta l’eccezione di inammissibilità del secondo motivo di gravame, formulata dal-OMISSIS-, atteso che lo stesso non configura un motivo nuovo proposto per la prima volta in sede di appello, bensì una censura alla mancata specifica valutazione da parte del primo giudice degli addebiti mossi all’odierna appellante.

2. Passando al merito, come esposto in narrativa, giunge all’esame del Collegio l’interpretazione dell’art. 5, comma 2, l. n. 65 del 1986 e, nello specifico, la questione se il potere del Prefetto di conferire o revocare la qualifica di agente di pubblica sicurezza sia vincolato alle ipotesi tassativamente citate nel suddetto articolo ovvero se sia discrezionale.

Va premesso che il primo comma dell’art. 5, l. n. 65 del 1986 stabilisce che il personale che svolge servizio di polizia municipale, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, esercita, oltre alle funzioni di polizia giudiziaria (lett. a) e al servizio di polizia stradale (lett. b), anche “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 3 della presente legge”.

Secondo la espressa previsione del successivo secondo comma, perciò, il Prefetto, previa comunicazione del sindaco, conferisce al predetto personale comunale la qualità di agente di pubblica sicurezza, previo accertamento da parte dei singoli aspiranti del possesso di specifici requisiti espressamente elencati, quali: a) godimento dei diritti civili e politici;
b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione;
c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici.

Il terzo comma, poi, aggiunge che “il prefetto, sentito il sindaco, dichiara la perdita delle qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti il venir meno di alcuni dei suddetti requisiti”.

Come anticipato, il problema interpretativo, centrale nel caso in esame, ruota attorno alla natura di atto vincolato o discrezionale del decreto prefettizio di cui all’art. 5, comma 2, l. n. 65 del 1986. Si tratta in altri termini di stabilire se l’elencazione delle cause ostative suddetta sia tassativa o possa darsi della potestà prefettizia in esame un più ampio spettro basato sul generale disposto dell’art. 11, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, secondo cui, salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate in una serie di casi tra cui, per quel che qui maggiormente interessa, quello della mancanza del requisito della buona condotta.

Tale questione ermeneutica è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, con conclusioni non univoche sul tema.

Invero, secondo una tesi, patrocinata soprattutto dai giudici di primo grado e dalla sentenza ivi impugnata, la revoca della qualifica di agente di pubblica sicurezza può essere disposta non solo nei casi elencati nel citato art. 5, comma 2, ma anche qualora il soggetto interessato non dia più affidamento del buon uso del titolo di polizia, con una valutazione ampiamente discrezionale rimessa all’Autorità prefettizia (in tal senso anche Cons. St., sez. I, 30 luglio 2019, n. 2200).

Secondo una diversa tesi, patrocinata in particolar modo dal giudice di appello, l’assegnazione di funzioni di pubblica sicurezza è subordinata all’accertamento dell’esistenza dei requisiti tassativamente previsti dalla legge, sicché il conferimento da parte dell’Autorità prefettizia della qualità di agente di pubblica sicurezza (così come la perdita di detta qualità), è atto strettamente vincolato alla verifica dei presupposti prescritti (cfr. Cons. St., sez. IV, 27 luglio 1998, n. 1100;
C.g.a. 26 febbraio 1998, n. 70;
Cons. St., sez. IV, 30 settembre 2002, n. 4982;
sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 309;
sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 905;
C.g.a. 1° febbraio 2018, n. 57).

Nello specifico, è stato evidenziato che tra i requisiti espressamente previsti dalla legge per il conferimento della qualità di agente di pubblica sicurezza, ai sensi dell’articolo 5 della più volte citata legge n. 65 del 1986, non è previsto quello della buona condotta.

Tale omissione non è frutto di un lapsus del legislatore e non costituisce una lacuna normativa da colmare, in sede di concreta applicazione della norma stessa, facendo riferimento alla disciplina generale in tema di autorizzazioni di polizia che prevede espressamente il requisito della buona condotta.

Giova infatti sottolineare al riguardo che, per un verso, il conferimento della qualità di agente di pubblica sicurezza di cui si discute si riferisce a soggetti che rivestono già la qualifica di pubblici dipendenti, in quanto appartenenti alla polizia municipale, e che d’altra parte, la qualità di agente di pubblica sicurezza eventualmente conferita al personale della polizia municipale è limitata all’esercizio di funzioni ausiliarie e specificamente di collaborazione con le Forze della Polizia di Stato “previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle autorità competenti”.

Così delineata la qualità di agente di pubblica sicurezza che può essere conferita agli appartenenti alla polizia municipale, appare ragionevole che il suo conferimento sia subordinato all’accertamento di quei soli requisiti ritenuti dallo stesso legislatore indispensabili, alla stregua dei principi fissati dall'art. 97 Cost., per l’esercizio delle funzioni ausiliarie, tassativamente ed esaustivamente indicati nell’art. 5, l. n. 65 del 1986.

Non vi è ragione, nel silenzio della legge, in considerazione della ratio della norma e del fatto che gli aspiranti sono comunque già pubblici dipendenti, per ritenere che sia necessario a tal fine il possesso dell'ulteriore requisito della buona condotta (Cons. St., sez. IV, 30 settembre 2002, n. 4982).

È stato altresì chiarito che a diverse conclusioni non può giungersi avuto riguardo anche alla sentenza della Corte Costituzionale n. 220 del 2012, alla quale si è pervenuti a seguito della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tar Palermo con ordinanza depositata il 7 aprile 2011, riguardo all’art. 5, comma 2, l. n. 65 del 1986. In tale sentenza la Corte ha dichiarato inammissibile la questione in ragione della indeterminatezza e dell’ambiguità del petitum. Ritiene infatti la Corte che l’ordinanza del giudice a quo, sebbene formulata in ermini di richiesta “secca” di annullamento, appare, dal tenore complessivo, diretta ad ottenere una pronuncia manipolativa nella prospettiva dell’ampliamento della competenza prefettizia in guisa da superare la tassativa elencazione di cui al comma 2 dell’art.

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