Consiglio di Stato, sez. C, parere definitivo 2017-07-12, n. 201701665

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. C, parere definitivo 2017-07-12, n. 201701665
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701665
Data del deposito : 12 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00970/2017 AFFARE

Numero 01665/2017 e data 12/07/2017 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Adunanza della Commissione speciale del 14 giugno 2017




NUMERO AFFARE

00970/2017

OGGETTO:

Ministero dello sviluppo economico - ufficio legislativo.


Schema di decreto recante il regolamento con cui si adottano gli schemi di polizze tipo per le garanzie fideiussorie previste dagli articoli 103, comma 9, e 104, comma 9, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, con cui si attuano le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti regolatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 12904 in data 29 maggio 2017, con la quale il Ministero dello sviluppo economico - ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e uditi i relatori, consiglieri F F e S C;


Premesso:

1. Il capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dello sviluppo economico, con nota del 29 maggio 2017, d’ordine del Ministro, ha chiesto il parere di questo Consiglio di Stato sullo schema di decreto in oggetto, recante il regolamento di adozione degli schemi tipo per le garanzie fideiussorie previste dagli artt. 103, comma 9, e 104, comma 9, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti regolatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;
ridenominato “Codice dei contratti pubblici” dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 ( Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ).

La nota e lo schema di regolamento, con la relazione a firma del Ministro, sono corredate delle analisi di impatto della regolamentazione e tecnico – normativa, del concerto espresso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei pareri espressi ai sensi degli artt. 103, comma 9, e 104, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016 dall’Associazione bancaria italiana (ABI) e dall’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), nonché del parere dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), per gli aspetti di sua competenza.


2. Con decreto n. 74 del 13 giugno 2017 il Presidente del Consiglio di Stato ha deferito l’affare consultivo ad una Commissione speciale ex art. 22 del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 (Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), appositamente costituita.


Considerato:

3. Il regolamento approvato con lo schema di decreto in esame dà attuazione agli artt. 103, comma 9, come modificato dall’art. 67 del “correttivo” di cui al decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, e 104, comma 9, del Codice dei contratti pubblici. La prima delle citate disposizioni – relativa alle garanzie definitive per l’esecuzione del contratto d’appalto - prevede che « Le garanzie fideiussorie e le polizze assicurative previste dal presente codice sono conformi agli schemi tipo approvati con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e previamente concordato con le banche e le assicurazioni o loro rappresentanze ». Analogamente, il successivo art. 104, comma 9 - riguardante invece le garanzie per l’esecuzione di lavori di particolare valore (di ammontare a base d’asta superiore a 100 milioni di euro) - dispone a sua volta che « gli schemi di polizza-tipo concernenti le garanzie fideiussorie di cui al comma 1, sono adottati con le modalità di cui all’articolo 103, comma 9 ».


4. Peraltro, il Ministero ha ritenuto di esercitare il suo potere regolamentare con riferimento a due ulteriori forme di garanzia previste dal Codice dei contratti pubblici e cioè alla garanzia per l’anticipazione del prezzo e alla garanzia provvisoria (o per la partecipazione alla procedura), previste rispettivamente dagli artt. 35, comma 18, e 93 d.lgs. n. 50 del 2016.

La relazione ministeriale di accompagnamento allo schema di decreto motiva questa estensione sulla base dell’esigenza di dare continuità all’impostazione seguita nel vigore della previgente legislazione in materia di contratti pubblici, con il decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 12 marzo 2004, n. 123 ( Schemi di polizza tipo per le garanzie fideiussorie e le coperture assicurative previste agli articoli 17 e 30 della legge n. 109 del 1994 e dal regolamento generale di attuazione emanato con d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, in materia di lavori pubblici ) e alla luce dell’introduzione da parte del citato correttivo al nuovo Codice dei contratti pubblici del comma 8- bis dell’art. 93, a tenore del quale le garanzie provvisorie « devono essere conformi allo schema tipo di cui all’articolo 103, comma 9 ».


5. Sul punto questa Commissione osserva che la scelta di unificare in un unico atto regolamentare queste forme di garanzia è condivisibile non solo per il rinvio operato dalla disposizione da ultimo richiamata (non riguardante quindi le garanzie per l’anticipazione del prezzo), ma anche per ragioni di organicità della normativa, alla stregua delle quali è certamente preferibile che essa sia racchiusa in un unico testo. Nella linea ora descritta si pone del resto l’analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema di decreto in esame, laddove viene indicato l’obiettivo di « rendere definitiva, certa e completa la disciplina in materia di fideiussioni prestate nell’ambito delle procedure di appalti (sic)» (sezione I, § b).


