Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-22, n. 202404551

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-22, n. 202404551
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404551
Data del deposito : 22 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/05/2024

N. 04551/2024REG.PROV.COLL.

N. 09819/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9819 del 2020, proposto da S s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore (C T), rappresentata e difesa dagli avvocati C C L G, A D, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C C L G in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24;

contro

Comune di Arco, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato B Z, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. 173/2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Arco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il consigliere P M e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Viste le conclusioni delle parti.


1. La società S s.r.l. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale T.R.G.A. della Provincia di Trento ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio, proposto dalla predetta società per l’annullamento del provvedimento del 18 febbraio 2020, prot. n. 0005101, con il quale il dirigente dell’Area tecnica del Comune di Arco ha respinto l’istanza di rilascio di permesso di costruire (presentata in data 21 gennaio 2019, prot. 2015) per un intervento di demolizione di una stalla e successiva realizzazione di un fabbricato da destinare ad usi abitativi.

2. L’odierna appellante premette quanto segue.

2.1. Dichiara di essere proprietaria nel Comune di Arco di più fondi confinanti, tavolarmente corrispondenti alle pp.ff. 1644/2, 1645, 1646, 1647 e 1648;
sulla p.f. 1644/2 è ubicato un manufatto (di circa mq. 107 netti), utilizzato fino all’anno 2007 quale ricovero/stalla per cavalli e poi successivamente dismesso da ogni tipo di utilizzo.

2.2. In particolare, il signor C T, legale rappresentante della società S s.r.l., ha utilizzato detta stalla e i terreni circostanti a titolo personale per l’allevamento di cavalli da equitazione e per il loro addestramento, fino a quando, per vicende di carattere personale, è stato costretto ad abbandonare tale attività.

La stalla è stata quindi dismessa, mentre i terreni circostanti sono stati affittati ad uso agricolo.

Il fondo su cui insiste la stalla (p.f. 1644/2) è destinato dal vigente p.r.g. di Arco in parte ad “ aree agricole di interesse locale ” ed in parte ad “ aree agricole di interesse provinciale ”, disciplinate rispettivamente dall’art. 40 e dall’art. 38 delle n.t.a. dello strumento urbanistico comunale

2.3. Con istanza presentata in data 21 gennaio 2019, prot. n. 2015, l’appellante ha richiesto al Comune di Arco, sulla base dell’art. 112, co. 11, della l.p. 15/2015 e dell’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco, il rilascio del permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione del predetto manufatto sito sulla p.f. 1644/2 (con nuovo sedime e ampliamento della volumetria), nonché per la riqualificazione energetica e il cambio di destinazione d’uso, per l’utilizzazione del fabbricato (ricostruito) a fini abitativi.

2.4. Con comunicazione del 12 febbraio 2019, prot. n. 0004283, il responsabile del procedimento del Comune di Arco ha chiesto la produzione di documentazione volta a dimostrare alcune circostanze di fatto.

Con lettera del 4 aprile 2019, la società S s.r.l. ha specificato che i terreni circostanti la stalla erano stati affittati a terzi, a partire dal 2007, per essere destinati ad uso agricolo, e che invece la stalla era stata dismessa;
a supporto di quanto sostenuto, ha allegato una dichiarazione dell’affittuario dei terreni (signor D G);
quanto al cavallo la cui presenza è stata registrata dalla amministrazione comunale in fotografie del 2014 e del 2016, l’appellante ha prodotto una dichiarazione a firma del proprietario del cavallo (signor A T), secondo la quale sarebbe stato autorizzato dal signor C T a far pascolare il proprio cavallo nella piccola striscia di prato posta tra la stalla e le coltivazioni agricole, con divieto di fruizione della stalla medesima.

2.5. Con deliberazione del 16 maggio 2019, n. 132/2019, la Commissione per la Pianificazione Territoriale e il Paesaggio della Comunità Alto Garda e Ledro ha espresso parere favorevole alla realizzazione del progetto edilizio presentato dalla società.

2.6. Con atto del 25 ottobre 2019, prot. n. 0030240, il dirigente dell’Area tecnica del Comune di Arco ha comunicato all’appellante il preavviso di diniego, sulla base della motivazione contenuta nel parere negativo della Commissione edilizia comunale, secondo la quale nel caso in esame “ Difetta il presupposto della dismissione del manufatto come imposto dall’art. 38, comma 9, delle N.T.A. del Piano Regolatore Generale, trattandosi di tettoia legittimata nell’anno 2005 dall’avente titolo quale stalla ed inserita in un contesto fondiario vocato ed utilizzato per l’esercizio dell’agricoltura. Oltre alla documentazione fotografica di qualche anno fa, che attesta l’esistenza di un cavallo nell’area pertinenziale alla tettoia, quest’ultima si presenta ancora oggi destinata all’esercizio agricolo in quanto insistente all’interno di fondi destinati alla coltivazione agricola e coltivati. La dismissione della tettoia/stalla deve avere carattere oggettivo e non soggettivo, non rilevando, né la dichiarazione del proprietario di averne personalmente cessato l’uso perché infortunato, né quella degli affittuari che affermano di aver avuto titolo alla coltivazione dei fondi e non all’utilizzo del manufatto agricolo ”.

Seguivano, in data 21 novembre 2019, le controdeduzioni di S s.r.l., con le quali, per un verso, veniva contestata la motivazione del preavviso di diniego, facendo presente che la coltivazione agricola dei fondi, a partire dalla fine del 2007, costituiva una prova della dismissione della stalla, per altro verso, veniva evidenziato che possono formare oggetto di recupero a fini abitativi non solo gli edifici esistenti, dismessi, anche parzialmente, dall’attività agricola prima del 26 marzo 2008, ma anche quelli con destinazione diversa da quella agricola (per i quali non è previsto il requisito della dismissione). Nel caso di specie, la stalla sarebbe stata destinata (in passato) all’allevamento intensivo di cavalli da equitazione (e, pertanto, utilizzata a fini industriali e non agricoli).

In data 6 gennaio 2020, la C.e.c. del Comune di Arco prendeva posizione in ordine alle controdeduzioni di S S.r.l., esprimendo parere negativo.

2.8. Con provvedimento del 17 febbraio 2020, prot. n. 0005101, il dirigente dell’Area tecnica del Comune di Arco, richiamato il parere negativo della Commissione edilizia comunale, ha respinto la richiesta di rilascio del permesso di costruire.

La società S s.r.l. ha impugnato il provvedimento di diniego davanti al T.r.g.a. della Provincia di Trento e il preavviso di diniego, censurando gli atti gravati sotto diversi profili.

2.9. Con sentenza n. 173/2020, il giudice di primo grado ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate nell’importo di € 2.000,00, oltre ad accessori di legge.

3. Tanto premesso, la società appellante ha contestato la sentenza impugnata con sei motivi, che nel prosieguo della presente decisione saranno oggetto di specifico esame.

3.1. In via istruttoria, la società appellante ha chiesto l’ammissione di prova per testi ex art. 63, co. 3, c.p.a., sui seguenti capitoli di prova, volti a dimostrare che risposta al vero:

- “ che la stalla edificata sulla p.f. 1644/2, C.C. Arco, è stata utilizzata dal signor C T, legale rappresentante di S S.r.l., per l’allevamento di cavalli da equitazione ”;

- “ che detta stalla è stata utilizzata fino alla fine del 2007, quando un grave incidente motociclistico ha costretto il signor C T ad abbandonare tale attività ”;

- “ che, a seguito della chiusura dell’attività di allevamento di cavalli da equitazione, la stalla è stata dismessa e i terreni ad essa circostanti sono stati affittati ad un agricoltore per la coltivazione di barbatelle e di mais ”;

- “ che, a far data dalla fine del 2007, la stalla di cui si verte è chiusa mediante recinzioni e fil di ferro e non è accessibile ”;

- “ che il cavallo visibile sul terreno della S S.r.l. nelle fotografie del 2014 e del 2016 agli atti del Comune di Arco, che si mostrano al teste, è di proprietà del signor A T ”;

- “ che detto cavallo ha sempre pascolato nel piccolo prato antistante la stalla senza mai trovare ricovero all’interno della stessa in quanto resa del tutto inaccessibile con recinzioni e fil di ferro ”;

- “ vero che il signor A T ha sempre prelevato il cavallo la sera stessa del giorno in cui veniva portato al pascolo e lo ha riportato nella sua stalla in Arco, località Pratosaiano ”.

3.2. Ha indicato quali testi da escutere: S T, D G, A T.

4. Si è costituito in giudizio il Comune di Arco, contestando la fondatezza delle deduzioni di parte appellante e chiedendo conseguentemente la reiezione del gravame.

5. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.

6. All’udienza pubblica dell’8 febbraio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7. Il presente giudizio ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il Comune di Arco ha respinto l’istanza presentata il 21 aprile 2019 (prot. 2015) dal signor T C, in qualità di legale rappresentante della società S s.r.l., finalizzata al rilascio di un permesso di costruire per la demolizione di una stalla (legittimata nel 2005) e per la realizzazione di un edificio con incremento di volumetria, a destinazione residenziale, in base alla invocata applicazione dell’art. 112, comma 11, della legge urbanistica provinciale n. 15/2015, secondo la quale “ Nelle aree destinate all’agricoltura gli edifici esistenti con destinazione diversa dall’attività agricola o dismessi, anche parzialmente, dall’attività agricola alla data di entrata in vigore della legge urbanistica provinciale 2008 possono formare oggetto degli interventi di recupero definiti dall’art. 77, comma 2 LP 15/2015….nei limiti previsti dal P.R.G. “.

7.1. Nel provvedimento del 17 febbraio 2020, prot. n. 0005101, il dirigente dell’Area tecnica del Comune di Arco, dopo aver richiamato il parere negativo espresso dalla Commissione edilizia comunale in data 6 gennaio 2020, ha respinto l’istanza di rilascio del permesso di costruire, sulla base della seguente motivazione: “ Il parere della Cec sopra riportato viene condiviso e se ne condividono e ripetono le motivazioni. La tettoia, mai concessionata perché realizzata senza titolo edilizio e legittimata in data 11 maggio 2005 dall’odierno richiedente in qualità di rappresentante legale della S S.r.l. mediante il pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 128, comma 2, della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22, non risulta, pertanto oggettivamente dismessa dall’attività agricola, né risultava dismessa alla data dichiarata dal privato - anno 2007 - avendo acquisito documentazione fotografica datata anno 2016 dalla quale emerge che fuori dalla tettoia c’è un cavallo al pascolo, come confermato anche dalla dichiarazione del signor Tranquillini Amedeo. L’art. 38 delle N.T.A. del P.R.G. di Arco fa riferimento ad edifici dismessi dall’attività agricola e concessionati prima del 6 novembre 1987. La tettoia, che al momento della legittimazione non era nemmeno qualificabile come edificio, è stata legittimata col pagamento della sanzione pecuniaria in data 11 maggio 2005. La mancanza di prova circa la dismissione della tettoia dalla data dichiarata dal privato, anzi la sussistenza di elementi che ne comprovano l’utilizzo agricolo oggettivo perché inserita in un recente attuale contesto coltivato e perché utilizzata dopo l’anno 2007 ancora quale ricovero per cavalli, è assorbente di ogni altra ragione di diniego del permesso di costruire per la trasformazione della medesima in residenza (assenza di titolo concessorio, data 6 novembre 1987 indicata nell’art. 38 N.T.A. del P.R.G. e qualificabilità della tettoia come edificio) ”.

8. Con il primo motivo di appello, l’odierna appellante fa rilevare che nel giudizio di primo grado aveva chiesto, in via istruttoria, l’ammissione di prova per testi ex art. 63, co. 3, c.p.c., qualora il giudicante lo avesse ritenuto necessario, al fine di dare dimostrazione di alcune circostanze di fatto.

8.1. Il giudice di primo grado ha disatteso tale richiesta, in quanto ritenuta non necessaria per decidere, evidenziando altresì “ i (…) fatti rilevanti - d’altra parte - non possono essere ricostruiti mediante testimonianze ma vanno, se del caso, desunti da mezzi documentali ”.

8.2. La società contesta tale ultima asserzione, facendo rilevare che il codice del processo amministrativo, all’art. 63, co. 3, dispone quanto segue: “ Su istanza di parte il giudice può ammettere la prova testimoniale, che è sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile ”.

Essendo la testimonianza un mezzo di prova ammesso nel processo amministrativo, mediante l’escussione dei testi indicati dall’appellante avrebbero potuto essere accertati fatti rilevanti ai fini del presente contenzioso.

8.3. Le doglianze sono infondate.

8.3.1. Non è in discussione la ammissibilità (in astratto) della prova testimoniale nel processo amministrativo, che è espressamente prevista dall’art. 63, comma 3, c.p.a.

8.3.2. In primo luogo, il Collegio deve rilevare che uno dei soggetti indicati quale teste (Tamburini Stefano) dalla società appellante, secondo quanto sostenuto dal Comune di Arco e non contestato dalla controparte, è socio della società medesima e quindi in conflitto di interesse rispetto all’oggetto della testimonianza.

8.3.3. In secondo luogo, la richiesta di ammissione della prova testimoniale in merito alle circostanze di fatto sopra indicate dalla società appellante richiede, ai fini della verifica della rilevanza del mezzo di prova richiesto, la previa allegazione di convincenti elementi di fatto, supportati da indizi, in ordine alla sussistenza dei presupposti per fruire degli eccezionali benefici previsti dalla legge provinciale n. 15/2015.

8.3.4. Orbene, per le ragioni che saranno meglio specificate nel prosieguo del presente provvedimento, l’appellante non ha fornito tali elementi che possano giustificare la ammissione della prova testimoniale sui capitoli di prova indicati dall’appellante.

9. Con il secondo motivo di appello, la società appellante fa rilevare che con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto le seguenti censure: eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà;
eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria;
eccesso di potere per erroneità, illogicità e contraddittorietà della motivazione;
conseguente violazione di legge per violazione dell’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento 4 agosto 2015, n. 15 e per violazione dell’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco;
violazione di legge per violazione dell’art. 10-bis della l. 241/1990 e dell’art. 27 della l.p. 23/1992.

9.1. Dopo aver richiamato l’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento n. 15/2015 e l’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del vigente p.r.g. di Arco, la società aveva evidenziato che le norme citate prevedono che gli edifici con destinazione diversa da quella agricola possono formare oggetto di recupero a fini abitativi.

Nel caso in esame, la stalla oggetto dell’intervento edilizio di demolizione e ricostruzione sarebbe stata utilizzata dal legale rappresentante di S s.r.l. (signor C T), a titolo personale, per l’allevamento di cavalli da equitazione;
ciò fino alla fine del 2007, quando vicende di carattere personale avrebbero costretto il signor C T a chiudere l’attività, con conseguente dismissione della stalla e utilizzazione dei terreni circostanti per la coltivazione agricola.

9.2. La ricorrente in primo grado aveva evidenziato che nel provvedimento di diniego l’amministrazione aveva contestato la sussistenza di un allevamento industriale di cavalli, introducendo (a suo giudizio) un elemento non evidenziato nel preavviso di rigetto e conseguentemente frustrando la partecipazione procedimentale.

In altri termini, la società S S.r.l. non avrebbe avuto la possibilità di fornire in sede procedimentale la prova del fatto che il signor C T aveva utilizzato la stalla in questione per l’allevamento intensivo di cavalli.

Secondo la parte, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto comunicare un secondo preavviso di diniego, al fine di consentire alla società di prendere posizione in merito.

9.3. Nella prospettazione difensiva dell’appellante, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo perché la stalla in questione sarebbe stata utilizzata per l’allevamento di cavalli da equitazione e quindi per attività non agricola;
pertanto, a prescindere dalla sua dismissione, detta stalla avrebbe potuto essere recuperata a fini abitativi.

9.4. L’amministrazione comunale ha evidenziato che la tettoia è stata oggetto, in passato, di procedimento di regolarizzazione edilizia nell’ambito del quale essa è stata qualificata come opera soggetta ad autorizzazione edilizia. Se si fosse trattato di una tettoia per l’allevamento intensivo di cavalli, l’opera avrebbe dovuto soggiacere a concessione edilizia e non avrebbe potuto neppure essere regolarizzata perché in contrasto con rilevanti interessi urbanistici, giacché l’art. 19 del piano urbanistico provinciale vigente allora escludeva di poter collocare gli allevamenti industriali nelle aree agricole di interesse primario.

9.5. Il giudice di primo grado ha ritenuto maggiormente plausibile la tesi della amministrazione, evidenziando altresì che la società non aveva depositato alcun documento a supporto dell’esercizio in loco di un’attività di allevamento intensivo di cavalli e che nel progetto allegato alla domanda di permesso di costruire si sarebbe fatto riferimento al recupero di un vecchio edificio ad uso agricolo per il ricovero e l’allevamento di cavalli.

9.6. La società appellante fa rilevare che, nella perizia di stima del 17 febbraio 2015, assunta nell’ambito del procedimento di regolarizzazione edilizia della tettoia, allora abusiva, l’Agenzia del Territorio aveva espressamente qualificato l’area in questione nei seguenti termini: “ C.C. Arco, pp.ff. 1644/2, 1645 e 1646: area agricola pianeggiante destinata alle attività ippiche, sita in località “San Giorgio” di Arco, a confine con il campo sportivo Comunale ”.

A giudizio dell’appellante, ai fini della sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di costruire, occorre fa riferimento all’utilizzo di fatto dell’immobile e non alla sua qualificazione giuridica con riferimento al diverso procedimento di regolarizzazione edilizia: l’utilizzo della tettoia per l’allevamento di cavalli da equitazione sarebbe stato accertato dall’Agenzia del Territorio, in sede di perizia di stima.

Se poi l’amministrazione comunale ha errato, al tempo, la qualificazione giuridica dell’abuso o la valutazione del contrasto o meno dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ciò non potrebbe rendere agricola una tettoia, che, di fatto, è sempre stata utilizzata per l’allevamento intensivo dei cavalli da equitazione.

Quanto poi al deposito della documentazione fiscale inerente all’attività di allevamento intensivo di cavalli, ha evidenziato che sono passati oltre dieci anni dal momento della chiusura dell’attività, con la conseguenza che la relativa documentazione è stata completamente distrutta.

La circostanza che la stalla sia stata utilizzata per l’allevamento e l’addestramento intensivo di cavalli da equitazione sarebbe stata attestata dal signor C T, con la nota del 4 aprile 2019, non contestata dall’amministrazione comunale nel preavviso di diniego.

La contestazione di tale circostanza (ossia l’allevamento intensivo di cavalli esercitato del signor C T) sarebbe avvenuta solamente nel diniego finale in sede di replica alle controdeduzioni presentate dall’appellante. Di qui l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto i plurimi profili di eccesso di potere e di violazione di legge specificamente individuati nel motivo di ricorso, a cui si fa integrale richiamo.

9.7. Il motivo è infondato.

9.7.1. La parte appellante parte da un assunto che è infondato giuridicamente.

9.7.2. Ai fini dell’accesso ai benefici previsti dalla legge provinciale non rilevano in via esclusiva le circostanze di fatto allegate dalla società appellante, ma la qualificazione giuridica della fattispecie concreta.

Sotto il profilo della qualificazione giuridica, non è giuridicamente irrilevante il fatto che il manufatto in questione non è stato mai oggetto di concessione edilizia (neppure in sanatoria), ma di semplice regolarizzazione edilizia, essendo stato qualificato come manufatto soggetto ad autorizzazione edilizia.

9.7.3. Orbene, l’odierna appellante sostiene che il “ signor C T, a titolo personale ” avrebbe svolto attività di allevamento intensivo di cavalli da equitazione, utilizzando la stalla in questione, ma di tale circostanza non vi è alcuna prova documentale idonea.

9.7.4. Anche la nota del 17 febbraio 2015 dell’Agenzia del Territorio, secondo la quale l’area in questione sarebbe stata “ destinata alle attività ippiche ” non giova alla tesi dell’appellante, in quanto svolgere attività ippiche non significa gestire un’attività di allevamento intensivo di cavalli, che costituisce attività di natura imprenditoriale e richiede l’esecuzione di precisi adempimenti di natura amministrativa, contabile, fiscale, di sanità veterinaria, etc.

Di tutto questo non vi è alcuna traccia documentale.

9.7.5. Oltre a ciò, il manufatto in questione (secondo quanto rappresentato dal Comune di Arco e non smentito dalla controparte) non è strutturalmente idoneo allo svolgimento di un’attività di allevamento intensivo di cavalli.

9.7.6. Anche le doglianze relative alla partecipazione procedimentale si rivelano prive di fondamento;
nel corso del procedimento la società ha evidenziato la circostanza dedotta anche in questa sede (ossia, l’asserito svolgimento di attività di allevamento intensivo di cavalli);
tale circostanza è stata valutata sia dalla Commissione edilizia comunale che dal dirigente, ma è stata ritenuta non plausibile, con motivazione immune dalle dedotte censure.

10. Con il terzo motivo di appello, la società fa rilevare che con il secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto: eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà;
eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria;
eccesso di potere per erroneità, illogicità e contraddittorietà della motivazione e per motivazione apparente;
conseguente violazione di legge per violazione dell’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento 4 agosto 2015, n. 15 e per violazione dell’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco.

10.1. Nel predetto motivo aveva evidenziato che, anche voler qualificare come agricola l’attività esercitata dal signor C T, il Comune di Arco avrebbe dovuto comunque rilasciare il permesso di costruire, integrandosi, nel caso di specie, l’ipotesi, prevista dall’art. 112 della l.p. n. 15/2015 e dall’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco, secondo la quale gli edifici esistenti dismessi, anche parzialmente, dall’attività agricola, prima del 26 marzo 2008, possono essere recuperati a fini abitativi, anche mediante un intervento di demolizione e ricostruzione.

Nel caso in esame, infatti, la stalla sarebbe stata utilizzata dal signor C T fino alla fine del 2007, quando, per motivi di carattere personale, questi ha dovuto cessare l’attività di allevamento intensivo di cavalli da equitazione.

A partire da quel momento, la stalla sarebbe stata dismessa e chiusa mediante recinzioni.

10.2. A fronte della richiesta dell’amministrazione comunale di fornire la prova dell’avvenuta dismissione (anche alla luce di documentazione fotografica reperita dal Comune, dalla quale risulta la presenza di un cavallo nei pressi della stalla nel 2014 e nel 2016), la società, con lettera del 4 aprile 2019, aveva sostenuto che i terreni circostanti la stalla erano stati affittati a terzi, a partire dal 2007, per finalità agricole.

10.3. A conferma delle sue affermazioni, la società ha prodotto una dichiarazione a firma dell’affittuario dei terreni (signor D G), nella quale questi attestava di aver utilizzato in via esclusiva i terreni agricoli e di non avere avuto il permesso di utilizzare la stalla presente in loco.

10.4. Quanto al cavallo rilevato nelle fotografie del 2014 e del 2016 (agli atti dell’amministrazione), la società aveva prodotto una dichiarazione a firma signor A T, nella quale questi dichiarava di essere stato autorizzato dal signor C T a far pascolare il proprio cavallo nella piccola striscia di prato posta tra la stalla e le coltivazioni agricole, con divieto di fruizione della stalla stessa.

10.5. L’amministrazione comunale, sia nel preavviso di diniego che nel provvedimento finale, sostiene che non sarebbe stata fornita la prova in ordine alla dismissione della stalla a far data dalla fine del 2007 e che sussisterebbero elementi che comprovano l’utilizzo a fini agricoli della stalla, giacché (oggettivamente) inserita in un contesto agricolo.

La motivazione addotta del Comune per sostenere l’asserito utilizzo della stalla anche dopo il 2007 sarebbe erronea, contraddittoria, illogica e apparente, nonché frutto di un’istruttoria carente e insufficiente, di una inadeguata e parziale valutazione degli elementi probatori forniti e di una falsa rappresentazione della realtà.

10.6. Il giudice di primo grado ha ritenuto infondate anche tali doglianze sul presupposto che, essendo il manufatto in esame inserito in un contesto agricolo e non essendo stato né intavolato né accatastato, sarebbe per sua natura destinato ad esser utilizzato a fini agricoli.

La società appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, ritenendo sussistenti tutti i presupposti per fruire dei benefici di cui all’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento n. 15/2015 in relazione alla ritenuta dismissione dell’attività agricola con riguardo alla stalla.

10.7. Il motivo è infondato.

10.7.1. Il manufatto in questione (costituito da una tettoia, con pavimento in cemento, aperta su due lati), sotto il profilo giuridico, non può essere considerato in maniera disgiunta dall’area agricola su cui insiste;
trattasi di una struttura che (anche nelle pratiche relative alla sua legittimazione) è stata configurata come funzionale allo svolgimento dell’attività agricola (per il ricovero degli animali e per il deposito degli attrezzi agricoli).

10.7.2. Non è dunque verosimile una valutazione della predetta struttura, sotto il profilo giuridico, in maniera autonoma e indipendente dal fondo su cui insiste (non sono stati prodotti neppure i contratti di affitto del fondo).

10.7.3. Con riguardo alle dichiarazioni prodotte in giudizio, il Collegio deve rilevare, in primo luogo, che le dichiarazioni rese dal signor Ghezzi Devid e dal signor Tranquillini Amedeo non sono state rese nelle forme previste per le dichiarazioni sostitutive di atto notorio (di cui agli artt. 19 e 47 del d.P.R. n. 445/2000).

10.7.4. In secondo luogo, esse non hanno alcuna valenza probatoria ai fini del presente giudizio, atteso che “ l’attitudine certificativa e probatoria della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e delle autocertificazioni o autodichiarazioni è limitata a specifici status o situazioni rilevanti in determinate attività o procedure amministrative e non vale a superare quanto attestato dall'amministrazione, sino a querela di falso, dall’esame obiettivo delle risultanze documentali ” (Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2018, n. 3143;
sez. V, 20 maggio 2008, n. 2352).

11. Con il quarto motivo di appello, la società appellante fa rilevare che con il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto: eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà;
eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria;
eccesso di potere per motivazione carente e insufficiente, contraddittoria e illogica;
conseguente violazione di legge per violazione dell’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento 4 agosto 2015, n. 15 e per violazione dell’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco.

11.1. Aveva evidenziato che l’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento n. 15/2015 e l’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco prevedono comunque che la dismissione, a far data dal 26 marzo 2008, possa essere anche solo parziale, non essendo necessaria la dismissione totale.

11.2. Nel caso che ci occupa, l’amministrazione avrebbe sostanzialmente fondato il diniego del permesso di costruire sul presupposto della presenza di un cavallo all’interno della proprietà della società, rilevato in fotografie successive al 2008 (nel 2014 e nel 2016).

Orbene, anche ad ammettersi che tale cavallo fosse ricoverato nella stalla in questione, la motivazione del Comune di Arco sarebbe carente e insufficiente, perché non spiegherebbe in alcun modo per quale ragione non possa configurarsi in specie neppure una dismissione parziale, stante la presenza di un unico cavallo.

11.3. Il giudice di primo grado ha ritenuto infondato tale motivo di ricorso, richiamando le argomentazioni precedentemente svolte e aggiungendo il fatto che la dismissione parziale sarebbe configurabile solamente ove l’inibizione riguardasse porzioni ben definite del fabbricato.

11.4. La società appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, sostenendo che, anche a voler ammettere che il cavallo fosse ancora presente all’interno della stalla, si sarebbe comunque trattato di un utilizzo parziale della stalla, che è suddivisa in vari box, individuati fisicamente da divisorie in legno.

11.5. Il motivo è infondato.

11.5.1. La tesi della dismissione parziale della stalla non può essere condivisa, atteso che la società appellante non ha dimostrato (come era suo onere, in base al principio della vicinanza o della riferibilità della prova), che la stalla, sotto il profilo strutturale, si presentava idonea ad una utilizzazione parziale (il fatto che vi fosse ricoverato solo un cavallo non è elemento idoneo a comprovare una dismissione parziale della stalla).

11.5.2. Oltre a ciò, la società ha presentato un progetto edilizio che prevede l’utilizzazione dell’intera volumetria della stalla per la realizzazione di un nuovo fabbricato (ulteriormente incrementata in base alle previsioni della legge provinciale) e non l’utilizzazione di quota parte della volumetria della stalla oggetto dell’intervento di demolizione e ricostruzione.

12. Con il quinto motivo di appello, l’odierna appellante fa rilevare che con il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto: violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 112, co. 11, della l.p. di Trento 4 agosto 2015, n. 15 e per violazione e falsa applicazione dell’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco;
violazione di legge per violazione dell’art. 3 co. 1, lett. t), della l.p. 4 agosto 2015, n. 15;
eccesso di potere per erroneità della motivazione. Ancora: violazione di legge per violazione dell’art. 10-bis della l. 241/1990 e dell’art. 27 della l.p. 23/1992.

12.1. La società si era soffermata sul fatto che (secondo l’amministrazione comunale) la stalla non sarebbe qualificabile come edificio, nonché sul fatto che la medesima non sarebbe stata concessionata prima del 6 novembre 1987, ma legittimata mediante il pagamento di una sanzione pecuniaria in data 11 maggio 2005.

12.1.1. Quanto al primo profilo (qualificazione della stalla come edificio), aveva evidenziato che l’art. 3, co. 1, lett. t), della l.p. 4 agosto 2015, n. 15, definisce edificio o fabbricato “ qualsiasi manufatto che origina un volume edilizio o una superficie coperta ”.

Nel caso in esame, risulterebbe evidente dalla documentazione fotografica allegata alla istanza di permesso di costruire che la stalla in questione è a tutti gli effetti un volume, essendo chiusa su ben quattro lati.

12.1.2. Quanto al secondo profilo (ossia, al fatto che la stalla sia stata concessionata prima del 6 novembre 1987) aveva sostenuto che tale elemento non rileva per accedere ai benefici di cui all’art. 112, co 11, della l.p. n. 15/2015.

12.2. Di qui la dedotta illegittimità del diniego del permesso di costruire per violazione dell’art. 112, co. 11, della l.p. n. 15/2015 e per falsa applicazione dell’art. 38, co. 9, delle n.t.a. del p.r.g. di Arco.

12.3. Il Tribunale amministrativo di Trento ha ritenuto inammissibile il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio, sul presupposto che gli elementi sopra richiamati non sono stati posti a fondamento del provvedimento di rigetto della istanza.

L’appellante ripropone il motivo di ricorso in via prudenziale.

12.4. Il motivo è infondato, per difetto di interesse.

12.4.1. Come evidenziato, al punto 9.7.2. del presente provvedimento, il regime giuridico della stalla non è irrilevante ai fini della ammissione ai benefici previsti dalla legge provinciale.

Nel caso di specie, la società appellante pretende di realizzare un intervento di demolizione e ricostruzione a fini abitativi di un manufatto che non è mai stato oggetto di concessione edilizia (neppure, in sanatoria).

12.4.2. Oltre a ciò, il provvedimento di diniego è motivato sotto plurimi profili, che, per le ragioni sopra indicate, resistono alle deduzioni di parte appellante.

13. Con l’ultimo motivo di appello, la società appellante censura il capo di sentenza relativo alla condanna alle spese di giudizio.

13.1. Il motivo è infondato.

In relazione alla palese infondatezza del ricorso introduttivo del giudizio, il giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione delle norme processuali in materia di spese di giudizio, che sono poste ordinariamente a carico della parte soccombente.

14. In conclusione, il ricorso in appello si rivela infondato e va respinto.

15. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, sono poste a carico della parte soccombente.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi