Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-09-10, n. 202407503
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Pubblicato il 10/09/2024
N. 07503/2024REG.PROV.COLL.
N. 07108/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7108 del 2022, proposto da
Flixbus Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Tre Orologi 14/A;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Associazione Codici – Centro per i Diritti del Cittadino, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 05598/2022, resa tra le parti, per l’annullamento del provvedimento n. 28557 (prot. 22132) dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“Autorità” o “AGCM”), adottato nell'adunanza del 2 febbraio 2021 e notificato il 18 febbraio 2021 a conclusione del procedimento n. PS11737 – FLIXBUS-GESTIONE EMERGENZA STRAORDINARIA, con il quale l'Autorità ha ritenuto FlixBus responsabile di due diverse pratiche commerciali scorrette, rispettivamente in violazione degli artt. 23, comma 1, lettera e), del Codice del Consumo e 20, 21, comma 1, lettera b), 22, 24 e 25 del Codice e le ha conseguentemente irrogato una sanzione complessiva di €1.500.000.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2024 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati F S e l'avv. dello Stato Pietro Garofoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del Tr Lazio 5 maggio 2022, n. 5598 di reiezione del ricorso proposto da Flixbus s.r.l. avverso la sanzione comminata (in data 18 febbraio 2021) dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito “Autorità”) pari a complessivi 1.500.000,00 euro per due distinte pratiche commerciali vietate dagli artt. 20, 21, comma 1, lett. b), 22, 23, comma 1, lett. e), 24 e 25 del codice del consumo (cod. cons.).
L’Autorità ha sanzionato le pratiche commerciali scorrette individuate nell’avere continuato a vendere titoli di viaggio durante il periodo marzo-giugno 2020 nonostante i vari provvedimenti governativi Covid che avrebbero determinato la scelta del professionista di annullare le corse, nonché, una volta venduti i biglietti, nel non aver prestato adeguata informazione e assistenza.
Segnatamente: la prima (“Pratica A”) è consistita nella “ perdurante accessibilità ai propri canali di vendita on line per l’acquisto dei servizi di trasporto, inerenti al periodo da marzo a maggio 2020, anche nei giorni immediatamente successivi all’entrata in vigore dei vari decreti governativi di limitazione alla circolazione susseguitisi a causa del Coronavirus” , pratica tramite la quale il vettore avrebbe continuato “ di volta in volta, ad acquisire regolarmente prenotazioni e pagamenti per servizi che […] non avrebbe successivamente prestato in virtù di cancellazione unilaterale ”, agendo così in violazione dell’art. 23, comma 1, lett. e), del Codice.
La seconda pratica (“Pratica B”) ha ad oggetto le “ molteplici condotte consistenti nella fornitura di informazioni lacunose e intempestive sulla cancellazione dei servizi e sui diritti spettanti alla clientela in caso di soppressione delle corse, nella proposta immediata del voucher sostitutivo in luogo del rimborso in denaro, nell’applicazione di oneri ulteriori ed imprevisti sui ristori erogati e, in particolare, sull’utilizzo successivo del voucher ”, in violazione degli artt. 20, 21, comma 1, lett. b), 22, 24 e 25 codice del consumo.
L’Autorità, a conclusione del procedimento istruttorio, ha inflitto a FlixBus la sanzione complessiva pari a €1.500.000.
2. Nei motivi d’impugnazione FlixBus ha dedotto:
I) la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 23, 24 e 25 del codice, eccesso di potere sotto vari profili c.d. sintomatici per esserle state contestate due distinte pratiche in presenza di una condotta caratterizzata da una “evidente unitarietà finalistica e strutturale”.
Da cui l’errata duplicazione della sanzione inflittale riferibile ad una condotta sostanzialmente unica, non scindibile in due distinte pratiche commerciali;
II) la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del codice, nonché l’eccesso di potere sotto vari profili, per aver valutato le condotte di Flixbus con riferimento a un parametro di diligenza inesigibile nel contesto della grave ed eccezionale contingenza creata dall’emergenza legata al coronavirus.
La diligenza professionale, ordinariamente attendibile dalle imprese del settore, non sarebbe applicabile al caso di specie dovendo la condotta essere valutata alla luce delle circostanze di volta in volta considerate. Tnt’è che, nel periodo del primo “Lockdown” marzo-giugno 2020, l’Autorità – ha sottolineato la ricorrente – non avrebbe ravvisato alcuna violazione delle norme del codice del consumo e le condotte poste in essere sarebbero risultate del tutto legittime;
III) la violazione e falsa applicazione dell’art. 23, comma 1, lett. e), del codice, eccesso di potere per erronea rappresentazione dei fatti e dei presupposti per l’applicazione della norma in questione e sotto altri profili, per non aver ritenuto la condotta di cui alla pratica a) scusabile nel contesto della grave ed eccezionale contingenza creata dall’emergenza coronavirus.
L’indisponibilità dei servizi di trasporto non sarebbe dipesa dall’impossibilità di offrirli ad un certo prezzo, ma unicamente dai provvedimenti limitativi adottati dal Governo per contenere la grave emergenza sanitaria.
Sicché, la condotta non avrebbe avuto alcuna finalità di sfruttamento dei clienti, né, per altro, le avrebbe garantito alcun vantaggio, in quanto in tutti i casi di cancellazione ad essa corrispondeva un rimborso in denaro oppure tramite buono;
IV) la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22 24 e 25 del codice, eccesso di potere per erronea rappresentazione dei fatti e dei presupposti per l’applicazione delle norme in questione e sotto altri profili, per non aver ritenuto la condotta di cui alla pratica b) scusabile nel contesto della grave ed eccezionale contingenza creata dall’emergenza coronavirus.
