Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-27, n. 201806707
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Pubblicato il 27/11/2018
N. 06707/2018REG.PROV.COLL.
N. 02820/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2820 del 2018, proposto da -OMISSIS-, in persona del trustee, avvocato F Z, rappresentato e difeso da sé medesimo con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G V in Roma, viale delle Milizie 106;
contro
Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Lecce, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
di -OMISSIS-, -OMISSIS-in qualità di Amministratore Straordinario della -OMISSIS-, -OMISSIS-in qualità di Amministratore Straordinario della -OMISSIS-, -OMISSIS-in qualità di Amministratore Straordinario della -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Prima), n.-OMISSIS-, pubblicata in data 16.2.2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visto tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2018 il Cons. U M e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame in epigrafe l’appellante chiede l’annullamento e/o la riforma della sentenza n. -OMISSIS-del TAR per la Puglia - sezione di Lecce, pubblicata in data 16.2.2018, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento prot. -OMISSIS-con cui la Prefettura di Lecce ha disposto un’informazione antimafia interdittiva nei confronti delle società M-OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-
La parte appellante espone preliminarmente che:
- le società M-OMISSIS-, -OMISSIS- (quest’ultima possiede l’intero capitale di un’altra società, la -OMISSIS-) e la società -OMISSIS-, attive nel settore dei giochi pubblici, sono state fondate dai fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS-;
- il 17 gennaio 2014, con provvedimento prot. n. -OMISSIS-, la Prefettura di Lecce ha adottato una informazione interdittiva antimafia nei confronti delle citate società ritenendo sussistenti nei loro confronti “situazioni relative a tentativi d’infiltrazione mafiosa previste dal d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159”, fondate su presunti collegamenti dei titolari delle stesse, i Sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, con soggetti a loro volta presuntivamente connessi alla malavita;
- I fratelli -OMISSIS-, contemporaneamente all’impugnativa di tale provvedimento, hanno deciso di cedere la proprietà delle suddette società ad un Trustee, di talché, con un primo atto notarile rep. n. -OMISSIS-, hanno conferito le quote detenute in -OMISSIS- nel Trust ‘-OMISSIS-’ e, con successivo atto notarile rep. n. -OMISSIS-, hanno conferito le quote detenute in -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-nel Trust “-OMISSIS-”;
- il Trustee dei due fondi ha, dunque, chiesto, una prima volta, alla Prefettura di Lecce di aggiornare l’informativa antimafia emessa nei confronti delle quattro società, richiesta che però ha condotto all’emissione della nota prot. n.-OMISSIS-con la quale la Prefettura di Lecce ha emesso una seconda informativa antimafia a carico delle suddette società. Con decreto prot. n.-OMISSIS-, peraltro, la Prefettura di Lecce ha disposto la diversa misura della straordinaria e temporanea gestione delle dette società, ai sensi dell’art. 32 del d.l. 90/14, salvo poi, limitarla, con successivo provvedimento prot. n. -OMISSIS-, alla sola -OMISSIS-;
- nel frattempo, in data 25 febbraio 2015, la Guardia di Finanza, in esecuzione dell’ordinanza del GIP di Lecce del 13 febbraio 2015 n. 16 (procedimento penale -OMISSIS-), sequestrava il complesso aziendale delle quattro società ai sensi dell’art. 12-sexies della legge n. 356/1992 e nominava un amministratore giudiziario. Il suddetto provvedimento coercitivo veniva, però, annullato dal Tribunale del riesame che escludeva la natura mafiosa dell’associazione a delinquere contestata dalla pubblica accusa. Nei medesimi termini si pronunciava la Suprema Corte, nel frattempo adita dalla locale Procura, quanto all’annullamento delle misure personali;
- in ragione di tali sopravvenienze il Trustee ha, quindi, chiesto alla Prefettura di Lecce di riesaminare l’interdittiva antimafia emessa nei confronti delle quattro società e ciò anche in considerazione della favorevole definizione di altro giudizio per effetto della sentenza n. -OMISSIS-del TAR di Lecce, passata in giudicato, nella quale venivano valorizzate le decisioni cautelari maturate innanzi al Tribunale del Riesame e in Cassazione ai fini di un riesame delle determinazioni fino a quel momento assunte dalla Prefettura di Lecce;
- nel frattempo, il precedente Trustee cedeva le proprie quote all’odierno Trustee-OMISSIS-, ma la Prefettura emetteva il provvedimento prot. n. -OMISSIS-- prorogato di ulteriori sei mesi con successiva nota n. -OMISSIS-- con cui:
- da un lato, confermava l’informazione antimafia interdittiva emessa nei confronti delle società;
- dall’altro, per la sola -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 32, co. 8 e 10 del d.l. 90/2014, sospendeva gli effetti dell’interdittiva e disponeva la più lieve misura del sostegno e monitoraggio per sei mesi, poi prorogata per altri sei mesi;
- al termine del periodo di monitoraggio, gli esperti nominati dalla Prefettura stilavano la relazione di fine mandato nella quale evidenziavano che non tutte le prescrizioni erano state ottemperate dalla -OMISSIS-, inferendo da ciò una sorta di chiusura all’innovazione prospettata dagli organi di nomina prefettizia e una probabile, perdurante ingerenza da parte dei disponenti nella gestione della società confluita nel Trust -OMISSIS-;
- di conseguenza, la Prefettura di Lecce, basandosi sulla relazione degli esperti nominati per il monitoraggio della -OMISSIS-, con il provvedimento prot. -OMISSIS-ha, ancora una volta:
- revocato il provvedimento antimafia prot. n. -OMISSIS-;
- disposto una nuova informazione antimafia nei confronti delle società -OMISSIS-, M-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,;
- infine, disposto la straordinaria e temporanea gestione della -OMISSIS- per dodici mesi, nominando, come amministratori straordinari il dott. -OMISSIS-, il -OMISSIS-e -OMISSIS-, quest’ultimo già designato quale esperto nella fase di monitoraggio.
