Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-10-24, n. 201907261

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-10-24, n. 201907261
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907261
Data del deposito : 24 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2019

N. 07261/2019REG.PROV.COLL.

N. 10081/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10081 del 2018, proposto da
G C, in proprio e quale titolare della ditta individuale “Le Dolcezze di Minnie di G C” , F G, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati R R, S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S G in Roma, via di Monte Fiore, 22;

contro

Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F S, G Mon, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Terza, 15 ottobre 2018, n. 950, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 il consigliere A R e udito per l’appellante l’avvocato S G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo per il Veneto i signori C G, nella qualità in atti, e F G hanno impugnato il provvedimento del Settore Commercio Attività produttive del Comune di Verona (di seguito “il Comune” ) dell’11 luglio 2018, avente ad oggetto “decadenza dal diritto di subingresso nell’autorizzazione per il commercio di aree pubbliche di prodotti alimentari n. 101801 del 7 aprile 2003, relativa al posteggio isolato quotidiano ubicato in Lungadige Capuleti (retro Mura Magistrali)” e i relativi atti presupposti.

2. Per i ricorrenti l’esercizio, dedito alla somministrazione di alimenti in un piccolo furgone posteggiato a ridosso delle mura magistrali, autorizzato dal Comune di Verona, è stato gestito fino alla fine del 2017 dalla società Stop &
Go di Doardi Gianfranca &
C s.a.s. (d’ora in avanti “Stop &
Go”
) e a quest’ultima avrebbe dovuto subentrare, quale cessionaria d’azienda, la signora C G.

2.1. Tuttavia, per fatti occorsi a quest’ultima che ne impedivano il subentro, con atto notarile del 29 dicembre 2017 la società Stop &
Go cedeva al signor F G il diritto di proprietà dell’azienda costituita dal complesso di beni organizzati per l’esercizio delle attività di commercio su aree pubbliche di prodotti alimentari con automarket mobile dotato di posteggio.

2.1. Successivamente, con atto registrato in data 25 gennaio 2018, il signor F G cedeva l’azienda alla signora C G, titolare della ditta “Le Dolcezze di Minnie di G C”, ma entrambe le cessioni (dalla Stop &
Go al sig. F G e da quest’ultimo alla signora C G), benché l’attività di somministrazione fosse nel frattempo proseguita senza soluzione di continuità, venivano comunicati all’amministrazione comunale solo il 28 maggio 2018.

2.2. Pertanto, con gli atti impugnati in prime cure il Comune, su comunicazione di avvio del procedimento con atto datato 11 giugno 2018 e notificato ad entrambi i ricorrenti, dichiarava la decadenza dal diritto di subingresso e la revoca dell’autorizzazione (di estremi sopra indicati) per il commercio su aree pubbliche di prodotti alimentari.

Il provvedimento impugnato dava, altresì, atto che la comunicazione tardiva era comunque irricevibile a causa della mancanza di una formale autocertificazione del possesso dei requisiti professionali per la vendita di prodotti alimentari, stante l’inidoneità e l’incompletezza anche della documentazione presentata dalla signora G ai fini della regolarizzazione della pratica.

2.3. Il ricorso di prime cure avverso tali provvedimenti era affidato a cinque motivi di censura, così rubricati: “I. Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti per la decadenza- Violazione dell’art. 3 legge 241/90 sotto il profilo della carenza di motivazione e difetto di motivazione. Violazione del D.Lgs. 114/98;
II. Violazione della legge regionale 11 marzo 2014, n. 10;
III. Violazione del principio di irretroattività delle leggi dettato dall’art. 11 delle preleggi al codice civile e dall’art. 1 legge 689/81, in relazione all’applicazione dell’art. 6, co. 2, L. Reg. Veneto 6 aprile 2001, n, 10;
Violazione dell’art. 19, L.241/90 e dell’art. 2, co. 1, e 2 del D.Lgs. DLT 25/11/2016, n. 222. Violazione artt. 26 e 30, D.Lgs. 114/1998;
V)
Violazione artt. 3 e 10 bis, L. 241/90 sotto il profilo del difetto di motivazione- Eccesso di potere per irragionevolezza- Travisamento dei fatti- Ingiustizia manifesta- Violazione art. 31 Cost.”

