Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-07-10, n. 201804202
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Pubblicato il 10/07/2018
N. 04202/2018REG.PROV.COLL.
N. 06593/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA IALIANA
IN NOME DEL POPOLO IALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 6593 del 2011, proposto dal signor
S R, rappresentato e difeso dall'avvocato A D L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S M in Roma, via Pelagio I, 10;
contro
Comune di Salerno, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M G G e L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A B in Roma, via Taranto, 18;
Rcm Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati L L e M F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G L in Roma, via XX Settembre, 98/E;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede staccata di Salerno, sezione seconda, n. 26 del 14 gennaio 2011, resa tra le parti, concernente il rigetto di un’istanza di condono edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Salerno e di Rcm Costruzioni s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per l’appellante, l’avvocato A D L, per il Comune di Salerno, l’avvocato M G G, e, per la società Rcm Costruzioni, l’avvocato Sabato Criscuolo, su delega degli avvocati L L e M F;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITO
1. Il signor S R ha realizzato abusivamente un ampliamento di taluni fabbricati in Salerno adibiti ad uso commerciale per i quali il 10 dicembre 2004 ha presentato istanza di condono ai sensi della legge n. 326 del 2003.
2. Con provvedimento prot. 79423 del 19 maggio 2008 è stata respinta la domanda di condono.
3. Contro il diniego ha proposto ricorso al T.a.r. per la Campania, sede staccata di Salerno, che con la sentenza indicata in epigrafe lo ha respinto, rilevando che l’area in cui ricadevano gli immobili fosse soggetta al vincolo paesaggistico di rispetto della fascia costiera imposto dall’art. 142 del d. lgs. n. 42 del 2004.
4. Il signor Ronga ha quindi impugnato la predetta sentenza, formulando i seguenti motivi di appello.
4.1. Vizio in giudicando. Motivazione insufficiente, contraddittorietà ed erronea e falsa applicazione dell’art. 32 della legge 326 del 2003 e degli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985. Eccesso di potere per erroneità della motivazione e dei presupposti, carenza di istruttoria.
Il provvedimento di diniego del comune di Salerno è stato adottato sulla base dell’esistenza di un vincolo di rispetto della fascia costiera previsto dall’art. 142, comma 1, lette. a), del d.lgs. n. 42 del 2004.
In sostanza, l’Amministrazione ha ritenuto che non fosse possibile sanare opere abusivamente realizzate a meno di trecento metri dal mare in un’area vincolata.
L’appellante, invece, ritiene che l’esistenza del vincolo non avrebbe potuto impedire la possibilità di accoglimento della domanda di condono in quanto lo stesso era relativo non agli immobili, ma all’intera zona.
Peraltro, gli interventi edilizi non sarebbero stati suscettibili di sanatoria solo se in contrasto con vincoli di inedificabilità assoluta, mentre nel caso di specie l’area nella quale sono stati eseguiti i lavori era edificabile sia all’atto della loro realizzazione, sia al momento della presentazione della domanda di condono (area inserita nel previgente PRG in zona F1 – attrezzature per lo sport, spettacolo turismo - e poi nel PUC in zona ATR32 - area di trasformazione a destinazione prevalentemente residenziale).
Il diniego sarebbe dunque intervenuto senza che fosse stata compiuta una valutazione paesaggistica.
4.2. Vizio in giudicando. Motivazione erronea. Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990. Vizio del procedimento.
L’appellante ha evidenziato, come già aveva fatto in primo grado, la circostanza che il provvedimento di diniego fosse stato assunto dall’Amministrazione in assenza di una preventiva comunicazione dei possibili motivi ostativi, violando quanto previsto dall’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.
Il T.a.r. avrebbe erroneamente sostenuto, nel respingere tale censura, che la preventiva comunicazione di diniego non fosse necessaria alla luce dell’art. 21 octies della stessa legge, vista la natura vincolata del provvedimento.
Secondo l’appellante, la possibilità di una valutazione di conformità delle opere al vincolo in ragione di quanto sopra evidenziato, avrebbe consentito di non configurare la risposta dell’Amministrazione come un atto dovuto.
4.3. Vizio in giudicando. Motivazione erronea. Violazione dell’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 200. Incompetenza. Eccesso di potere per perplessità.