Il suddetto provvedimento veniva impugnato in prime cure ma il TAR Lecce, con la sentenza n. -OMISSIS-del 16.2.2018, qui gravata, ha respinto il ricorso proposto assegnando rilievo assorbente al rinvio a giudizio disposto dal GUP del Tribunale di Lecce in data 27.4.2017 nei confronti dei fratelli -OMISSIS- per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.
Avverso tale decisione, con il mezzo in epigrafe, l’appellante ha articolato i seguenti motivi di gravame:
1) ERRONEITÀ DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO PER MANIFESTA ERRONEA PRESUPPOSIZIONE IN FATTO;TRAVISAMENTO DEI FATTI;ECCESSO DI POTERE, ILLOGICITÀ MANIFESTA. OMESSA PRONUNCIA. VIOLAZIONE DELL’ART. 112 C.P.C.
Sarebbe erronea la premessa su cui si fonda la decisione del TAR, secondo cui la qui avversata interdittiva antimafia si basa su plurime motivazioni. Di contro, il suddetto atto riposa esclusivamente sulla valutazione effettuata nei confronti di -OMISSIS- a valle della misura di monitoraggio ex art. 32 del d.l. 90/14 s.m.i. Il giudice di prime cure ha, quindi, omesso di considerare le profonde differenze della situazione in cui versa il -OMISSIS- rispetto al Trust -OMISSIS-;
2) ERRONEITA’ DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO SOTTO ALTRO PROFILO PER MANIFESTA ERRONEA PRESUPPOSIZIONE IN FATTO;TRAVISAMENTO DEI FATTI;INCONGRUITA’ DELLA MOTIVAZIONE. ILLOGICITÀ MANIFESTA. OMESSA PRONUNCIA. VIOLAZIONE DELL’ART. 112 C.P.C.
Il TAR ha ritenuto dirimente il recente rinvio a giudizio dei germani -OMISSIS- disposto dal GUP in data 27.4.2017 per il reato, tra gli altri, di associazione a delinquere di stampo mafioso, ma tale circostanza non può, tuttavia, assumere alcuna rilevanza nel caso di specie in quanto l’informazione interdittiva non è stata adottata nei confronti del soggetto rinviato a giudizio per 416 bis c.p. (i -OMISSIS-), bensì nei confronti di alcune società, M-OMISSIS-, -OMISSIS- ed -OMISSIS- che, a far data dal 2014, non appartengono più ai germani -OMISSIS-, ma sono confluite nel -OMISSIS- e gestite, ormai da anni, da un nuovo amministratore;
3) ERRONEITÀ DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO PER OMESSA PRONUNCIA. VIOLAZIONE DELL’ART. 112 C.P.A. SOTTO ULTERIORE PROFILO.
Il TAR non avrebbe colto la totale separazione che sussiste tra l’attuale gestione e la pregressa proprietà, omettendo di pronunciarsi sul punto. Gli stessi rilievi formulati dagli esperti con riferimento alla società -OMISSIS- (non confluita nel -OMISSIS-) sarebbero imprecisi, non rispondenti allo stato dei fatti e del tutto irrilevanti ai fini antimafia.
Ed, invero, il presunto condizionamento mafioso verrebbe aprioristicamente dedotto dal fatto che “le linee di riforma organizzativa suggerite dagli esperti” non sarebbero state recepite nella loro totalità.
Senza contare che le prescrizioni asseritamente disattese durante il monitoraggio – definite solo “suggerimenti” e “linee di riforma organizzativa” - non sono state ancora attuate dagli stessi amministratori straordinari di nomina prefettizia dopo quasi un anno di commissariamento;e ciò a riprova del fatto che sono di difficile attuazione.
