Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-12-18, n. 201807121

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-12-18, n. 201807121
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201807121
Data del deposito : 18 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/12/2018

N. 07121/2018REG.PROV.COLL.

N. 06769/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6769 del 2017, proposto dalla T Agro Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati prof. F B, prof. M B e M G, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, via Bocca di Leone, 78;

contro

Provincia di Barletta-Andria-Trani, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato M F I, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato prof. M S in Roma, viale Parioli, 180;
Comune di Barletta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caruso e Luigi d’Ambrosio, con domicilio eletto presso lo studio del dott. Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell'Ambiente della Puglia - Arpa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato prof. Ignazio Lagrotta, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via Lovanio n. 16 Sc B;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 346 del 2017.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Barletta – Andria – Trani, del Comune di Barletta e dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente della Puglia;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 25 ottobre 2018 il Cons. S M;

Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Benozzo, Salvi su delega di Bruno, Petretti su delega di Caruso, De Luca su delega di d’Ambrosio, Lagrotta, anche su delega di Ingravalle;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società T Agro Italia s.p.a. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, esponendo di essere una società attiva nella produzione di fertilizzanti per l’agricoltura e di avere acquistato agli inizi del 2001 per cessione di ramo d’azienda uno stabilimento sito nella Provincia di Barletta-Andria-Trani dalla Hydro Agri Italia s.p.a., a sua volta precedentemente cessionaria dalla Agricoltura s.p.a. in liquidazione.

Acquistato l’impianto, la società veniva in possesso di uno studio condotto dalla Hydro Agri Italia s.p.a. atto a definire un piano di caratterizzazione del sito ai sensi della disciplina previgente il d.lgs. n. 152/2006 che trasmetteva immediatamente al Comune di Barletta, ritenendosi soggetto interessato non responsabile.

In seguito, nell’ambito del procedimento per il rilascio della autorizzazione integrata ambientale del sito, con comunicazione del 26.2.2009, la Provincia avviava un procedimento di ricerca del responsabile del potenziale inquinamento indicato nello studio prodotto dalla T.

Nonostante la ritenuta estraneità all’origine della potenziale contaminazione, la società si faceva carico di specifiche indagini ed analisi di laboratorio.

Predisponeva pertanto una relazione di caratterizzazione e una proposta di analisi di rischio sito - specifica (AdR) che venivano discusse in una apposita conferenza di servizi in data 20.3.2014, cui seguiva la determinazione dirigenziale della Regione Puglia n. 60 del 16.4.2014 di approvazione dei due documenti.

Nella determina in questione, la Regione dava atto dell’estraneità di T agli eventi e la invitava a farsi carico di un intervento di “capping” compatibile con la prosecuzione dell’attività industriale, e ad elaborare una proposta di messa in sicurezza operativa (MISO).

L’A.R.P.A. (l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale della Regione Puglia), dal canto suo, richiedeva una valutazione del sistema idrico sotterraneo, nonché una relazione sulla possibile origine dei solfati presenti in falda.

In data 16.3.2015, la Società consegnava agli organi preposti una proposta di MISO ed una relazione tecnica descrittiva di inquadramento idrogeologico del sito.

In data 19.5.2015, veniva approvato in conferenza di servizi il contenuto della MISO, rilevando che la soluzione progettuale rendeva accettabile il rischio sanitario e costituiva una soluzione volta al controllo dell’eventuale rischio ambientale derivante dalla lisciviazione in falda delle sostanze contaminanti presenti nel sottosuolo.

In tale sede, la Provincia ed il Comune si esprimevano contro il progetto di MISO in assenza di intervento diretto in falda al fine di garantire almeno le concentrazioni attese al Punto di Conformità (POC).

A tanto replicavano la Regione e l’ARPA, precisando che la richiesta del trattamento delle acque sotterranee al fine del contenimento dell’inquinamento in atto nell’ambito dei confini dello stabilimento poteva essere imposto esclusivamente al soggetto responsabile dell’inquinamento, allo stato non individuato.

Nelle more tra la conclusione della conferenza di servizi e l’emissione della determina di adozione da parte della Regione, alcuni enti presentavano note integrative:

- l’ARPA modificava la propria posizione, individuando la necessità che la T attuasse il trattamento delle acque sotterranee al POC per la presenza di solfati in falda;

- la Provincia precisava che la MISO non poteva essere approvata non prevedendo nessuna misura preordinata al contenimento dell’inquinamento in atto nella falda e che non condivideva l’assunto fondato su una assenza di responsabilità in capo alla T;

- il Comune di Barletta esprimeva la necessità che la società procedesse a sue spese allo studio idrogeologico e alle analisi chimiche sulla qualità della falda, così fornendo anche un contributo nella ricerca dei responsabili dell’inquinamento.

In data 6.8.2015 la Regione notificava la determina n. 329 del 21.7.2015 con cui prendeva atto delle note ricevute dai predetti Enti, pur ritenendole tardive rispetto alle scelte assunte in sede di conferenza e ribadiva che, in mancanza dell’accertamento del responsabile, qualunque azione potesse essere avviata solo volontariamente.

