Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-03-08, n. 202402283
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Testo completo
Pubblicato il 08/03/2024
N. 02283/2024REG.PROV.COLL.
N. 06612/2023 REG.RIC.
N. 06739/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6612 del 2023, proposto da
G L, G A e B M, tutti in qualità di chiamati all’eredità del Signor G V, titolare dell’Azienda Agricola G V, rappresentati e difesi dall’avvocato P B, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo e Giuseppe Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
contro
AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura), ADER (Agenzia delle Entrate - Riscossione), in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
sul ricorso numero di registro generale 6739 del 2023, proposto da
AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e ADER (Agenzia delle Entrate - Riscossione), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Luigi Guarneri, Alberto Guarneri, Marisa Bresciani, rappresentati e difesi dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n.30;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione Staccata di Brescia (sezione Seconda) n. 00090/2023, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) e di ADER (Agenzia delle Entrate Riscossione) e di Luigi Guarneri, Alberto Guarneri e Marisa Bresciani;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2024 il Cons. S L V e uditi per le parti l’avvocato P B e l’Avvocato dello Stato Massimo di Benedetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Oggetto del giudizio sono le seguenti intimazioni di pagamento notificate da ADER in data 15 dicembre 2021:
- intimazione di pagamento 022 2021 90018328 49/000 dell’importo di € 1.151.543,79 notificata alla signora Bresciani Marisa;
- intimazione di pagamento 022 2021 900 18329 50/000 dell’importo di € 1.151.542,79 notificata al signor Guarneri Alberto;
- intimazione di pagamento 022 2021 90018324 45/000 dell’importo di € 1.151.489,39 notificata al signor G L.
Dette intimazioni hanno ad oggetto un credito vantato da AGEA e riguardante somme dovute a titolo di “quote latte” dal sig. G V, titolare dell’omonima Azienda, deceduto il 14 maggio 2018 e alla cui eredità sono chiamati i tre privati odierni appellanti nei confronti dei quali, in solido, AGEA avanza la propria pretesa creditoria.
2. Con riguardo al medesimo credito, AGEA aveva in precedenza notificato al sig. G V la cartella 300 2015 00000074 23 000. Il TAR Brescia, a seguito di impugnazione all’epoca proposta dal medesimo sig. V G, con sentenza n. 180 del 6 febbraio 2017 (confermata da Cons. St., Sez. III, 7 giugno 2022 n. 4644), ha annullato la suddetta cartella, ravvisando una contraddizione tra la richiesta di versamento immediato dell’intero prelievo supplementare e la precedente concessione della rateizzazione. L’annullamento è stato accompagnato da prescrizioni conformative, in quanto all’azienda agricola è stato imposto il versamento integrale delle rate già scadute, ed era inoltre precisato che nel caso di mancato versamento entro il termine di 60 giorni dal deposito della sentenza vi sarebbe stata decadenza dal beneficio della rateizzazione, con la conseguente esposizione al recupero coattivo dell’intero debito.
3. Le tre intimazioni di pagamento, notificate il 15 dicembre 2021, sono state impugnate davanti al Tar dagli odierni privati appellanti che hanno articolato i seguenti motivi di censura:
“I. Carenza di legittimazione passiva”.
“II. Prescrizione del diritto”.
“III. Il contrasto tra normativa interna e quella comunitaria in relazione all’intero meccanismo di determinazione del prelievo supplementare.”
“III. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Eccesso di potere come conseguenza della violazione della legge penale con riferimento agli artt. 479 e 323 c.p. Violazione dell’art. 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU. Il contrasto con gli esiti dell’istruttoria svolta in sede penale”.
“IV. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione sotto molteplici profili. Violazione di legge in relazione agli artt. 8-ter e 8-quinquies del decreto legge 10.2.2009 n. 5, convertito in legge 9.4.2009 n. 33 ed ai principi di buon andamento e trasparenza della P.A. di cui all’art. 97 Cost. Violazione di legge in relazione agli artt. 3 e 10 della legge 7.8.1990 n. 241”.
