Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-27, n. 202000662

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-27, n. 202000662
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000662
Data del deposito : 27 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/01/2020

N. 00662/2020REG.PROV.COLL.

N. 01484/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1484 del 2019, proposto dalla società Eni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, piazza Barberini n. 12;

contro

la Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini n.36;

nei confronti

del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero della salute e del Ministero dello sviluppo economico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Laura Marasco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
del Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Bruno Decorato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
dell’Azienda sanitaria locale di Taranto, dell’Agenzia regionale sanitaria della Regione Puglia, della Provincia di Taranto e della Enipower S.p.a. non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del

TAR

Puglia, sede di Bari, sezione I, 5 luglio 2018 n.996, che ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 1771/2012 R.G. integrato da motivi aggiunti proposto per l’annullamento del regolamento della Regione Puglia 3 ottobre 2012 n.24, pubblicato sul Bollettino ufficiale -B.U. Puglia 5 ottobre 2012, n. 145, che ha fissato le linee guida per l’attuazione della l.r. 24 luglio 2012 n.21 recante “ Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale ”;

e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni sopraindicate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. F G S e uditi per le parti gli avvocati S G, A B, Bruno Decorato e Laura Marasco e l'avvocato dello Stato Verdiana Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente appellante è un’industria petrolchimica, la quale gestisce per quanto qui interessa un impianto che si trova a Taranto, è soggetto a valutazione di impatto ambientale – VIA e ad autorizzazione integrata ambientale – AIA, ed è compreso nel relativo sito di interesse nazionale, dichiarato area ad elevato rischio di crisi ambientale con deliberazione del Consiglio dei Ministri 30 novembre 1990 (v. sentenza di I grado pp. 2-3;
si tratta comunque di fatti da ritenere localmente notorio);
ha impugnato in questa sede gli atti meglio indicati in epigrafe, ritenendosi pregiudicata dagli adempimenti da essi programmati in tema di valutazione del danno sanitario-VDS, nei termini che seguono.

2. Gli adempimenti in questione derivano dalla normativa che ora si espone.

2.1 In primo luogo, la Regione Puglia ha approvato la l.r. 24 luglio 2012 n. 21, recante “ Norme a tutela della salute, dell'ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi già dichiarate a elevato rischio ambientale ”, al dichiarato scopo – come afferma il comma 1 dell’art. 1 di essa- di “ prevenire ed evitare un pericolo grave, immediato o differito, per la salute degli esseri viventi e per il territorio regionale ”;
la legge in questione, come previsto dal successivo comma 2 dell’art. 1, interessa poi le “ aree di Brindisi e Taranto, già dichiarate aree a elevato rischio di crisi ambientale " e all’interno di esse gli stabilimenti i quali “ presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: a) sono fonte di emissioni di idrocarburi policiclici aromatici (IPA);
b) scaricano in mare o nei corpi idrici del bacino regionale reflui di processo e acque di raffreddamento e di trattamento rivenienti da attività lavorative;
c) impiegano per le loro attività materiali e composti polverulenti
” con date caratteristiche ivi indicate;
fra essi, vi è anche quello della ricorrente appellante, che appunto si assume emettere IPA.

2.2 La legge in questione prevede all’art. 2 che per tali aree e stabilimenti l’autorità sanitaria e l’autorità ambientale regionali debbano redigere ogni anno un rapporto di valutazione del danno sanitario – VDS, ovvero in parole semplici una stima, fondata ovviamente su criteri scientifici, della specifica incidenza dell’attività degli stabilimenti in questione su determinate malattie e determinate cause di morte che si riscontrano nella Regione;
prevede poi ai successivi artt. 3, 4 e 5 che ove il rapporto VDS evidenzi criticità le aziende interessate debbano attivarsi per ridurre le emissioni reputate dannose, con possibilità, in caso di inadempimento, di vedere sospesa la propria attività.

2.3 In attuazione della legge, la Regione ha emanato anche l’atto impugnato, ovvero il regolamento 3 ottobre 2012 n. 24, che prevede la metodologia di valutazione da impiegare e, all’allegato C, indica espressamente la ricorrente appellante come azienda alla quale si applica la normativa.

3. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto dall’azienda contro tali atti, previo rituale rilievo d’ufficio della questione. In motivazione, ha richiamato anzitutto il consolidato indirizzo giurisprudenziale per cui i regolamenti e gli atti generali non sono di regola immediatamente impugnabili, ma vanno impugnati congiuntamente all’atto che ne faccia concreta applicazione;
ciò posto, ha evidenziato che nella disciplina della l. r. 21/2014 di cui si è detto, le conseguenze sfavorevoli di una VDS a carico delle aziende non sono immediate;
richiedono infatti che il relativo rapporto di cui all’art. 2, che evidenzi il danno, sia inviato ai sensi del successivo art. 6 alle aziende interessate per le loro osservazioni, e ciò fatto sia sottoposto alla Giunta regionale per la presa d’atto. La sentenza ha ancora evidenziato che nella specie nulla di tutto ciò è successo, dato che il rapporto di valutazione di cui si è detto non è stato nemmeno adottato e non constano né prescrizioni di ridurre le emissioni, né sospensioni dell’attività. La sentenza dà infatti atto che in sede di discussione finale la difesa della ricorrente appellante, a espressa richiesta di chiarimenti sul punto, ha dichiarato che l’attività del proprio stabilimento prosegue senza prescrizioni o limitazioni di sorta dipendenti dalla l.r. 21/2012.

4. Contro questa sentenza, la ricorrente ha proposto impugnazione, con appello che contiene due complesse censure, di critica alla sentenza impugnata e di riproposizione dei motivi di merito dedotti e non esaminati in I grado, il tutto corrispondente, secondo logica, agli otto motivi che seguono:

- con il primo di essi, corrispondente alla I censura, alle pp. 11-15 dell’atto di appello, deduce violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 34 comma 2 c.p.a. e sostiene in proposito che la sentenza di I grado avrebbe in realtà travisato il petitum. La ricorrente appellante contesta infatti il mero fatto per cui la normativa impugnata la assoggetta al procedimento di VDS, ovvero (p. 11 settimo rigo dal basso) “l’espressa decisione … di assoggettarla” a tali regole. A suo avviso, il regolamento impugnato sarebbe quindi un regolamento provvedimento, che la pregiudicherebbe sotto il profilo economico, imponendole oneri per costi, studi e consulenze (appello, p. 13 undicesimo rigo dal basso) e sotto il profilo dell’immagine (appello, p. 13 tredicesimo rigo dal basso). Aggiunge infine che il regolamento sarebbe lesivo anche a considerarlo regolamento volizione preliminare, per la sua “scontata attuazione” (appello, p. 14 settimo rigo);

- con il secondo motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il motivo I a del ricorso principale, a p. 16 §§ 32 a) e 33 dell’atto di appello, deduce violazione ovvero falsa applicazione degli artt. 4 comma 1 lettera b) e 5 comma 1 lettera i ter) del d. lgs. 3 aprile 2006 n.152. Sostiene in proposito che la VDS introdotta dalla legge regionale e per essa dal regolamento impugnato si sovrapporrebbe alla VIA e all’AIA di competenza statale, oltretutto in modo inadeguato agli scopi;

- con il terzo motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il motivo I b del ricorso principale, a p. 16 §§ 32 b) e 34-36 dell’atto di appello, deduce eccesso di potere per irrazionalità: il regolamento impugnato sarebbe irrazionale anche quanto ai criteri adottati per valutare il danno sanitario. La ricorrente appellante contesta in particolare l’uso del modello cd dose- risposta: nell’allegato A, il regolamento prevede l’uso del modello basato sulla funzione “concentrazione/risposta specifica per inquinante” senza spiegare esattamente in cosa esso consista, né prevede criteri di indagine aggiuntivi;

- con il quarto motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il motivo I c prima parte del ricorso principale, a p. 16 §§ 32 c) e 37-38 dell’atto di appello, deduce violazione del principio di proporzionalità. Il regolamento introdurrebbe una responsabilità delle imprese eccedente quanto previsto dagli artt. 299 e ss. del d. lgs. 152/2006, ovvero genererebbe a carico delle imprese conseguenze sfavorevoli derivanti dal danno sanitario in base ad un nesso causale non dimostrato fra la loro attività e il quadro che emerge dalle indagini epidemiologiche;

- con il quinto motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il motivo II prima parte del ricorso principale, a p. 21 §§ 39-40 dell’atto di appello, deduce ulteriore violazione della l.r. 21/2014, in quanto lo stabilimento non sarebbe fonte di IPA, e quindi non dovrebbe essere assoggettato alla disciplina in esame;

- con il sesto motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il motivo II seconda parte del ricorso principale, a p. 23 §§ 41-42 dell’atto di appello, deduce illegittimità del regolamento per incostituzionalità della l.r. 21/2014 stessa che lo prevede. La legge regionale in questione sarebbe in contrasto con l’art. 117 comma 2 lettera s) della Costituzione in tema di competenza statale sull’ambiente, perché surrettizia rispetto alle norme sull’AIA di cui al d. lgs. 152/2006, che prevede il riesame dell’AIA su richiesta del Sindaco, in caso di criticità sopravvenute, e non come nella legge in esame un intervento della Regione e della relativa autorità sanitaria, con potere di disporre la sospensione dell’attività. La legge regionale contrasterebbe poi anche con gli artt. 3 e 41 Cost, perché prevedrebbe un danno sanitario non definito come fonte di responsabilità;

- con il settimo motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il I motivo dei I motivi aggiunti, a p. 26 §§ 43-47 dell’atto di appello, deduce illegittimità sopravvenuta del regolamento impugnato per contrasto con il successivo regolamento statale D.M. 24 aprile 2013, che disciplina il medesimo oggetto;

- con l’ottavo motivo, corrispondente alla II censura nella parte in cui essa richiama il II motivo dei I motivi aggiunti, a p. 28 §§ 48-54 dell’atto di appello, deduce ancora eccesso di potere per irrazionalità: la VDS prevista dal regolamento statale si paleserebbe irrazionale anche per confronto con l’analogo istituto previsto dal regolamento statale, sotto una serie di aspetti che elenca.

5. Hanno resistito le amministrazioni statali, con atti 27 febbraio e 6 marzo 2019, la Regione, con atto 15 aprile 2019, l’

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