Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-02-28, n. 202201418

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-02-28, n. 202201418
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201418
Data del deposito : 28 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2022

N. 01418/2022REG.PROV.COLL.

N. 10969/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10969 del 2021, proposto da Alto Lago S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A P R, A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Susanna Bufardeci in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina n.26;

contro

Direttore Generale del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili – Dipartimento per le Opere Pubbliche, non costituito in giudizio;
Ministero delle Infrastrutture e della Mobilita' Sostenibili, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Cancellotti S.r.l., Calcestruzzi S.p.A., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 00814/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilita' Sostenibili;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2022 il Cons. A F e uditi gli avvocati delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1.Alto Lago S.r.l., creditrice di Astaldi S.p.a. (assoggettata a procedura concorsuale) in qualità di subappaltatrice nell’ambito di un contratto di appalto pubblico, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – sezione staccata di Brescia, impugnava il decreto direttoriale n. 5911 del 19 maggio 2021, recante “Secondo piano di riparto certificazioni ammesse al Fondo salva opere annualità 2021”, e la conseguente riduzione dei relativi importi del secondo piano di riparto di cui al decreto direttoriale n. 5911 del 19 maggio 2021 recante “Secondo piano di riparto certificazioni ammesse al Fondo salva opere annualità 2021”, con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasposti (oggi MIMS) aveva disposto, dopo una preliminare ammissione per un importo complessivo di euro 1.771,806,64, l’estromissione della società ricorrente dal Fondo salva opere.

Il Fondo salva opere, introdotto dal d.l. 30 aprile 2019, n. 34 (convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 e successivamente modificato), era stato istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasposti, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e tutelare i lavoratori subordinati, mediante la soddisfazione (nella misura massima del 70%) dei crediti insoddisfatti dei sub-contraenti degli appaltatori pubblici/contraenti generali pubblici assoggettati a procedura concorsuale, consentendo la contestuale surroga ope legis del Ministero nei diritti dei beneficiari del Fondo verso gli appaltatori.

2. Il presupposto per l’ammissione al Fondo era rappresentato dall’esistenza di crediti insoddisfatti, alla data di apertura della procedura concorsuale, dei subcontraenti nei confronti di debitori assoggettati a procedura concorsuale.

In data 17 luglio 2020, il Tribunale di Roma pubblicava il decreto di omologazione del concordato preventivo n. 63/2018 proposto da Astaldi S.p.a.. Il piano concordatario prevedeva, a favore dei creditori, l’attribuzione di azioni di nuova emissione e di strumenti finanziari partecipativi, che consentivano agli stessi il diritto di concorrere al ricavato netto della liquidazione dei beni ricompresi nel compendio da liquidare. Alto Lago S.r.l. accettava i titoli offerti in pagamento dal concordato fallimentare, per tale ragione il Ministero disponeva la revoca del beneficio e stabiliva la rettifica, in riduzione, dell’importo complessivo ammesso al Fondo salva opere, approvando il saldo del primo Piano di riparto con esclusione della stessa, ritenendo la creditrice interamente soddisfatta.

3. La ricorrente denunciava l’illegittimità dell’estromissione dall’elenco degli ammessi al Fondo, in quanto il Ministero aveva disposto la revoca di un contributo già concesso in ragione del riconoscimento dei requisiti, pretendendo anche la restituzione di euro 621.263,14 pari al 35% del credito ammesso, somma già erogata con D.D. n. 16058 del 18.11.2020. Tale revoca rappresentava un provvedimento autoritativo, espressione di un potere discrezionale non previsto dalla legge, tenuto conto che l’art. 47 d.l. n. 34 del 2019 dettava le condizioni per l’ammissione al Fondo e la surroga ex lege del Ministero, senza contemplare la restituzione degli importi per il caso di assegnazione dei titoli da parte della procedura concordataria, posto che la normativa non considerava distinzioni tra i pagamenti del Fondo avvenuti prima o dopo l’assegnazione dei titoli di cui al concordato.

4. Il T.A.R. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con sentenza n. 814/2021, declinava la giurisdizione, ritenendo che spettasse al giudice ordinario. Secondo il giudice adito, l’estromissione dal Fondo non era espressione dell’esercizio di una attività discrezionale dell’amministrazione, ma di una attività vincolata correlata alla constatazione del ricorrere di una condizione che imponeva la declaratoria di decadenza dal beneficio di legge e determinata dal fatto che la società ricorrente, pur avendo compiuto una dichiarazione corretta in data 1 agosto 2020 ( in quanto non ancora soddisfatta), anzicchè astenersi dall’accettazione del pagamento tramite il deposito di titoli, così come le era pienamente consentito, aveva espressamente accettato la proposta del concordato, con conseguente estinzione del credito ed il venire meno del presupposto per poter accedere al Fondo salva opere.

