Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-09, n. 201906882

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-09, n. 201906882
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906882
Data del deposito : 9 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/10/2019

N. 06882/2019REG.PROV.COLL.

N. 05541/2008 REG.RIC.

N. 05786/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5541 del 2008, proposto dalla signora L F, erede dell’originario appellante signor T G, rappresentata e difesa dagli avvocati L C e G P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

contro

il F G, rappresentato e difeso dagli avvocati P G e M Molé, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via della Farnesina n. 272/274;
le signore M D, E E, V P, A F e F T, non costituite in giudizio;

nei confronti

del Comune di Lerici, in persona del Sindaco pro tempore , e dei signori G P e L T, non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 5786 del 2008, proposto dai signori G P e L T, rappresentati e difesi dagli avvocati Gian Paolo Cimolino e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

il signor F G, rappresentato e difeso dagli avvocati P G e M Molé, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via della Farnesina n. 272/274;
le signore M D, E E, V P, A F e F T, non costituite in giudizio;

nei confronti

del Comune di Lerici, in persona del Sindaco pro tempore, e del signor T G, non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

Rita Anna Angela Perino e Dino Riccardini, rappresentati e difesi dagli avvocati Gian Paolo Cimolino e Luigi Manzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima, n. 377/2008, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del signor F G;

visto l’atto di intervento dei signori Rita Anna Angela Perino e Dino Riccardini;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2019 il consigliere Francesco Frigida e uditi per le parti gli avvocati G P, M Molé e Luigi Manzi;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla deliberazione n. 205 del 2003 con cui la Giunta del Comune di Lerici ha disposto la revoca della propria precedente deliberazione n. 316 del 2002, che aveva nuovamente vincolato alla futura espropriazione alcune aree di proprietà dei signori G P, L T e T G, prevedendone la destinazione a servizi in favore dell’insediamento di edilizia residenziale pubblica realizzato dall’amministrazione comunale.

2. Avverso la deliberazione n. 205 del 2003, i signori F G, M D, E E, V P, A F e F T, ritenendo che la revoca li avesse inibito di godere dello spazio a verde che un piano di edilizia economica popolare aveva previsto in favore di immobili di loro proprietà, hanno proposto il ricorso di primo grado n. 106 del 2004, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria.

Il Comune di Lerici nonché i signori G P, L T e T G si sono costituiti nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

3. Con l’impugnata sentenza n. 337 del 7 marzo 2008, il T.a.r. per la Liguria, sezione prima, ha accolto il ricorso, con compensazione tra le parti delle spese di lite.

In particolare, il collegio di primo grado ha disatteso l’eccezione di irricevibilità del ricorso proposta dal Comune di Lerici e basata sulla circostanza che essendo la delibera in oggetto affissa all’albo pretorio del Comune sin dal 6 marzo 2003, la notificazione del gravame, avvenuta il 14 gennaio 2004, sarebbe stata intempestiva. Al riguardo il T.a.r. ha ritenuto estendibile anche ai soggetti interessati alla prosecuzione del procedimento ablatorio quella giurisprudenza che nei procedimenti espropriativi ritiene che la decorrenza dei termini per ricorrere, per il soggetto espropriando, vada calcolata con riferimento alla notifica o alla piena conoscenza del provvedimento lesivo.

Il collegio di primo grado ha rigettato inoltre l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse dei ricorrenti, essendo essi titolari di diritti reali sui beni realizzati in conseguenza del piano di edilizia economica e popolare ed avendo un interesse titolato a vedersi assegnati immobili dotati dei servizi (standard) previsti per la comoda e legittima fruizione degli stessi.

Nel merito il T.a.r. ha accolto il primo motivo di ricorso con cui i ricorrenti hanno denunciato l’illegittimità della deliberazione impugnata che ha loro sottratto la disponibilità di un’area assegnata al servizio degli abitanti delle case di edilizia residenziale pubblica al fine di adibirla a verde pubblico.

Segnatamente il collegio di primo grado ha sancito che, seppure le modifiche apportate allo strumento urbanistico comunale possano aver influito sul dimensionamento delle aree destinate a standard da atti previgenti (nel corso della realizzazione dell’intervento di edilizia residenziale pubblica, invero, la superfice edificata venne contratta, con conseguente riduzione delle aree destinate a standard), la modificazione degli spazi a standard non poteva effettuarsi con una deliberazione del Comune (come quella impugnata), ma avrebbe necessitato di una ulteriore valutazione della situazione di fatto e l’emanazione di un atto idoneo allo scopo ( contrarius actus ). Il T.a.r. ha altresì sottolineato la carenza di motivazione della deliberazione, non avendo essa indicato nessun parametro dal cui inferire la riduzione della destinazione a verde pubblico.

4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 3 luglio 2008 e 7 luglio 2008 – il signor T G, successivamente deceduto e a cui è subentrata in giudizio l’erede signora L F, ha interposto l’appello n. 5541 del 2008 avverso la su menzionata sentenza, articolando, in sostanza, i seguenti tre motivi:

a) inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse a ricorrere;

b) irricevibilità del ricorso di primo grado per tardività;

c) violazione dell’articolo 17 della legge n. 765 del 1967 e degli articoli 3 e seguenti del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, nonché eccesso di potere.

5. Il signor F G si è costituito nel giudizio n. 5786 del 2008, resistendo all’appello.

In tale giudizio non si sono costituiti, pur ritualmente evocati, il Comune di Lerici, i signori G P e L T il signor nonché le signore M D, E E, V P, A F e F T.