I rilievi formulati nell’ambito della fase di monitoraggio non possono rilevare né singolarmente né in una lettura complessiva in quanto non idonei a superare la soglia della probabilità cruciale definita dalla giurisprudenza. Tanto in ragione del fatto che:
a) sarebbe inconferente il rilievo secondo cui le nuove deleghe “ non fanno altro che ricalcare le precedenti attribuzioni de facto già in capo agli stessi dipendenti ”;
b) essendo la società già dotata di un doppio organo di controllo (il revisore unico e l’organismo di vigilanza) e che una parte dei controlli interni viene già svolta dai vari responsabili individuati nel sistema di attribuzione delle deleghe, sarebbe superflua la costituzione di un ufficio Audit, come suggerito dagli esperti;
c) sarebbero del pari irrilevanti, ai fini qui in rilievo, le contestate modalità di svolgimento dell’incarico assegnato al direttore commerciale (dott.ssa -OMISSIS-)”;
d) non assumerebbe rilievo indiziante la circostanza che le polizze assicurative di -OMISSIS- siano ancora intestate alle “persone di -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS-, non più amministratori della società né soci della stessa. E ciò in considerazione del fatto che la beneficiaria finale delle polizze intestate ai fratelli -OMISSIS- rimarrebbe, comunque, la sola società -OMISSIS-, e non i due intestatari. Tale apparente problema, di non agevole soluzione, durante il monitoraggio, era, comunque, in via di definizione con la compagnia assicurativa secondo gli indirizzi impartiti dagli stessi esperti;
e) sarebbe del tutto inconferente la circostanza che, all’interno dei locali di -OMISSIS-, vi sarebbero ancora le targhe della società -OMISSIS-, società che non esiste più da anni incorporata per scissione in -OMISSIS- ed appartenente ora alla storia aziendale di -OMISSIS-;
f) quanto al rilievo secondo cui “nell’immobile sito in -OMISSIS-, insistono anche sedi legali e operative di alcune società” riconducibili ai fratelli -OMISSIS-, l’Amministratore avrebbe provveduto alla richiesta separazione edilizia, così come prescritto e, al momento della cessazione della misura del monitoraggio, la prescrizione sarebbe stata regolarmente adempiuta. L’unico componente della famiglia -OMISSIS- ad essere rimasto nell’immobile sarebbe -OMISSIS--OMISSIS-, alla quale gli amministratori straordinari avrebbero addirittura rinnovato la fiducia a continuare il contenzioso preesistente alla misura. Peraltro, i disponenti Sig.ri -OMISSIS- avrebbero comunicato agli amministratori straordinari il recesso dal contratto di comodato per l’utilizzo degli uffici di -OMISSIS-, chiedendo di spostare la sede della società e di poter, così, rientrare in possesso dell’immobile. Ciò nonostante, gli amministratori straordinari di nomina prefettizia non avrebbero provveduto al suo trasferimento e la società -OMISSIS- sarebbe stata costretta a pagare circa 30.000,00 euro agli eredi -OMISSIS-, proprietari dell’immobile, a titolo di penale per la perdurante occupazione dello stesso in assenza di contratto;
g) quanto al rilievo secondo cui -OMISSIS- avrebbe rifiutato di fornire agli esperti dettagli sui “carichi pendenti” dei titolari degli esercizi commerciali che hanno rapporti con la società si tratterebbe di una misura del tutto inutile. E ciò in quanto ogni soggetto appartenente alla filiera del gioco deve essere necessariamente iscritto all’albo RIES tenuto dall’Agenzia dei Monopoli per poter esercitare la propria attività e il preventivo controllo svolto dall’Agenzia governativa renderebbe del tutto superfluo un ulteriore controllo da parte di -OMISSIS-. E’ comunque agli atti della -OMISSIS- il verbale n. 2 del 14 settembre 2016 che attesta che l’organismo di vigilanza della società ha dato puntuale seguito alla richiesta degli esperti;
h) sarebbe poi errata l’affermazione che tra le immobilizzazioni di -OMISSIS- spiccano i costi sostenuti per “l’acquisto di componenti necessari per la creazione di una slot machine”: la società non crea ‘slot machines’, ma si limiterebbe ad acquistare i cabinet e le schede elettroniche che inserisce nei vari giochi;
i) sarebbe poi inconferente il rilievo secondo cui -OMISSIS- seguirebbe la prassi di pagare le imposte erariali a rate;
l) non assumerebbe rilievo indiziante il fatto che gli esperti hanno accertato che -OMISSIS- avrebbe erroneamente restituito a fratelli -OMISSIS- le somme da essi anticipate per pagare le sanzioni inflitte alla società durante la loro amministrazione.
In disparte la circostanza che tale rimborso era stato effettuato sul presupposto che la sanzione era stata irrogata nella qualità di amministratore della società e non come persona fisica, la società avrebbe immediatamente dato esecuzione a tale prescrizione, provvedendo a richiedere la restituzione delle somme e il pagamento delle rate scadute, non onorate dai disponenti. E’ seguita, dai -OMISSIS-, la nota con cui, pur non condividendo la richiesta, hanno significato la loro disponibilità alla restituzione di quanto già pagato dalla società, ratealmente, in un’ottica di massima collaborazione.
Tali somme, quindi, sono in corso di restituzione e già la metà degli importi sarebbe stata versata con rate periodiche. Inoltre, la decisione di rimborsare le somme ai disponenti per le sanzioni che gli stessi hanno ricevuto all’epoca dell’espletamento del mandato di amministratore di -OMISSIS- risalirebbe alla prima amministrazione straordinaria disposta dalla Prefettura;
m) gli esperti hanno affermato che -OMISSIS- avrebbe “dovuto richiedere il rientro immediato” del debito contratto dai fratelli -OMISSIS- con la -OMISSIS- qualche anno prima. La -OMISSIS-non sarebbe più riconducibile ai sig.ri -OMISSIS- già da qualche anno. La società, invero, appartiene alla ex moglie di -OMISSIS-. Il credito nei confronti di -OMISSIS-ha la sua genesi in una cessione di beni aziendali ed il corrispettivo che la suddetta società doveva versare ad -OMISSIS- era stato originariamente convenuto in 48 rate mensili. Su indicazione degli esperti, sarebbe intervenuto un accordo (scrittura dell’1.10.2016), con cui, sulla base delle loro indicazioni e stante la necessità di far rientrare il debito, l’Amministratore ha provveduto a ridurre il numero delle rate a scadere, da 39 a 24. Alla data della rinegoziazione del credito (1.10.2016) la società contrariamente a quanto dedotto dagli esperti, aveva già maturato un utile rilevante, tant’è che l’esercizio 2016 si è chiuso con un utile di esercizio di euro 858.000,00 al netto delle imposte;
n) gli esperti avrebbero, inoltre, criticato il ruolo “defilato” del Trustee. Tale giudizio non può che essere letto in chiave positiva, poiché durante la fase del monitoraggio gli esperti avevano criticato, viceversa, il ruolo troppo presente del Trustee in azienda;
o) del tutto ininfluente, poi, sarebbe la circostanza che il Trustee avrebbe trasferito somme di denaro ai disponenti durante il mandato nel Trust atteso che la distribuzione del reddito è avvenuta nel rispetto delle previsioni dello strumento adottato (art. 8 e 32 dell’atto istitutivo del Trust -OMISSIS-);
p) gli esperti si sarebbero infine arrogati il merito di aver suggerito alla società di rafforzare il sistema organizzativo interno di controllo e gestione previsto dal d.lgs. 231/2011.