La ricorrente ha affermato di aver informato la clientela tramite un’apposita comunicazione, con l’ulteriore supporto del sito internet della società messo a disposizione dei clienti.
Mentre, l’erogazione di voucher come modalità di rimborso per i biglietti acquistati era più che legittima, in quanto la soppressione delle corse dipendeva dai numerosi interventi limitativi ad opera dei vari decreti.
In relazione, infine, all’applicazione di ulteriori oneri sui rimborsi erogati, la ricorrente ha sostenuto che si trattava di casi isolati, dipesi dalla condotta dei clienti, i quali, procedendo alla cancellazione della corsa prima della soppressione ad opera della società, si vedevano applicare un addebito sul proprio rimborso;
V) violazione degli artt. 27, comma 9, del codice nonché 11 della l. 689/1981, eccesso di potere, contraddittorietà, difetto assoluto di motivazione, violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza con riferimento alla sanzione comminata e alla sua quantificazione.
L’Autorità avrebbe proceduto ad una quantificazione della sanzione sproporzionata rispetto ai fatti effettivamente commessi;
VI) la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 14-ter della l. 287/1990;eccesso di potere per travisamento e carenza dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria, contraddittorietà per il rigetto degli impegni.
Si deduce l’illegittimità del rigetto degli impegni da parte dell’Autorità, motivato solo con la manifesta scorrettezza e gravità delle fattispecie di pratiche commerciali. Gli impegni, invece, sarebbero stati di per sé idonei a superare le presunte criticità che avevano spinto l’Autorità ad aprire il procedimento, e comunque sarebbe mancata una motivazione sulla loro inidoneità.
3. Premesso che l’Autorità non ha adottato alcun provvedimento cautelare, sul rilievo che la ricorrente forniva adeguata prova di aver autonomamente interrotto la pratica contestata prima dell’emanazione di un provvedimento inibitorio, il Tr ha respinto il ricorso.
4. Le due pratiche scorrette, ad avviso dei giudici di prime cure, sono autonome, sostanziandosi nell’aver continuato a vendere titoli di viaggio nonostante i provvedimenti governativi che avrebbero determinato la scelta del professionista di annullare le corse, senza aver prestato adeguata assistenza post vendita.
Tnto che i due interessi creditori lesi, pur contigui, sono separati e distinti. Il primo interesse, precisa il Tr, “ è quello precontrattuale di non essere il consumatore coinvolto in un rapporto negoziale «inutile in quanto inattuabile, mentre il secondo è quello di vedersi riconosciuti i normali rimedi risolutori e restitutori” .
S’aggiunge in sentenza che: “ Era infatti certo e comunque ben prevedibile che la circolazione sarebbe stata limitata e che vi sarebbero state forti criticità nel trasporto;inoltre rileva pure il fatto che le cancellazioni sono avvenute anche per scelta unilaterale della società stessa, la quale ha evidentemente ritenuto poco conveniente apprestarle in un periodo di scarsa affluenza da parte degli usuali passeggeri” .
E che, con riferimento a entrambe le pratiche, “ Il professionista era […] consapevole di poter cancellare determinate corse, sia appellandosi alle limitazioni governative, sia per propria valutazione economica;di contro, i clienti confidavano nella certezza del trasporto, segnatamente in funzione delle esigenze primarie di movimento, che la normativa emergenziale manteneva comunque integre ”.
Con riguardo allo standard di diligenza esigibile, la società, precisa il Tr, “ avrebbe potuto improntare la condotta alla massima attenzione, evitando di offrire servizi che non erano più realizzabili ovvero che era verosimile che non lo fossero ”.
Il professionista, si legge nella motivazione della sentenza, non ha tenuto un livello di diligenza professionale adeguato a quanto il consumatore medio si sarebbe atteso soprattutto in un momento così delicato come quello dell’emergenza pandemica.
La violazione dell’art. 23, comma 1, lett. e), cod. cons. s’è concretata nella condotta del professionista che ha invitato all’acquisto di prodotti o servizi senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi ostativi per lo stesso professionista all’esecuzione di essi.
Relativamente alla condotta successiva alla vendita, il Tr ha evidenziato come “ la Società non sempre ha avvisato tempestivamente i consumatori dell’avvenuta soppressione del viaggio già prenotato e pagato (risultano casi di viaggiatori che hanno appreso della cancellazione solo all’atto della partenza o solo per aver chiamato casualmente il call center) ”;e che “ il professionista non ha esaurientemente illustrato al cliente le varie scelte circa le modalità di rimborso per il biglietto cancellato”.
Il comportamento scorretto in fase post vendita non s’è esaurito al piano informativo, poiché il Professionista, sottolinea il Tr, ha fatto ricorso allo strumento del voucher anche per fattispecie estranee all’ambito applicativo della normativa emergenziale, precludendo così ai consumatori il dovuto ristoro in denaro: “ la Società, a fronte della cancellazione del viaggio, subito proponeva il voucher sostitutivo, quale esclusivo ristoro della perdita della prestazione, così tentando di indurre i clienti ad accettare una prestazione “in natura” (di incerto riutilizzo) sostitutiva del rimborso diretto del denaro”.
Quanto all’entità della sanzione pecuniaria impugnata, il giudice di prime cure ha considerato che l’Autorità ha preso in esame le dimensioni della Società e le conseguenze economiche della crisi pandemica, concludendo che “ il quantum sanzionatorio risulta in linea con la funzione deterrente propria delle sanzioni per pratiche commerciali scorrette ”.
Da ultimo, il Tr dà conto del fatto che l’Autorità ha valutato anche la conseguenza economica dell’appellante con riferimento all’emergenza pandemica considerando adeguata una sanzione da 1.5 milioni di euro, peraltro oggetto di richiesta – accolta – di rateizzazione.