In data 22 gennaio 2014 si è costituita in giudizio la signora L F, erede del defunto signor T G.

6. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 3-4 luglio 2008 e 14 luglio 2008 – i signori G P e L T hanno interposto l’appello n. 5786 del 2008 avverso la su citata sentenza del T.a.r. per la Liguria, articolando i seguenti tre motivi:

a) inammissibilità ( rectius irricevibilità) del ricorso di primo grado per tardività;

b) contraddittorietà della pronuncia;

c) violazione degli articoli 4 e 13 delle leggi regionali della Liguria numeri 24 del 1987 e 36 del 1997.

7. Si è costituito nel giudizio n. 5786 del 2008 il signor F G, resistendo all’appello.

In siffatto giudizio non si sono costituiti, pur ritualmente evocati, il Comune di Lerici, il signor Tomasso Giacopello nonché le signore M D, E E, V P, A F e F T.

I signori Rita Anna Angela Perino e Dino Riccardini, succeduti per atto tra vivi ai signori G P e L T nella proprietà dell’immobile interessato dal presente giudizio, con atto depositato in data 8 aprile 2019, hanno veicolato un intervento a favore degli appellanti.

Sul punto, con memoria depositata il 12 aprile 2019, il signor F G ha documentato che gli intervenienti hanno acquistato dagli appellanti le proprietà immobiliari il 28 dicembre 2004, sicché a suo avviso l’appello n. 5786 del 2008 sarebbe inammissibile per difetto di legittimazione attiva degli originari appellanti, non sanato dal successivo atto di intervento degli attuali proprietari.

8. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 14 maggio 2019.

9. Preliminarmente il Collegio deve riunire i due appelli avverso la medesima sentenza, ai sensi dell’articolo 96, comma 1, del codice del processo amministrativo.

10. Sempre in via preliminare va vagliata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, formulata dal signor F G con riferimento al ricorso 5786 del 2008.

Tale eccezione è infondata. In proposito si rileva che, ai sensi del combinato disposto degli articoli 39 del codice del processo amministrativo e 111, comma 1, del codice di procedura civile, qualora nel corso del processo si trasferisca il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie, sicché la compravendita intervenuta nel caso di specie non ha sortito alcun effetto sul rapporto processuale, posto che il trasferimento è avvenuto dopo l’introduzione del giudizio di primo grado. Inoltre va specificato che le parti acquirenti sono legittimamente intervenute ad adiuvandum nel presente grado di giudizio giovandosi del disposto di cui all’articolo 111, comma 3, del codice di procedura civile.

11. Venendo ora ai motivi di impugnazione, il Collegio, per motivi di economia processuale e in omaggio al criterio della ragione più liquida, ritiene di vagliare in primis il motivo dell’inammissibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, seppur esso sia logicamente successivo a quello di irricevibilità del ricorso.

Al riguardo va precisato che la questione dell’inammissibilità è stata espressamente formulata dall’appellante signor T G, a cui è subentrata in giudizio l’erede signora L F, ed è stata adombrata dagli appellanti G P e L T nella memoria e nella replica ex art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo.

Ciò posto, si osserva che l’interesse al ricorso – la cui sussistenza viene peraltro contestata dagli appellanti anche sotto altri profili – è, in ogni caso, venuto meno a seguito della scadenza del temine di efficacia del piano di edilizia economica e popolare (circostanza documentata e non specificamente contestata dal signor F G), che non consentirebbe più, neppure in sede di ottemperanza, la riattivazione delle procedure espropriative, per il venir meno ex lege dell’efficacia dello strumento presupposto.

In particolare, giova evidenziare che il piano di edilizia economica e popolare de quo è stato approvato con decreto del presidente della giunta comunale n. 975 del 4 settembre 1985, sicché esso è scaduto il 4 settembre 2003, in ragione della sua durata di diciotto anni ai sensi del combinato disposto degli articoli 11, comma 1, della legge 18 aprile 1962, n. 167 (così come modificato dall’art. 1 del decreto-legge 2 maggio 1974, n. 115) e 51 della legge 5 agosto 1978, n. 457.

In sostanza, il bene della vita domandato dai ricorrenti in primo grado non sussisteva più alla data di introduzione del giudizio (14 gennaio 2004), né sussiste tuttora, a causa della scadenza dell’efficacia del piano di edilizia economica e popolare, ovverosia dello strumento determinante la dichiarazione di pubblica utilità delle opere previste, e, pertanto del presupposto del provvedimento espropriativo.

Inoltre, anche ammettendo che la deliberazione della Giunta comunale n. 316 del 3 dicembre 2002, poi revocata con l’atto impugnato, abbia potuto rinnovare la procedura espropriativa del piano di edilizia economica e popolare già scaduto – il che non è fondatamente sostenibile atteso, come sopra chiarito, il venir meno della dichiarazione di pubblica utilità –, si rileva che tale deliberazione, qualora fosse rimasta in vigore, non avrebbe più potuto spiegare i propri effetti al momento della sua revoca (10 luglio 2003) e, a fortiori , al tempo della proposizione del ricorso di primo grado (14 gennaio 2014), poiché nella parte dispositiva della delibera è fissato « in mesi 6 dalla data del presente provvedimento il termine per il compimento della procedura espropriativa ».

Tanto premesso, il T.a.r. avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso originario, il che non è avvenuto, sicché la sentenza impugnata va totalmente riformata, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

12. L’accoglimento del motivo di inammissibilità del ricorso di primo grado comporta l’assorbimento di ogni altro motivo di ambedue gli appelli.

13. La peculiarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

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