Oltretutto le conclusioni degli esperti sarebbero inficiate da una videoregistrazione in cui essi stessi escluderebbero la presenza di infiltrazioni mafiose;
4) ERRONEITA’ DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO PER ERRONEA PRESUPPOSIZIONE IN FATTO E IN DIRITTO E VIOLAZIONE DEL GIUDICATO CAUTELARE.
Il dato fattuale del rinvio a giudizio dei -OMISSIS- sarebbe stato malamente scrutinato dal giudice di primo grado che non avrebbe tenuto conto dei recenti pronunciamenti giudiziari del Tribunale del Riesame e della Cassazione, resi nel medesimo procedimento penale e che avrebbero escluso l’esistenza di un sodalizio mafioso riconducibile ai fratelli -OMISSIS-;e ciò vieppiù in considerazione del fatto che il rinvio a giudizio è stato disposto su elementi identici a quelli esaminati in sede cautelare dal Tribunale del Riesame e dalla Cassazione e giudicati;
5) Non potrebbe, infine, avere alcun rilievo per dimostrare il rischio di infiltrazione mafiosa nelle società in Trust la vicenda penale del terzo fratello -OMISSIS- (-OMISSIS-), comunque totalmente estraneo alla struttura societaria.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno che ha, anzitutto, eccepito la carenza di legittimazione attiva del -OMISSIS-, siccome non dotato di un’autonoma soggettività rispetto alla persona del trustee. La suddetta parte pubblica ha, comunque, concluso per il rigetto dell’appello siccome infondato.
All’udienza del 4.10.2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e, pertanto, va respinto, meritando conferma la decisione qui gravata, ancorché con le integrazioni di seguito esposte.
In ragione di ciò il Collegio può dirsi dispensato dalla disamina delle eccezioni sollevate, in rito, dall’Amministrazione resistente.
Venendo, dunque, direttamente allo scrutinio della res iudicanda vanno qui richiamati i principi, ormai consolidati nella giurisprudenza di settore ed ai quali occorre far riferimento nella delibazione dei motivi di gravame introdotti con il mezzo in epigrafe.
Nella suddetta prospettiva, mette conto evidenziare che l'interdittiva antimafia costituisce una misura preventiva, volta a neutralizzare i fattori distorsivi che nell’economia nazionale in genere e nei rapporti con la Pubblica amministrazione, in particolare, possono generare la presenza e l’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato.
Si tratta di uno strumento che si pone a presidio di valori di rango costituzionale, rivelandosi strettamente funzionale alla salvaguardia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e che, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso, è opportunamente calibrato sull’utilizzo di tecniche di tutela anticipata oltre che costruito su un catalogo di situazioni sintomatiche aperto al costante aggiornamento indotto dalla realtà empirica.
Come di recente evidenziato da questo Consiglio, in Adunanza Plenaria, il provvedimento di cd. "interdittiva antimafia" determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2016 n. 3247).
In tal modo l’ordinamento, dunque, esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come "affidabile") e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora (…) essere destinatario di "contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate" (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 06/04/2018, n. 3).
Nella declinazione applicativa che questa Sezione ha fatto dell’istituto in commento la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata.
Ha aggiunto la Sezione terza che - pur essendo necessario che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto dell'impresa con la Pubblica amministrazione - non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l'interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e avvalersi dell'ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo. Pertanto, gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione.
Il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del più "probabile che non", alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, quale è, anzitutto, anche quello mafioso (13 novembre 2017, n. 5214;9 maggio 2016, n. 1743). L’interprete è cioè sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, ma al fine di ritenere provato un determinato fatto (nella specie il rischio di condizionamento mafioso, precisamente “la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate” ai sensi dell’art. 84, comma 3 d.lgs. 159/2013), gli è sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale (CdS n. 1923 del 26.4.2017).
A tale approdo deve giungersi all’interno di una necessaria visione di insieme: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. (Consiglio di Stato, sez. III, 13/04/2018, n. 2231, Consiglio di Stato, sez. III, 18/04/2018, n. 2343;30 marzo 2018, n. 2031;7 febbraio 2018, n. 820;20 dicembre 2017, n. 5978;12 settembre 2017, n. 4295;dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 6 aprile 2018, n. 3)
Occorre, infine, soggiungere che, ai fini dell'adozione dell'interdittiva antimafia, non è richiesta la prova dell'attualità delle infiltrazioni mafiose, dovendosi solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile, secondo il sopra richiamato principio del "più probabile che non", il tentativo di ingerenza, o una concreta verosimiglianza dell'ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti uniti da legami con cosche mafiose e dell'attualità e concretezza del rischio (Cons. Stato Sez. III, 04-05-2018, n. 2655).