L’appellante contestata l’attribuibilità del provvedimento di diniego impugnato.
Anche in questo caso il T.a.r. ha ritenuto prevalente la natura vincolata dello stesso, non dando rilievo alla circostanza che fosse stato sottoscritto da due funzionari.
5. La società Rcm Costruzioni si è costituita in giudizio l’8 gennaio 2013 a sostegno delle tesi dell’appellante.
6. Il comune di Salerno si è costituito in giudizio il 20 gennaio 2017, chiedendo il rigetto del ricorso.
7. Le parti hanno presentato ulteriori scritti difensivi insistendo per le rispettive conclusioni.
8. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 5 aprile 2018.
9. L’appello non è fondato.
10. L’appellante ha chiesto il rilascio di un condono edilizio relativamente a talune opere realizzate abusivamente in un’area posta a meno di trecento metri dal mare.
Il comune di Salerno ha quindi respinto la domanda in ragione dell’esistenza nella stessa aera di un vincolo paesaggistico/ambientale ai sensi dell’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004.
11. Con il primo motivo di appello, egli lamenta la natura generale del vincolo sull’area e il suo carattere non assoluto.
La tesi non è condivisibile.
L’art. 32, comma 27, lett. d), della legge n. 326 del 2003 prevede l’incondonabilità delle opere realizzate in aree soggette a vincoli paesaggistici ed ambientali senza distinguere tra vincoli posti a tutela di singoli beni rispetto a quelli più generali relativi ad aree più ampie: “ d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ”.
Tale previsione prescinde dall’astratta natura assoluta o relativa del vincolo, consentendo solo interventi di minore rilevanza consistenti al più nel restauro, nel risanamento conservativo e nella manutenzione straordinaria, sempre previo parere dell’autorità preposta alla sua tutela (cfr. ex multis , Cass. pen. sez. III, 2 ottobre 2008, n. 37475).
Nel caso di specie, sono stati effettuati ampliamenti plano-volumetrici non classificabili per la loro natura tra gli interventi di più modesta entità e comunque la loro realizzazione è successiva al vincolo.
Secondo orientamento giurisprudenziale consolidato sono quindi non condonabili in quanto non si tratta di opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, per le quali si pone l'esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica (cfr . ex multis , Cons. Stato, Sez. IV, 29 marzo 2017, n. 1434;Sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1664 e 17 marzo 2016, n. 1898).
Di conseguenza, l’Amministrazione non poteva che adottare l’atto impugnato, motivando adeguatamente in ordine alle ragioni che hanno precluso il condono delle opere.
12. Va anche rilevato che gli abusi sono stati realizzati su immobili con destinazione commerciale esclusi, ai sensi dell'art. 32, comma 25, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito con modifiche dalla L. 24 novembre 2003, n. 326), dalle disposizioni sul condono edilizio.
Quest’ultime infatti si applicano solo in presenza di nuove costruzioni che abbiano destinazione residenziale, non essendo ammissibile, in presenza di una tale normativa eccezionale, e perciò di stretta interpretazione, postulare un'estensione a nuove costruzioni aventi destinazione non residenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 maggio 2018, n. 2980).
13. Nel secondo motivo, l’appellante censura la mancata preventiva comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 dei motivi ostativi al rilascio del condono.
Sul punto possono invece essere condivise le conclusioni del T.a.r. che ha ritenuto il provvedimento di rigetto un atto dovuto e pertanto, in ragione dell’art. 21 octies della stessa legge n. 241 del 1990, non necessariamente preceduto dall’avviso di cui all’art. 10 bis .
13. Altrettanto infondato è il terzo ed ultimo motivo di appello.
L’incertezza relativa al soggetto che ha adottato l’atto impugnato non sussiste in quanto, a prescindere dalla sua natura vincolata, lo stesso, è stato adottato dal dirigente competente (il responsabile dell’ufficio condoni, come ha evidenziato il Comune, ha anch’esso sottoscritto il provvedimento in quanto ne ha predisposto l’istruttoria).
14. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
15. Le spese del presente grado di giudizio sono poste a carico dell’appellante in favore del Comune appellato. Sono compensate con la società Rcm Costruzioni.