2.4. In particolare i ricorrenti si dolevano che la decadenza fosse stata erroneamente disposta in assenza dei presupposti di fatto e contro la ratio per cui è comminata (il non tenere inutiliter occupata una licenza in danno di aspiranti commercianti e del servizio pubblico), come sanzione prevista a livello generale per l’omesso esercizio di un diritto o di un obbligo in tema di commercio e perciò necessariamente correlata all’inattività operativa: qui, infatti, il Comune non aveva considerato l’assenza di inerzie da parte degli interessati, risultando per converso che l’attività era regolarmente proseguita e che l’esercizio era rimasto, senza soluzione di continuità, sempre aperto al pubblico.

2.4.1. Pertanto, non poteva attribuirsi rilievo al mero adempimento formale afferente all’attività prettamente comunicativa e all’omessa o tardiva comunicazione di subingresso per l’intervenuta cessione di ramo d’azienda: il profilo sostanziale correlato all’effettivo esercizio dell’attività, in uno alla sussistenza del titolo privatistico per l’idoneo e conforme utilizzo (che non consentiva di ravvisare un esercizio abusivo dell’attività), rappresentava circostanza preclusiva rispetto alla decadenza, e ne avrebbe potuto conseguire soltanto l’irrogazione dell’appropriata sanzione pecuniaria (cfr. Cons. Stato., V, 2 settembre 2013, n. 4337).

2.5. Inoltre, con gli ulteriori motivi di gravame (dal secondo al quinto), i ricorrenti deducevano l’illegittimità dei provvedimenti adottati dal Comune sotto altri profili.

2.6. Essi lamentavano la mancanza della previa diffida amministrativa (applicabile ai procedimenti sanzionatori nei settori del commercio e della somministrazione di alimenti e bevande) nei confronti del destinatario che, per l’art. 1 l. 11 marzo 2014, n. 10, avrebbe avuto diritto alla regolarizzazione della situazione e andava invitato a sanare la violazione.

2.7. Il terzo motivo di ricorso contestava che il Comune avesse dichiarato la decadenza in applicazione dell’art. 6 l.r. Veneto 6 aprile 2001, n. 10 ( “Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche” ), senza avvedersi che nella sua attuale versione (erroneamente applicata dal Comune) detta disciplina (che appunto aveva sostituito la «richiesta di subingresso» con «la segnalazione di inizio attività o la comunicazione di cui al comma 1» da presentare dal subentrante, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dall’atto di cessione o affidamento in gestione dell’attività) era entrata in vigore solo il 24 aprile 2018;
sicché era inapplicabile alle omissioni contestate, avvenute prima dei provvedimenti impugnati (del 3 e del 5 luglio 2018). Ne conseguiva che la decadenza avrebbe potuto dichiararsi solo nel caso di un’inerzia protratta per i successivi sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di semplificazione amministrativa, trovando la nuova disciplina applicazione solo dal 23 giugno 2018, sì che nel caso de quo (in cui l’omissione si era consumata, per entrambi i cessionari, già nel marzo 2018) non erano prescritti, a pena di decadenza dal titolo autorizzatorio, i contestati adempimenti comunicativi;
né, per il principio di tipicità dei provvedimenti sanzionatori, era applicabile la norma originaria che prevedeva la richiesta di subingresso, risultando tale adempimento abrogato dal d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222 (sulla disciplina in materia di “Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124 ).

In sintesi, l’adempimento richiesto (afferente alla comunicazione del subingresso) non era previsto dalla legge vigente all’epoca della sua violazione.

2.8. Con il quarto motivo di gravame si assumeva l’illegittimità degli atti di decadenza perché la normativa nazionale di riferimento (ex d.lgs. n. 222 del 2016) è l’art. 22, comma 3, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 ( Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 ) che prevede, nel caso di violazione degli obblighi comunicativi nei confronti del comune competente per territorio inerenti al trasferimento, per atto tra vivi o mortis causa , della gestione o della proprietà degli esercizi commerciali, solo la sanzione amministrativa pecuniaria, e non stabilisce alcuna decadenza dal diritto al subingresso per l’omessa comunicazione.

2.9. Infine, il quinto motivo di ricorso contestava l’omessa considerazione da parte del Comune delle problematiche occorse alla signora C G, pur tempestivamente segnalate e che non erano venute meno, quale causa di giustificato impedimento, dall’intervenuta cessione fino alla comunicazione del subingresso. L’amministrazione comunale aveva solo opposto l’impossibilità di valutare gli eventi impeditivi non essendo previste deroghe di legge.

3. Con la sentenza in epigrafe, resa nella resistenza del Comune ed in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm., il Tribunale amministrativo ha ritenuto infondate tutte le censure articolate con i motivi di impugnazione e ha respinto il ricorso.