Orbene venendo, nei limiti del devolutum , al vaglio critico dei presupposti su cui riposa l’avversata misura interdittiva, il Collegio ritiene che con la suddetta statuizione l’organo prefettizio abbia fatto buon governo dei principi predicabili in subiecta materia e che la critica formulata nell’appello non colga nel segno.
Deve, pertanto, ritenersi meritevole di conferma la decisione del giudice di primo grado anche se, a causa delle ampie e ingiustificate lacune del relativo corredo argomentativo, è qui necessario integrare la motivazione nei termini di seguito esposti.
Tanto premesso, vale rammentare che i provvedimenti gravati in prime cure si innestano su pregressi arresti provvedimentali (tra gli altri, informativa interdittiva antimafia della Prefettura di lecce n. -OMISSIS-/13, n. -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, prot.n. -OMISSIS-;prot.n. -OMISSIS-) dei quali si accreditano come sviluppo attualizzato quanto alla già rilevata permeabilità mafiosa delle realtà aziendali qui in rilievo.
Tanto in ragione della loro riconducibilità ai fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- i quali “.. insieme ai fratelli -OMISSIS-, già sorvegliato speciale per mafia, e -OMISSIS-, sorvegliato speciale per mafia, condannato per associazione di tipo mafioso e destinatario della misura di prevenzione delta Sorveglianza speciale di P.S. sono " partecipi delle attività del gruppo familiare riconducibile al capostipite -OMISSIS-, già sorvegliato speciale .." (così la informativa interdittiva antimafia n. -OMISSIS-/13), nonché ritenuti “… inseriti in una complessa rete di attività commerciale e/o di servizi, nel campo delle scommesse lecite e/o illecite che, di volta in volta, vengono rimodulate per eludere i controlli degli organi di polizia" e su cui "...si rilevano collegamenti e/o propagazioni societarie connesse a società mafiose e/o di soggetti mafiosi "( provvedimento antimafia interdittivo del 18.6.2013 adottato dal Prefetto della provincia di Roma).
Giova soggiungere che il mantenimento della misura interdittiva è stato ripetutamente ribadito anche a valle dei mutamenti che hanno investito, in apice, la stessa disponibilità giuridica delle quote societarie mediante la costituzione, da un lato, del Trust denominato "-OMISSIS-", al quale i fratelli -OMISSIS- trasferivano l'intero capitale della -OMISSIS-, e, dall’altro, del Trust "-OMISSIS-", in cui confluiva l’intero capitale della -OMISSIS-, che a sua volta deteneva il 100% della M-OMISSIS- e della -OMISSIS-
E ciò a cagione del fatto che il mutamento societario intervenuto con l'istituzione dei Trust non aveva fatto venir meno le forme di controllo esercitate sulle attività societarie da parte dei proprietari disponenti, -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS--OMISSIS- come accertato con provvedimenti (interdittiva antimafia della Prefettura di Lecce n. -OMISSIS-;prot.n. -OMISSIS-;prot.n. -OMISSIS-) la cui perdurante validità – alla stregua delle risultanze istruttorie disponibili – non risulta mai venuta meno.
Allo stesso tempo gli elementi addotti dall’appellante non sembrano in grado di scalfire il quadro indiziario di infiltrazione mafiosa risultante dalle precedenti informative, ribadito dal provvedimento prefettizio (n.-OMISSIS-) impugnato in primo grado ed emesso all’esito del relativo procedimento di aggiornamento sulla scorta anche di elementi integrativi di cui si dirà in prosieguo.
Le acquisizioni processuali non consentono, invero, di accreditare la tesi attorea nella parte in cui rivendica come ormai pienamente maturata una radicale e definitiva dissociazione delle suddette realtà aziendali dal loro pregresso vissuto organizzativo ed operativo, condizionato dai fattori distorsivi rinvenienti dall’influenza esercitata dalla attiva presenza dei fratelli -OMISSIS-.
Anzitutto, il descritto scenario non può essere qui affermato, con la pretesa automaticità, in ragione dei soli divisati mutamenti societari che, peraltro, già precedentemente – come già sopra anticipato - non avevano retto alle verifiche operate, in sede di aggiornamento, dall’organo prefettizio.
Com’è noto, l'istituto del trust, recepito nell'ordinamento italiano nei limiti della legge 16 ottobre 1989, n. 364 ("Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L'Aja il 1 luglio 1985"), si risolve nella costituzione di patrimoni separati siccome destinati a scopi predeterminati con conseguente sottoposizione dei beni al controllo di un trustee nell'interesse del beneficiario o per un fine specifico.
I beni del trust vengono, dunque, a costituire una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee, pur essendo intestati al nome di costui, ed il trustee deve amministrarli e disporne secondo il programma del trust, con la conseguenza che il patrimonio segregato in trust non può essere aggredito dai creditori (né dagli aventi causa) personali del disponente o del trustee, formando così una massa separata e distinta.
L'atto di disposizione patrimoniale comporta, quindi, sul piano giuridico formale, una dissociazione fra intestazione dei beni al nome del trustee e titolarità dell'interesse al bene, che è quello del beneficiario e non del trustee.
Gli effetti tipici peculiari che connotano il trust rispetto ai beni che ne sono l'oggetto sono, dunque, quello di destinazione e quello segregativo: il primo è quello principale, essendo l'effetto segregativo strumentale alla realizzazione dell'interesse cui mira la destinazione del bene, e cioè l'interesse del beneficiario (o altro fine specifico).