6. Al medesimo riguardo va nondimeno rilevato che il regolamento non reca gli schemi tipo delle ulteriori garanzie previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici, relative alla responsabilità dell’esecutore dei lavori per danni subiti dalle stazioni appaltanti e nei confronti dei terzi, previste dai commi 7 e 8 dell’art. 104.

La relazione ministeriale motiva questa scelta sulla base della « più ristretta delega recata in un primo tempo dai citati articoli 103 e 104 », poi resa estensibile con la riformulazione del comma 9 dell’art. 103 da parte del correttivo al Codice, e dalla natura di «corpus unitario ed autonomo » di queste ulteriori forme di garanzia, tali da potere « essere oggetto di separata e successiva regolamentazione », all’esito della necessaria consultazione con le categorie professionali interessate.

Pur prendendo atto di questa spiegazione, la Commissione non intravede tuttavia ragioni di urgenza tali da intervenire normativamente solo su alcune forme di garanzia, completando la disciplina in epoca successiva. In subordine, auspica che in occasione della futura approvazione degli schemi tipo di queste ulteriori forme di garanzia si proceda ad una riunificazione dell’intera disciplina delle garanzie previste dal Codice, ricorrendo se del caso al meccanismo già esistente previsto dall’art. 17, comma 4- ter , della l. n. 400 del 1988. Naturalmente, tale lavoro di riordino potrebbe tener conto – oltre che della necessità di integrare la disciplina successiva con quella precedente – anche dell’aggiornamento di quest’ultima alla luce delle esigenze che andranno riscontrate nella fase attuativa attraverso una adeguata opera di monitoraggio.


7. Passando all’esame dello schema, si osserva innanzitutto che esso si autoqualifica come decreto ministeriale ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Sul piano strutturale, il testo consta di un preambolo, di tre articoli – « Oggetto e ambito di applicazione »: art. 1;
« Disposizioni transitorie »: art. 2;
e « Abrogazioni »: art. 3 – e di due allegati, recanti rispettivamente gli schemi tipo di garanzie fideiussorie (Allegato A – Schemi Tipo) e le schede tecniche degli atti di fideiussione e delle polizze fideiussorie (Allegato B – Schede Tecniche).

Gli schemi tipo di cui all’Allegato A si riferiscono alle garanzie: a) per la cauzione provvisoria;
b) per la cauzione definitiva;
c) per l’anticipazione;
d) per la rata di saldo;
e) per la risoluzione;
f) di buon adempimento. Essi sono preceduti da alcune definizioni dei termini impiegati negli schemi tipo, tratte dal Codice. Ciascuno schema tipo si articola in due varianti, a seconda che la garanzia sia rilasciata da un singolo o da più garanti.


8. Ciò premesso, la Commissione reputa necessario formulare alcune considerazioni sulla natura giuridica dello schema di decreto in esame.

Al riguardo, in assenza di indicazioni da parte dell’art. 103, comma 9, del Codice più volte citato, si reputa corretta la qualificazione dello stesso come regolamento ed in particolare come regolamento ministeriale ai sensi dell’art. 17, comma 3, l. n. 400 del 1988.

Depone in questo senso l’esigenza di assicurare che gli schemi tipo siano cogenti nei confronti dei relativi destinatari: stazioni appaltanti, ma soprattutto offerenti, senza alcuna interferenza con la disciplina civilistica sulle clausole vessatorie e le formalità da essa previste.

Sulla natura regolamentare del precedente costituito dal citato decreto n. 123 del 2004, abrogato da quello ora in esame, non vi era del resto alcun dubbio.


9. Ulteriori questioni sorgono, invece, dalla peculiare modalità di esercizio del potere regolamentare declinato dalla norma legislativa fondante (il più volte citato art. 103, comma 9, del Codice).

Si prevede infatti che gli schemi tipo di garanzie siano approvati con decreto interministeriale « previamente concordato con le banche e le assicurazioni o loro rappresentanze ».

La formulazione della norma potrebbe indurre a ritenere che i soggetti privati menzionati siano compartecipi del potere regolamentare e dispongano, quindi, di potestà normativa al pari dei ministri emananti il decreto.


10. Questa opzione interpretativa deve, tuttavia, essere esclusa ad avviso della Commissione speciale.

Sul punto devono essere richiamate le considerazioni svolte in sede di parere sullo schema di Codice dei contratti pubblici.