4. Per la riforma della sentenza propongono qui appello gli originari ricorrenti, deducendone l’erroneità per il rigetto delle censure di primo grado, per i seguenti motivi di impugnazione: “I. Errata motivazione della sentenza- omessa pronuncia. In relazione al denunciato vizio, con il primo motivo di ricorso, dell’eccesso di potere per insussistenza dei presupposti per la decadenza- Violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 sotto il profilo della carenza di motivazione e difetto di motivazione. Violazione del D.Lgs. 114/98;
II. Errata motivazione della sentenza in ordine al secondo motivo di ricorso e violazione della legge regionale 11 marzo 2014, n. 10;
III. Errata motivazione della sentenza- Violazione del principio di irretroattività delle leggi dettato dall’art. 11 delle preleggi al codice civile e dell’art. 1 legge 689/81, in relazione all’applicazione dell’art. 6, co. 2, L. Reg. veneto 6 aprile 2001, n. 10. Violazione dell’art. 19, L. 241/90 e dell’art. 2, co. 1, e 2, del D.L.vo DLT 25/11/2016, n. 222. Violazione artt. 26 e 30, D.L.vo 114/1998;
IV. Errata motivazione della sentenza relativamente al rigetto del quinto motivo di ricorso. Violazione artt. 3 e 10 bis, L. 241/1990 sotto il profilo del difetto di motivazione- Eccesso di potere per irragionevolezza- Travisamento dei fatti- Ingiustizia manifesta- Violazione art. 31 Cost”.

4.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Verona e ha resistito all’appello.

4.2. Con ordinanza collegiale n. 121/2019 del 17 gennaio 2019, la Sezione ha accolto la domanda cautelare incidentalmente formulata nel ricorso in appello, sotto l’assorbente periculum in mora , ritenendo che, impregiudicato il più approfondito esame delle questioni dedotte riservato alla sede di merito, nella comparazione degli interessi coinvolti, i provvedimenti impugnati fossero idonei ad arrecare agli appellanti un pregiudizio grave e irreparabile.

4.3. All’udienza pubblica del 13 giugno 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Gli appellanti contestano l’appellata sentenza che a loro dire male ha apprezzato e respinto le plurime censure circa l’illegittimità della decadenza dal diritto di subingresso e la revoca dell’autorizzazione (di estremi sopra indicati) per il commercio su aree pubbliche di prodotti alimentari, in quanto viziata di violazione di legge ed eccesso di potere (per carenza di motivazione, travisamento dei fatti, manifesta irragionevolezza).

6. Con il primo motivo di appello l’appellante lamenta che la sentenza male valutati i provvedimenti nella parte in cui non avevano considerato, quale circostanza ostativa alla declaratoria di decadenza, la continuità dell’attività di somministrazione. È dunque elusiva della censura di cui al primo motivo del ricorso originario, secondo l’appellante, il ragionamento che ne ha ritenuto l’infondatezza perché “il Comune di Verona non ha affatto disposto la decadenza di diritto di subingresso degli odierni ricorrenti, contestando l’inattività dell’esercizio commerciale” .

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Bene il primo giudice ha ritenuto irrilevante la circostanza di fatto, indicata dai ricorrenti, circa l’effettiva prosecuzione dell’attività che è stata dichiarata decaduta a ragione della mancata tempestiva comunicazione di subingresso a seguito delle due cessioni intervenute.

6.3. La legge regionale Veneto 6 aprile 2001, n. 10 ( Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche ) prevede due ipotesi di decadenza, l’una di revoca (art. 5, comma 2), dalla concessione di posteggio, per inattività (mancato utilizzo, omesso avvio o protratta sospensione dell’attività oltre il termine di legge, salvo proroghe), l’altra (art. 6, comma 2), dal diritto di subentrare ad altro operatore, dal quale sia stata acquisita l’azienda.

6.4. Agli odierni appellanti è stata contestata non l’inattività, ma il tardivo adempimento da parte di entrambi i cessionari degli oneri comunicativi in caso di subingresso nel termine previsto ex lege di sessanta giorni dall’acquisizione dell’azienda. Restava irrilevante se detta attività fosse poi in concreto esercitata o meno.

7. Il secondo motivo di appello lamenta la ritenuta non ricorrenza dell’istituto della previa diffida amministrativa sull’assunto per cui la sua operatività presuppone che la violazione sia sanabile, laddove nel caso di specie era impossibile la regolarizzazione invocata in quanto sarebbe intervenuta a termine decadenziale ormai scaduto.