Viene, dunque, in rilievo un rapporto giuridico tra più soggetti, il disponente, il trustee ed i beneficiari, in cui il primo dispone di una massa di beni a favore del trustee, il quale si vincola al perseguimento di un fine a lui soggettivamente estraneo, che può assumere i contenuti più vari.
L'interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall'atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee (cfr. Cassazione civile, sez. III, 29/05/2018, n. 13388;Cassazione civile, sez. III, 19/04/2018, n. 9637).
In linea generale e teorica, attesa la struttura e la finalità del trust, l’affidamento delle società qui in rilievo ad una gestione separata dai disponenti si ascrive ad una logica di discontinuità con il passato, avvalorata, in prima battuta dalla qualità dei soggetti individuati come trustee e come guardiani, rispetto ai quali – avuto riguardo al caso di specie - la stessa Prefettura non ha mosso alcun rilievo.
Ciò non toglie che tale istituto possa disvelare un’attitudine elusiva della normativa antimafia ove si riveli in concreto inidoneo a creare una netta cesura con la pregressa gestione subendone, anche inconsapevolmente, i tentativi di ingerenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2013, n. 1386).
L’opzione organizzativa della costituzione di un trust costituisce in definitiva, ai fini qui in rilievo, un elemento in sé neutro risolvendosi, comunque, in uno schema giuridico formale la cui attitudine funzionale necessita di una conferma in concreto.
La sola esistenza di una formale separazione del patrimonio confluito nel trust non costituisce, di per se stessa, una garanzia assoluta che vale a schermare le singole aziende dai rischi di tentativi di infiltrazione mafiosa, ben potendo anche l’esistenza di un trust dissimulare ( sham trust ) la presenza di infiltrazioni mafiose o, comunque, far registrare elementi di perdurante e qualificato collegamento con la precedente governance , ove capace di condizionare, anche indirettamente, le scelte imprenditoriali.
Tanto, si ripete, risulta già acclarato con i precedenti arresti provvedimentali la cui perdurante valenza rappresentativa non risulta, oggi, superata da significativi elementi di sicura discontinuità.
A tal riguardo, occorre, anzitutto, osservare come non possa essere obliterato il pregresso quadro di riferimento in cui si inserisce il provvedimento qui gravato che, richiamando le precedenti ordinanze interdittive, ne mutua, facendoli propri, i relativi elementi informatori, tuttora non smentiti, di talchè non si rivela allineato alle suddette emergenze il costrutto giuridico attoreo nella parte in cui riduttivamente individua la ragione fondante della gravata interdittiva esclusivamente nelle risultanze della valutazione effettuata nei confronti di -OMISSIS- (confluita nel distinto trust -OMISSIS-) a valle della misura di monitoraggio ex art. 32 del d.l. 90/14 s.m.i., concretandosi tale modus operandi , a giudizio dell’appellante, anche un’indebita commistione tra il -OMISSIS- ed il Trust -OMISSIS-.
Costituiscono, viceversa, tuttora una valida cornice di riferimento le pregresse statuizioni ove, com’è nel caso di specie, non siano emersi fatti nuovi idonei a neutralizzare ovvero ad indebolire la valenza sintomatica degli elementi di fatto su cui tali statuizioni riposano.
D’altro canto, sotto diverso profilo, nemmeno possono essere sottovalutati gli elementi conoscitivi acquisiti nella fase di monitoraggio, anche se svolta nei confronti della -OMISSIS-, che hanno fatto emergere circostanze di fatto riferibili anche alle altre società gravanti nell’orbita dei fratelli -OMISSIS- e sintomatiche sia dell’esistenza di un intreccio di cointeressenze che accredita una trama imprenditoriale unitaria sia della sottoposizione dell’intera galassia delle società qui in rilievo all’influenza latente dei predetti fratelli.
D’altro canto, la genesi e l’evoluzione dei due trust evidenzia, fin dall’inizio, tratti comuni, che costituiscono in sé fattori di anomalia che lasciano intravedere, nelle scelte aziendali, nelle dinamiche realizzative delle strategie imprenditoriali, nella stessa fase operativa e nella quotidiana attività di impresa, segni tangibili della perdurante influenza dei fratelli -OMISSIS-.
