Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-11-12, n. 201907758
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Testo completo
Pubblicato il 12/11/2019
N. 07758/2019REG.PROV.COLL.
N. 01559/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1559 del 2016, proposto da
L P Case S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S V, L P, con domicilio eletto presso lo studio lo Studio Legale Vinti in Roma, via Emilia n. 88;
contro
Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, V T, V S, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - della Provincia di Trento, n. 331/2015, resa tra le parti, concernente il diniego parziale di integrazione salariale ordinaria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Inps;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. S S e uditi per le parti gli avvocati Elia Barbieri su delega dichiarata di S V e V S;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La società Legno più Case S.p.a., con sede nel comune di Condino (TN), si definisce negli atti di causa come un’impresa che svolge “attività di studio, progettazione, consulenza, realizzazione, ristrutturazione e manutenzione, in proprio e per conto di terzi, anche in appalto, di fabbricati di ogni tipo, di manufatti e strutture in legno ed in qualsiasi altro materiale”.
Dalla fine del 2013, ha presentato una successione di domande per il collocamento dei suoi dipendenti in cassa integrazione ordinaria (C.I.G.O.), che coprono nel complesso un intero anno, dal 14 ottobre 2013 all’11 ottobre 2014.
La prima domanda di CIGO è stata presentata il 15 novembre 2013, per il periodo dal 14 ottobre 2013 al 2 novembre successivo; la seconda il 13 dicembre 2013 (periodo 4.11.- 30.11.2013), la terza il 15 gennaio 2014 (periodo 2.12. - 28.12.2013), la quarta e la quinta il 14 febbraio (periodo 30.12.2013 - 11.1.2014 e 13.1.-1.2.2014).
Con lettera inviata all’Inps del 20 febbraio 2014 la società ricorrente aveva spiegato che la temporanea ed improvvisa carenza di lavoro era dovuta alla posticipazione, per problemi del committente, dei lavori di una grossa commessa (c.d. “2° lotto cantiere Donoratico”) con avvio previsto per inizio 2014; aveva anche fatto riferimento alla carenza di commesse per la perdita di alcune gare d’appalto e a causa del periodo di stagnazione, dal novembre 2013, del settore privato.
Tali domande, come si desume dalle comunicazioni INPS del 23 marzo 2014, erano state parzialmente accolte dalla Commissione provinciale per la cassa integrazione guadagni presso l’I.N.P.S. - sede di Trento con separati provvedimenti, “limitatamente ai periodi, le maestranze e le ore riportate nel Quadro Integrazioni autorizzate”, e con l’ulteriore precisazione che, in base agli elementi forniti, “poiché l’evento che ha dato luogo alla riduzione e/o alla sospensione dell'attività non è stato ritenuto ‘oggettivamente non evitabile’, all'atto della richiesta di rimborso delle integrazioni salariali, è necessario versare all'Istituto il contributo addizionale previsto dalla normativa (art. 2 L. 164/75 per imprese industriali, art. 8 l. 427/75 per imprese edili)”.
1.1 - Con lettera del 18 aprile 2014 la società L P Case aveva palesato all’INPS la necessità di richiedere l’intervento della CIGO anche per i periodi successivi (fino al 12 luglio 2014), in relazione all’ulteriore slittamento della partenza della commessa relativa al c.d. “2° lotto cantiere Donoratico” dovuto a problemi di reperimento di fondi da parte del committente; aveva poi fatto riferimento al ritardo dei lavori relativi alla “copertura complesso Salesiani all’Aquila” previsti per il mese di aprile, a causa dei ritardi della locale Soprintendenza (trattandosi di bene vincolato) nell’individuazione delle prescrizioni relative all’intervento; aveva poi rappresentato l’immobilità del settore privato precisando di prevedere di poter riprendere l’attività per la metà di luglio con la commessa di L’Aquila e con una nuova commessa in corso di definizione.
1.2 - La società L P Case aveva quindi presentato altre domande dirette ad ottenere l’ammissione alla CIGO, che erano state respinte con tre provvedimenti datati 17 giugno 2014 relativi al periodo complessivo 3.2.2014- 26.4.2014 con la seguente motivazione: “Le cause che hanno determinato la sospensione dell’attività non sono integrabili, essendo riconducibili ai rapporti dell’azienda con i suoi committenti e/o soggetti terzi”.
1.3 - Avverso tali provvedimenti la società aveva proposto ricorso amministrativo; i ricorsi erano stati respinti. In seguito l’Inps aveva respinto con provvedimenti del 23.7.2014 e del 14.8.2014 anche le ulteriori domande di CIGO relative al periodo 28.4.2014-26.7.2014.