Questo Consiglio di Stato aveva allora rappresentato l’esigenza che i soggetti privati cui l’art. 103, comma 9, si riferisce « siano sentiti, ma non siano parti di un accordo prodromico a un decreto ministeriale » (parere 1° aprile 2016, n. 855;
pag. 134). In coerenza con questa indicazione, gli apporti dell’ABI e dell’ANIA sono stati espressamente qualificati come pareri.


11. Nonostante tale indicazione, nel preambolo dello schema di decreto si opera invece un riferimento a « l’accordo » espresso da queste due associazioni di categoria.

La Commissione reputa dunque necessario superare l’ambiguità dei concetti adoperati nelle varie sedi, così da fornire le opportune indicazioni di metodo per i successivi interventi normativi in materia.

Al fine di chiarire e specificare quanto affermato in occasione del parere sul Codice dei contratti pubblici va allora affermato che la funzione normativa secondaria prevista dall’art. 103, comma 9, resta comunque attribuita ai Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti ivi menzionati.

A contrario può essere richiamato il precedente costituito dall’art. 7, comma 5 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 ( Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese ;
convertito dalla legge 2 aprile 2007, n. 40), il quale aveva devoluto anche sul piano formale, diversamente dallo schema di regolamento in esame, ad enti esponenziali di categorie professionali – in quel caso l’ABI e le associazioni dei consumatori riconosciute a livello nazionale – il potere di dettare norme di carattere generale (« le regole generali di riconduzione ad equità dei contratti di mutuo in essere mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell’importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo »).


12. Tuttavia, a fronte dell’attribuzione formale del potere regolamentare in capo all’autorità di governo, la previsione in base alla quale il regolamento deve essere « previamente concordato » con i soggetti esponenziali delle categorie interessate implica, sul piano sostanziale, la necessità di raggiungere un accordo sui contenuti degli schemi tipo di garanzie destinati ad essere approvati nella forma del decreto interministeriale.

La norma di legge in esame, innestandosi nel modello prefigurato in generale dall’art. 17, comma 3, l. n. 400 del 1988, dà dunque luogo ad un ulteriore passaggio procedimentale che deroga all’archetipo di regolamento ministeriale, attraverso una partecipazione “rafforzata” delle categorie interessate dalla regolamentazione, non limitata alla semplice espressione di un parere non vincolante per i ministri, ma destinata a sfociare in un idem consensus sui contenuti degli schemi tipo. Questa deroga è a sua volta giustificata dall’esigenza – comune, nelle norme di soft law – di predisporre una disciplina negoziale uniforme concordata e condivisa con i soggetti nei confronti dei quali essa è destinata ad operare, al fine di attenuarne i connotati di eterodeterminazione autoritativa in un ambito tipicamente contrattuale e, soprattutto, di agevolarne la fattibilità e la compliance .

Peraltro, a questa esigenza si contrappone quella di assicurare che la disciplina regolamentare si collochi nei limiti fissati dalla base primaria fondante e che siano effettivamente perseguiti gli obiettivi e le finalità avuti di mira dal legislatore. Queste valutazioni non possono che essere rimesse, in ultima analisi, all’autorità ministeriale, dovendosi diversamente ammettere un potere di “veto” da parte di soggetti privati.


13. Alla luce di tali rilievi, deve da un lato ritenersi intatto l’autonomo potere ministeriale di approvare il regolamento anche con contenuti non identici a quelli concordati con le categorie professionali con le quali è stato raggiunto l’accordo, in conformità con l’attribuzione formale all’autorità ministeriale del potere regolamentare previsto dall’art. 103, comma 9 (e come del resto potrebbe evincersi dall’impiego dell’avverbio di modo « previamente »).

Nondimeno, la natura qualificata della partecipazione al procedimento di approvazione del regolamento riconosciuta alle associazioni di categoria comporta una corrispondente limitazione dei “margini di manovra” dei ministri emananti, nel senso che l’approvazione finale da parte di questi ultimi deve intervenire su un testo che, per aspetti direttamente interessanti l’attuazione degli scopi legislativamente stabiliti, sia sostanzialmente concordato con le associazioni di categoria « previamente » sentite e che dunque non stravolga i contenuti dell’accordo raggiunto.


14. In questi casi, pertanto, laddove l’autorità ministeriale intenda procedere a modifiche “sostanziali” rispetto al testo inizialmente concordato, appare necessaria una “riapertura” delle consultazioni, per ottenere un consenso anche sulle suddette modifiche.

Questa conclusione appare inoltre opportuna per prevenire i rischi di contenzioso che

una disciplina (sebbene solo parzialmente) non concordata potrebbe generare.

