Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-07, n. 201900140

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-07, n. 201900140
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900140
Data del deposito : 7 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/01/2019

N. 00140/2019REG.PROV.COLL.

N. 05362/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5362 del 2018, proposto da
Comune di Carovigno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P L P, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Pecorilla, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Passavant Impianti s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore in proprio e quale mandataria dell’ATI con la R G &
Pietro s.n.c., rappresentata e difesa dall'avvocato P R C, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Vagnucci, in Roma, piazza di San Bernardo, 101;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sez. II, n. 06075/2018, resa tra le parti, concernente l’esecuzione di un lodo arbitrale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Passavant Impianti s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Canzi e Portaluri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma la Passavant Impianti s.p.a. ha domandato che venisse ordinato al Comune di Carovigno di dare l’esecuzione al lodo arbitrale n. 20/15 R.L. reso inter partes in data 30 aprile 2015 e depositato presso la Camera Arbitrale per i Contratti Pubblici il giorno 7 maggio 2015.

Il Tribunale adito, con sentenza 30 maggio 2018 n. 6075, accertata l’inammissibilità del ricorso incidentale e della domanda riconvenzionale proposti dall’amministrazione comunale, ha accolto il ricorso principale per l’effetto dichiarando “ l’obbligo del Comune di Carovigno di provvedere, entro il termine di 60 giorni (60 gg.) dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, all’esecuzione del giudicato in epigrafe indicato nei termini, nei limiti e con le modalità stabilite in motivazione ”.

Avverso la sentenza ha proposto appello il Comune di Carovigno.

Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio la Passavant Impianti.

Con successive memorie le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2018 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo si deduce che il Tribunale avrebbe errato a respingere la richiesta di sospensione del giudizio avanzata dall’odierno appellante, ai sensi degli artt. 79 cod. proc. amm. e 295 cod. proc. civ., sul presupposto della contemporanea pendenza di controversie civili di opposizione all’esecuzione del lodo aventi carattere pregiudiziale.

Il giudice di prime cure, infatti, non avrebbe considerato che in sede civile sarebbe stata dimostrata l’esistenza di un controcredito a favore del Comune di importo superiore alle somme dovute all’appellata in base al lodo.

In ogni caso la sospensione del giudizio si sarebbe dovuta disporre ai sensi dell’art. 624 cod. proc. civ., ricorrendo nel caso di specie i “ gravi motivi ” richiesti dalla norma, stante il rilevante ammontare degli importi da pagare e lo stato delle finanze comunali.

La doglianza è infondata.

Contrariamente a quanto l’appellante sostiene, tra le invocate controversie civili e il giudizio di ottemperanza promosso dall’appellata non era configurabile un nesso di pregiudizialità in senso tecnico, atteso che la decisione di quest’ultimo non dipendeva dalla definizione delle prime.

L’adito Tribunale, in coerenza con l’oggetto del giudizio di ottemperanza, doveva, infatti, limitarsi ad accertare lo stato di esecuzione del giudicato e ad ordinare, se del caso, al Comune di darvi attuazione.

Nessuna influenza su tale decisione poteva, quindi, avere l’esito dei suddetti giudizi civili, con l’evocata possibilità che dalla definizione degli stessi potesse derivare un maggior credito a favore del Comune. Una tale evenienza potrà semmai giustificare la proposizione di un’azione volta a ripetere quanto indebitamente pagato.

Contrariamente a quanto dedotto dall’appellante nella fattispecie non è nemmeno invocabile la sospensione di cui all’art. 624 cod. proc. civ., norma ritenuta applicabile al processo amministrativo ex art. 79, comma 1, cod. proc. amm. (cfr. Cons. Stato, V, 16 febbraio 2015, n. 806).

Difatti, la disposizione processual-civilistica consente al giudice dell’esecuzione di sospendere il relativo giudizio quando, concorrendo gravi motivi, venga contestato (mediante opposizione) il titolo posto a fondamento dell’azione esecutiva. Ma nel caso che occupa il lodo arbitrale di cui è stata chiesta l’ottemperanza è divenuto inoppugnabile e non è in discussione che in base ad esso il Comune risulti debitore della Passavant Impianti.