I ricorrenti hanno formulato, altresì, domanda cautelare e richiesta istruttoria volta ad ottener l’espletamento di una verificazione ovvero di una consulenza tecnica d’ufficio.
4. Il TAR, con ordinanza n. 174 del 21 febbraio 2022, ha accolto la domanda cautelare e ha inoltre disposto incombenti istruttori a carico dell’AGEA, con termine fino al 30 settembre 2022, allo scopo di chiarire il contenzioso proposto dall’azienda agricola nei confronti degli atti di accertamento o di intimazione del prelievo supplementare per la campagna oggetto del ricorso. Con depositi di data 5 e 28 ottobre 2022, l’AGEA ha prodotto una relazione sui fatti di causa e documenti.
5. A seguito dell’udienza pubblica del 16 novembre 2022, la causa è stata decisa dal Tar con la sentenza ora gravata che ha parzialmente accolto il ricorso.
In particolare, il Tar ha respinto il primo motivo di ricorso con cui si faceva valere il difetto di legittimazione passiva, ritenendo che “ la posizione di chiamati all’eredità, in mancanza di un curatore, conferisce la legittimazione passiva per quanto riguarda le intimazioni rivolte all’eredità giacente, e la legittimazione attiva per quanto riguarda le azioni dirette alla conservazione dei beni (v. art. 460 c.c.). In questo quadro, il termine decennale per l’accettazione (v. art. 480 c.c.) non impedisce all’amministrazione di recuperare i propri crediti rivolgendosi direttamente ai chiamati all’eredità. L’intimazione di pagamento può essere considerata equivalente a una messa in mora per la scelta tra accettazione o rinuncia (analogamente al meccanismo già disciplinato dall’art. 481 c.c.) ”.
Il Tar ha respinto, altresì, l’eccezione di prescrizione ritenendo che nel caso di specie, stanti anche gli atti interruttivi intervenuti, non fosse spirato il termine di prescrizione decennale.
Quanto alle restanti censure, il Tar, ravvisando una violazione del diritto comunitario nella determinazione degli importi dovuti, ha annullato le cartelle di pagamento impugnate stabilendo che AGEA, in sede di riedizione del potere, dovrà disapplicare le norme interne nonché i provvedimenti amministrativi incompatibili con il diritto europeo, ancorché divenuti inoppugnabili.
6. Avverso detta sentenza hanno proposto due separati appelli i sigg.ri G L, G V e B M, da un lato, e AGEA e ADER, dall’altro lato.
7. I tre privati appellanti impugnano in parte qua la sentenza di primo grado articolando due motivi di gravame.
Con il primo mezzo, gli appellanti contestano la sentenza laddove ha rigettato le deduzioni in punto di difetto di legittimazione passiva e rappresentano di essere esclusivamente chiamati all’eredità e che, pertanto, l’intimazione di pagamento non avrebbe potuto essere loro notificata.
Con il secondo mezzo, i detti appellanti contestano la sentenza laddove ha rigettato l’eccezione di prescrizione, deducendo che il primo giudice avrebbe utilizzato documenti tardivamente depositati in giudizio dalla difesa erariale ed invocando l’applicazione di un termine di prescrizione quadriennale in forza del Reg. CE n. 2988/1995.
8. AGEA e ADER impugnano, invece, la sentenza nella parte in cui ha annullato le intimazioni di pagamento prevedendo la disapplicazione degli atti presupposti contrastanti con il diritto comunitario, disapplicazione che, ad avviso della difesa erariale, non sarebbe ammissibile dal momento che anche gli atti amministrativi contrastanti con il diritto comunitario devono seguire il regime proprio della annullabilità, con conseguente onere per la parte di impugnare i medesimi entro il termine di decadenza.
9. Da ultimo, in vista dell’udienza, i privati appellanti hanno depositato un atto pubblico del 29 gennaio 2024 con cui hanno rinunciato all’eredità del sig. V G.
10. All’udienza del 15 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio riunisce i due ricorsi in appello trattandosi di impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza.
2. Deve in primo luogo esaminarsi il primo motivo proposto dai privati odierni appellanti riguardante il loro difetto di legittimazione passiva in quanto meri chiamati all’eredità.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Il creditore che agisce per il recupero dei debiti del de cuius deve provare la legittimazione passiva della propria controparte, non essendo sufficiente la mera qualità di chiamato all’eredità in quanto solo l’erede succede nei rapporti obbligatori del de cuius , dal lato attivo ovvero dal lato passivo, mentre il chiamato all’eredità ne rimane estraneo.
2.3. La giurisprudenza della Corte di cassazione ha al riguardo affermato che: « la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione mediante "aditio" oppure per effetto di "pro herede gestio" oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c. (...). In considerazione di ciò, spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, l'onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell'art. 2697 c.c., "l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede".(Vedi Cass. n. 2820 del 2005, conforme Cass. n. 10525 del 2010 e n. 21436 del 2018);si è quindi ritenuto che "In tema di successioni ‘mortis causa’, ai fini dell'acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell'eredità che segue l'apertura della successione, essendo necessaria l'accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza" (Vedi Cass. n. 5247 del 2018)» (Cass. Civile, sez. trib., 12 aprile 2022, n. 11832;cfr. anche Cass. Civile, sez. trib., 31 marzo 2022, n. 10387).
2.4. Né può ritenersi, come affermato dal Tar, che la legittimazione a ricevere l’intimazione di pagamento e ad impugnare la medesima rientri tra i poteri conservativi attribuiti al chiamato all’eredità dall’art. 460 c.c., dal momento che l’art. 486 c.c. prevede che la legittimazione passiva a stare in giudizio in rappresentanza dell’eredità sussiste in capo al chiamato nel solo caso in cui questi si trovi nel possesso dei beni ereditari, circostanza che non è stata né allegata né provata da AGEA nel presente caso. Del resto, laddove il mero chiamato impugnasse l’atto impositivo, al medesimo notificato e portante i debiti del de cuius, senza eccepire il proprio difetto di legittimazione, tale comportamento rappresenterebbe una accettazione tacita dell’eredità ex art. 476 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. V, ord. 29 ottobre 2020, n. 23989).
2.5. L’amministrazione creditrice non rimane priva di strumenti volti a fronteggiare l’incertezza, nella realizzazione della pretesa impositiva, derivante dal protratto stato di delazione ereditaria, spettando ad essa la possibilità di far fissare un termine per l'accettazione ex art. 481 c.c., ovvero di far nominare un curatore dell’eredità ex art. 528 c.c. Così come, una volta intervenuta la rinuncia all’eredità - che, peraltro, potrebbe in seguito essere revocata ex art. 525 c.c. - il creditore potrà, se del caso, farne valere l’inefficacia mercé una precedente accettazione ovvero impugnarla ex art. 524 c.c.
L’accostamento, operato dal Tar, della notifica della cartella di pagamento ad una actio interrogatoria non appare corretto, dal momento che tale istituto prevede che sia l’autorità giudiziaria, interpellata da chi vi abbia interesse, ad assegnare al chiamato un termine entro il quale accettare o rinunciare all’eredità. La notifica della cartella di pagamento non può adempiere a tale scopo avendo presupposti e funzioni diversi rispetto a quelli dell’istituto di cui all’art. 481 c.c.
2.6. Nel caso di specie, AGEA si è limitata a notificare le intimazioni di pagamento portanti il debito del de cuius agli odierni privati appellanti senza allegare né provare la sussistenza delle condizioni che legittimavano i medesimi a ricevere detto atto.
2.7. L’Avvocatura sostiene che la questione circa il difetto di legittimazione passiva sarebbe, in alternativa, tardiva, perché doveva esser fatta valere nel giudizio contro la cartella presupposta, ovvero prematura, in quanto si dovrebbe far valere avverso i successivi atti di esecuzione. La tesi è infondata in quanto: i) la cartella presupposta era stata notificata al sig. Vincenzo Guarnirei il quale aveva provveduto ad impugnarla quando era ancora in vita e, quindi, all’epoca nessuna eccezione poteva essere opposta dagli odierni privati appellanti essendo corretta l’individuazione del debitore effettuata dall’amministrazione al momento dell’adozione dell’atto;ii) come sopra esposto, anche la pretesa creditoria espressa a mezzo di intimazione di pagamento, e non solo i successivi atti di esecuzione forzata, deve essere avanzata, a tutela del contraddittorio procedimentale e processuale, nei confronti del soggetto effettivamente legittimato a riceverla.
2.8. Le intimazioni di pagamento impugnate, pertanto, sono illegittime. Deve precisarsi che l’annullamento di tali atti, anche in considerazione della natura autoritativa degli stessi (cfr., Cass., Sez. Un., ordinanze 5 dicembre 2018, nn. 31370 e 31371;Cons. St, sez. III, 7 dicembre 2023, n. 1318) e della tutela caducatoria chiesta a questo Giudice dai privati odierni appellanti, non comporta un accertamento negativo circa l’esistenza della posizione debitoria ovvero di quella creditoria. Pertanto, a fronte dell’annullamento delle intimazioni di pagamento e fermo il giudicato formatosi sulla cartella presupposta, AGEA ed ADER, oltre a potersi se del caso avvalere dei rimedi civilistici a tutela del creditore dell’eredità, potranno riesercitare il potere adottando nuovi atti con cui individuare il soggetto legittimato passivo della propria pretesa ed esigere gli importi dovuti.
2.9. In conclusione, il primo motivo di appello deve essere accolto con riforma sul punto della sentenza di primo grado e, per l’effetto, con accoglimento del primo motivo del ricorso di primo grado e conseguente annullamento delle intimazioni di pagamento impugnate, salvo il riesercizio del potere da parte dell’amministrazione.
3. Il secondo motivo di appello, avente ad oggetto la prescrizione del credito, può di conseguenza essere assorbito, tanto più che i privati appellanti, quali rinuncianti all’eredità, non hanno interesse sul punto.
4. Il Collegio può, quindi, passare ad esaminare l’appello di AGEA e di ADER, che impugnano i restanti capi della sentenza del Tar con i quali il Giudice di primo grado ha annullato gli atti per la loro ritenuta anticomunitarietà, ordinando all’amministrazione il ricalcolo del credito.
4.1. L’appello è fondato essendo errata la pronuncia del Tar laddove ha ritenuto che l’amministrazione, in sede di riesercizio del potere, debba disapplicare gli atti amministrativi presupposti alle intimazioni di pagamento in ragione del supposto contrasto con il diritto euro-unitario e del principio di leale collaborazione di cui all’art. 4 TUE.
La violazione del diritto comunitario comporta un vizio d’illegittimità con conseguente annullabilità dell’atto amministrativo con esso contrastante, da ciò discendendo un duplice ordine di conseguenze: sul piano processuale l’onere dell’impugnazione del provvedimento contrastante con il diritto europeo davanti al giudice amministrativo entro il termine di decadenza, pena l’inoppugnabilità del provvedimento stesso e, sul piano sostanziale, l’obbligo per l’amministrazione di dar corso all’applicazione dell’atto, fatto salvo l’esercizio del potere di autotutela. La nullità dei provvedimenti amministrativi per contrasto con il diritto dell’Unione Europea è configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento amministrativo nazionale sia stato adottato sulla base di una norma interna attributiva del potere incompatibile con il diritto europeo e quindi disapplicabile, e tale ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame (cfr., tra tante, Cons. St., sez. VI, 29 novembre 2023, n. 10303 e Id. 20 dicembre 2023, n. 11050).
L’appello di AGEA e di ADER, pertanto, merita accoglimento e, per l’effetto, in riforma della sentenza di prime cure, devono essere rigettati i motivi del ricorso di primo grado accolti dal Tar.
5. In conclusione, i due appelli devono essere accolti per le ragioni sopra esposte e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere accolto limitatamente al primo motivo dello stesso, con conseguente annullamento delle intimazioni di pagamento impugnate e salvo il riesercizio del potere da parte dell’amministrazione.
Stante la complessità e la peculiarità della controversia, le spese del doppio grado di giudizio devono essere compensate.