In definitiva, è rimessa al prudente apprezzamento e alla sensibilità dell’autorità ministeriale la scelta se ed in che misura modificare (o integrare), senza disattenderne la sostanza, gli accordi raggiunti nell’ambito della consultazione con le associazioni rappresentative di categoria previste dall’art. 103, comma 9, del Codice.

Questa facoltà deve invece reputarsi intatta per modifiche che siano ritenute necessarie ai fini del rispetto della normativa primaria costituente il fondamento del potere regolamentare in questione (è il caso, ad esempio, della corretta decisione dei Ministeri di non indicare un tetto massimo per la garanzia provvisoria ex art. 93 del Codice: cfr. infra , § 21).


15. Così chiariti dunque la natura dello schema di decreto e i corollari da essa derivanti sul piano applicativo, questa Commissione speciale intende ribadire nella presente sede quanto già sottolineato in occasione del parere sul nuovo Codice dei contratti pubblici.

Allora si era, infatti, suggerito al Governo di specificare: « a) quali siano i soggetti del previo accordo sui contenuti degli schemi (imprese bancarie e assicurative;
operatori economici nel settore dei lavori);
b) quali soggetti pubblici partecipino al procedimento (ANAC, Banca d’Italia, IVASS);
c) quale livello di coinvolgimento debba esser attribuito al MEF, in considerazione dell’incidenza sul settore bancario e finanziario
» (parere 1° aprile 2016, n. 855;
pag. 135).

Sul punto si evidenzia che ai rilievi allora formulati non hanno fatto seguito i necessari interventi modificativi in sede di decreto correttivo al Codice. Deve pertanto ribadirsi che, in base alla formulazione attuale dell’art. 103, comma 9, il procedimento di approvazione del regolamento recante gli schemi tipo appare “sbilanciato” a favore di una sola parte degli stakeholders di settore (e dello stesso contratto di garanzia), e cioè « le banche e le assicurazioni o loro rappresentanze », laddove il sopra citato art. 7, comma 5, d.l. n. 7 del 2007 assicurava la partecipazione su un piano di parità alle controparti di tali soggetti, ossia alle associazioni rappresentative dei consumatori. Nel caso di specie, le controparti sono ovviamente (non i consumatori, ma) tutte le imprese che partecipano alle gare e devono, quindi, dotarsi delle fideiussioni.


16. Pertanto, pur consapevole che non è la sede del regolamento di approvazione degli schemi tipo di garanzia quella per emendare imperfezioni a livello normativo primario, questa Commissione segnala al Ministro richiedente l’opportunità, per il futuro, di assicurare un adeguato coinvolgimento di tutte le categorie interessate, se del caso valutando anche la necessità di una modifica della norma primaria.

A tal fine, si ritiene opportuna la trasmissione del presente parere anche al DAGL (Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi) della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 58 del r.d. n. 444 del 1942, allo scopo di segnalare l’esigenza di un eventuale intervento legislativo.


17. Venendo ora ad esaminare i contenuti dello schema di decreto, e nel premettere che la Commissione ne condivide l’impostazione complessiva e che pertanto nel fornire un parere favorevole si limiterà ad osservazioni su singoli aspetti, un primo profilo di carattere generale riguarda la definizione dell’ambito di applicazione del regolamento con cui sono approvati gli schemi tipo di garanzia.

L’art. 1, comma 6, dello schema di decreto in esame precisa che le disposizioni in esso contenute « si applicano ai settori ordinari e, ove previsto nei documenti di gara o qualora vengano richieste garanzie della stessa tipologia di quelle oggetto del presente decreto, ai settori speciali e alle concessioni ».


18. La Commissione evidenzia che una previsione analoga non era contenuta nel regolamento di cui al decreto n. 123 del 2004 e che è dubbio che la stessa rientri nel perimetro del potere regolamentare definito dall’art. 103, comma 9, del Codice.

Ciò è sistematicamente coerente con tutta la disciplina codicistica delle garanzie (artt. 35, comma 18, nonché artt. 93, 103 e 104), che si applica solo ai settori ordinari e non anche ai settori speciali o alle concessioni.

Del resto, se l’applicabilità degli schemi tipo di garanzie agli appalti dei settori ordinari discende dalle norme primarie di cui lo schema in esame costituisce attuazione, con riguardo all’estensione ai settori speciali e alle concessioni si applicano invece le regole di carattere generale elaborate dalla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato nel vigore del previgente Codice dei contratti pubblici, in particolare in tema di “autovincolo” degli enti aggiudicatori non tenuti ad applicare le specifiche disposizioni di tale corpus normativo.