5. Alto Lago S.r.l. ha impugnato la declinatoria di giurisdizione. Di essa contesta il fondamento, lamentando error in iudicando , in ragione della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo. Secondo l’appellante, la decisione ministeriale di estromissione dal Fondo integra, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale amministrativo regionale, l’esercizio di un potere discrezionale erroneo e assunto in falsa applicazione di legge, con introduzione di una ipotesi di esclusione non prevista dalla normativa. Il Ministero avrebbe errato nel ritenere che l’assegnazione dei titoli e degli strumenti finanziari in sede concordataria fosse un elemento ostativo al funzionamento del Fondo, laddove, invece, l’assegnazione di azioni ordinarie e di strumenti finanziari partecipativi rappresenterebbe l’esatta esecuzione sia del decreto di omologa, sia della normativa emergenziale del Fondo salva opere.

Secondo l’esponente, la giurisdizione sulla controversia sarebbe del giudice amministrativo, dal momento che è evidente che l’estromissione dal Fondo non costituisce l’applicazione di criteri prefissati, ma implica una valutazione discrezionale autonoma, fondata su elementi fattuali non considerati dalle disposizioni regolatrici l’ammissione, con violazione di legge, sviamento del fine, difetto di motivazione ed illogicità manifesta.

L’appellante ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’impugnata sentenza, riproponendo, in ogni modo, i motivi di ricorso di primo grado.

6. Si è costituito in resistenza il MIMS, sostenendo la correttezza della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario.

7. La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 17 febbraio 2022.

8. L’appello è fondato per i principi di seguito enunciati.

8.1. Alto Lago S.r.l. sostiene che, secondo il convergente orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e di questo Consiglio di Stato, la controversia concernente un’ipotesi di estromissione dal Fondo salva opere, dopo che il MIMS ha disposto l’ammissione della società subappaltratrice al beneficio in ragione della ricorrenza dei presupposti ed erogato il primo piano di riparto, quale quella oggetto del presente giudizio, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che trattasi di una controversia avente ad oggetto la sussistenza delle condizioni per l’ammissione.

L’art. 47, comma 1 – bis, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge n. 58 del 2019, come modificato in sede di conversione in legge del decreto n. 101 del 2019, recita: “ Al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo denominato ‘Fondo salva- opere’. Il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento del valore del ribasso offerto dall’aggiudicatario delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 200.000, e di servizi e forniture, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 100.000. Il predetto contributo rientra tra gli importi a disposizione della stazione appaltante nel quadro economico predisposto dalla stessa al termine di aggiudicazione definitiva. Le risorse del Fondo sono destinate a soddisfare, nella misura massima del 70 per cento, i crediti insoddisfatti dei 2 subappaltatori, dei sub-affidatari e dei sub – fornitori nei confronti dell’appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suo affidatari, sub-fornitori, sub- appaltatori, sub- affidatari, quando questi sono assoggettati a procedure concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo. Le amministrazioni aggiudicatrici o il contraente generale, entro trenta giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva, provvedono al versamento del contributo all’entrata in bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione al Fondo. Le somme non impegnate in ciascun esercizio finanziario possono esserlo in quello successivo”.

La ratio della misura è quella di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche, tutelando al contempo il recupero dei crediti delle imprese subappaltatrici e fornitrici, creditrici dell’appaltatore principale, nonché il livello occupazionale delle stesse.

L’art. 47, comma 1 ter , del d.l. n. 34 del 2019 cit., inoltre, stabilisce che: “ Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è surrogato nei diritti dei beneficiari del fondo verso l’appaltatore, il contraente generale o l’affidatario del contraente generale e, in deroga a quanto previsto dall’articolo 1205 del codice civile, è preferito al sub-appaltatore, al sub-affidatario o al sub-fornitore nei riparti ai creditori effettuati nel corso della procedura concorsuale, fino all’integrale recupero della somma pagata”.

Secondo il Tribunale amministrativo regionale, sulla base del dettato legislativo, l’accettazione da parte di Alto Lago S.r.l. dei titoli proposti dal concordato fallimentare avrebbe determinato il venire meno dei presupposti per l’ammissione al Fondo salva opere, in ragione dell’impossibilità del subentro del MIMS in qualsiasi posizione creditoria vantata dal subappaltatore, non sussistendo più alcun debito nei confronti dello stesso. Tale approdo ermeneutico ha condotto il giudice di primo grado a declinare la giurisdizione, ritenendo nella specie la sussistenza di una attività vincolata da parte dell’amministrazione.