Ed, invero, come si evince dalle relazioni redatte dagli esperti a conclusione del periodo di monitoraggio e depositate a corredo del provvedimento qui gravato, meritano di essere poste in evidenza, tra le altre, le seguenti circostanze:
- la costituzione tanto del trust -OMISSIS- quanto di quello di -OMISSIS- si colloca nel medesimo arco temporale, all’indomani della prima interdittiva disposta nei confronti delle società che mettevano capo ai fratelli -OMISSIS-;
- il ruolo di trustee risulta affidato sempre allo stesso professionista, da ultimo nella persona dell’-OMISSIS-;
- dal 13.4.2015 al 25.3.2017 (data del decesso) il Sig. -OMISSIS-è stato amministratore delle società -OMISSIS-. Egli, precedentemente, era stato amministratore anche di -OMISSIS- dal febbraio 2014 all'ottobre dello stesso anno;
- le società ricadenti nel -OMISSIS- hanno uffici allocati (-OMISSIS-), senza soluzione di continuità, nello stesso immobile ove hanno sede anche -OMISSIS-e altre società facenti capo alla famiglia -OMISSIS-, tra cui la -OMISSIS- srl, di cui sono soci -OMISSIS-(coniuge di -OMISSIS- -OMISSIS-) e -OMISSIS-(coniuge di -OMISSIS-), nonché abitazioni di componenti del suddetto nucleo familiare. Tutte le società si trovano allo stesso piano, distano tra loro pochi metri, e hanno molte aree in comune, essendo stati rinvenuti perfino avvisi congiunti ("-OMISSIS- srl /-OMISSIS-srl") rivolti ai dipendenti. Inoltre, -OMISSIS- srl ha preso in carico, da sola, le spese di giardinaggio a vantaggio, apparentemente senza contropartita, delle altre società della famiglia -OMISSIS- e delle abitazioni di -OMISSIS- e della sorella (pag 25/26 della prima relazione);
- sono stati rinvenuti bonifici a favore di -OMISSIS- (trust -OMISSIS-) da parte della società -OMISSIS-(-OMISSIS-), che si riferirebbero a "utili" e, dunque, privi di giustificazioni, non essendovi formalmente rapporto di partecipazione tra le due società (pag 39 della prima relazione);
- gli esperti, nella Relazione relativa alla prima misura di sostegno e monitoraggio (periodo 22 marzo-22 settembre 2016), avevano rilevato una comunicazione dei fratelli -OMISSIS-, datata 3.5.201610, indirizzata al trustee e al Guardiano del Trust "-OMISSIS-" (ed erroneamente inserita nel Libro degli Eventi del Trust -OMISSIS-.), con la quale i due fratelli - a seguito del ricevimento di due avvisi di liquidazione d'imposta da parte dell'Agenzia delle Entrate-Direzione Provinciale III di Roma - richiedevano al -OMISSIS- di accollarsi i costi presumibili di un possibile ricorso (Euro 10.000, oltre le spese) ma soprattutto l'eventuale pagamento dell'imposta stessa, secondo una metodica già riscontrata per il trust -OMISSIS- e senza che risultino contestazioni di siffatta richiesta;
- gli uffici occupati dalla -OMISSIS- sono stati concessi in comodato gratuito dagli eredi -OMISSIS-, tra cui -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-, ad ulteriore riprova del legale familiare.
Né può dirsi, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, che le criticità rilevate nel corso della fase di monitoraggio, relativa alla sola società -OMISSIS- (confluita nel Trust -OMISSIS-), siano state definitivamente assorbite sì da corroborare la tesi di una decisa ed irreversibile frattura con le pregresse gestioni.
La relazione finale degli esperti mette invero in luce talune opacità nella organizzazione e nella gestione della -OMISSIS-, tra cui meritano di essere segnalate, per l’obiettivo valore sintomatico, le resistenze incontrate nella rimozione delle seguenti problematiche: l’intestazione delle polizze assicurative ai fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS-, ormai non più amministratori;l’ubicazione delle sedi delle società qui in rilievo, oltre che delle abitazioni di componenti del nucleo familiare, presso il medesimo immobile (le società conservano la medesima ubicazione, anche se è stata attuata la separazione fisica degli ambienti di lavoro, salvo che per il vano di ingresso comune);l’erogazione di somme ai fratelli -OMISSIS- a titolo di rimborso con accollo del residuo debito delle sanzioni di cui ad ordinanze emesse dall’AAMS nei confronti dei prevenuti ed in cui non era indicata la società come obbligata solidale e le lentezze registrate nel rivendicare la restituzione delle somme versate;l’incongrua dilazione (dapprima in 48 rate, poi ridotte a 24, a fronte della richiesta di un rientro immediato) concessa alla -OMISSIS- (le cui partecipazioni sociali sono intestate a -OMISSIS-e -OMISSIS-, rispettivamente coniugi di -OMISSIS- e di -OMISSIS- -OMISSIS-) rispetto ad un debito rinveniente da una pregressa compravendita;la corresponsione di somme ai fratelli -OMISSIS-, nella qualità di disponenti, in assenza di una rigorosa verifica dei relativi presupposti rigidamente perimetrati dall’atto costitutivo all’art. 8 e 32.
Sul punto, lo stesso approccio ai temi in discussione dell’attuale governance, attivatasi solo su sollecitazione (talvolta ripetuta ed insistita) degli esperti, rispetto a problematiche che coinvolgono sia il patrimonio sociale sia la nuova immagine che le aziende avrebbero dovuto mirare a risolvere senza esitazione nel segno di una discontinuità con la pregressa gestione, rende di tutta evidenza come non possa dirsi affatto assicurato, ad oggi, un rapporto di vera alterità.
In altri termini, non appare condivisibile, in apice, lo stesso sforzo dimostrativo compiuto dall’appellante che vorrebbe accreditare siffatto rapporto di alterità con i fratelli -OMISSIS-sulla premessa (peraltro non adeguatamente provata) di aver dato seguito (ancorchè talvolta solo in parte ovvero semplicemente avviando il processo di correzione) alle misure correttive richieste dagli esperti, laddove, di contro, la stessa esistenza delle problematiche registrate e l’atteggiamento neghittoso riscontrato disvelano, già di per se stessi, un fattore distorsivo contraddistinto da obiettiva valenza sintomatica degli ipotizzati legami.