7.1. Anche tale motivo va respinto.

7.2. Appaiono, infatti, corrette le motivazioni della sentenza appellata che ha escluso che possa invocarsi, nella specie, l’istituto della diffida amministrativa di cui all’art. 2- bis l.r. 28 gennaio 1977, n. 10 (introdotto dalla citata l.r 11 marzo 2014, n. 10) poiché questa opera, per espressa previsione, quando la violazione sia materialmente sanabile e sia dunque ancora possibile uniformarsi alle prescrizioni entro il termine, non superiore a dieci giorni, indicato nell’invito indirizzato al trasgressore. Nella specie, ciò non appare possibile, essendo la regolarizzazione preclusa per effetto dell’irrimediabile scadenza del termine perentorio, previsto a pena di decadenza, per assolvere all’onere comunicativo del subingresso, avendo il Comune solo in via postuma rispetto a tale termine potuto acquisire conoscenza dei rispettivi atti di acquisto intervenuti (sicché l’ipotizzata regolarizzazione non potrebbe comportare alcun effetto conformativo di adeguamento alle disposizioni normative violate).

8. Il terzo motivo di gravame lamenta che la sentenza ha ritenuto non possibile che il d.lgs. n. 222 del 2016 abbia abrogato in parte qua la l.r. n. 10 del 2001, rilevando che comunque i ricorrenti non avessero presentato né la richiesta di autorizzazione, né la comunicazione di subingresso.

8.1. La sentenza avrebbe dunque male apprezzato la censura formulata: che non era intesa a negare vi fosse un’irregolarità (per la quale era appunto inevitabile la sanzione pecuniaria sulla base della disciplina nazionale applicabile), quanto a contestare che la tardiva comunicazione di subentro provocasse la decadenza. La lettura dell’amministrazione concretizzatasi nel provvedimento impugnato viola il principio della tipicità, legalità e divieto di retroattività delle previsioni sanzionatorie, posto che la richiesta di subingresso non è più prevista dal d.lgs. n. 222 del 2006, mentre l’omessa o tardiva comunicazione di subentro è prevista come causa di decadenza solo a partire dal 23 giugno 2018 (trattandosi di adempimento da eseguirsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge regionale 20 aprile 2018, n. 15) e nella presente fattispecie il termine per comunicare il subentro in base alla disciplina del tempo era già scaduto nel marzo 2018.

8.2. Il motivo non merita accoglimento.

8.3. Non vi è infatti abrogazione per incompatibilità in parte qua dell’art. 6, comma 2, l.r. n. 10 del 2001 (nella parte in cui prevedeva la richiesta di subingresso) ad opera del d.lgs. n. 222 del 2016 né la conseguente asserita esistenza di un vuoto normativo sin dalla scadenza del termine di adeguamento del 30 giugno 2017 (previsto dalla normativa statale) e fino all’entrata in vigore della legge regionale 20 aprile 2018, n. 15.

8.4. Corrette risultano, infatti, le statuizioni di prime cure che rilevano che sia la legge statale sia la legge regionale costituiscono fonti primarie, tra loro equiordinate nei contenuti, e i conflitti insorti devono risolversi alla luce delle ripartizioni dell’art. 117 della Costituzione. In materia, quale quella di interesse nel presente giudizio, affidata alla competenza concorrente del legislatore regionale, l’art. 6, comma 2, della legge regionale Veneto n. 10 del 2001, nella originaria formulazione, rimaneva dunque in vigore fino alla novella di cui alla legge regionale n. 15 del 2018 con cui solo si provvedeva all’aggiornamento sotto il profilo della semplificazione amministrativa e senza nulla innovare sulla natura delle sanzioni da irrogare nell’ipotesi in oggetto.

Non si può dunque ritenere che fino al disposto adeguamento non fosse più efficace la normativa regionale sul subingresso nelle autorizzazioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche.

8.5. Sotto altro autonomo ma concorrente profilo, va rilevata la sostanziale continuità tra gli adempimenti contemplati nelle due discipline succedetesi nel tempo (la richiesta di subingresso, di cui all’originaria formulazione, e la comunicazione ex art. 6, comma 2, della legge n. 15 del 2018), entrambi finalizzati a portare a conoscenza dell’amministrazione le vicende traslative e successorie che hanno riguardato i titoli autorizzatori rilasciati, sì da individuare i titolari e gestori dell’esercizio commerciale. Pertanto, la modifica normativa, in attuazione delle norme di semplificazione amministrativa di cui al d.lgs. n. 222 del 2016, ha lasciato, in sostanza, inalterato l’obbligo di comunicazione che andava comunque assolto entro sessanta giorni dalla acquisizione del ramo di azienda a pena di decadenza dal diritto di subingresso, non potendo essa comportare una rimessione nei termini o una nuova decorrenza degli stessi al fine di provvedere all’adempimento.