19. Peraltro, nell’invitare il Ministro richiedente a valutare l’opportunità di mantenere la disposizione in esame, si coglie l’occasione per suggerirne una riformulazione che ne escluda un’applicazione automatica e la faccia discendere, invece, solo in caso di espresso richiamo degli atti di gara nei settori speciali o nelle concessioni, rendendo l’autovincolo chiaro per i partecipanti ad una procedura di affidamento di contratti che sono al di fuori dell’ambito di applicazione della normativa di cui lo schema in esame costituisce attuazione. La riformulazione potrebbe avvenire nei termini che seguono: « Le disposizioni del presente decreto si applicano ai settori ordinari. Si applicano altresì nei settori speciali e nelle concessioni se i documenti di gara prevedano la prestazione di garanzie della tipologia di cui agli schemi tipo e richiamino il presente decreto ».


20. La Commissione suggerisce di riformulare anche l’art. 1, comma 2, dello schema di decreto, relativo alle garanzie rilasciate « congiuntamente da più garanti ». Nella versione di cui allo schema si prevede infatti che, in questo caso, le garanzie possono essere alternativamente rilasciate « con atti separati per ciascun garante e per la relativa quota » o con unico atto « che indichi tutti i garanti e le relative quote ». Andrebbe chiarito, in particolare, che la suddivisione per quote opera nei rapporti interni ai garanti medesimi e non già nel rapporto tra questi e la stazione appaltante, a ciò ostando la sussistenza del vincolo di solidarietà tra i primi sancita dall’art. 104, comma 10, del Codice, come emendato dal correttivo, essendo venuta meno la previgente esclusione del vincolo di solidarietà tra i garanti.


21. Richiede poi un approfondimento la scelta di non indicare un tetto massimo per la garanzia provvisoria ex art. 93 del Codice, offerta singolarmente ovvero in gruppo.

In merito, l’ABI ha suggerito di limitare il tetto massimo dell’impegno a prestare la garanzia definitiva, in caso di affidamento, per un valore predeterminato all’atto del rilascio della garanzia provvisoria.

La richiesta non è stata accolta dal Ministero dello sviluppo economico con motivazioni che questa Commissione reputa condivisibili.

Sebbene infatti la previsione di un valore massimo della garanzia risponda a chiare ragioni di ordine economico di contenimento dei rischi per gli istituti di credito garanti e dei connessi oneri per il soggetto garantito, nondimeno, come si sottolinea nella relazione di accompagnamento allo schema di decreto in esame, oltre alla possibilità ammessa in generale dall’art. 104, comma 10, che le garanzie possano « essere rilasciate congiuntamente da più garanti », sovvengono i meccanismi di calcolo previsti dall’art. 103, comma 1, in funzione crescente rispetto ai ribassi offerti dall’affidatario.

In particolare, la previsione di aumenti della garanzia definitiva – di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento e di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento – tutela l’espressa esigenza di « salvaguardare l’interesse pubblico alla conclusione del contratto nei termini e nei modi programmati ».

Pertanto, se oltre una soglia di ribasso l’importo della garanzia definitiva tende a diminuire, così da rendere comunque determinabile il rischio massimo dei garanti, appare in ogni caso decisiva la considerazione per cui un’eventuale limitazione all’impegno al rilascio della garanzia definitiva sulla procedura di gara potrebbe influenzare l’operatore nella scelta del ribasso da offrire e pregiudicare gli interessi della stazione appaltante circa l’affidabilità di tale ribasso.

Ne segue che la scelta finale di non introdurre una limitazione a favore dei garanti appare l’unica conforme alla norma primaria e conferma la necessità che sia assicurata una “riserva” ministeriale in ordine a scelte direttamente impingenti nei fini di interesse pubblico stabiliti a livello legislativo (cfr. retro , § 14).


24. Riguardo agli schemi tipo approvati con il decreto in esame, va segnalato che l’estensione della garanzia in tema di avvalimento di cui all’art. 89, comma 1, del Codice proposta dall’ANAC risponde alla finalità di prevenire eventuali contenziosi in tema di estensione dell’oggetto della garanzia. La Commissione ritiene che la scelta di recepire il parere dell’Autorità di settore sia condivisibile, nella misura in cui consente di evitare il rischio che la stazione appaltante si trovi nella impossibilità, nel caso di dichiarazioni mendaci, di escutere la garanzia nei confronti dei sottoscrittori.

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