1.4 - Infine l’Inps, con provvedimenti del 15.12.2014, aveva revocato la CIGO precedentemente autorizzata (relativa al periodo 14.10.2013 – 1.2.2014) ed aveva negato la CIGO anche per il periodo 28.7.2014-11.10.2014. Tutti i provvedimenti avevano la medesima motivazione (in precedenza richiamata), eccetto quelli di revoca che non costituiscono oggetto del presente appello.
2. - Con ricorso RG 332/2015 proposto dinanzi al TRGA la società L P Case ha impugnato i dinieghi di CIGO ed il rigetto del ricorso amministrativo articolando due censure: con il primo dei quali ha dedotto il vizio di motivazione; con il secondo la violazione dell’art. 1 della L. 164/1975 rappresentando che la carenza di attività lavorativa sarebbe stata conseguenza di circostanze del tutto estranee alla società e che, comunque, il diniego di integrazione salariale non potrebbe essere sempre giustificato con il rischio di impresa con la sola esclusione del caso fortuito e della forza maggiore.
2.1 - Con i successivi motivi aggiunti ha poi impugnato il provvedimento di rigetto del ricorso amministrativo assunto dal Comitato amministratore della gestione per le prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti (in relazione al periodo 3.2.2014-26.4.2014).
3. - Con il successivo ricorso RG 99/2015 la società ricorrente ha impugnato i provvedimenti di revoca e di diniego della CIGO, nel frattempo emessi dall’Inps, deducendo le stesse doglianze e sottolineando l’insufficienza della motivazione con riferimento alla revoca della concessione della CIGO.
4. - Con la sentenza impugnata – che ha riunito i due ricorsi RG 332/2015 e 99/2015– il TRGA ha respinto l’impugnazione dei dinieghi di concessione della CIGO (e di rigetto del ricorso amministrativo) ed ha annullato i provvedimenti di revoca della CIGO originariamente autorizzata.
5. - Avverso la parte della sentenza per la quale la società L P Case è risultata soccombente quest’ultima ha proposto appello, denunciando i tre motivi che saranno in seguito esaminati.
5.1 - Si è costituito in giudizio l’Inps che ha controdedotto in merito alle doglianze proposte.
5.2 - Le parti hanno depositato scritti difensivi a sostegno delle rispettive tesi, anche in replica.
6. - All’udienza pubblica del 3 ottobre 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.
7. - L’appello è infondato e va, quindi, respinto.
8. - Nel ricorso di primo grado la ricorrente aveva dedotto, in estrema sintesi, che:
- i provvedimenti impugnati con i quali l’Inps si era limitato a negare la CIGO sostenendo che le cause che avevano determinato la sospensione non fossero integrabili, in quanto riconducibili a rapporti dell’azienda con i suoi committenti e/o soggetti terzi, sarebbero stati carenti nella motivazione;
- la norma recata dall’art. 1 della L. 20 maggio 1975, n. 164 consente l’integrazione salariale ordinaria per contrazione dell’attività produttiva per:
a) situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o agli operai;
b) ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato;
- la norma non richiederebbe non la imputabilità al committente e/o a soggetti terzi e, quindi, nei dinieghi mancherebbe la motivazione sulla riconducibilità della sospensione dell’attività all’imprenditore;
- l’interpretazione seguita dall’Inps sarebbe abnorme in quanto - in caso di appalto – finirebbe con il comportare che le cause di sospensione imputabili al committente o a soggetti terzi siano automaticamente riconducibili all’imprenditore appaltatore, escludendo, quindi, l’integrazione salariale ogni qualvolta le cause di sospensione o contrazione dell’attività produttiva siano riconducibili a tali rapporti;
- i dinieghi impugnati si porrebbero in contraddizione con i precedenti provvedimenti di ammissione alla CIGO fondati sui medesimi presupposti di fatto;
- essi si fonderebbero su un’erronea interpretazione della norma che richiederebbe la non imputabilità all’imprenditore o agli operai e non anche non imputabilità ad un soggetto terzo, quale è il committente;
- la tesi della risarcibilità del danno connesso alla condotta del terzo (a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale) non giustificherebbe tale interpretazione, tenuto conto della funzione previdenziale della CIGO e, quindi, della tutela dei lavoratori e del mantenimento dei livelli occupazionali;
- il beneficio sarebbe stato chiesto in considerazione di una temporanea carenza di commesse iniziata nel 2013 e proseguita nel 2014 (il volume di affari sarebbe sceso da €11.971.851 del 2013 ad € 3.806.58 nel 2014);
- la contrazione dell’attività lavorativa sarebbe derivata dalla carenza di commesse e,