Peraltro, occorre rilevare che la norma di cui all’art. 624 cod. proc. civ. opera solo ad istanza di parte, mentre in primo grado l’odierno appellante ha chiesto la sospensione del giudizio unicamente ai sensi degli artt. 79, comma 1, cod. proc. amm. e 295 cod. proc. civ.

Col secondo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso incidentale e della domanda riconvenzionale.

Infatti, contrariamente a quanto affermato in sentenza, questi ultimi non introdurrebbero questioni estranee al giudicato, ma interne ad esso.

La censura è inammissibile, non avendo l’appellante osservato l’onere, di cui all’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., di riproporre espressamente nell’atto d’appello le domande non esaminate dal giudice di prime cure (Cons. Stato, V, 7 giugno 2016, n. 2431).

Col terzo mezzo di gravame l’appellante lamenta che il Tribunale, nell’operare la compensazione tra i crediti che il lodo ha riconosciuto ad ambedue le parti del presente giudizio, avrebbe erroneamente stabilito che la stessa non debba essere effettuata “ a monte ”, ossia considerando la sola sorte capitale dei rispettivi crediti, bensì “ a valle ” ovvero dopo aver calcolato sul capitale gli accessori.

Il giudice di prime cure avrebbe, inoltre, errato a stabilire che “ la data finale di computo degli accessori è determinata nella data di pubblicazione della presente pronuncia con la quale è disposta la compensazione ”.

Tale statuizione, infatti, contrasterebbe col contenuto del lodo che in ordine a ciascuna domanda accolta avrebbe previsto “ il dies a quo, il dies ad quem, la tipologia e le modalità di calcolo degli accessori ”.

Il motivo è infondato nella parte in cui censura la statuizione concernente i criteri in base ai quali avrebbe dovuto essere effettuata la compensazione.

Il Tribunale ha, infatti, stabilito che i rispettivi crediti dovessero essere determinati “ calcolando prima i singoli importi, inclusivi dei rispettivi accessori, quantificati secondo le modalità indicate nel lodo ”, in coerenza con quanto in quest’ultimo disposto.

Nell’accogliere le domande relative alle riserve nn. 5, 6, 7 e 9, il lodo ha invero, previsto che sulle somme riconosciute “ trattandosi di debiti di valore, vanno calcolati e corrisposti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalla data della domanda (13.12.2004) sino alla pronuncia del presente lodo, oltre agli interessi sulla somma così complessivamente risultante dalla sottoscrizione del lodo fino al soddisfo ”.

Analogamente, con riguardo alla domanda concernente la riserva n. 8, anch’essa accolta, il lodo ha stabilito che sull’importo attribuito “ vanno aggiunti … la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT e gli interessi compensativi al tasso legale vigenti nel periodo considerato … a far data dal tempo medio del verificarsi del danno individuato al 15.10.2011 sino alla pronuncia del presente lodo oltre agli interessi legali sulla somma così complessivamente risultante dalla sottoscrizione del presente lodo fino al soddisfo ”.

Infine relativamente al risarcimento accordato al Comune il lodo ha previsto che sulla somma complessivamente riconosciuta, pari ad € 724.283,81, dovessero essere “ calcolati e corrisposti gli interessi legali a far data dalla domanda (21.3.2014) e fino al soddisfo ”.

Correttamente, dunque, il Tribunale ha stabilito che l’ammontare dei crediti da compensare avrebbe dovuto essere determinato tenendo conto non della sola sorte capitale, ma anche degli accessori, così come indicato nel lodo da eseguire.

La doglianza merita invece accoglimento nella parte in cui critica la statuizione con cui il giudice di prime cure ha stabilito che “ la data finale di computo degli accessori è determinata nella data di pubblicazione della presente pronuncia con la quale è disposta la compensazione ”.

In base al lodo, infatti, la rivalutazione monetaria riconosciuta all’impresa andava calcolata soltanto sino alla data di pubblicazione del medesimo e non sino alla data di pubblicazione della sentenza.

Col quarto motivo l’appellante, si duole ancora della statuizione con cui gli è stato ordinato “ di provvedere entro il termine di 60 giorni (60 gg.) dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, all’esecuzione del giudicato in epigrafe indicato col pagamento delle somme dovute comprensive degli interessi sino al soddisfo ”.