Restano, poi, sullo sfondo come elemento di contorno le ulteriori raccomandazioni, non sempre recepite, volte a promuovere una più radicale ed incisa riforma organizzativa (come ad esempio in tema di deleghe operative, di ufficio Audit ) che fungerebbe da preludio ad una maggiore efficienza operativa della società, contribuendo anche più decisamente ad orientarla verso i valori della legalità (in tal senso la richiesta di acquisizione dei carichi pendenti dei titolari degli esercizi commerciali ovvero di un tempestivo adempimento degli obblighi fiscali), questione di per sé stessa non direttamente evocativa di un pericolo di infiltrazione mafiosa, ma che potrebbe indirettamente incidere anche ai fini qui in rilievo elevando il livello di capacità di resistenza rispetto ad ogni influenza esterna.
Restano, dunque, confermati l’esistenza di un complesso intreccio di interessi economici tra le società qui in rilievo e l’ipotizzato condizionamento dei fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Appare poi di tutta evidenza la rilevanza che, ai fini qui in rilievo, esplica il suddetto collegamento.
Deve, invero, rilevarsi che, a mente dell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, di cui al comma 3, sono desunte, fra l’altro, « dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3- bis , del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12-quinquies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 ».
Rispetto ai suddetti titoli di reato, contenuti nell’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, il legislatore ha, dunque, inteso operare una selezione a monte delle condotte che riflettono in sé il pericolo di infiltrazione mafiosa, in quanto si tratta di fattispecie che destano maggiore allarme sociale, intorno alle quali con maggiore regolarità statistica gravita il mondo della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Trattasi di un catalogo di reati che, nella valutazione ex ante fattane dal legislatore, integrano una 'spia' di per sé sola sufficiente ad imporre, nella logica anticipata e preventiva che permea la materia delle informative antimafia, l'effetto interdittivo nei rapporti con la pubblica amministrazione. Pertanto, ove il Prefetto abbia contezza della commissione di taluni dei delitti menzionati nell'art. 84, comma 4, lett a), e sino quando non intervenga una sentenza assolutoria, deve limitarsi ad 'attestare' la sussistenza del rischio infiltrativo siccome desunto dalla mera ricognizione della vicenda penale nei termini e nei limiti in cui è contemplata dalla disposizione più volte richiamata (devono esserci, cioè, almeno provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva)(Consiglio di Stato, sez. III, n. 4555 del 28/10/2016).
Nella suddetta prospettiva non può non condividersi il rilievo assorbente assegnato dal giudice di prime cure alla circostanza del recente rinvio a giudizio dei germani -OMISSIS- (unitamente agli altri due fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS-) disposto dal GUP in data 27.4.2017 per il reato, tra gli altri, di associazione a delinquere di stampo mafioso ed, in particolare, dei delitti di seguito indicati art. 416- bis, commi 1, 2, 3 e 6, c.p.;art. 81 c.p., c.p.;110 e 112, n.1, c.p.;art. 1 e 4, comma 4, L. 401/1989;640- ter, comma 2, c.p. in relazione all’art. . 640, comma 2, n. 1, c.p.;art. 7 d.1. 152/1991;718 c.p.;719 c.p.;art. 4 e art. 4, comma 1, L. 401/1989;art. 12-quinquies d.1. 306/1992, convertito nella l. n. 356/1992;513-bis c.p.;art. 81 cpv. e art. 132 D. Lgs. 385/1993;artt. 319 e 321 c.p. (solo per P. -OMISSIS-).
Del pari, si dispiega in piena sintonia con i postulati giurisprudenziali suesposti il ragionamento sviluppato dal TAR Lecce nella parte in cui rileva che non è compito del giudice amministrativo accertare se tale rinvio a giudizio si giustifichi o meno alla luce del materiale probatorio raccolto durante la fase delle indagini preliminari, ovvero se esso sia o meno distonico rispetto alle ordinanze del Tribunale del Riesame e della Corte di Cassazione, che hanno escluso (allo stato) la sussistenza dell’associazione mafiosa, o ancora, se detto materiale probatorio giustifichi o meno, all’esito del dibattimento, una pronuncia di condanna a carico dei germani -OMISSIS-.
E’, invero, l’elemento di fatto in sé della convalida in sede giurisdizionale (a valle cioè dell’udienza preliminare dinanzi ad un organo terzo e nel pieno rispetto del contraddittorio) della sostenibilità dell’ipotesi d’accusa per il delitto di cui all’articolo 416 bis c.p. (rientrante nell’elenco dei cd. delitti spia), siccome consacrata nel decreto che dispone il giudizio, a concretare quel qualificato fattore indiziante che accredita la sussistenza del pericolo di un condizionamento mafioso delle imprese che subiscono l’influenza di un imputato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
E ciò vieppiù in considerazione del fatto che il suddetto provvedimento è intervenuto a conclusione delle indagini preliminari ed esprime in sé, in una necessaria valutazione di sintesi, la prognosi più prossima sull’attitudine dei risultati investigativi acquisiti, idonea come tale ad assorbire, quali elementi di segno contrario, anche le pregresse pronunce negative di taglio cautelare sulla non configurabilità della cd. mafiosità della condotta.
Infine, quale ulteriore elemento di conforto, nemmeno vanno trascurati i precedenti anche specifici dei fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS-, attesa la forte identità familiare avvertita da tutti i relativi componenti, tenendo, altresì, conto del fatto che il primo è attivo nel medesimo settore economico qui in rilievo e comproprietario dell’immobile (concesso in comodato alla -OMISSIS- e) in cui hanno sede tutte le società summenzionate.
Alla stregua delle descritte emergenze deve ritenersi che la valutazione del Prefetto sia ragionevole e ponderata.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, l’appello va respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.