Senonché, in data 13.8.2015 la società ricorrente riceveva dalla Provincia la notifica dell’ordinanza n. 3 prot. n. 36989/2015 oggetto di gravame, con cui veniva diffidata:

a) a porre in essere immediatamente ogni misura di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza atta ad impedire la propagazione della contaminazione ambientale, in particolare per la matrice falda;

b) a presentare alla Regione Puglia, all’

ARPA

Puglia, alla Provincia, al Comune di Barletta e all’ASL BAT, specifica documentazione tecnica recante descrizione delle misure di prevenzione/messa in sicurezza già adottate o da adottarsi;

c) a presentare entro 30 giorni il piano di caratterizzazione con i requisiti di cui all’allegato 2 dalla parte quarta del d.lgs. n. 152/2006.

A seguito di un sopralluogo della polizia locale, la Provincia, rilevata l’inottemperanza della società a quanto diffidato, emanava l’ordinanza n. 4 del 23.9.2015 prot. n. 42136/2015, con cui ordinava di eseguire la bonifica dell’area.

La società ricorrente chiedeva alla Amec Foster Wheeler E &
I GmbH, società di consulenza ambientale, di compiere una valutazione delle condizioni ambientali del sito e un’analisi dello stato della falda per verificare origini ed eventuali interazioni con le attività industriali in corso.

Innanzi al TAR la società affermava l’assoluta neutralità dell’attività svolta con lo stato della falda, sul presupposto di una totale assenza di ruolo e contributo diretto sulle acque sotterranee che passavano sotto il sito senza alcuna modifica o interazione, se non subendo un filtro naturale che ne abbatteva in parte le concentrazioni.

2. I motivi articolati in primo grado possono essere così sintetizzati:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 240, 242, 244 e 245 dell’allegato II del D.Lgs. n. 152/2006, violazione dei principi in materia ambientale e violazione degli artt.1, 3 e 14 ss. della L. n. 241/1990. Incompetenza assoluta e nullità ex art. 21 septies .

La Provincia avrebbe esercitato un potere non attribuitole dalla disciplina ambientale, usurpando il potere che Regione aveva già legittimamente esercitato. Infatti, nel porre in essere l’attività provvedimentale oggetto di doglianza, la Provincia aveva riformato le scelte assunte dalla Regione al termine della conferenza di servizi, prevedendo il ritorno della procedura in corso alla fase della caratterizzazione da cui proseguire non con l’esecuzione del progetto di MISO, ma con una vera e propria bonifica. I provvedimenti erano, dunque, viziati per difetto assoluto di attribuzione di poteri e mancanza di un elemento essenziale ossia l’individuazione dell’inquinatore responsabile della contaminazione stessa;

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 239, 240, 242, 244 e 245 D.lgs. n. 152/2006 e artt. 7, 8, 10 e 10 bis della L. n. 241/1990, nonché per difetto di motivazione ed illogicità, incongruenza e contraddittorietà nell’agire, sviamento di potere, incompletezza dell’istruttoria e travisamento ed erronea valutazione dei fatti .

I provvedimenti erano giunti a valle di un procedimento investigativo mai realmente concluso e mancante dei dati minimi necessari all’individuazione di un soggetto quale autore dell’inquinamento.

L’imputabilità dei costi di bonifica e il riconoscimento della responsabilità trovano legittimazione nel principio comunitario “chi inquina paga”.

La Provincia avrebbe dovuto provare l’incidenza causale del comportamento di T nell’inquinamento nonché il grado di responsabilità, non potendo ravvisarsi una responsabilità solidale di tutti gli operatori che avrebbero concorso all’inquinamento;

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 239, 240, 242, 244 e 245 dell’allegato II del d.lgs. n. 152/2006 e degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990 per eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, del difetto di motivazione, della sua illogicità, della mancanza dei presupposti, dell’incompletezza dell’istruttoria, della incongruenza e della contraddittorietà nell’agire, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, nonché della illogicità delle scelte .

Le ordinanza sarebbero state altresì illegittime in quanto:

- l’ordinanza n. 3 difettava dei presupposti applicativi, poiché le misure di prevenzione sulla falda (di messa in sicurezza di emergenza - MISE) erano applicabili solo in ipotesi di contaminazione repentina o minaccia imminente per la salute o l’ambiente;

- l’ordinanza n. 4 aveva determinato un sovvertimento illegittimo delle regole applicative del procedimento di risanamento ambientale ordinando la bonifica dell’area laddove la procedura di risanamento ambientale si era già conclusa con l’approvazione delle misure di messa in sicurezza operativa;

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 239, 240, 242, 244 e 245 del D.lgs. n. 152/2006 e dell'art. 1 della L. n.241/1990 e dei principi in materia ambientale, nonché per eccesso di potere per irragionevolezza, disparità di trattamento e violazione del principio di proporzionalità .

La Provincia, inoltre, aveva violato il principio di proporzionalità, generando un aumento ingiustificato dei costi per la T che avrebbe determinato la chiusura dell’attività industriale.

3. Nella resistenza della Provincia BAT dell’

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