Tale termine, tenuto conto delle ingenti somme da versare, risulterebbe, infatti, eccessivamente esiguo.

La doglianza non merita accoglimento.

L’individuazione di un termine per l’esecuzione del giudicato ad opera del giudice dell’ottemperanza, avviene nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale che non può essere censurato se non laddove la scelta risulti manifestamente irrazionale o arbitraria.

Nel caso di specie tale evenienza non è riscontrabile.

Come emerge dalla ricostruzione in fatto operata dal giudice di prime cure e dalle non contestate affermazioni dell’appellata, il lodo è divenuto inoppugnabile il 7 luglio 2016, è stato notificato in forma esecutiva al Comune il successivo 20 ottobre e in data 23 marzo 2017 è stato notificato il precetto di pagamento.

Nel descritto contesto il termine di sessanta giorni per adempiere concesso con l’impugnata sentenza, intervenuta ad oltre un anno di distanza dalla notificazione del precetto, non risulta particolarmente breve o comunque tale da rendere la relativa statuizione manifestamente illogica o arbitraria.

Col quinto motivo si censura l’appellata sentenza nella parte cui ha stabilito il pagamento di una di una penalità di mora per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Difatti, come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V, 7 maggio 2018, n.2681), l’ astreinte non potrebbe essere disposta nei confronti delle amministrazioni che versano in oggettive difficoltà finanziarie.

La doglianza è infondata.

Ed invero, nessuna norma o principio vieta di applicare la misura di cui

all’art. 114, comma 3, lett. e) del cod. proc. amm., nei confronti delle amministrazioni che versino in stato di difficoltà finanziarie.

Né la tesi dell’appellante trova sostegno nell’invocato precedente giurisprudenziale ove si afferma semplicemente che le “ … dette difficoltà finanziarie (a fronte di una disponibilità di procedere al pagamento manifestata comunque dall'Amministrazione resistente) meritano di essere valorizzate al fine di respingere la domanda finalizzata all'applicazione dell'astreinte ai sensi dell'art. 114, comma 4, c.p.a .”.

Peraltro, giova puntualizzare che nel caso di specie il Comune appellante non ha manifestato alcuna disponibilità a procedere al pagamento di quanto dovuto.

Con un’ultima censura si denuncia, infine, l’errore commesso dal Tribunale nel condannare l’amministrazione comunale al pagamento delle spese di giudizio.

Infatti nel caso di specie sarebbero risultate sussistenti tutte le condizioni per la compensazione, ovvero reciproca soccombenza e assoluta novità e particolare complessità delle questioni trattate.

La doglianza è infondata.

Con recente sentenza che il Collegio condivide la Quinta Sezione di questo Consiglio di Stato ha affermato che: “ nel processo amministrativo, la mancata compensazione delle spese processuali, attuando il principio generale per cui le stesse seguono la soccombenza e non investendo profili di legittimità, si traduce in una scelta insindacabile in appello e vale in riferimento sia alle statuizioni processuali che a quelle di merito;
il giudice di primo grado ha infatti amplissimi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento dei pur eccezionali e tassativi motivi divisati dall'art. 92 c.p.c. per far luogo alla compensazione delle spese, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese di lite la parte risultata vittoriosa o disporre statuizioni abnormi
” (così Cons. Stato, V, 10 settembre 2018, n. 5283, in termini anche, Cons. Stato, V, 30 novembre 2015, n. 5400).

Nel caso di specie il Tribunale non ha oltrepassato gli indicati limiti al suo potere di fissare il regime delle spese processuali, atteso che in primo grado il Comune appellante è risultato parzialmente soccombente e che la statuizione sulle spese non presenta profili di abnormità.

D’altra parte, l’art. 92, comma 2, del cod. proc. civ. (applicabile al processo amministrativo per effetto dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 26, comma 1, del cod. proc. amm.) attribuisce al giudice, ove vi sia “ soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti ”, una mera facoltà di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, senza tuttavia vincolarlo a disporre in tal senso.

L’appello, nei limiti più sopra descritti, va quindi accolto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi