Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-05-24, n. 201602200

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-05-24, n. 201602200
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602200
Data del deposito : 24 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03580/2009 REG.RIC.

N. 02200/2016REG.PROV.COLL.

N. 03580/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 3580 del 2009, proposto dai signori U C, rappresentato e difeso dall’avv. T C, con domicilio eletto presso l’avv. Filippo Lattanzi in Roma, via G.P. da Palestrina, 47, e A C, rappresentato e difeso dagli avv.ti V M, A V e A L, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Fontanella Borghese, 72,

contro

il COMUNE DI SPINETOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti P R e L R, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Pia Domanico in Roma, via Velletri, 24,

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del T.A.R. delle Marche, Sezione Prima, nr. 1913/2008, depositata in Segreteria in data 13 novembre 2008, sui ricorsi nn. 971/2006 e 762/2007, presentati dai predetti ricorrenti contro il Comune di Spinetoli.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Spinetoli;

Viste le memorie prodotte dagli appellanti (in date 24 marzo e 8 aprile 2016) e dal Comune di Spinetoli (in data 29 marzo 2016) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Voltaggio per l’appellante signor Amalio Camaioni e l’avv. Maria Pia Domanico (su delega dell’avv. P R) per il Comune;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I signori Umberto e Amalio Camaioni hanno impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. delle Marche, previa loro riunione, ha respinto il ricorso dagli stessi proposto avverso gli atti del Comune di Spinetoli relativi all’occupazione d’urgenza di immobili in loro proprietà per la realizzazione della Circonvallazione Est nonché avverso i retrostanti atti di approvazione del relativo progetto, e ha dichiarato improcedibile l’ulteriore ricorso proposto avverso la successiva ordinanza sindacale di sgombero e demolizione dell’edificio interessato dalla precedente occupazione.

2. L’appello risulta affidato al seguente articolato motivo in diritto: violazione di legge;
eccesso di potere;
sviamento dall’interesse pubblico;
sviamento della causa tipica;
illogicità manifesta;
presupposto erroneo e difetto assoluto di istruttoria;
carenza di motivazione;
contraddittorietà (in relazione alla non necessità della demolizione dell’immobile degli istanti ai fini della realizzazione dell’opera, alla mancata previsione di tale demolizione nella richiesta di finanziamento alla Regione Marche, alla mancanza dei presupposti per il ricorso all’occupazione d’urgenza ed alla procedura accelerata di cui agli artt. 9 e segg. del d.P.R. 8 giugno 2001, nr. 327).

Inoltre, gli appellanti hanno riproposto ex extenso le censure formulate nel secondo ricorso, dichiarato improcedibile dal T.A.R. adìto.

3. Si è costituito il Comune di Spinetoli, il quale, oltre a opporsi nel merito all’accoglimento delle doglianze attoree, ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per genericità (non contenendo lo stesso le specifiche critiche alla sentenza di primo grado, ma essendo anzi incentrato sulla mera riproduzione delle censure formulate negli atti introduttivi del giudizio) ed inoltre ha reiterato, ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., le eccezioni sollevate in primo grado – sotto il profilo dell’omessa evocazione in giudizio della Provincia di Ascoli Piceno e della tardività del primo ricorso di primo grado -, non esaminate dal T.A.R.

4. Con apposite memorie, le parti hanno replicato agli argomenti ex adverso svolti ed hanno altresì sviluppato ulteriormente le rispettive tesi.

5. All’udienza del 28 aprile 2016, il Collegio ha segnalato alle parti, ai sensi del comma 3 dell’art. 73 cod. proc. amm., la possibile sussistenza di ragioni di irricevibilità del gravame;
sul punto, le parti hanno interloquito ed all’esito la causa è passata in decisione.

6. Tutto ciò premesso, va rilevata d’ufficio l’irricevibilità dell’appello per tardività del deposito dello stesso rispetto al termine dimidiato previsto dall’art. 23- bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034 (applicabile ratione temporis alla presente controversia): infatti, il presente gravame risulta depositato in data 27 aprile 2009, e quindi oltre il quindicesimo giorno dalla sua ultima notifica, avvenuta il precedente 7 aprile.

Ed invero, trattandosi nella specie di giudizio proposto in relazione ad atti relativi a procedura di occupazione ed espropriazione di immobili ai fini della realizzazione di opere pubbliche, non è dubitabile che dovesse trovare applicazione lo speciale rito all’uopo previsto dalla lettera b ) del comma 1 della norma dianzi citata (e, oggi, dall’art. 119, comma 1, lettera f ), cod. proc. amm.), con la conseguente necessità di rispettare i termini dimezzati per esso imposti.

7. Il profilo di rito testé evidenziato risulta assorbente delle altre preliminari eccezioni sollevate dall’Amministrazione appellata (talune delle quali, peraltro, a loro volta tutt’altro che destituite di fondatezza) nonché di ogni ulteriore questione di merito.

8. Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

9. Il Collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di irricevibilità dell’appello si basa, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste, e cioè sull’applicazione di norma da lungo tempo in vigore e certamente applicabile alla fattispecie esaminata, in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 1, cod. proc. amm. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sez. V, 21 novembre 2014, nr. 5757;
id., 11 giugno 2013, nr. 3210;
id., 31 maggio 2011, nr. 3252;
id., 26 marzo 2012, nr. 1733, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lettera d ), cod. proc. amm. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria).

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul punto in esame sono state, nella sostanza, recepite dalla novella recata all’art. 26 cod. proc. amm. dal decreto-legge 24 giugno 2014, nr. 90, e in particolare:

a ) l’art. 26, comma 1, che rinviava (e rinvia) all’art. 96 cod. proc. civ., prevedeva la condanna, su istanza di parte, al risarcimento del danno se la parte ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (art. 96, comma 1, cod. proc. civ.), nonché la condanna anche d’ufficio in favore dell’altra parte, di una somma equitativamente determinata;

b ) il d.l. nr. 90 del 2014 ha inciso sia sull’art. 26, comma 1, cod. proc. amm., in termini generali applicabile per tutti i riti davanti al giudice amministrativo, sia sull’art. 26, comma 2, cod. proc. amm., in termini specifici applicabile solo per il rito in materia di appalti;

c) sebbene l’art. 26, comma 1, cod. proc. amm. continui a richiamare l’art. 96 cod. proc. civ. in tema di lite temeraria, esso detta ora una regola più specifica, stabilendo che in ogni caso il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, comunque non superiore al doppio delle spese liquidate, in presenza di motivi manifestamente infondati.

La condanna dell’originario ricorrente ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2- quinquies , lettere a ) e f ), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, nr. 208.

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