8.2. La tesi argomentativa non coglie nel segno.

L’esame della questione relativa al riparto di giurisdizione impone di valutare il petitum sostanziale, ossia l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (v. ex plurimis , Cass. Sez. Un., 31 gennaio 2005, n. 6743;
Cass. Sez. Un., 28 giugno 2006, n. 14846).

In particolare, secondo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria 29 gennaio 2014, n. 6, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche (fattispecie assimilabili a quella in esame) deve essere attuato (non configurandosi alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva) sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che:

-sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’ an , il quid , il quomodo dell’erogazione;

-qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall’acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purchè essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione;

-viceversa, è configurabile una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse.

8.3. Nel caso in esame, la asserita mutazione sostanziale della situazione della beneficiaria, che ha visto consolidarsi il proprio interesse legittimo attraverso il provvedimento di ammissione al Fondo, ha attivato il potere di ‘revoca’ dell’amministrazione, la quale, notificando i provvedimenti di esclusione, ha esercitato un potere autoritativo per mutamento della situazione di fatto, sostanzialmente compromettendo il diritto di Alto Lago S.r.l. alla erogazione dei contributi del Fondo.

L’assunto è in linea con l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo: “ in ordine alle controversie sulla revoca del contributo, quando occorra sindacare il corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi in sede di attribuzione del beneficio o in relazione a mutamenti intervenuti e nel prosieguo e, quindi, quando il giudizio riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio oppure quando, successivamente alla concessione, l’atto sia stato annullato o revocato per illegittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario ” (Cass. Sez. Un. n. 16602 del 2016).

Il principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con ordinanza n. 4292 del 10 febbraio 2022.

Le Sezioni Unite ricordano che, per giurisprudenza consolidata, durante tutta la fase procedimentale che precede il provvedimento di attribuzione di una sovvenzione pubblica a fronte dell’agire discrezionale della pubblica amministrazione, il privato è titolare di una posizione giuridica attiva o di vantaggio di mero interesse legittimo tutelabile avanti al giudice amministrativo. L’emissione del provvedimento di attribuzione del beneficio determina l’insorgenza in capo al destinatario di un diritto soggettivo alla concreta erogazione del medesimo, tutelabile avanti al giudice ordinario in caso di relativa mancata concreta attuazione per mero comportamento omissivo o perché l’amministrazione intenda far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in relazione alla mancata osservanza di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta (Cass., Sez. Un., 1.2.2019, n. 3166;
Cass. Sez. Un., 11.7.2018, n. 18241).

Laddove, come è accaduto nella specie, la mancata erogazione del finanziamento oggetto di specifico provvedimento di attribuzione dipenda dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, sia per vizi di legittimità sia per contrasto (originario) con l’interesse pubblico, la situazione giuridica soggettiva del privato destinatario della sovvenzione “regredisce” ad interesse legittimo, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie relative alla revoca del beneficio ( v. Cass., Sez. Un., 1.2.2019, n. 3166 e Cass. Sez. Un., 3.4.2003, n. 5170).

In tale ipotesi di “regressione” della posizione giuridica del destinatario del beneficio in ragione dell’esercizio di poteri di carattere autoritativo, espressione di autotutela della pubblica amministrazione, viene infatti a riproporsi la situazione di ponderazione dei sottesi interessi pubblici (nella specie, relativi alla valutazione della necessità di assicurare il rapido completamento delle opere pubbliche, tutelando le imprese subappaltatrici), con la conseguenza che la cognizione della controversia azionata dal beneficiario del Fondo spetta al giudice amministrativo ( v. Cass. Sez. Un., 11.7.2018, n. 18241).

La tesi è confermata dall’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità in tema di revoca di finanziamenti pubblici, secondo cui: “ allorchè la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi originari di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico” la giurisdizione è del giudice amministrativo (Cass. Sez. Un., 30.7.2020, n. 16457).

8.4. Nella fattispecie, la revoca dell’ammissione al Fondo salva opere risulta fondata per ravvisata sopravvenuta insussistenza dei presupposti, consistiti nella asserita estinzione del credito, a seguito dell’accettazione da parte di Alto Lago S.r.l. del deposito titoli, secondo quanto stabilito dal decreto del Tribunale fallimentare. La revoca, pertanto, non consegue all’inadempimento di obblighi imposti direttamente dalla legge o dalla normativa di settore o dal provvedimento concessorio e verificatisi nella fase esecutiva del rapporto, ma ad una valutazione discrezionale, comparativa con gli interessi pubblici a cui la norma è preordinata, connessa asseritamente a ‘fatti imputabili’ alla società richiedente (la quale ha accettato il deposito titoli), posti in essere anteriormente alla totale e definitiva erogazione del contributo e finalizzati agli obblighi stabiliti per detta erogazione.

Emerge all’evidenza che la revoca coinvolge sia esigenze di intervento in autotutela per il ripristino di condizioni di legalità della misura concessiva, sia una diversa valutazione di opportunità effettuata dal MIMS in ordine all’ammissione al Fondo, in base a sopravvenuti motivi di pubblico interesse, nell’ambito di un potere discrezionale e autoritativo della pubblica amministrazione.

Tale valutazione, per la definitiva conferma del beneficio, inferisce dall’accertamento dell’interesse pubblico alla realizzazione delle finalità che hanno condotto all’istituzione del Fondo salva opere, dalla verifica delle asserite irregolarità commesse dalla beneficiaria e dell’interesse dell’amministrazione al recupero immediato delle somme già corrisposte in sede di distribuzione del primo piano di riparto, in vista dell’eventuale decadenza normativamente prevista.

La situazione soggettiva di Alto Lago S.r.l. è, pertanto, di interesse legittimo, né per ritenere sussistente la giurisdizione del giudice ordinario può essere invocata la natura vincolata dell’attività amministrativa, argomento invece valorizzato dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata.

Il Collegio ritiene che, sotto tale profilo, è evidente che il MIMS ha operato una valutazione discrezionale, in ragione alla necessità di perseguire l’interesse pubblico sotteso all’ammissione delle imprese al Fondo, pur avendo, a tale fine, esercitato un potere di natura vincolata.

L’atto vincolato rappresenta comunque l’esercizio del potere amministrativo, quando tale potere è conferito dalla legge per il perseguimento dell’interesse pubblico, con conseguente capacità di degradare posizioni di diritto soggettivo in interesse legittimo, in quanto espressione di ‘supremazia’ o di ‘funzione’, ossia finalizzazione al soddisfacimento di interessi di carattere generale (Cons. giust.amm.reg.sic. 13 settembre 2021, n. 802;
Cons. Stato, Ad. Plenaria n. 8 del 2007).

8.5. Da siffatti rilievi consegue che è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia tra la società ammessa al Fondo salva opere e l’amministrazione pubblica avente ad oggetto gli atti di revoca adottati da quest’ultima per vizi sopravvenuti al decreto di ammissione, in quanto le relative contestazioni attengono ai presupposti dell’esercizio del potere di autotutela decisoria da parte dell’amministrazione, nei confronti del quale il soggetto inciso non vanta una situazione di diritto soggettivo, bensì di interesse legittimo (v. Cass., Sez. Un., 11.7.2018, n. 18241).

Alla posizione di supremazia espressa dall’amministrazione con l’atto di revoca fa riscontro la soggezione della società, precedentemente ammessa al Fondo ed a cui è stata anche anticipata una parte del contributo (nella specie il 35%), alla quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi. Deve, inoltre, ritenersi che nella revoca dell’ammissione al Fondo salva opere gli interessi di carattere generale, pur connessi ad un successivo rapporto di surroga ope legis del MIMS, come previsto dall’art. 47 al comma 1 ter del d.l. n. 34 del 2019 cit., connotano il momento pubblicistico, il quale si rappresenta nella scelta del Ministero nei termini di verifica del rispetto dei criteri fissati dalla legge per il perseguimento dell’interesse pubblico mediante un motivato giudizio critico (v. Cons. giust. amm. reg. sic., 13 settembre 2021, n. 802).

Peraltro, la non riconducibilità dei descritti poteri a quelli propri di un rapporto paritetico non si traduce in una diminuzione di tutela della società appellante, essendovi, al contrario, un rafforzamento della sua posizione, secondo lo statuto tipico del procedimento amministrativo, in ragione della necessità che l’attività di ammissione ai benefici del Fondo sia esercitata in coerenza con il pubblico interesse sotteso alla disciplina che lo regolamenta.

Di ciò si conferma nel caso di specie.

9. Sulla base delle considerazioni svolte, in accoglimento dell’appello nei limiti di cui sopra ed in riforma della sentenza impugnata, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia, con conseguente rinvio al primo giudice del ricorso di primo grado n. 488/2021, ai sensi dell’art. 105, comma 2, del codice del processo amministrativo.

La natura della questione trattata e le ragioni della decisione giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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