8.6. In ogni caso, peraltro, sia la domanda di subingresso sia la comunicazione dell’intervenuto trasferimento della gestione o della proprietà dell’azienda per atto tra vivi o a causa di morte, da presentarsi nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla data dell’atto di cessione o affidamento in gestione, costituiscono condizione per la prosecuzione dell’attività senza interruzione da parte del subentrante.

8.7. I presupposti della decadenza ex lege (la sola sanzione applicabile per la violazione degli adempimenti in caso di subingresso sia nella disciplina previgente sia successivamente all’adeguamento della disciplina regionale) si erano pertanto verificati a seguito del decorso del prescritto termine, già prima dell’entrata in vigore della novella di cui alla legge regionale n. 15 del 2018 (con cui è stata posta una mera semplificazione procedimentale), avendo poi il Comune provveduto a dichiararla soltanto dopo avere avuto conoscenza degli atti di acquisto intervenuti.

8.8. Nel caso di specie entro il termine di sessanta giorni dagli atti di cessione entrambi i subentranti non hanno presentato né la comunicazione di subingresso né la richiesta di subingresso, in tal modo incorrendo comunque nell’ipotesi decadenziale prevista, quale unica sanzione in tali casi, dalla normativa regionale.

Pertanto, non è pertinente la giurisprudenza richiamata da parte appellante: le norme ivi citate (artt. 22 e 26 d.lgs. n. 114 del 1998) afferiscono all’attività di commercio in sede fissa, mentre quella sulle aree pubbliche è regolata dalla legge regionale.

8.9. Per quanto detto, non è dato dunque ravvisare qui le addotte violazioni dei principi di tipicità, legalità e divieto di retroattività in materia di sanzioni amministrative.

9. Infine, con il quarto ed ultimo mezzo di censura l’appellante sostiene l’erroneità della sentenza laddove ha rilevato che, pur essendo riconoscibile un fatto impeditivo nei confronti della signora C G, l’impedimento non poteva operare rispetto al signor F G: e il primo giudice avrebbe ignorato che, da un lato, a decorrere dall’atto di cessione alla signora C G (nel gennaio 2018), il cedente non era tenuto a comunicare alcunché (gravando tale obbligo sul solo subentrante), e che, dall’altro lato, in caso di plurime cessioni di aziende, la comunicazione di subentro andrebbe legittimamente effettuata dall’ultimo acquirente.

9.1. La censura va disattesa.

9.2. A tale riguardo è condivisibile la motivazione della sentenza appellata laddove ha rilevato che nessun fatto impeditivo risultava occorso nei confronti del signor F G, dante causa della signora C G (rispetto alla quale invece l’amministrazione ha compiutamente valutato le circostanze impeditive rappresentate, concludendo tuttavia che il tenore tassativo delle norme regionali, le quali fissano termini perentori per la presentazione delle comunicazioni di subingresso, non ammettono deroga, vista anche la possibilità di assolvere all’onere a mezzo di procuratore). A ciò consegue che la decadenza del primo dal diritto al subingresso per omessa comunicazione dei termini di legge non poteva che esplicare analoghi effetti anche nei confronti della seconda subentrante (come rilevato nel provvedimento di decadenza impugnato, laddove si evidenzia che “per effetto della decadenza e conseguente revoca del titolo autorizzatorio in cui è incorsa la ditta G Francesco, la nuova proprietaria signora G C ha pertanto acquistato un ramo d’azienda commerciale privo di titolo legittimante l’esercizio dell’attività” ).

9.3. Infine, è destituita di fondamento e priva di base la tesi degli appellanti per cui, in caso di pluralità di cessioni, gli obblighi comunicativi incomberebbero solo sull’ultimo dei subentranti, risultando per converso in modo lineare dalla disciplina di legge che tale obbligo grava, nello stesso modo, su ciascuno degli stessi: del resto, l’assunto è smentito nei fatti, posto che sono state presentate al SUAP del Comune, tramite portale telematico, due distinte comunicazioni di subingresso in nome e per conto di ciascuno dei cessionari.

9.4. In conclusione, le censure articolate con i motivi di doglianza sono tutte infondate.

10. Per le ragioni esposte l’appello va respinto.

11. Il Collego ritiene che sussistano giusti motivi, in considerazione della novità delle questioni trattate e delle incertezze interpretative riscontrate nonché a ragione delle peculiarità della vicenda sottesa all’appello, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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